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Le coordinate spazio-temporali del racconto
La determinazioni geografiche (l'accurata individuazione e descrizione dei luoghi e degli ambienti) e quelle storiche (la preoccupazione di collocare il racconto nella maniera + precisa possibile dentro lo svolgimento della storia) occupano un posto di rilievo eccezionale. Dall'incrocio dei meridiani storici con i paralleli geografici assume spesso concretezza e realtà la fisionomia del racconto.
La geografia
La geografia boccacciana è un universo che si espande a cerchi concentrici, talvolta mantenendo una linea di rapporto tra il centro e la periferia (linea che spesso è rappresentata dai personaggi fiorentini che si muovono in ambienti anche molto lontano dalla città di provenienza).
A) Il centro è rappresentato dalle storie ambientate a Firenze e nel suo contado e agite da personaggi generalmente fiorentini, con qualche escursione in altri luoghi.
B) Novelle di cui sono protagonisti fiorentini o toscani ma in situazioni e ambienti lontani dalla città d'origine.
C) Novelle con contributo toscano.
D) Di straordinaria varietà è anche il gruppo delle novelle di ambientazione italiana, all'interno delle quali Boccaccio mostra di sapersi muovere con incredibile familiarità.
E) Non meno rilevante è la lista delle città e dei paesi che, fuori dall'Italia, in Europa o nel resto del mondo, Boccaccio include nel suo sistema.
C'è una straordinaria apertura di orizzonti (ricchezza delle tematiche, dei costumi, delle caratterizzazioni dei personaggi) che sorprende ogni lettore del Decameron. Oltre le mura di Firenze c'è un'Italia vivacissimamente rappresentata, ma soprattutto c'è un'inconsueta apertura europea e una fantastica proposta mediterranea, che si spinge a contemplare con curiosità infaticabile popolazioni, razze e religioni fuori dall'orbita cristiana e mari, isole, porti e città.
Boccaccio usa spesso la geografia x dar voce al suo nazionalismo. C'è una giornata totalmente toscana (6°) e altre due fondamentalmente toscane (8° e 9°), mentre in altre due è possibile registrare una prevalenza dell'elemento fiorentino-toscano (3° e 7°). L'area fiorentino-toscana coincide con quella dei generi "novella di motto" e "novella di beffa".
L'amore sembra un fatto essenzialmente italico, non certamente fiorentino né toscano. Totalmente non toscane sono la 1° giornata, la 2° e la 10°.
I luoghi geografici non sono meccaniche collocazioni dell'azione in un ambito qualsiasi determinato spazialmente, ma rappresentano dimensioni e simboli dell'immaginario, conformati in modo tale da cogliere ed esprimere le fantasie dell'autore. Ognuno dei luoghi boccacciani produce un proprio adeguato immaginario e orienta le soluzioni narrative conseguenti.
Il viaggio
La forma narrativa, in cui spesso la geografia prende corpo, è il viaggio. Il viaggio è un topos narrativo classico, una dimensione dell'immaginario e un'espressione tipica del mondo fantastico boccacciano.
In totale ci sono una quarantina di componimenti in cui lo spostamento del luogo dell'azione incide sulla vicenda narrata. È presente una giornata tutta di viaggi (2°) e una dove non ci si sposta mai o quasi mai dal luogo dell'azione (6°). Molto forte è la presenza di novelle di viaggi anche nella 5° giornata, quella degli amori "italici".
Nel loro insieme, le novelle V1, costituiscono forse il + bel repertorio di racconti di viaggio, fondati sul gusto dell'avventura e dell'esotico che sia mai apparso in Europa fino agli scrittori di viaggio del '600.
Boccaccio vi applica tecniche raffinatissime di costruzione dell'intreccio, che rivelano un prefetto controllo delle situazioni con cui la sua immaginazione si è trovata a confrontarsi.
Diverse possibilità:
1) Andata e ritorno semplice → Andreuccio da Perugia (Perugia - Napoli - Perugia).
2) Andata e ritorno complesso → Landolfo Rufolo (il protagonista ritorna al punto di partenza ma x farlo deve affrontare un'intera sequenza di avventure che mette in crisi la linearità semplice dello spostamento).
3) Viaggio ciclico → Conte di Anguersa (da Oriente verso Occidente e viceversa, con ripetizione rovesciata di accadimenti lungo tutto il duplice percorso).
4) Viaggio a fasi successive → Madama Beritola (intervalli temporali molto grandi fra un momento e l'altro del viaggio e sparpagliamento progressivo in luoghi diversi dei personaggi; da un certo momento inizia il processo opposto e cioè la congregazione dei protagonisti in un medesimo luogo, cui segue il ritorno finale al punto di partenza).
5) Viaggio circolare → Alatiel (dopo aver compiuto un lungo cerchio, ritorna al punto di partenza).
6) Viaggio-peripezia → Pietro Boccamazza e Agnolella (la peripezia è il viaggio).
