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Emilio De Marchi e il Demetrio Pianelli
De Marchi parte da un immagine di romanzo popolare nel tentativo di riformarlo dal suo interno. Nel 1888 pubblica Il cappello del prete:
A Milano stanno infatti prendendo piede i romanzi del naturalismo francese (Balzac, Zola, Flaubert) che si mescola alla scapigliatura. De Marchi rifiuta il romanzo sperimentale.
I romanzi da lui pubblicati sono:
1876 Il signor dottorino
1878 Due anime in un corpo
1888 Il cappello del prete
1890 Demetrio Pianelli
1893 Arabella
1896 Redivivo
Demetrio Pianelli
Quello che contrassegna il Pianelli è un lavoro di stesura impegnativo. Il tema saliente è quello della bella vedova voluta da due uomini che compare già in un testo teatrale del 1881: I poveri di spirito, dove però manca la dimensione impiegatizia piccolo-borghese (che è l'elemento fondamentale del Pianelli). Il tema del triangolo amoroso era usuale soprattutto nel teatro comico.
Tappe:
Il capello del prete è ambientato a Napoli ed era stato raccolto dall'editore Treves, promosso in Italia e all'estero. Il Pianelli non è pubblicato da Treves forse per via della materia piccolo-borghese e perciò De Marchi si vede costretto a pagare 400 lire a Galli per farlo pubblicare (quei soldi solo in parte verranno restituiti).
Il romanzo comunque non vendeva, anche se era il suo capolavoro (questo era successo anche a Verga con I Malavoglia). Negli anni '20 e '30 Carlo Linati e Delio Tessa dedicano degli studi specifici al Demetrio Pianelli, dopo la seconda guerra mondiale rinasce l'interesse per il realismo e Vittore Branca dedicherà un libretto critica a quest'opera, da quel momento saranno in molti ad interessarsi al capolavoro di De Marchi.
Quando viene scritto?
Non c'è una data della prima stesura (1), ma possiamo fare delle osservazioni filologiche:
Tracce di romanzo d'appendice
L'autore vuole entrare in contatto con il pubblico popolare. Il popolo a cui si rivolge De Marchi è la piccola borghesia (quella di Cesarino e di Beatrice). Quando Cesarino sta per suicidarsi pensa al Secolo, il giornale popolare più diffuso in Italia alla fine dell'800, che dà risalto alla conosca dei processi e degli assassini celebri (i fatti di cronaca che proprio lui, Cesarino, leggeva avidamente).
Beatrice è il prototipo della lettrice di feuilleton: donna di intelletto non sublime che legge romanzi anche inverosimili da cui trae degli insegnamenti etici, x es. Lo sparviero e la colomba (quando Demetrio si reca da Beatrice, lei lo aveva letto da poco), qui l'autore è molto sarcastico.
Tipico del feuilleton è l'abbandonarsi alle digressioni, qui ne abbiamo prova, per esempio, nell'episodio dedicato alla sonnambula (tematica dell'irrazionalità), oppure le fratture melodrammatiche (Demetrio è innamorato, apre la porta e arriva Beatrice).
Ritroviamo il twist nei capitoli I e II della prima parte e nei capitoli I e II della quinta parte.
Ambientazione
l'ambientazione è quella urbana di metà '800 (pochi autori si erano misurati con la dimensione cittadina, a parte qualche scapigliato). Milano è lo spazio in cui si realizza la socialità allargata ma non totalmente anonima: la folla è in qualche modo riconoscibile, si sta massificando ma ancora non si avvertono i tratti della Milano di prima, dove ci si riconosceva ancora.
De Marchi guarda negativamente, verso la fine della sua vita (quindi non ancora durante la stesura di quest'opera), allo sviluppo della città di Milano che diventa oggetto di una personificazione.
De Marchi innova il romanzo popolare dal suo interno, ma non era l'unico, ai suoi tempi, a cimentarsi con il feuilleton, infatti anche Cletto Arrighi scrive un romanzo fortemente appendicista La scapigliatura e il 6 febbraio, che illustra anche uno degli ultimi moti mazziniani repressi nel sangue.
