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Georg Philipp Friedrich von Hardenberg

letteratura tedesca



Georg Philipp Friedrich von Hardenberg, detto Novalis (1772-1801) fu uno dei maggiori animatori del circolo romantico di Jena; egli morì giovanissimo, consunto dalla tisi, a soli 29 anni di età. Compì studi privati, poi studiò a giurisprudenza e filosofia a Jena, dove ebbe come maestri Schiller di cui segue con entusiasmo i corsi di storia. Fu per lui determinante l'incontro nel 1974 con Sophie von Kühn che all'epoca aveva solo dodici anni, con al quale poco dopo si fidanzò. La forte differenza di età lo portò ad idealizzare in lei una visione di purezza e semplicità che ebbe molte difficoltà ad essere accettata. Dopo poco a Jena conosce Holderin e Fichte il quale eserciterà una 626h76g profonda influenza sul suo pensiero e sulla sua opera, come ci dimostrano i suoi Studi su Fiche. Dopo appena due anni di fidanzamento Sophie muore in seguito ad una grave malattia. La tragicità della morte precoce fu certamente una chiave di volta per la sua visione di vita e poesia. Inizia un diario che in seguito alla visite alla tomba di Sophie, da luogo ad una vera e propria esperienza mistica, che verrà rielaborata nel terzo degli INNI ALLA NOTTE, un testo che ebbe forte riscontro, un testo insolito di esaltazione alla morte, la notte rappresenta l'immortalità il lutto, il rifiuto di una vita quotidiana, l'esaltazione dell'amore assoluto e della religiosità che nasce con l'accettazione della morte. Qualche anno dopo si fidanzerà di nuovo e pubblica sul primo numero della rivista "Athenaeum" il manoscritto delle annotazioni varie col titolo di Bluthenstaub, in questa occasione assume lo pseudonimo di Novalis, nome che era già stato portato da un ramo della sua casata. Lavora sotto la dirigenza del padre come funzionario delle saline sassoni. Nel 1800 ebbe un importante incarico nelle miniere. Pochi mesi dopo morì improvvisamente di tisi, era il 25 marzo 1801.




L'Enrico di Ofterdingen è il secondo romanzo scritto da Novalis nel corso della sua vita. E' incompleto in quanto la sua stesura è stata interrotta dalla morte dell'autore. Il romanzo sarà suddiviso in due parti, nella prima il protagonista maturerà e farà esperienze, in modo da diventare poeta, nella seconda sarà glorificato come tale. Alcuni come suo fratello e Schlegel chiesero che fosse continuato in base alle notizie lasciate dall'autore, ma Tieck a cui fu chiesto di farlo rifiutò non sentendosi all'altezza. Nell'intenzione di Novalis l'opera doveva presentarsi come il contrario del Romanzo di Goethe il Willem Meister, ma non fu così. Egli sentì l'esigenza di superare Goethe mediante un'opera multiforme e quindi più profonda. Entrambi sono romanzi di formazione, inteso come acquisizione della cultura dell'epoca e contemporaneamente formazione intesa come ritrovare la propria personalità. L'opera di Goethe che rappresenta il mondo pratico dell'intelletto, gli appare unilaterale e assolutamente impoetica. In questo senso l'Ofterdingen è una riposta al Mesiter, come una poeticizizzazione degli ambiti dell'esistenza umana.

Il tema portante dell'opera è il viaggio iniziatici alla ricerca di se stessi. Per descriverlo Noavalis si ispira alla figura di un trovatore medievale, appunto l'Ofterdingen. L'autore non si è attenuto con precisione all'epoca o alla persona di quel menestrello che sembra trasfigurato nell'immagine dell'autore stesso.  Non si tratta di un romanzo realistico, quanto piuttosto della descrizione del mondo interiore dello stesso Novalis.

Nel capitolo primo della prima parte traspare il carattere onirico del sogno. La poesia iniziale è una dedica, dove quel TU è un soggetto che comprendiamo bene solo nella seconda parte, quel Tu è la poesia. Il sogno di Enrico è particolarmente significativo. Il sogno rappresenta la poesia che interrompe la quotidianità. Nel senso romantico di poesia progressiva universale. Simbolo del sogno è il fiore azzurro "di blaue Blume", l'azzurro è il colore della spiritualità, della lontananza e quindi anche del ricordo. Novalis afferma che la conoscenza sta nel ricordo, facendo a riferimento a Platone "la conoscenza è un tipo di memoria". Il fiore azzurro è l'allegoria di un mistero impenetrabile, che nessun codice può comprendere in maniera esaustiva. E' il simbolo dei simboli. Esso rinvia all'età dell'oro in cui tutto il mondo parlava e non solo l'uomo.