Lo spostamento del viaggio comporta lo spostamento di destini, amori, ricchezze. Il viaggio ha molto a che fare, x la sua instabilità e precarietà, con il tema della Fortuna. Spesso attraverso il viaggio si realizza una ricerca di benessere (Landolfo) o una progressiva conquista di maturità e d'identità (Cimone); il viaggio ha anche a che fare con la virtù umana che sfida l'ignoto e il pericolo x raggiungere il fine desiderato. Soprattutto è il modo-strumento con cui Boccaccio spazia al di là delle mura della natia Firenze.
La storia
Boccaccio si preoccupa spesso di collocare esattamente dal punto di vista storico la narrazione delle sue novelle, se non con una data precisa, perlomeno con un riferimento ad una situazione o ad un personaggio, che ne consentano l'identificazione.
Fra le 36 e le 40 novelle contengono riferimenti abbastanza precisi da consentire una datazione storica. In parecchi casi qualsiasi datazione è impossibile.
Ci sono 20 novelle sicuramente databili in un 727f55h passato + o - lontano:
Per la prima volta nella storia della cultura occidentale un narratore pratica la distinzione tra "antico" e "moderno", mostrando di averne una così precisa consapevolezza. Abile composizione del libro di realtà diversissime nel tempo, con l'intento di fornire un quadro il + completo possibile delle fenomenologie umane nel campo degli affetti e delle passioni. Storia e geografia perfettamente coincidono.
Le classi sociali
Altri aspetti dell'opera: presenza delle classi sociali nell'immaginario boccacciano.
Come x gli orizzonti geografici e i parametri storici, anche x la dimensione sociale non c'è nessun ostacolo di fronte a cui si arresti l'inventiva dello scrittore. Qui la rottura degli schemi è totale, anche se Boccaccio continua ad avere una precisa visione gerarchica della scala sociale. Non ci sono limiti all'assunzione di personaggi di ogni condizione nella veste di protagonisti delle novelle.
Boccaccio non esclude nessuno dal privilegio di diventare protagonista di una storia degna di essere narrata e stabilisce in linea di principio una pari dignità tra personaggi di diversa condizione, anche se non a tutti è consentito tutto.
Nella 4° giornata lo schema tipico della tragedia amorosa viene applicato da Boccaccio senza riguardo alcuno delle classificazioni sociali. Egli racconta storie che riguardano personaggi di nobilissima condizione, nobili di meno elevata condizione, mercanti e nobili, e anche amanti di diversa condizione sociale tra loro, ciò che costituisce di per sé un fattore decisivo di contrasto tragico.
Il proletariato entra nella letteratura moderna, portatore di una scarna e pur delicata istanza realistica: Boccaccio ha scorto l'uomo e la donna là dove fino a quel momento nessuno si era degnato di abbassare lo sguardo, e la cosa + straordinaria è che lo fa con la semplicità di un'osservazione senza confini.
La forma della società è, nel libro, una scansione attiva, non passiva (non una mera registrazione di dati obbiettivi) di una dimensione fantastica, in cui ognuno dei personaggi vale in funzione del valore universale della vicenda di cui è protagonista. È in questo modo che Boccaccio, allargando smisuratamente il suo angolo visuale, riesce a creare un universo umano da cui nulla resta escluso.
IL RACCONTO
Uno dei linguaggi + legittimi di Boccaccio (prima novità del libro, se rapportato alle opere precedenti) è il racconto, narrazione che accoglie il mondo esterno nella sua eventualità, nelle possibilità che contiene di un sorgere continuo di eventi, spesso imprevisti.
Non contano tanto le figure umane e i personaggi, quanto i fatti cui essi sono soggetti, e il susseguirsi di questi secondo un ritmo che è insieme di sorpresa e di casualità. In questo senso, il racconto è il segno evidente di una curiosa adesione al reale.
Il romanzo,depurato da macchinosi elementi magico-fiabeschi, si fa novella lunga, il cui ritmo temporale acquista una stretta e serrata causalità. Quanto accade è plausibile, motivato da una dimensione ambientale e dagli impulsi naturali: non è straordinario perché prodotto da forze esterne o trascendenti il mondo umano. Nel racconto i casi hanno un'origine tutta terrena.
Quel particolare realismo interno al racconto è la novità del Decameron, la prima conquista del Boccaccio, che crede al meraviglioso della vita terrena, nella quale l'uomo agisce con le proprie prerogative e magari provoca le vicende, e poi vi resta costretto e sottomesso, talora vinto, quando non riesce a superare l'aggressione esterna degli eventi.
L'accadimento come valore narrativo si impone al Boccaccio: lo dimostra la novella di Alatiel, dove individuo ed evento possono compenetrarsi.
L'intrinseca avventurosità del reale costituisce la vera scoperta del Boccaccio, la forza vitale del racconto. In questa prospettiva, il racconto si presenta con un'ambivalenza di piani narrativi: è preciso nei particolari e rigoroso nei passaggi, ma è anche spinto fino al limite dell'assurdo e dell'illogico che pur offre lo spettacolo della vita. Per tale ambivalenza, il racconto corrisponde alla visone della Fortuna che è centrale nel libro.