Tarchetti scrive Fosca e Paolina, o i misteri
del coperto dei Figini (un quartiere popolare a ridosso del Duomo eliminato
per creare
Salvatore Farina è un amico di Tarchetti e De
Marchi si trova in sintonia con lui perché scrive romanzi di taglio laico,
comicheggiante, borghese, che segue la linea di Dickens. Attinge alla
letteratura dei moralisti francesi, come Montagna,
Dickens e i moralisti comportano una stratificazione di elementi comici nel Pianelli
Emerge soprattutto nelle viste d'insieme, come la festa di carnevale iniziale, dove vengono illustrati Quintina e Balzalotti descritti non nelle loro qualità di tipo oggettivo.
Ritroviamo molte opposizioni: (magro Cesarino / grasso Pardone) nessuno è "normale".
L'umorismo di De Marchi è il ridere anche nelle situazioni più incresciose ed è più costruttivo che corrosivo.
Dialettismi: papà di Beatrice: "L'è lu il fratello del defunto?"
"Questa l'è la favola"
Scelte lessicali: bigotta, ragiunat (ragioniere), tosetta (ragazzina), tentare non nocet (latino storpiato), lord cosmetico (inglesismo), Laonde dunque dianzi (arcaismi).
Enrico Testa si concentra sul Pianelli in Lo stile semplice, edito da Einaudi nel 1997. Il suo giudizio è severo, rimprovera De Marchi perchè non produce una sintesi efficace e dice che è stato attaccato alle nozioni del Manzoni dei Promessi Sposi del '27., perciò quest'opera non svecchia il linguaggio: non è né Manzoni della 40ana né Verga dei Malavoglia (dove fa ingresso il dialetto).
Fa però uno sforzo sul piano stilistico retorico: attua una fitta serie di figure del contenuto, tutte impegnate sul piano della sensibilità, come i costrutti proverbiali, x es: "Ci si fa l'osso anche a non far niente", oppure nei paragoni ben dispiegati.
Le similitudini fanno riferimento a tre aree semantiche:
Strutture narrative
Il romanzo inizia durante il carnevale e finisce a gennaio dell'ano successivo con le nozze di Beatrice.
Il testo è articolato in scene e sommati (riassunti), ma il romanzo non si risolve in una pura linearità.
Personaggi
Beatrice e Demetrio vengono approfonditi perché all'inizio erano stati concepiti con una personalità poco approfondita.
Beatrice cambia durante il romanzo e Demetrio è sede di tensioni e spinte contraddittorie.
Conosciamo Demetrio attraverso il tema del guscio (simile a Verga ostrica), troviamo una componente stoica che conduce ad una scelta di vita appartata, lontano dalla sfera femminile.
Alcune vedute domestiche di Demetrio spesso sono fondate su paragoni che delineano un carattere ascensionale (è fortemente religioso): abita in via S. Clemente in una stanzuccia alla quale si accede tramite una scala simile a quella di un campanile, il balcone è pieno di fiori e ortaggi (ci rinviano alla sua origine contadina), dalla ringhiera si vede un cortile stretto e profondo come una torre (similitudine curiosa in cui la prospettiva discendente rimanda all'ascensione).
Viene strappato dall'ideale di vita autosufficiente per via del suicidio di Cesarino, perciò Demetrio è un eroe involontario. Si trova nella necessità di dover agire e nel suo darsi da fare va incontro ad ostilità e a danni continui (Beatrice, Balzalotti). La coscienza e non il carattere lo chiama a partecipare al dolore dei propri simili.
La figura che motiva l'operare non è Beatrice, ma Arabella, solamente più tardi subentrerà la figura della madre e da quel momento il piccolo universo di Demetrio: Beatrice è un'apparizione corporea oggetto del suo desiderio. Ci si presenta una visione di tipo stilnovista: un'apparizione divina, in seguito anche l'angelicazione, che ci offre il lato etereo e pacificante, la vediamo in Chiesa raccolta in preghiera, il suo velo è "molle e scuro" e alleggerisce l'aspetto sensuale, più in là ci viene detto che Beatrice era passata tra le calunnie come uno spirito che le cose del mondo non possono toccare. Alla fine del testo Demetrio pensa di aver plasmato Beatrice.
Il romanzo non ha un lieto fine perché Demetrio è consegnato al suo destino di uomo incompiuto sotto il profilo virile, eppure non è un vinto perché a mostrato di essere buono a qualcosa, in questo mondo.
Il romanzo ci illustra un incrocio dinamico di destini: Beatrice diviene più riflessiva e più semplice, Demetrio coglie per un breve momento l'ebbrezza di una vita virile e la offre come sacrificio di una concezione religiosa più attiva e non solo contemplativa.
