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Emilio De Marchi e il Demetrio Pianelli - Demetrio Pianelli

letteratura italiana



Emilio De Marchi e il Demetrio Pianelli



De Marchi parte da un immagine di romanzo popolare nel tentativo di riformarlo dal suo interno. Nel 1888 pubblica Il cappello del prete:

  • De Marchi ha in mente il grande pubblico (i signori centomila) che spesso viene calunniato, mentre lui non lo disprezza affatto e anzi ne percepisce il fascino.
  • Critica l'elitarismo, dice che la letteratura italiani va ringiovanita, tentando di scrivere per i lettori e non per gli altri scrittori (su questo punto si trova in sintonia con Gramsci).
  • Il pubblico, nell'immagine di De Marchi, ha desideri semplici, non ambisce a grandi eroi perché coltiva un'idea umile. Il pubblico lo smentirà, perché l'anno successivo verrà pubblicato Il piacere di G. D'Annunzio, che avrà molto successo.
  • Il suo è un romanzo di sperimentazione sul piano morale, vorrebbe cristianizzare il feuilleton. L'autore cerca di reagire allo scenario letterario milanese, da Cletto Arrighi (Nanà a Milano) a Cesare Tronconi (che con Madri per ridere attacca la famiglia, mentre ne Le commedie di Venere la famiglia viene sviscerata).

A Milano stanno infatti prendendo piede i romanzi del naturalismo francese (Balzac, Zola, Flaubert) che si mescola alla scapigliatura. De Marchi rifiuta il romanzo sperimentale.



  • Dittologia (coppia di termini): senso morale e senso comune, qui si gioca il manzonismo di De Marchi, che sottolinea la sua milanesità. Dice basta agli eccessi insensati.

I romanzi da lui pubblicati sono:

1876 Il signor dottorino

1878 Due anime in un corpo

1888 Il cappello del prete

1890 Demetrio Pianelli

1893 Arabella

1896 Redivivo


Demetrio Pianelli

Quello che contrassegna il Pianelli è un lavoro di stesura impegnativo. Il tema saliente è quello della bella vedova voluta da due uomini che compare già in un testo teatrale del 1881: I poveri di spirito, dove però manca la dimensione impiegatizia piccolo-borghese (che è l'elemento fondamentale del Pianelli). Il tema del triangolo amoroso era usuale soprattutto nel teatro comico.

Tappe:

  1. Tre quaderni manoscritti, pubblicati integralmente da Anna Modena nell'edizione critica.
  2. La bella bigotta, ritratti e costumi della vita milanese. Consegnato al Quotidiano d'Italia, giornale del popolo nel settembre del 1888. Nel sottotitolo ritroviamo una ripresa de La commedia umana di Balzac (il suo ciclo di romanzi, che attuano anche Zola e Verga).
  3. Demetrio Pianelli. La prima edizione appare in un volume datato 1890, pubblicato da Galli (editore milanese).
  4. Demetrio Pianelli. Seconda edizione in volume, pubblicato nel 1900, edito da Poligrafica. L'autore morirà nel 1901 e sarà l'edizione definitiva.

Il capello del prete è ambientato a Napoli ed era stato raccolto dall'editore Treves, promosso in Italia e all'estero. Il Pianelli non è pubblicato da Treves forse per via della materia piccolo-borghese e perciò De Marchi si vede costretto a pagare 400 lire a Galli per farlo pubblicare (quei soldi solo in parte verranno restituiti).

Il romanzo comunque non vendeva, anche se era il suo capolavoro (questo era successo anche a Verga con I Malavoglia). Negli anni '20 e '30 Carlo Linati e Delio Tessa dedicano degli studi specifici al Demetrio Pianelli, dopo la seconda guerra mondiale rinasce l'interesse per il realismo e Vittore Branca dedicherà un libretto critica a quest'opera, da quel momento saranno in molti ad interessarsi al capolavoro di De Marchi.


Quando viene scritto?

Non c'è una data della prima stesura (1), ma possiamo fare delle osservazioni filologiche:

  • La voce narrante aveva un nome preciso: Marco D'Olona, che si qualifica come un vicino di casa di Cesarino. Questo era uno pseudonimo che De Marchi aveva usato fino ai primi anni '80 dell'800.
  • Si fa riferimento a De Pretis (ministro che governa il paese durante la sinistrastorica 1876 1886), che x es. viene chiamato "il novello saturno" ( era un Dio che si mangiava i figli e che aveva ucciso dei suoi alleati). Il 2 ottobre del 1883 questa dicitura appare sui giornali, è quindi il caso di un terminus post quem (la data ci dà la certezza che la prima stesura avviene dopo il 1883). Il terminus ante quem si trova invece pensando al fatto che De Pretis muore nel 1887 e la battuta su De Pretis nella seconda stesura del romanzo scompare, perché era passato del tempo e i lettori potevano non ricordarsi della dicitura sopraccitata. Però di parla delle elezioni politiche del 1886, è questo perciò il terminus ante quem (prima fase: 1883