L'uomo tende in generale ad un disegno
preciso, al progetto;
Non si tratta di un meraviglioso fiabesco ma di un'improvvisa probabilità suscitata dal fluire stesso del reale. Il racconto risponde ad uno spalancarsi della fantasia di Boccaccio sul miracolo quotidiano, terrestre. Ogni soluzione trova la sua origine nel rapporto primario dell'uomo con la successione dei fatti reali.
Il racconto è l'espressione narrativa dei modi con cui l'uomo subisce e patisce il mondo, con cui è condizionato dalla realtà in cui vive, del modo con cui è fatto il mondo. E mondo può essere il mare avventuroso, una foresta, ma anche una donna. Anche l'uomo può essere mondo x altri, realtà che costringe improvvisamente un individuo in una situazione motivabile ma del tutto assurda.
Tipico racconto puro è quello di Alatiel, quasi impenetrabile nell'ambigua oltranza della sua tecnica astuta: una tecnica che si direbbe portata al limite della provocazione. Alatiel è davvero il "trastullo della fortuna" e insieme del narratore. La remissiva passività di lei agli eventi acquista un senso dalla molteplicità delle prove che subisce.
La storia conta nella sua totalità: l'accavallarsi imprevisto degli eventi è tutt'uno col loro assiduo sottintendersi alla monotonia di un desino fatale e inesorabile, ma non tragicamente definitivo. Un episodio incalza l'altro, senza respiro. Ritmo di ripetizione, veloce susseguirsi delle relazioni; Boccaccio duplica l'avverbio "subitamente" che sottolinea la straordinaria normalità con cui si ripetono le vicende. La logica narrativa della novella sovrappone rapidamente un fatto o un personaggio al successivo, e appena lo fa conoscere, già lo costringe a scomparire.
Il narratore stesso sottolinea la ripetizione, insiste sulla monotonia dell'atteggiamento di Alatiel, che piange la propria bellezza, si lamenta della sventura e finisce col consolarsi con l'uomo con cui di volta in volta si trova. L'esito è appena accennato: non il sollazzo dei sensi attira Boccaccio ma piuttosto il ripetersi di esso. A lui non importa far vivere i personaggi, quanto gettarli nel giro delle avventure, piegarli ad una cieca forza interna (passione, eros) ed esterna ( traversie, spostamenti), coglierli in pochi gesti ripetuti.
Sono le formule cui si riduce tutta la novella, e comportano solo leggere varianti. Gli uomini hanno tutti un solo desiderio, un unico comportamento; la donna è sempre uguale nella sua debolezza e nella sua sensuale vitalità.
Nelle circostanze e nelle situazioni + varie, la meraviglia indica la chiave stilistica unificante di tutto il racconto. Il racconto di Antigono e di Alatiel sono la traduzione verbale di un destino riparabile, dove il pianto è sempre seguito dal piacere consolatore.
Il racconto delle vicende di Alatiel presuppone una dimensione mediterranea, cui si aggiunge un fascino orientale. È una novella "marina" dove il mare è subito una presenza determinante, simbolo concreto del reale fortunoso e suscitatore di eventi imprevisti.
Lo statuto sociale dei personaggi è solo un elemento strutturale atto a garantire la verosimiglianza delle novelle: un presupposto di quotidianità, + che la molla delle vicende. Lo scavo dei sentimenti non è mai in primo piano. Anche la psicologia è una premessa, qualche volta un elemento concomitante dell'azione, ma non la sostituisce, non subordina a sé la vicenda né si impone agli eventi. In nessuna delle novelle è reperibile un vero approfondimento psicologico del personaggio.
Convergenze tra le novelle: importanza che in tutte ha il caso, il quale si manifesta in un oggetto, in un'apparizione, in un aspetto + generale di vita che è sempre verosimile, pur presentandosi come imprevisto. Ad un certo punto lo svolgimento è determinato da un avvenimento perfettamente plausibile, dato il contesto oggettivo, ma insieme del tutto incontrollabile dal punto di vista del personaggio. Il caso risponde ad un'intuizione complessa, tutt'altro che meccanica. Una volta messo in moto il meccanismo del caso, si determinano contraccolpi ulteriori e sorprese cui il personaggio tenta di adeguarsi; ma lo scatto che crea una situazione inedita avviene sempre x un particolare fortuito e plausibile, mai magico o favoloso.
Elemento di unificazione: il presentarsi di un elemento normale che appare fortuito e determina una svolta; l'elemento presente in tutte le novelle è la notte. L'azione si svolge di notte, al buio; è la notte che confonde e insieme unifica gli aspetti e suscita gli imprevisti, le paure, le meraviglie. La notte è un simbolo tra i + evidenti della capacità di Boccaccio di cogliere il meraviglioso della realtà, il miracolo quotidiano: è, tematicamente, una fonte inesauribile di avventure. Il buio e il silenzio rappresentano spesso un momento di tensione nella narrativa boccacciana.
