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Ettore (registrato col nome Aron) Schmitz - La vita, Sintesi del romanzo "La coscienza di Zeno"

letteratura italiana



La vita

Ettore (registrato col nome Aron) Schmitz, che assumerà come scrittore lo pseudonimo di Italo Svevo, nasce nel 1861 a Trieste in una famiglia ebrea. Il padre è un commerciante e anche Ettore segue studi commerciali. Nel 212b13c 1880 il padre fallisce ed Ettore, interrotti gli studi, si impiega in banca. Nello stesso anno inizia la collaborazione con il quotidiano «L'Indipendente», componendo recensioni e articoli culturali. In seguito pubblica a sue spese il primo romanzo firmato da Italo Svevo: Una vita, che ottiene scarsissimo interesse.

Sin dal 1892 inizia la stesura di un secondo romanzo, Senilità, che verrà pubblicato prima a puntate e poi in volume, nel 1898. Nel 1896 sposa Livia Veneziani, figlia di un industriale. Il totale disinteresse verso secondo romanzo spinge Svevo a una svolta: licenziato dalla banca, entra nell'azienda del suocero (1899) che lo spinge spesso all'estero. Nel 1907 incontra a Trieste James Joyce, e stringe con lui una solida amicizia. In questi anni inizia a interessarsi alla psicoanalisi freudiana. Allo scoppio della prima guerra mondiale, continua a lavorare, prima in Germania e poi a Trieste, fino alla chiusura della fabbrica per gli eventi bellici.

Nel 1919 inizia a scrivere La coscienza di Zeno, che pubblica a proprie spese nel 1923. Questo romanzo appare ben 25 anni dopo Senilità: non c'è da meravigliarsi se appare molto diverso dai due romanzi precedenti. In quel periodo si erano susseguiti avvenimenti storici molto importanti come la prima guerra mondiale, che aveva veramente chiuso un'epoca, e sul piano culturale si erano sviluppate nuove teorie scientifiche e filosofiche che Svevo condivise. Nel 1925 scoppia il «caso Svevo»: i critici francesi a cui ha inviato La coscienza su consiglio di Joyce esaltano il libro; Eugenio Montale scrive un articolo sullo scrittore. Si aprono le discussioni sulla sua opera. Svevo riprende il lavoro letterario con grande entusiasmo, come per recuperare il tempo perduto: nel 1928 muore, in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale, a Motta di Livenza (Treviso).




Sintesi del romanzo "La coscienza di Zeno"

"La coscienza di Zeno" racconta in prima persona la vita di Zeno Cosini, ricco commerciante triestino, ormai maturo, che dovrebbe essere contento della posizione raggiunta, ma soffre di fastidiosi e strani disturbi.

Zeno decide di affidarsi alla terapia psicoanalitica per liberarsi dalla sua inettitudine, dai vari complessi che lo affliggono, per guarire dal vizio del fumo e dalla «malattia» che lo tormenta. Lo psicanalista il dott. S. suggerisce a Zeno di annotare su un diario i fatti della propria vita, in cerca delle radici della malattia. Le pagine che egli ha scritto vengono pubblicate dal medico psicanalista che vuole così operare "una vendetta" nei confronti del suo paziente, il quale «sul più bello» si è «sottratto alla cura» come dice il dottor S. nella Prefazione che apre il romanzo.

Una "prefazione", a firma del dottore, e un "preambolo", in cui prende la parola lo stesso Zeno, precedono la narrazione. Zeno, nel rievocare il suo passato non segue un ordine cronologico, ma si abbandona al flusso dei ricordi, legati ciascuno a un suo vizio o a un suo fallimento.

Pur essendo la storia lineare vi si possono identificare dei blocchi narrativi, in prima persona, dal forte significato simbolico: Il fumo - La morte del padre - La storia del suo matrimonio - La moglie e l'amante - Storia di una associazione commerciale.

La biografia di Zeno è la storia di una serie di sconfitte. Vuole guarire dal vizio del fumo, ma gli sforzi sono vani, si fa persino ricoverare in una casa di cura, ma da questa fugge. Si iscrive all'università, ma non riesce a terminare gli studi. I rapporti con il padre sono difficili, fatti di reciproca diffidenza ed estraneità. Si innamora di Ada Malfenti, la figlia più bella di un furbo commerciante, ma finisce per sposare Augusta, la sorella strabica. Intreccia una relazione extraconiugale con Carla, ma questa lo abbandona per sposare un altro. Lo scoppio della guerra favorisce i suoi affari che trasformano paradossalmente "l'inetto" Zeno in un abile uomo d'affari e per di più in un "guarito".