La fonte del Fiore azzurro è di un testo indiano scritto in sanscrito appartenente al V° secolo, da poco tradotto da Georg Faust nel 1791. il "Sakuntala!", in cui la bellezza di una donna era equiparata ad un fiore, essa era vestita di corteccia e portava un bracciale dalla forma di un fiore, in particolare un fiore di loto, inteso come fiore della notte.

Il padre, simbolo dell'intelletto e della conoscenza tecnica,  ridesta Enrico dai suoi sogni e lo riporta al mondo reale, dicendo che i sogni solo fumo. Egli è un artigiano molto bravo, che ha trascurato la sua tendenza naturale per il mondo superiore, assoggettandosi alla banalità della vita quotidiana. Il padre racconta un sogno simile a quello del figlio, con lo stesso carattere iniziatici e soprattutto lo stesso fiore. Il padre rifiuta ogni messaggio dell'altro mondo incantato che invece tanto emoziona il figlio. Il passaggio dai suoi pensieri al sogno non è ben definito. "Il giovane si perse in dolci fantasie e si assopì". Il sogno lo fa scivolare in un altro mondo. Come da un altro mondo proviene lo straniero la cui figura non è definita, ma che viene da un luogo diverso e che gli porta stimoli diversi.

Nel secondo capitolo inizia il viaggio vero e proprio. Insieme alla madre, che rappresenta la fantasia e dei mercanti che rappresentano gli spiriti concreti e realistici,  si mette in viaggio per Augusta per raggiungere il nonno. Il viaggio di Enrico è un viaggio da nord verso sud. Il nord rappresenta la spiritualità pura. Il sud la componente calda e sensuale del proprio animo. I mercanti parlando del cappellano, maestro di Enrico, sostengono che questi sarà sicuramente preparato nelle cose spirituali, ma di meno su quelle umane. Qui Enrico risponde come sia possibile avere la padronanza della sfera superiore senza avere un'analoga padronanza di quella umana. I due mondi quello dei corpi (Korpwelt) e quello degli spiriti (Geiswelt) non sono forse correlati? Durante il dialogo coi mercanti entra in scena anche l'argomento della poesia. La poesia per Enrico-Novalis, è l'arte suprema, che a differenza delle altre arti non si può misurare. Novalis qui si distacca da una visione schopenaueriana che attesta invece la centralità della musica, sostenuta anche da Lessino dove i suoni prodotti dagli strumenti musicali portavano alla poesia. La breve fiaba narrata dai mercanti, spiega la forza della poesia. Tratta dal mito di Arione di Erodoto. L'uomo ricco che si salva grazie al suo canto e che perde i suoi tesori per poi ritrovarli è vicino al mondo primigenio all'età dell'oro. I suoi tesori sono la metafora della conoscenza, c'è chi come i pirati che volevano rubarglieli, che vede i tesori come fini a sé stessi e chi come il poeta che vuole la trasformazione.

Nel terzo capitolo i mercanti raccontano un'altra storia di carattere fiabesco. Solo nel finale ci viene rivelato lo scenario in cui si svolgeva, ossia il regno di Atlantide, la terra mitica descritta da platone. In questa fiaba l'opposizione tra la poesia e la conoscenza viene superata nella sintesi dell'amore. Da un lato ci sono il vecchio genitore e suo figlio, che vivono appartati dalla vita pubblica e immersi nello studio delle scienze naturali. Dall'altro ci sono il re e sua figlia che rappresentano la poesia di un mondo idilliaco. L'amore svolge un ruolo centrale, nell'amplesso avvenuto nella caverna, si rivela la sintesi degli opposti che magicamente, come nelle affinità elettive di Goethe, si attraggono. Questo capitolo ha una struttura triadica. Nella prima arte c'è una sorta di paradiso in cui ogni nucleo vive nel proprio mondo. Nella seconda si realizza la commistione poiché sboccia l'amore tra i due, ma viene turbata l'atmosfera armonica del paradiso originario, poiché il re non ha più la figlia accanto a se. Nella terza l'amore si rivela come forza aggregante. I due mondi separati sono finalmente congiunti e il nuovo regno, inaugurato dai due giovani e dal loro figlio è un ritorno al paradiso originario.