Nella novella di Andreuccio da Perugia la città, rappresentata come sconosciuta al personaggio che l'affronta, è nettamente il motore narrativo della novella. Possibilità meravigliose di un ambiente notturno: non il caso ma i bassifondi napoletani costituiscono il centro e la tensione di tutto il racconto.
È stata accertata la verità degli elementi e della topografia della novella e si è ricostruito il cammino percorso da Andreuccio: verità che viene a Boccaccio non solo dal fatto che Napoli gli è una città familiare, ma anche da una interpretazione di essa come metropoli e come porto di mare, dove si incontrano i tipi + diversi e sono possibili tutte le sorprese.
Boccaccio è il primo grande scrittore, nel Medioevo, che abbia colto la natura avventurosa della città, il potenziale narrativo che contiene. Un'intuizione che scatta grazie a un personaggio inesperto, che si muove da straniero a Napoli e la scopre gradualmente in una notte allucinante.
Andreuccio è rappresentato solo e inerme, in una zona di buio che è brulicante di agguati, di gesta di ladri e di rapinatori, di ruffiani e di prostitute. Se vuole uscirne, deve adattarsi alla logica e al gioco di quel mondo. Egli tende a diventare pure lui, x necessità di cose e provvisoriamente, un personaggio della malavita. L'ambiente si risolve in un racconto.
Il racconto, che pur definisce la struttura della novella, comincia a proiettarsi in uno spazio scenico + ampio, gremito di personaggi: non è + soltanto l'esposizione delle traversie di Andreuccio a contatto con un ambiente straordinario, ma il rivelarsi di tale ambiente in una profondità scenica, con misure di spazio e di tempo ad esso connaturate. Il dialogo comincia ad apparire con maggior evidenza, acquista una sua autonoma validità.
Il racconto, come successione lineare e ritmica degli eventi, tende a trasformarsi nei moduli espressivi della commedia.
DAL RACCONTO AL ROMANZO
Nel racconto (esposizione di eventi suscitati
da una realtà che pesa sull'individuo) sono contenute varie soluzioni
narrative, che Boccaccio fisserà in altre novelle. Ve ne sono alcune nelle
quali lungo il racconto si costruisce lentamente un personaggio che tende a
equilibrarsi con gli eventi e ne patisce o dirige il flusso. Da un tempo
narrativo esterno (avventura come successione di fatti) Boccaccio si volge ad
un tempo narrativo interno (avventura come evento psicologico, essenziale nella
storia di un personaggio). Se nel racconto la fonte degli eventi è la realtà
esterna, cioè
Quando l'amore viene assunto dal personaggio, non è + soltanto avventura locale e serena ma diventa esperienza decisiva, che tende ad identificarsi con una storia personale. Il tema dell'amore si presenta all'autore predeterminato da schemi con una lunga tradizione in occidente, dalle inchieste dei romanzi cavallereschi francesi alla poesia del "fino amore". È un tema centrale in Boccaccio fino al Decameron, dove sono ricorrenti echi cavallereschi, cortesi, stilnovistici e dove persiste il gusto della casistica amorosa.
In questa novella i personaggi riescono ad equilibrarsi nella vicenda: Gostanza sa conferire al racconto un ritmo di elegia che si espande x tutta la novella. Anche quando il racconto si svia su Martuccio, rimane nella pagina l'eco della narrazione tutta psicologica della prima parte: dall'animo fragile e insieme appassionato di Gostanza la novella riceve un unico tono sospeso, quasi di dolce fiaba idillico-avventurosa. Anteriormente alle vicende, si profila un personaggio colto in una suggestiva contraddizione: un'estrema debolezza rispetto al mondo, una forza indomabile generata dalla passione. La cronaca iniziale si ferma + su Gostanza che sull'uomo che ama; e i casi di Martuccio acquistano rilievo in quanto si ripercuotono nel cuore di Gostanza.
La narrazione, concentrandosi sulla figura di lei, sfuma le vicende in un'atmosfera + rarefatta, dove la concretezza quotidiana dei gesti è segnata da elegiaca disperazione, da una chiusa passione e da una mortale tristezza; priva dell'uomo amato, la vita è negata.
Alcune novelle aprono una nuova dimensione del racconto: una dimensione di novella-romanzo. Si tratta di un racconto lungo, non solo x il numero e l'ampio respiro delle vicende, ma x una nuova tensione del personaggio, risolto nelle azioni e calato nei fatti, in varia lotta col reale, sempre però al centro dell'analisi. In tale tipo di narrativa psicologica, l'uomo tende a ricondurre + direttamente a sé gli avvenimenti e il personaggio assume le vicende, la trama, va acquistando coscienza della propria originale autonomia, della propria storia individuale. L'avventura è situata ora nel personaggio.