Noi sappiamo bene che non è vero e che queste resistenze sono un sintomo tipico della malattia. Ma Zeno si rende conto, nelle pagine finali, del confine incerto tra malattia e salute nelle condizioni attuali, in cui la vita è «inquinata alle radici». Il romanzo termina così in chiave apocalittica, con una riflessione di Zeno sull'uomo costruttore di ordigni che finiranno per portare ad una catastrofe cosmica.


Analisi dei vari capitoli

Il fumo. Racconta del suo vizio del fumo, di tutti i complicati rituali per liberarsene, del loro fallimento. Nelle ultime sigarette, annotate da tutte le parti, spesso usate per ricordare date futili o anniversari di altri fallimenti e altri mille disturbi, come quello delle donne.

«. Una non mi bastasse e molte neppure. Le desideravo tutte! Per istrada la mia agitazione era enorme: come passavano, le donne erano mie .»[1]. Persino il ricovero in una clinica per disintossicarsi si conclude con una buffa evasione.

Tema dell'inetto. Privo di volontà, incapace di agire, impegnato solo nell'invenzione di un alibi. Ogni scusa è buona per fumarsi l'ultima sigaretta, una delle tante ultime sigarette di Zeno è quella che coincide con la morte del padre.

La morte del padre. La parte più segnata dal pensiero di Freud. Il signor Corsini, ricco e pacifico commerciante, non ha mai capito né accettato il figlio.

«Peccato che sei venuto tanto tardi. Prima ero meno stanco e avrei saputo dirti molte cose .»[2].

Tema dell'incomunicabilità. La malattia terminale lo svela vecchio, fragile e incerto: il padre soffre amaramente l'immobilità e la dipendenza del figlio. Nei giorni dell'agonia Zeno scopre la fisicità della morte e la degenerazione del corpo e poi si sorprende a desiderarne la sua fine.

«. Chi ha provato di restare giorni e settimane accanto ad un ammalato inquieto, essendo inadatto a fungere da infermiere . mi intenderà. Io poi avrei avuto bisogno di un gran riposo per chiarire il mio animo e anche regolare e forse assaporare il mio dolore per mio padre e per me. Invece dovevo ora lottare per fargli ingoiare la medicina . La lotta produce sempre rancore .».

Spirando il vecchio colpisce Zeno sulla guancia: è un movimento irriflesso, una contrazione della morte, ma appare uno schiaffo e tale rimane nella coscienza del figlio.

La storia del matrimonio. Zeno conosce Giovanni Malfenti "grande negoziante" ma soprattutto padre di Ada, Augusta, Alberta, Anna. Zeno decide che è giunto il momento di sposarsi, dopo molti tentennamenti si dichiara alla bellissima Ada, ma è respinto. Passa ad Alberta, nuovo fallimento, visto allora che Anna è ancora una bambina, ripiega sulla strabica Augusta. Il gioco sui quattro nomi che iniziano per A, lo scivolare di Zeno dall'una all'altra senza affetto, la fortuna che deriverà dalla più brutta Augusta teorizzano la dipendenza assoluta dell'uomo dal caso e il predominio delle convenzioni borghesi sull'amore. A Zeno infatti basta che Augusta prometta onestamente di assisterlo. In una buffa seduta spiritica nella quale Zeno approfitta del buio per sussurrare ad Ada che l'ama, con un soffio di voce Augusta risponde chiedendogli, perché da tanto tempo non era andato da lei. Ada sposerà Guido Speier, donnaiolo, irresponsabile, preteso violinista. Augusta e Zeno si sposano e Zeno lo spiega così «. All'altare dissi di sì distrattamente, perché nella mia viva compassione per Augusta stavo escogitando una quarta spiegazione al mio ritardo e mi pareva la migliore di tutte».

La moglie e l'amante. Augusta è la salute personificata, la continuità dell'esistenza, la sicurezza. «. Essa sapeva tutte le cose che fanno disperare, ma in mano sua queste cose cambiavano di natura .. La terra girava, ma tutte le altre cose restavano al loro posto . le ore dei pasti erano tenute rigidamente e anche quelle del sonno. Esistevano quelle ore, e si trovavano sempre al loro posto .».