Nel capitolo quarto i viaggiatori effettuano una sosta al castello di un combattente, che introduce Enrico alla concezione della guerra. Il canto dei crociati accende l'entusiasmo di Enrico che vorrebbe partire alla volta del Santo Sepolcro per liberarlo dagli infedeli. Ma Enrico è poeta non uomo d'azione e l'idea della crociata è quella poetica non quella bellica. Nella contemplazione della campagna è attratto dal canto di una ragazza orientale, Zulima, un'infedele.  Zulima gli parla degli orrori della guerra e dell'inuitlità del conflitto. "Che importava il nome del possessore di questi luoghi.". Pur vedendo la legittimità della rivendicazione cristiana del Santo Sepolcro, Novalis deplora le ostilità che hanno avuto luogo. Zulima gli regala un nastro con delle iscrizioni misteriose, che poi questa dice di essere il suo nome in arabo. Enrico accetta il dono, al posto del primo regalo che questa voleva fargli ossia il liuto, che Enrico rifiuta sia perché questo rappresentava per lei il ricordo del fratello, sia perché il liuto è simbolo del poeta che lui ancora non sente di essere diventato.

Nel capitolo quinto Enrico conosce nuove importanti tappe, nella figura del minatore e dell'eremita. Noavalis conferisce al minatore un'alta dignità filosofica. Studiando la terra egli studia anche l'universo e il suo passato. Al contrario dell'astrologo che studia le stelle e intuisce il futuro. La miniera di cui si parla è la miniera dell'anima.

Il minatore fa da intermediario alla conoscenza di un altro personaggio importante l'eremita. Incontrando l'eremita Enrico scopre la parte più introversa di sé. L'eremita ha conosciuto il mondo ma se ne è distaccato dopo la morte della sua sposa. La morte all'eremita ha aperto una nuova dimensione quella dell'interiorità, vissuta nella solitudine della contemplazione. Enrico scopre tra i libri dell'eremita uno strano libro in cui figura lui stesso. Il romanzo sembra sfociare nel paranormale, in realtà riprendendo l'idealismo Fichtiano Novalis dice, che se studiamo un libro possiamo capirlo solo nella misura in cui lo scriviamo noi stessi e riusciamo a figurarvi noi stessi. Quando ritornano dal mondo sotterraneo Enrico ha la netta sensazione di aver partecipato ad una saggezza superiore.

Nel capitolo sesto abbiamo finalmente l'impatto con la Svevia e la meridionalità e soprattutto l'amore. Qui Enrico conosce un vero poeta Klingsohr, della cui figlia Matilde si innamora. Il cammino inziatico di Enrico non era completo, egli aveva appreso la sintesi degli opposti ma non aveva ancora incontrato il proprio contrario. Spirito e materia si uniscono nell'amore. Tale spunto era già presente nella fiaba di Atlantide.

Attraverso l'amore Enrico può vivere in un nuovo mondo e contribuire in maniera creativa alla perpetuazione dell'universo. Neanche la morte di Mtilde, intravista nel sogno, vanificherà questa consapevolezza, anzi la morte la potenzia all'infinito.

Nel capitolo settimo Enrico si lascia istruire da Klinsohr che diventa come un secondo padre. Klingsohr distingue tra la natura oggetto dei sentimenti dalla natura oggetto dell'intelletto. Il poeta deve sapersi muovere nei due ambiti. Il poeta è un'artista che ha una solida formazione scientifica, che non si limita a seguire i dettami del sentimento. Klingsohr infine gli porprone un'interpretazione delle figure che lo hanno accompagnato nel suo viaggio, Zulima, il castellano, il minatore l'eremita e anche i mercanti rappresentano un determinato ambito della vita. Ma Klingsohr dimentica l'elemento principale ricordato da Enrico, cioè Matilde, la personificazione dell'amore.

Nell' ottavo capitolo Kilngsohr all'inizio tesse le lodi della guerra. Per Enrico la guerra è un'impulso dello spirito romantico non riconosciuto come tale da color che pensano di doversi battere per il possesso di qualche territorio. Ma ciò che domina questo capitolo è la forza del quotidiano. Il paradiso in terra. Dalla vita quotidiana possiamo elevarci al segreto. L'uomo è già perfetto deve solo prendere atto della congiunzione tra i mondi, dell'unione tra spirito e materia. L'amore si rivela necessario e indispensabile. Ognuno si ritrova nell'altro, capisce di essere l'altro, pur essendono separato, proprio eprchè ne è separato. In questo senso l'amore è un'infinita ripetizione.

Il capitolo nono vede la narrazione da parte di K. Di una fiaba che è la storia di un'iniziazione parallela a quella di Enrico, nella quale egli si ritrova. In questo senso il racconto assume una finalità didattica. La fiaba rivela la sua analogia col sogno.

La SECONDA PARTE del romanzo poiché l'età dell'oro è già stata annunciata e realizzata viene abbandonato il mondo delle distinzioni. Nel prologo in versi è Astralis a parlare figlia di Enrico e Matilde.




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