Il tempo della novella non è + determinato dal ritmo degli eventi ma dall'incidenza che essi hanno nell'animo del personaggio, mutandone la storia. E tale mutamento è avvertibile nello stile del narratore, anche all'interno di una stessa novella.
La borghesia mercantile di Boccaccio, ricca ed attiva, vive un tempo interno correlativo a una passione, ma è un tempo nel quale l'individuo si misura col mondo per ricavarne ricchezza; non la ricchezza in sé, ma l'accumulazione di essa, grazie ad un investimento che mette alla prova la virtù industriosa e instancabile del mercante, regola il ritmo narrativo. La roba si sostituisce all'amore.
Nella novella di Landolfo Rufolo, il personaggio imprime una linea dinamica a tutta la novella, proprio nel nesso serrato che si stabilisce con gli eventi. L'essenza della novella è nel modo con cui viene narrata. La novella è una parte del racconto, successione limpida di fatti e avvenimenti con un ritmo temporale ben preciso; dall'altra è romanzo, che riporta in ogni momento le vicende esterne all'individuo che affronta la realtà e ne segue fittamente il ragionare e il conseguente operare. Il racconto si snoda lungo la linea di una personalità ben definita.
L'interiorità del mercante, il pensiero del personaggio sono legati alle decisioni, sono avvertibili in quanto premessa dell'agire; un tempo interno vale nel suo immediato risolversi all'esterno. E allora in una lunga odissea, nelle distese di un Mediterraneo carico di insidie si illumina la figura di Landolfo, il quale lotta fino all'esaurimento delle forze e usa accortezza e audacia, fino a che riceve dal mare salvezza e ricchezza proprio quando sta x cedere e rifiutare la vita.
È quasi una passione esistenziale della ricchezza, considerata elemento indispensabile del vivere. Una passione economica trascritta in un racconto "marino" che segue il fortuneggiare di un uomo che punta sul mare le sue speranze e quasi ne resta travolto.
Paesaggi e ricchezza, felicità del luogo naturale e prosperità economica si compenetrano in questa costa pittoresca fitta di città marinare, dove la ricchezza è visibile già nel modo con cui l'uomo modifica il paesaggio. È uno sfondo necessario a dar rilievo alla brama di ricchezza del protagonista. La ricchezza sostituisce l'amore ma i verbi e gli aggettivi hanno la stessa intensità e sottolineano il nesso riflessione-azione che caratterizza il protagonista fino alla fine (pesò, parendogli).
Landolfo anticipa sempre l'azione con un progetto e poi l'affronta risolutamente: sono le qualità essenziali dell'eroe borghese della ricchezza, o meglio del processo psicologico che spinge ad accumularla. E nella situazione di crisi a metà del '300, Landolfo tende a configurarsi in un modello di pioniere.
Nella novella di Giletta di Nerbona gli elementi culturali, pur impliciti e numerosi, vengono depurati nella figura della protagonista. Il gusto canonico del colpo di scena e dell'avventura non intellettualizza la passione della protagonista, si piega invece al suo tenace temperamento. Tutto il racconto è solidamente incentrato sul fedele e paziente amore di Giletta, appassionata, forte e decisa a non perdere il suo Beltramo.
La vicenda è inquadrata in un ambiente feudale francese evocato con discrezione dalle avventure lessicali reperibili nel racconto (monsignore, damigella). La protagonista, orgogliosa dell'arte medica appresa dal padre, è individuata da un'ambientazione cavalleresca ritrascritta non solo nei termini che definiscono le regole rituali di una società ma anche nel comportamento dei personaggi. I gesti e i tempi dell'azione obbediscono ad un codice cavalleresco di comportamento: ma l'evocazione è ottenuta con una levità che rasenta il tono ingenuo, quasi di fiaba mitica che tocca la fantasia da remote distanze.
A un tono di fantasia remota nel tempo tendono anche le vicende di altri personaggi come ad esempio il Conte d'Anguersa; egli soffre in silenzio x 30 anni una sorte immeritata. Nell'adesione del personaggio ai miti etici e culturali vagheggiati da Boccaccio è evitato il pericolo del racconto esemplare; anche se il tono prevalente è offerto da una memoria storica, da suggestioni di ambiente e da schemi romanzeschi, + che da un approfondimenti psicologico del personaggio. È la novella sia di temi diffusi da tempo in tutta l'area romanza, accolti e filtrati da una memoria culturalmente consapevole, sia di schemi della casistica amorosa. Gli antecedenti culturali si concentrano nella storia di una famiglia, si risolvono nelle prove affrontate dal protagonista ma danno un'unica vibrazione agli episodi in cui si rompe la novella.
