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Paradiso: Canto XXXIII°
Dante attraversa tutti e nove i cieli fisici. Quest'ultimi pur essendo fisici sono fatti di etere. Dal nono cielo, in cui ci sono solo angeli, Dante viene proiettato al di fuori giungendo nell'Empireo, un cielo fatto solo di 444f54e luce, proveniente da Dio. In questo cielo si trova la candida rosa, una specie di anfiteatro in cui ogni beato ha il suo posto. La disposizione dei beati non è casuale, ma segue un ordine. Infatti da un lato vi sono coloro che hanno creduto in Cristo venturo, da un'altra parte vi sono coloro che hanno creduto in Cristo prima che lui nascesse, ovvero i profeti. Dall'altra parte vi sono coloro che hanno creduto in Cristo venuto.
In questo canto scompare la figura di Beatrice che si materializza nel suo seggio nella candida rosa. Come Beatrice era subentrata a Virgilio, quindi la ragione umana (Virgilio) era stata soppiantata dalla teologia (Beatrice), adesso risulta necessario l'intervento di Dio, per questo al posto di Beatrice subentra San Bernardo mistico del XII secolo, egli mettendo da parte la ragione voleva raggiungere Dio attraverso uno slancio d'onore. Il suo inserimento non è casuale, poiché adesso Dante da solo non riesce a vedere Dio, pur volendolo. Quindi per riuscire a vedere Dio, da vivo, ha bisogno di ricevere un dono da Dio stesso. Per questo interviene San Bernardo che fa da intermediario. Alla fine del XXXII° canto dice a Dante che è necessario pregare la Madonna affinché Ella faccia da mediatrice in modo che Dante riceva la grazia da Dio. Mentre Dante prega in silenzio, san Bernardo lo fa ad alta voce. Il XXXIII canto tratta appunto della preghiera.
Nella prima terzina vi è l'invocazione
Dal verso 4 al 21 vi è la captazio benevolenza, ovvero l'elogio
Dal verso 22 a 45 vi è la richiesta vera e propria in cui San Bernardo chiede esplicitamente che Dante possa vedere Dio e che una volta tornato in terra Dante non ricordi
Nell'invocazione, prima terzina, viene sottolineata la natura straordinaria della Madonna. Infatti ella è contemporaneamente più cose contraddittorie in quanto è:
Vergine- madre
Figlia e madre di Dio
La donna più umile che esiste, proprio per questo Dio si è incarnato in lei, ,ma allo stesso tempo anche la più sublime.
Parafrasi & commento
dice San Bernardo:
"O Maria, tu sei contemporaneamente vergine e madre, figlia del tuo figlio divino Gesù, la più umile e la più nobile delle creature, meta prefissata della decisione divina, tu sei la donna che ha reso tanto nobile la natura umana da far sì che il suo creatore accettò di diventare una sua creatura.
Dio già sapeva che Maria sarebbe stata la donna in cui si sarebbe incarnato, per questo termine fisso.
Con il tuo concepimento si è riacceso l'amore fra Dio e l'uomo, ed il calore di esso ha fatto fiorire questa rosa dei beati nella pace divina di questo paradiso. Nel cielo sei per noi beati una fiaccola ardente di carità, e sulla terra, per i mortali, sei divina fonte di speranza. O Signora (donna) tu sei tanto potente e hai tanta virtù che il desiderio di colui che desidera la grazia divina e non si rivolge a te, vuole volare senza ali.
La vergine ha reso possibile la riconciliazione fra Dio e l'uomo dopo il peccato originale. E dopo la nascita di Gesù la rosa dei beati, prima deserta, è fiorita riempiendosi di beati.
La sua carità vai in aiuto non solo di chi te lo chiede, ma molte volte previene spontaneamente la richiesta. In te è la misericordia, in te è la pietà, in te si assomma tutta quanta la bontà che c'è nel creato. Ora quest'uomo, che ha visto tutte le condizioni delle anime dalla regione più bassa dell'universo fino a questo cielo, ti invoca per ottenere da te , come dono di grazia, tanta forza da poter alzare lo sguardo ncora più in alto fino a Dio, somma beatitudine. E io, che mai ho desiderato di vedere Dio più ardentemente di quanto desideri che egli lo veda, ti rivolgo tutte le mie preghiere, e prego che non siano insufficienti, affinché tu lo liberi da ogni offuscamento terreno con le tue preghiere, così che gli si manifesti Dio, sublime gioia.
Dalla terza terzina inizia la vera richiesta. San Bernardo chiede alla Madonna di permettere di vedere Dio a Dante sostenendo che non ha mai desiderato così tanto di vedere Dio, quanto lo desidera per quest'uomo (Dante). Questa è la più tipica manifestazione della carità divina. San Bernardo inoltre riassume molto brevemente il viaggio fatto dal poeta, a cui manca solo la conclusione. L'unica cosa a bloccarlo è il fatto che Dante è vivo e il corpo offusca la visione dello spirito, per questo è necessario l'intervento della Vergine l'unica capace di liberarlo. Adesso inizia la seconda richiesta:
Ancora ti prego regina, che puoi ciò che tu vuoi, che tu mantenga puri i suoi sentimenti, dopo la visione tanto grande di Dio. La tua custodia raffreno le sue passioni terrene: guarda come Beatrice e tutti i beati si uniscono con le mani giunte alla mia preghiera!".