Zeno si tuffa fra le scritture contabili della azienda con rinnovato impegno, ma ben presto lo riprende l'incapacità di dedicarsi sul serio a qualcosa. Per sfuggire alla noia intreccia una relazione con la giovane cantante Carla. Zeno prima tradisce e poi annota questo tradimento come l'ultimo, come per l'ultima sigaretta. Carla lo abbandonerà per sposarsi con un musicista. Zeno medita un istante sul suicidio, ma ci vuole troppa volontà.

Storia di un'associazione commerciale. Zeno diventa socio di Guido (che in fondo odia, perché gli ha rubato Ada) e lascia tranquillamente che tutto vada in malora. Guido, affarista fallito, simulerà un suicidio per sfuggire ai creditori, e morirà . per sbaglio, per colpa di un dottore impreparato . della pioggia che ha cancellato un biglietto . cioè del caso. Zeno è protagonista di un lapsus freudiano; arriva in ritardo al funerale di Guido e per sbaglio segue un altro corteo. Per rendere a Guido un estremo omaggio, e perché nessuna macchia offuschi più il suo nome, Zeno si improvvisa uomo d'azione, gioca in Borsa al posto suo, recupera i debiti di Guido. Quando si reca da Ada si stupisce del fatto che ella si è resa conto dell'odio di Zeno nei confronti di Guido. I suoi rimproveri fanno soffrire Zeno, ma per fortuna la «coscienza» lo sorregge grazie a false convinzioni. Zeno ormai ricco, speculando in borsa, senza sapere il perché ricomincia a sentirsi bene.

Psico-analisi. Con la "Storia di un'associazione commerciale" si chiude l'autobiografia che Zeno aveva scritto come preludio al trattamento psicoanalitico: riprende ora a scrivere, il 3 maggio 1915, dopo sei mesi di terapia, perché pensa che la scrittura sia l'unico sistema per dare importanza al passato e sfuggire al presente noioso. I paragrafi di quello che vuole essere per lui, ormai "un diario" sono datati nell'ordine 3/5/15 - 15/5/15 - 26/5/15 - 26/3/16.

3 Maggio 1915. Zeno esprime la sfiducia nei confronti della psicanalisi negandone le scoperte. La psicanalisi lo ha costretto a vedere nel suo inconscio; ora Zeno deve riparare a quella presa di coscienza, non può abolirla per cui può solo svalutarla. La malattia scoperta dal dottor S. è il complesso di Edipo. «Avevo amata mia madre e avrei voluto ammazzare mio padre». «La miglior prova ch'io non ho avuto quella malattia risulta dal fatto che non ne sono guarito».

15 Maggio 1915. Zeno constata, rallegrato, di non essere affatto guarito, perché si è messo alla prova e ha appurato come, malgrado l'età e contro il parere del medico S., sia ben vivo in lui uno dei sintomi primi della sua malattia; la tendenza a desiderare ogni donna incontrata per la via.

26 Giugno 1915. Zeno racconta di come incontrò la guerra durante una scampagnata: l'impressione più forte di quel conflitto con milioni di morti è il rimpianto per un caffelatte non sorbito come di abitudine.

26 Marzo 1916. Zeno prima di chiudere il suo diario tiene a precisare che gode di ottima salute. A guarirlo sono state alcune fortunate operazioni commerciali, legate allo stato di guerra che lo hanno indotto a un sentimento di forza, a una nuova fiducia in se stesso e soprattutto la verifica che la sua storia privata rispecchia una storia comune. La vita somiglia un poco alla malattia. Ritiene di essere guarito, anzi sano. Egli possiede l'unica salute possibile su questa terra, è l'accettazione della vita com'è, nella coscienza dei meccanismi che la muovono, nell'esperienza piena, diretta della malattia che la contamina. Zeno da un lato proclama la propria guarigione, dall'altro confessa «La vita attuale è inquinata alle radici. L'uomo si è messo al posto degli alberi e delle bestie e ha inquinato l'aria, ha impedito il libero spazio . Qualunque sforzo di darci la salute è vano . Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo».


Tecnica narrativa

Narrazione in prima persona. Zeno, il personaggio protagonista, narra in prima persona, più che i fatti, la propria visione dei fatti e più ancora la storia del proprio animo dentro i medesimi, muovendosi sui binari della memoria.