Nella novella di messer Torello i mezzi espressivi sono sereni e volutamente composti. Il romanzo asseconda la personalità del protagonista in un narrato ricco di oggetti e di soluzioni, di momenti lieti e tristi, seri e duri, ma tutti sfumati nel tono della favola. Questi momenti diversi si dispongono in grandi quadri, quasi la novella fosse un breve romanzo diviso in capitoli: capitoli cui potremmo dare dei titoli perché si susseguono i temi dell'ospitalità generosa e attenta, dell'affetto coniugale, del rimpianto malinconico suscitato dalla lontananza, del fasto orientale, del malizioso mimo comico e della gara di cortesia. Una gara la cui proiezione esemplare è riconoscibile nella risposta di messer Torello al Saladino, quando questi afferma che egli e i suoi compagni sono mercanti cipriani ("Piacesse a Dio."; 18). Torello lascia l'orma del suo valore; in ogni circostanza è responsabile dei propri sentimenti e del modo di esprimerli, della propria affettività e della propria educazione.
DAL RACCONTO ALLA NOVELLA
In novelle come quella del Conte d'Anguersa e quella di Messer Torello, la struttura del romanzo tende a rompersi in una serie di grandi quadri, di parti tecnicamente ben delimitabili. Ciò è dovuto alla logica stessa della novella-romanzo che segue, in una successione di eventi + o - elaborati, una progressione interna, la storia di un individuo.
In tale storia si aprono momenti particolarmente significanti: sono i momenti che ci fanno assistere al sorgere di una nuova misura di novella che tende a sorprendere l'individuo di un episodio rivelatore della sua vita. La forza dell'episodio dipende dal maggiore o minore risentimento dell'individuo rispetto al reale, o dal grado di intensità dei rapporti che stabilisce con gli altri. L'"istoria" si risolve nell'ambito + ristretto della "novella". Il termine novella è usato in senso strettamente tecnico x indicare una misura + circoscritta: una rappresentazione che è delimitata da un preciso orizzonte di spazio e di tempo. La novella è un preciso punto di partenza della narrativa boccacciana; rivela una curiosità, un'attenzione di Boccaccio al particolare, alla sorpresa terrena.
Si assiste, lungo la narrazione, al nascere di una diversa misura espressiva: Boccaccio si ferma ad elaborare uno tra gli episodi di una trama complessa, indugia su un quadro sviluppato con cura maggiore.
La novella di Alessandro e degli zii è la prima in cui Boccaccio tenta un racconto di largo respiro, esteso su vari anni. Nelle vicende dei tre fratelli fiorentini si inserisce l'avventura del nipote Alessandro, che rallenta il ritmo del racconto e vi apre uno spazio particolare. Anzi, sembra che il racconto abbia una funzione di cornice.
Nella novella del Conte d'Anguersa si è rilevato come il racconto sia anche evocazione, linguistica e stilistica, di ambienti remoti e stranieri: evocazione consapevole che avvia il racconto verso un'altra direzione narrativa. Non si tratta quindi soltanto di durata esterna, di lunghezza della novella, ma della potenziale ricchezza di modi narrativi che il racconto contiene, una volta che venga affrontato con la disponibilità e l'apertura di Boccaccio.
Nella novella di Cimone, Boccaccio tenta di narrare, nell'ambito di una storia limitata, il tema dell'Ameto, dell'uomo che assurge allo stato razionale grazie alla forza miracolosa dell'amore. Il racconto condensa un motivo diffuso in molte opere: l'idillica rispondenza di un paesaggio, dominato dalla figura femminile, con l'animo di un personaggio. È ricelebrato il rito misterioso del sorgere di Amore in un cuore rozzo e ingenuo: e l'iniziale impegno oratorio della novella è dissipato dall'atmosfera insieme magica e sensuale che avvolge Cimone quando scopre la bellezza di Efigenia. Un'atmosfera raggiunta mediante una finissima filtrazione di letteratura, palese nelle evidenti riprese di moduli stilnovistici e danteschi, rifusi in un naturalismo + tipicamente boccacciano.
Evidente è lo squilibrio tra racconto e frammento nella novella di Madama Beritola, dove la tematica del solitario idillio elegiaco-paesistico e insieme dell'istinto materno è ripresa con matura complessità, ma anche con un + sottile gusto dell'inedito e dello strano. La scena iniziale di Beritola abbandonata in un'isola deserta resta però isolata dalla linea narrativa della novella. Schemi e motivi cari a Boccaccio si inseriscono non sempre facilmente e si avvertono talvolta le forzature dei giunti e dei particolari.
La scena che apre la novella di Madama Zinevra sembra quasi un atto di commedia contemporanea. L'inizio è certamente tra le pagine + efficaci che abbia scritto Boccaccio: in qual dialogo che nasce in un albergo parigino, in un circolo di mercanti che attaccano discorso dopo aver "lietamente cenato", in quel "travalicare" di argomento in argomento che giunge alla fine da un astratto "motteggiare" sulle mogli alla disputa tra Bernabò e Ambrogiuolo, la psicologia di un coro e di due personaggi si costruisce con sapiente, quasi inavvertibile progressione. Bernabò, semplice e onesto, sicuro della fedeltà della moglie, si oppone sempre + nettamente ad Ambrogiuolo.