Gli occhi della Vergine, amati e venerati da Dio stesso, dritti in San Bernardo ci dimostrarono quanto sono gradite le preghiere; poi li indirizzò alla luce divina, nella quale non si deve credere che da alcuna altra creatura lo sguardo venga rivolto con altrettanta profondità. E io, che mi stavo avvicinando alla meta di tutti i miei desideri, così come era necessario che accadesse, sentii giungere al culmine l'intensità del mio desiderio. San Bernardo sorridendo mi indicava di guardare verso l'alto; ma io mi ero già atteggiato di mia iniziativa in quel modo che egli voleva: giacché la mia vista, fattasi più pura, penetrava sempre di più nel raggio di quella luce divina che è vera nella sua essenza.
San Bernardo prega inoltre alla Vergnine di vigilare su Dante e di permettergli di conservare la memoria in modo da poter riferire ciò che ha visto. Alla preghiera si aggiungono tutti i beati tra cui spicca Beatrice.
La Madonna che prima aveva gli occhi fissi in San Bernardo, li distoglie per rivolgerli a Dio. Proprio questo gesto fa capire a Dante che la Madonna ha accettato la sua richiesta. (gli occhi della Madonna sono i puri che possano rivolgersi a Dio). Nel vedere ciò il desiderio di Dante si appagò poiché a breve avrebbe visto Dio. Una seconda interpretazione sostiene invece che Dante arriva al culmine e per questo prova ansia dell'arrivo della visione di Dio. San Bernardo capì e sorrideva facendo cenno a Dante d guardare verso l'alto, ma questi che era ormai in grado di concepire da solo, stava già guadando verso la luce, la vera luce di Dio. In questa posizione Dante vi rimarrà fino la fine del canto.
Da questo momento in avanti ciò che io vidi fu ben maggiore di quanto le mie parole esprimeranno, poiché esse vengono meno di fronte ad una visione tanto sublime, e così la mia memoria viene meno di fronte a tanta smisurata meraviglia. Come colui che ha un sogno, e in cui dopo il sogno rimane impressa la sensazione di esso, mentre il resto non torna alla memoria, così io mi trovo, che quasi tutte le immagini di quella vista sublime sono scomparse, ma ancora la dolcezza che derivò da esse scende goccia a goccia nell'anima. Così la neve si scioglie ai raggi solari, così i responsi della Sibilla scritti su foglie leggere si perdevano al vento. O altissima luce divina, che ti innalzi tanto al di sopra delle concezioni umane, dona nuovamente alla mia memoria una minima parte di come allora mi apparivi, e rendi la mia voce così efficace che anche l una scintilla della tua gloria io possa tramandare ai posteri; perché essi comprendano meglio la tua vittoria, se almeno in parte essa tornerà alla mia memoria e io la potrò cantare con la mia poesia per quel poco che mi sarà possibile.
In questi versi Dante riprende il tema dell'ineffabilità delle cose divine e di Dio, già trattato nel primo canto del paradiso. Dante paragona la sua memoria ad un fiocco di neve che perde la sua forma sciolto dal colore, così come lui perde la sua memoria nel calore del sole eterno. Egli aggiunge anche la similitudine della Sibilla, antica profetessa che scriveva i suoi responsi su foglie che poi venivano disperse dal vento, e del sogno. Infatti nel momento in cui vuoi ricordarlo esso ti sfugge ma ti resta dentro te come un ombra. Adesso il racconto della visione:
Mi ricordo che proprio per questo crebbe il mio coraggio nel sostenere la vista, così che congiunsi il mio sguardo alla somma virtù dell'Onnipotente. Oh grazia eccelsa, per la quale io osai fissare direttamente lo sguardo nella luce divina, così a fondo da portare in ciò alla massima tensione le mie capacità visive!
A differenza della luce naturale che più è forte e più va evitata, la luce di Dio più la si guarda e più irrobustisce la vista rendendo chi guarda capace di penetrare tanto che distogliere lo sguardo da essa darebbe la cecità. Prima di procedere con la descrizione di ciò che vide Dante ringrazia la Madonna che le ha permesso questa vista eccezionale.
Nella profondità di quella luce divina vidi che è contenuto tutto ciò che è sparso nel mondo, tenuto insieme dall'amore divino in un tutto unico le essenze e le contingenze e il loro modo di rapportarsi come congiunti, in un modo di cui le mie parole possono solo dare una sfocata immagine.
Affermo di aver visto l'essenza universale di questa unione di tutte le cose, perché nel descriverlo sento in me una beatittudine più grande. Quel solo momento della visione divina è per me occasione di maggiore dimenticanza i quanti siano stati venticinque secoli per gli Argonauti che fecero si che Nettuno rimanesse stupefatto ed estasiato nel vedere passare sulle onde l'ombra della prima nave.