Tracce di romanzo d'appendice

L'autore vuole entrare in contatto con il pubblico popolare. Il popolo a cui si rivolge De Marchi è la piccola borghesia (quella di Cesarino e di Beatrice). Quando Cesarino sta per suicidarsi pensa al Secolo, il giornale popolare più diffuso in Italia alla fine dell'800, che dà risalto alla conosca dei processi e degli assassini celebri (i fatti di cronaca che proprio lui, Cesarino, leggeva avidamente).

Beatrice è il prototipo della lettrice di feuilleton: donna di intelletto non sublime che legge romanzi anche inverosimili da cui trae degli insegnamenti etici, x es. Lo sparviero e la colomba (quando Demetrio si reca da Beatrice, lei lo aveva letto da poco), qui l'autore è molto sarcastico.

Tipico del feuilleton è l'abbandonarsi alle digressioni, qui ne abbiamo prova, per esempio, nell'episodio dedicato alla sonnambula (tematica dell'irrazionalità), oppure le fratture melodrammatiche (Demetrio è innamorato, apre la porta e arriva Beatrice).

Ritroviamo il twist nei capitoli I e II della prima parte e nei capitoli I e II della quinta parte.


Ambientazione

l'ambientazione è quella urbana di metà '800 (pochi autori si erano misurati con la dimensione cittadina, a parte qualche scapigliato). Milano è lo spazio in cui si realizza la socialità allargata ma non totalmente anonima: la folla è in qualche modo riconoscibile, si sta massificando ma ancora non si avvertono i tratti della Milano di prima, dove ci si riconosceva ancora.

De Marchi guarda negativamente, verso la fine della sua vita (quindi non ancora durante la stesura di quest'opera), allo sviluppo della città di Milano che diventa oggetto di una personificazione.


De Marchi innova il romanzo popolare dal suo interno, ma non era l'unico, ai suoi tempi, a cimentarsi con il feuilleton, infatti anche Cletto Arrighi scrive un romanzo fortemente appendicista La scapigliatura e il 6 febbraio, che illustra anche uno degli ultimi moti mazziniani repressi nel sangue.

Tarchetti scrive Fosca e Paolina, o i misteri del coperto dei Figini (un quartiere popolare a ridosso del Duomo eliminato per creare la Galleria). Ancora, Praga scrive Le memorie del presbiterio. Tutti e tre erano scapigliati.

Salvatore Farina è un amico di Tarchetti e De Marchi si trova in sintonia con lui perché scrive romanzi di taglio laico, comicheggiante, borghese, che segue la linea di Dickens. Attinge alla letteratura dei moralisti francesi, come Montagna, La Bruyère e Chamfort.


Dickens e i moralisti comportano una stratificazione di elementi comici nel Pianelli

  • Da Dickens: ritrattistica grottesca, portata alla caricatura. X es. la descrizione dell'usuraio detto "il Botola", oppure del Pardone, di Beatrice, di Cesarino e di Demetrio.

Emerge soprattutto nelle viste d'insieme, come la festa di carnevale iniziale, dove vengono illustrati Quintina e Balzalotti descritti non nelle loro qualità di tipo oggettivo.

Ritroviamo molte opposizioni: (magro Cesarino / grasso Pardone) nessuno è "normale".

  • Comico di situazione: Demetrio è impacciato con le donne, con Beatrice si passa in viso il fazzoletto con cui si era pulito dalla bava di Giovedì. Il dialogo tra Demetrio e la sarta è da commedia buffa.
  • Aspetti di tipo mimico e posture: De Marchi dimostra una grande attenzione per le mani. Beatrice "non sapeva dove mettere le mani come se le avessero tagliato le due braccia", Demetrio "si grattava la testa con tutte e due le mani", il Beretta "non sapeva dove collocare le mani".
  • Scelte onomastiche (frequenti anche in Dickens): Inganni (capo mastro), Buffoletti (fa le battutine), Miglioretti (tenta gli scatti di carriera), Taccagna (proprietario dell'appartamento di Beatrice).

L'umorismo di De Marchi è il ridere anche nelle situazioni più incresciose ed è più costruttivo che corrosivo.