Nel sapiente alternarsi del discorso diretto e indiretto, boccaccio supera un'alta prova drammatica, riesce a far vivere i personaggi senza indugiare su note fisiche o morali; basta il discorso ad illuminare due opposte psicologie. Poi il racconto si complica ma Bernabò ed Ambrogiuolo conservano fino all'ultimo una loro coerenza psicologica. L'efficace scena iniziale, che sviluppa con diversa tecnica narrativa una delle situazioni del racconto, può suscitare un'impressione di frattura tra le due parti della novella: la prima viva, attuale, drammatica, la seconda + astratta e puramente espositiva.
Nella novella di Frate Cipolla il sale della beffa, la logica che avvia e sviluppa la trama, la ragione stessa di certe pause descrittive si spiegano in un gusto popolaresco che deriva dal rapporto tra città e campagna, tra Firenze e il contado: un rapporto non + solo assunto dall'avventura stilistica del narratore, ma vissuto dal protagonista della novella. La vita del "castel di Val d'Elsa posto nel nostro contado" - ritratta di scorcio ma con fitta precisione di tratti paesistici, topografici, sociali, di costume - conferisce una dimensione ben concreta all'impresa di Frate Cipolla, dà il sigillo del quotidiano alla sua avventura di parole, rilevandone ancor meglio l'astratta genialità e il risultato quasi surreale.
Il tema delle reliquie, sul quale il frate improvvisa con un'ironia ben fiorentina nelle immagini e nelle metafore gergali, si riversa sui paesani "sciocchi" nel far le "limosine", sulla "stolta moltitudine" dei certaldesi che finiscono tutti "crociati" col carbone.
La narrazione si svolge e indugia su un gioco di incastri e di richiami, dove corposa realtà e follia verbale si intersecano in grotteschi contraccolpi.
L'ambiente certaldese è essenziale all'avventurosa escursione del protagonista, abituato del resto ad andarvi a "ricogliere le limosine". Il primo annuncio di Frate Cipolla a "tutti i buoni uomini e le femine delle ville dattorno venute alla messa nella calonica" è certo l'orazione di un ciarlatano. Cipolla di fronte al suo uditorio paesano si sente sicuro e gioca con le parole sfiorando continuamente lo scherno e la beffa. La situazione comica è l'occasione della volubile giostra verbale di "un gran retorico" per burla. L'estro linguistico di Frate Cipolla si accorda col divertimento stilistico di Boccaccio.
Il frate deve convincere, meglio stordire, i suoi devoti uditori e insieme non può non ammiccare a coloro che lo hanno beffato; si prende il lusso di aggredire i "frati" e le "altre religioni", di affrontare gli equivoci con gioia quasi fanciullesca.
Boccaccio ha portato sul piano dell'arte narrativa, con precoce modernità, il mondo pittoresco degli esseri istintivi e degli avventurieri quotidiani.
L'AVVENTURA
Il mondo recluso delle donne di Boccaccio si allarga a nuove lontananze. L'idea di morte, così vicina alla brigata fuggita alla furia della peste, si attenua con la scoperta di nuovi orizzonti da raggiungere. Il tema dell'avventura viene incontro alle aspettative del lettore, colma l'attesa del "nuovo". Non si limita a creare solo un diversivo: serve anche a segnare con più evidenza il rapporto degli uomini e delle donne con il mondo.
Nel Decameron il viaggio si risolve nel
vagheggiamento di nuovi spazi geografici e nella ricerca di sé. I personaggi
sono aggrovigliati da avvenimenti imprevedibili di cui
Il tentativo di dominare gli eventi ma anche l'ansia di sperimentarne di nuovi si alternano in un continuo divenire. E a questo Boccaccio dedica la sua ultima, profonda riflessione: "Confesso nondimeno le cose di questo mondo non avere stabilità alcuna ma sempre essere in mutamento" (conclusione, 27). Se la sorte non risparmia la vita degli uomini, i più audaci devono mettersi alla prova fino in fondo, senza riserve.
Nell'immaginario di Boccaccio agiscono soprattutto suggestioni classiche, miti letterali, letture di romanzi francesi e di racconti orientali. Il tema del viaggio, d'altronde, è determinante nella letteratura italiana, a partire da Dante.
Il Decameron inizia con il viaggio a Fiesole dei dieci giovani. Per di +, il leggere le cento novelle - lo dice lo stesso autore - è come scalare una ripida montagna x poi raggiungere un dolce e piacevole avvallamento. Boccaccia sperimenta con fiducia la capacità degli uomini di viaggiare nel proprio mondo, senza perdersi. Il viaggiatore decameroniano entra ed esce dalla realtà quotidiana perché esplora l'animo umano sia dall'esterno che dall'interno. La dimensione avventurosa è conseguente a questo spingersi al di là dei confini conosciuti.
La mentalità mercantile partecipava
attivamente dell'impronta avventurosa della vita. Il commercio ,infatti,
moltiplicava gli spostamenti in Oriente, in terre lontane, sconosciute.