Una nuova concezione del tempo. «Il tempo misto» - La rievocazione dei fatti è continuamente riportata alla coscienza attuale del narratore Zeno. Il romanzo presenta due piani temporali diversi: quello della memoria ("io" raccontato) e quello dell'attualità ("io" che racconta e giudica). L'uso del tempo misto porta alla scomposizione della narrazione lineare e cronologica degli avvenimenti, per cui si assiste alla continua intersezione dei piani del racconto e a quelli della mente.

Disintegrazione del personaggio. Il personaggio è disgregato e frantumato, come è disgregato e frantumata è la realtà in cui si dibatte. Immerso nel vero tempo della coscienza, il personaggio perde ogni certezza, salvo per rifugiarsi, come fa Zeno, nell'ironia di chi ha scoperto l'assurdità del reale e l'impossibilità, per l'uomo, di un'alternativa reale.

Uso modesto del monologo interiore. La confessione in prima persona, la necessità di far affiorare la realtà dalla coscienza portano Svevo all'uso del "monologo interiore" che si risolve in una sorta di discorso indiretto libero.



Commento su La coscienza di Zeno in relazione al periodo storico e culturale

Con questo romanzo Svevo abbandona lo schema tradizionale del romanzo dell'800 e adotta soluzioni nuove, influenzato dall'amico Joyce e dalla conoscenza della psicanalisi.

Il nuovo romanzo europeo vuole cogliere il vero senso della vita che si nasconde sotto le apparenze esteriori della realtà che la nascondono ai nostri occhi.

Il romanzo dell'800 aveva una successione temporale e logica, l'autore era onnisciente e conosceva lo svolgersi ordinato anche dei fatti futuri, mentre il romanzo di cui Svevo è il massimo esponente, soprattutto con La Coscienza di Zeno, è detto "romanzo di crisi" perché espressione di un periodo complesso e di importanti mutamenti storico-culturali che lo scrittore avverte con angoscia. Il risultato è la nascita di un romanzo in cui l'autore è interno alla storia non conosce i singoli avvenimenti perché la crisi esistenziale di quest'epoca permette all'intellettuale di rendersi conto che nulla può essere conosciuto veramente perché non ci sono certezze, e il protagonista stesso non è più un eroe, ma nel caso di Svevo un incapace senza qualità positive.

Svevo, si impegnò in una difficile analisi della "malattia" dell'uomo moderno nella civiltà industriale e borghese che gli intellettuali condannarono senza pietà. I protagonisti dei romanzi di Svevo sono, non a caso, piccoli borghesi, coscienti della loro inferiorità economica e della loro incapacità di fare la storia, costretti, dunque, alla lotta contro la società, se non vogliono finire ingoiati dalla società, che annulla l'individuo, la soggettività, il singolo. La piccola borghesia è schiacciata tra l'ascesa del proletariato e il grande capitale. L'Italia era uscita dal conflitto sfinita: miseria, inflazione, squilibri per la riconversione dell'apparato industriale bellico in apparato di pace. La piccola borghesia e i ceti medi ritornavano dal fronte delusi, scontenti, anche perché si aspettavano prosperità e gloria ed adesso subiscono il disagio economico e l'incertezza dell'avvenire. I piccoli borghesi sveviani devono così constatare la loro impotenza, inettitudine, malattia. Essi non hanno che due alternative: o essere alienati o subalterni al servizio della grande borghesia industriale, od opporsi con ironia, così come fa Zeno.

Questo romanzo è quello che meglio esprime questa crisi sottoforma di un'autoanalisi del protagonista che si rende conto di essere inadatto alla società in cui vive, ma tuttavia si costruisce degli alibi ai suoi comportamenti e risulta pieno di contraddizioni. Se si analizzano i primi due romanzi si nota come il personaggio dell'inetto subisce delle trasformazioni: dall'evidenza dell'inettitudine alla sua consapevolezza fino ad arrivare alla volontà dell'autoanalisi che può essere un modo per superare il "problema". E' evidente, nella formazione culturale di Svevo l'influenza di Freud . La psicanalisi permette allo scrittore di conoscere la condizione umana, attraverso l'analisi della malattia, con i suoi lapsus, autoinganni, fantasie. Nonostante l'autoanalisi il "malato" di Svevo non è in grado di risolvere i problemi della società e quindi l'ultima alternativa è la catastrofe ipotizzata nelle pagine conclusive della Coscienza. L'uomo medita su se stesso, ma riflette anche sulla condizione storica: l'uomo, che ha inventato ordigni straordinari e potenti, è destinato, in questa società dominata dal profitto, all'autodistruzione e alla catastrofe finale (che sarà appunto la seconda guerra mondiale).








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