  • Scelte stilistiche: lo stile punta alla mescolanza dei registri, sempre comprensivi, da cui esce una coloritura che punta al mescolamento parodico. Abbiamo per esempio molti costrutti milanesi, o parole colte storpiate, latinismi mescolati al latino della messa, brandelli di gergo burocratico, parole appartenenti al teatro d'opera. Il linguaggio è a tratti alto e a tratti basso, testimone di una piccola-borghesia (che non è una classe ma un ceto intermedio) che è in tensione tra la schiettezza popolare a base contadina e la nobiltà colta, nel nome di un ideale aulico e cosmopolita che ha a che fare con le altre culture (francese, inglese, americana, ecc.). Per esempio:

Dialettismi: papà di Beatrice: "L'è lu il fratello del defunto?"

"Questa l'è la favola"

Scelte lessicali: bigotta, ragiunat (ragioniere), tosetta (ragazzina), tentare non nocet (latino storpiato), lord cosmetico (inglesismo), Laonde dunque dianzi (arcaismi).


Enrico Testa si concentra sul Pianelli in Lo stile semplice, edito da Einaudi nel 1997. Il suo giudizio è severo, rimprovera De Marchi perchè non produce una sintesi efficace e dice che è stato attaccato alle nozioni del Manzoni dei Promessi Sposi del '27., perciò quest'opera non svecchia il linguaggio: non è né Manzoni della 40ana né Verga dei Malavoglia (dove fa ingresso il dialetto).

Fa però uno sforzo sul piano stilistico retorico: attua una fitta serie di figure del contenuto, tutte impegnate sul piano della sensibilità, come i costrutti proverbiali, x es: "Ci si fa l'osso anche a non far niente", oppure nei paragoni ben dispiegati.

Le similitudini fanno riferimento a tre aree semantiche:

  • A sfondo naturalistico/zoomorfo: x es. gonfio come un boa.
  • A sfondo domestico: cibi, tessuti, arredi, utensili, x es. "una donna senza spirito è come un caffè buono ma freddo", "Arabella bianca come un lino", "Testa calda come un fornello".
  • Di indole tecnica/tecnologica che aggiorna le due precdenti, x es. "il suo corpo tremò come il filo di un parafulmine".

Strutture narrative

Il romanzo inizia durante il carnevale e finisce a gennaio dell'ano successivo con le nozze di Beatrice.

Il testo è articolato in scene e sommati (riassunti), ma il romanzo non si risolve in una pura linearità.


Personaggi

Beatrice e Demetrio vengono approfonditi perché all'inizio erano stati concepiti con una personalità poco approfondita.

Beatrice cambia durante il romanzo e Demetrio è sede di tensioni e spinte contraddittorie.

Conosciamo Demetrio attraverso il tema del guscio (simile a Verga ostrica), troviamo una componente stoica che conduce ad una scelta di vita appartata, lontano dalla sfera femminile.

Alcune vedute domestiche di Demetrio spesso sono fondate su paragoni che delineano un carattere ascensionale (è fortemente religioso): abita in via S. Clemente in una stanzuccia alla quale si accede tramite una scala simile a quella di un campanile, il balcone è pieno di fiori e ortaggi (ci rinviano alla sua origine contadina), dalla ringhiera si vede un cortile stretto e profondo come una torre (similitudine curiosa in cui la prospettiva discendente rimanda all'ascensione).

Viene strappato dall'ideale di vita autosufficiente per via del suicidio di Cesarino, perciò Demetrio è un eroe involontario. Si trova nella necessità di dover agire e nel suo darsi da fare va incontro ad ostilità e a danni continui (Beatrice, Balzalotti). La coscienza e non il carattere lo chiama a partecipare al dolore dei propri simili.

La figura che motiva l'operare non è Beatrice, ma Arabella, solamente più tardi subentrerà la figura della madre e da quel momento il piccolo universo di Demetrio: Beatrice è un'apparizione corporea oggetto del suo desiderio. Ci si presenta una visione di tipo stilnovista: un'apparizione divina, in seguito anche l'angelicazione, che ci offre il lato etereo e pacificante, la vediamo in Chiesa raccolta in preghiera, il suo velo è "molle e scuro" e alleggerisce l'aspetto sensuale, più in là ci viene detto che Beatrice era passata tra le calunnie come uno spirito che le cose del mondo non possono toccare. Alla fine del testo Demetrio pensa di aver plasmato Beatrice.

Il romanzo non ha un lieto fine perché Demetrio è consegnato al suo destino di uomo incompiuto sotto il profilo virile, eppure non è un vinto perché a mostrato di essere buono a qualcosa, in questo mondo.

Il romanzo ci illustra un incrocio dinamico di destini: Beatrice diviene più riflessiva e più semplice, Demetrio coglie per un breve momento l'ebbrezza di una vita virile e la offre come sacrificio di una concezione religiosa più attiva e non solo contemplativa.