Il primo modo in cui Dante descrive Dio è legato al concetto d'assoluto. Infatti egli è l'unione di tutte le molteplicità, tale concetto è espresso con la metafora "volume". Il verbo "squaderna" indica lo scomporsi di un libro in vari fascicoli, ma in questo caso è usato per indicare il dividersi dell'universo nei diversi elementi.
Dante descrive in questi versi l'impresa degli Argonauti, ponendosi dal lato di Nettuno descrive il suo stupore nel vedere per la prima volta una nave sul mare. Questa vicenda accaduta oltre 2500 anni fa è ricordata ancora, mentre l'attimo della visione di Dio è immediatamente dimenticato.
Con lo stesso stupore e meraviglia la mia mente, completamente assorta, contemplava dritta, ferma e concentrata la luce divina, e continuamente cresceva il suo ardore nel contemplare. Alla luce divina si diventa tali che non è mai possibile distogliersi da essa per guardare qualcos'altro; poiché in essa è contenuto tutto il bene, che è l'oggetto del desiderio, e al di fuori di essa è imperfetto tutto ciò che in essa è perfetto.
Ormai le mie parole, anche solo rispetto a quello che ricordo, saranno più brevi di quelle di un bambino che ancora prende il latte dal seno. Non a causa del fatto che nella luce divina che io contemplavo ci fosse più di un unico aspetto, dato che Dio è sempre identico a se stesso come era prima; ma perché la vista non mi si rafforzava sempre più nella visione, man mano che io cambiavo, quell'unico aspetto si trasformava ai miei occhi. Nella profondità e nel fulgore dell'essenza della luce divina mi apparvero tre cerchi di tre colori diversi e di una stessa dimensione; e il secondo appariva riflesso dal primo come un arcobaleno dall'altro, mentre il terzo era come un fuoco che emanava con la stessa intensità dall'uomo e dall'altro.
Dante ribadisce ulteriormente la sua incapacità espressiva. In questo momento Dante si avvicina alla Trinità e al concetto dell'incarnazione di Dio. Ma ammette i ricordare solo un a"favilla" di ciò che ha visto paragonando la sua descrizione al balbettio di un bambino, differente dal parlare degli adulti. Dante ammette che la visione di Dio è cambiata, ma non perché effettivamente Dio cambia, ma perché la vista si rafforza sempre di più. questa è la dichiarazione dell'immutabilità di Dio. Inizia poi la parte della visione della trinità descritta con l'immagine di tre cerchi, figura geometrica della perfezione. Nei primi due cerchi vi sono il Padre e il Figlio, quest'ultimo è solo un riflesso del Padre. Nell'altro cerchio vi è poi lo spirito santo, fuoco d'amore.
Oh, quanto è insufficiente e debole il mio parlare rispetto l'immagine che ne conservo nella mente. E anche questa immagine, rispetto a quello che io ho visto, è tale che dire "poco" non basta. O lume divino, che solo stai in te, che solo puoi comprendere la tua grandezza, e che ti ami e ti sorridi da essere compreso da te e nell'atto di comprenderti! Quel secondo cerchio che appariva in te generato come da un raggio riflesso, osservato con attenzione e a lungo dal mio sguardo, mi si mostrò dipinto, al suo interno della immagine umana, per cui la mia vista si era concentrata su di esso.
Ripete nuovamente che riesce a dire molto poco di quanto ha visto. La Trinità da solo può comprendersi ed amarsi completamente poiché essa è tutto e nulla può contenerla. Dante poi passa alla descrizione dell'incarnazione di Cristo. Lo sguardo di Cristo si concentra tutto sull'immagine umana che intravede nel secondo cerchio. Per rappresentare il mistero dell'incarnazione Dante afferma di aver visto nel cerchio del figlio i tratti della figura umana, segnati con lo stesso colore del cerchio, cosa inconcepibile razionalmente.
Come il matematico che si concentra completamente per risolvere il problema della misurazione del cerchio, e pur meditando non riesce a trovare il principio matematico di cui ha bisogno, così io mi trovo di fronte a quella straordinaria visione; volevo capire come poté quell'immagine umana adattarsi al cerchio divino e come può collocarsi in esso; ma le ali del mio ingegno non erano in grado di raggiungere tanto: sennonché il mio intelletto fu colpito da una folgorazione per cui raggiunge il suo desiderio. Alla mia pur eccezionale facoltà immaginativa a questo punto vennero meno le forze; ma Dio, il sommo amore che imprime movimento al sole e agli altri astri, faceva già girare il mio desideri e la mia volontà come una ruota che gira con un moto uniforme.
Il problema geometrico a cui fa riferimento Dante è la quadratura del cerchio tramite cui bisogna trovare un quadrato la cui superficie sia equivalente a quella del cerchi 8ma ciò realmente è impossibile). Dante ha superato ogni limite umano facendosi partecipe della beatitudine eterna e della natura divina. Dante ha assunto la posizione dei beati e ogni sua tensione si placa e si quieta nell'armonia divina che si manifesta nel moto ordinato dell'universo. Nel verso finale ritorna l'immagine di Dio come amore e carità che genera la vita e il movimento del mondo intero. Anche in questa cantica come nell'Inferno e nel purgatorio si chiude con la parola stella.
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