Dal mito stoico del guscio si passa d un eroismo cristiano (più spendibile nel mondo).
De Marchi crea un rapporto tra lo sconvolgimento di orizzonti di Demetrio per Beatrice e le pratiche religiose di Demetrio. Il romanzo qui denuncia una modernità psicologica attraverso questi mezzi:
Prosopopea della coscienza: retorica prepasicologica di Demetrio di fronte al sesso, pensa d un dialogo tra se e la propria coscienza "Non lasciarti deviare dalle concupiscenze".
Nel romanzo Demetrio si abbandono al vecchio Kempis (testo fortunato, latino, giudicato per molto scritto da Tommaso da Kempis, che oggi si attribuisce a Giovanni Gersen), che rimuove un'immagine di religione di tipo stoico-ascetico. L'autore scrive da un concento (che rappresenta un guscio religioso), c'è un elemento di protesta nei confronti delle espressioni comunitarie della fede, puntava ad una religiosità personale e intima. Predicava di escludere le tentazioni mondane ed erotiche.
Questo libro è il contraltare dei romanzi d'appendice (della Sonzogno, con la copertina gialla, al prezzo di una lira) che legge Beatrice e delle cronache lette da Cesarino.
Sia Cesarino che Demetrio sono impiegati ma rappresentano due facce della piccola borghesia: Demetrio è sensibile ai valori degli avi e della famiglia, mentre Cesarino di proietta in stili di vita e consumi di grandi pretese sociali, che però culturalmente si presenta per ciò che è (infatti legge i feuilleton).
Differiscono inoltre per i due modi di leggere che rappresentano: Demetrio è rappresentante della lettura intensiva (con attitudine ritualistica, qui però non è fatta in pubblico), Cesarino è rappresentante della lettura moderna ed estensiva (legge i feuilleton e i processi riportati da Il Secolo).
De Marchi vuole cristianizzare il feuilleton, ma non rinuncia a far vedere che la letteratura romanzesca poteva portare ad una sciocca incosciente come Beatrice, mentre un'opera come il Kempis portava ad un personaggio coscienzioso come Demetrio.
Demetrio sarebbe il risultato diretto del De Imitatione Christi ed ha un concetto cristiano di passione (di Cristo) rinvia ad un'altra immagine in cui Demetrio ama rappresentarsi come un Cristo in croce (Demetrio percepisce in se stesso una vena sacrificale). Il protagonista denuncia un desiderio di autopunizione, emerge un certo masochismo poiché si consegna volentieri alla sofferenza (x es. va dal confessore con l'intento di sentire il prete gridare e rimproverarlo, dopodichè si sente meglio).
Le immagini di Beatrice e Demetrio assieme ci espongono un rapporto istintivo di sottomissione e voglia di abbandonarsi, di affidarsi a Beatrice (figura materna che consola e dentro la quale ci si deve smarrire regressione ad uterum ritorno alla madre).
Questione dei luoghi vicari:
Alcuni personaggi vivono un ruolo che spetterebbe ad altri, per esempio, Arabella cerca in Demetrio l'uomo-padre e assume il ruolo di madre (che non riesce ad essere all'altezza della situazione. Il ruolo maschile positivo non è incarnato né da Demetrio, né da Cesarino, né da Pardone, né da Paolino e nemmeno dal Balzalotti, in brebe non ci sono modelli di virilità affabile.
De Marchi è pessimista poiché la cultura contadina è in crisi, ma nella metropoli non ci sono modelli validi da seguire, perché Milano è percorsa dalla frenesia dei consumi, la folla è bramosa di esibirsi ma è presa dei miti (quello degli USA emerge molto, l'io narrante dice: "in questi tempi di americanismo insorgente" o "a Chiaravalle i figli di Beatrice avevano trovato l'America", un impiegato a tavola parla del flagello della concorrenza americana, Demetrio pensa "Non c'è mestiere più bello che fare lo zio d'America", nello sconforto Demetrio dice "Se non fosse per quei poveri ragazzi sarei già scappato in America").
De Marchi non offre nobilitazioni, offre un mondo grigio che non piace a molti.
Nella seconda metà dell'800, il pubblico intermedio leggeva: narrativa campagnola, scapigliatura, realismo/naturalismo, verismo, decadentismo.
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