Dal mito stoico del guscio si passa d un eroismo cristiano (più spendibile nel mondo).

De Marchi crea un rapporto tra lo sconvolgimento di orizzonti di Demetrio per Beatrice e le pratiche religiose di Demetrio. Il romanzo qui denuncia una modernità psicologica attraverso questi mezzi:

  • Piano stilistico/espressivo: uso delle similitudini per descrivere una condizione psicologica e la prosopopea dell'esistenza ( rendere umani concetti astratti o cose che umane non sono), cioè la coscienza viene resa umana.  X es. similitudini: in ambito retorico sono molto estese: "rimase incantato davanti a Beatrice come il villano dinnanzi a quei quadri dissolventi che sfumano l'uno nell'altro" (turbamento coscienziale erotico).

Prosopopea della coscienza: retorica prepasicologica di Demetrio di fronte al sesso, pensa d un dialogo tra se e la propria coscienza "Non lasciarti deviare dalle concupiscenze".

Nel romanzo Demetrio si abbandono al vecchio Kempis (testo fortunato, latino, giudicato per molto scritto da Tommaso da Kempis, che oggi si attribuisce a Giovanni Gersen), che rimuove un'immagine di religione di tipo stoico-ascetico. L'autore scrive da un concento (che rappresenta un guscio religioso), c'è un elemento di protesta nei confronti delle espressioni comunitarie della fede, puntava ad una religiosità personale e intima. Predicava di escludere le tentazioni mondane ed erotiche.

Questo libro è il contraltare dei romanzi d'appendice (della Sonzogno, con la copertina gialla, al prezzo di una lira) che legge Beatrice e delle cronache lette da Cesarino.

Sia Cesarino che Demetrio sono impiegati ma rappresentano due facce della piccola borghesia: Demetrio è sensibile ai valori degli avi e della famiglia, mentre Cesarino di proietta in stili di vita e consumi di grandi pretese sociali, che però culturalmente si presenta per ciò che è (infatti legge i feuilleton).

Differiscono inoltre per i due modi di leggere che rappresentano: Demetrio è rappresentante della lettura intensiva (con attitudine ritualistica, qui però non è fatta in pubblico), Cesarino è rappresentante della lettura moderna ed estensiva (legge i feuilleton e i processi riportati da Il Secolo).

De Marchi vuole cristianizzare il feuilleton, ma non rinuncia a far vedere che la letteratura romanzesca poteva portare ad una sciocca incosciente come Beatrice, mentre un'opera come il Kempis portava ad un personaggio coscienzioso come Demetrio.

Demetrio sarebbe il risultato diretto del De Imitatione Christi ed ha un concetto cristiano di passione (di Cristo) rinvia ad un'altra immagine in cui Demetrio ama rappresentarsi come un Cristo in croce (Demetrio percepisce in se stesso una vena sacrificale). Il protagonista denuncia un desiderio di autopunizione, emerge un certo masochismo poiché si consegna volentieri alla sofferenza (x es. va dal confessore con l'intento di sentire il prete gridare e rimproverarlo, dopodichè si sente meglio).

Le immagini di Beatrice e Demetrio assieme ci espongono un rapporto istintivo di sottomissione e voglia di abbandonarsi, di affidarsi a Beatrice (figura materna che consola e dentro la quale ci si deve smarrire regressione ad uterum ritorno alla madre).


Questione dei luoghi vicari:

Alcuni personaggi vivono un ruolo che spetterebbe ad altri, per esempio, Arabella cerca in Demetrio l'uomo-padre e assume il ruolo di madre (che non riesce ad essere all'altezza della situazione. Il ruolo maschile positivo non è incarnato né da Demetrio, né da Cesarino, né da Pardone, né da Paolino e nemmeno dal Balzalotti, in brebe non ci sono modelli di virilità affabile.


De Marchi è pessimista poiché la cultura contadina è in crisi, ma nella metropoli non ci sono modelli validi da seguire, perché Milano è percorsa dalla frenesia dei consumi, la folla è bramosa di esibirsi ma è presa dei miti (quello degli USA emerge molto, l'io narrante dice: "in questi tempi di americanismo insorgente" o "a Chiaravalle i figli di Beatrice avevano trovato l'America", un impiegato a tavola parla del flagello della concorrenza americana, Demetrio pensa "Non c'è mestiere più bello che fare lo zio d'America", nello sconforto Demetrio dice "Se non fosse per quei poveri ragazzi sarei già scappato in America").

De Marchi non offre nobilitazioni, offre un mondo grigio che non piace a molti.

Nella seconda metà dell'800, il pubblico intermedio leggeva: narrativa campagnola, scapigliatura, realismo/naturalismo, verismo, decadentismo.









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