D'altronde le testimonianze scritte da questi intraprendenti viaggiatori
avevano una larga diffusione proprio nell'ambiente mercantile. Ma era l'Ordine
francescano a svolgere, nei primi anni del '300, un ruolo di primo piano nella
fitta rete di comunicazioni tra l'Europa, il Medio Oriente, l'India e
Boccaccia ritrovava anche nei romanzi cortesi il gusto della peripezia e dell'avventura; naturalmente ne ha saputo anche prendere le distanze (parodia nella novella di Alatiel).
Al di là dell'intenzione parodia di alcune novelle, possiamo riconoscere in altre un riflesso del fascino che la letteratura di viaggio, le avventure cavalleresche dei romanzi cortesi ed i imiti classici esercitavano sull'immaginario boccacciano, fino al punto di lasciare nel Decameron qualche traccia non troppo realistica, anzi decisamente fantastica.
2. Alessandro: da mercante spiantato a re di Scozia
L'avventura è il tema dominante della II giornata, retta da Filomena. Vi si narra di chi riesce, oltre ogni speranza, ad uscire da situazioni complicate. È Pampinea la prima narratrice a circondare di un alone fiabesco le travagliate vicende di Alessandro, che da povero mercante senza nessuna speranza diventa addirittura re di Scozia, sposando la figlia del re d'Inghilterra che si celava sotto i panni di un abate.
Qui i colpi di scena sono due. Il primo è la sorprendente scoperta dei seni dell'abate (32); il secondo è la rivelazione della discendenza reale della giovane sposa (42).
Il finale è da fiaba: il ragazzo diviene conte e poi re (48).
L'ambientazione della novella richiama tempi lontani: quelli della lotta dinastica tra Enrico II ed il primogenito (seconda metà del dodicesimo secolo).
3. Alatiel e Zinevra: la specularità di due eroine
La novella di Alatiel ha confini vaghi e imprecisi. Panfilo ,infatti, comincia a raccontare con un generico "già è buon tempo passato" e prosegue con la presentazione di un sultano di Babilonia dal nome inventato e della figlia Alatiel, futura sposa del re del Garbo.
L'avvenenza della donna è stupefacente: "era la + bella femina che si vedesse in que' tempi nel mondo". E l'avventura di cui è protagonista è di vaste proporzioni: la bella sventurata, dopo un naufragio, viene rapita e tenuta prigioniera per quattro anni. Fino ad incontrare un suddito del padre, Antigono, che la riporta a casa. La giovane, tra rapimenti, guerre e fratricidi, attraversa tutto il Mediterraneo.
I suoi amanti sono re e imperatori. Infine, la giovane che "con otto uomini forse diecimila volte giaciuta era" va finalmente sposa al re del Garbo, ma come "pulcella".
Qui Boccaccio non rinuncia al gioco sottile della burla e delle espressioni equivoche: Alatiel confessa al padre di essere stata x quattro anni in un monastero di donne religiose.
La tessitura di questa novella è complessa. Particolare è la scomparsa del nome dell'eroina x tutto il periodo delle sue peregrinazioni. Alatiel diviene genericamente la "donna", bellissima, silenziosa e accondiscendente; straniera x i suoi amanti, lei parla col proprio corpo. Ma una volta ricondotta nella sua patria, torna ad essere "Alatiel", recupera la parola e rientra così nei ranghi che le vengono riconosciuti. Il discorso che fa da "Alatiel" è molto diverso da quello che fa da "donna". Il primo è pervaso da ironica astuzia, il secondo è schietto e naturale.
Sulla via del ritorno la "donna", con il suo penultimo amante, recupera il linguaggio. La sensualità trascende la parola: la donna vive x quattro anni come una sordomuta e ciò non le impedisce di "prender piacere di ciò che la fortuna avanti le apparecchiava". Con Antico le cose cambiano, ma parzialmente. Siamo comunque + vicini all'agnizione finale: la "donna" sta tornando "Alatiel".
Non è poi così tragica la sua storia. Questa bellissima donna non è vittima, non subisce passivamente. Lei si fa amica della fortuna.
L'eroina della novella di Filomena è una donna ingannata e tradita: il marito, Bernabò, in viaggio a Parigi x questioni di commercio, scommette con un mercante, Ambrogiuolo, sulla fedeltà della moglie Zinevra. Ambrogiuolo, una volta a Genova, si mette in contatto con la virtuosa donna ma non riesce a fare breccia. Non pago della sconfitta, ripiega nell'inganno. Nascosto in una cassa della camera da letto, durante la notte cerca un segno che possa provare l'adulterio.
Tornato a Parigi da Bernabò, gli dimostra il fatto con dovizia di particolari. Vince la scommessa ma Bernabò vuole la vendetta: una volta a casa ordina di far uccidere la moglie da un servo, che invece la fa fuggire.
Da questo momento in poi comincia l'avventura di Zinevra. L'azione si estremizza nell'enormità degli avvenimenti che la vedono protagonista: Zinevra da donna diventa uomo travestendosi da marinaio, si fa chiamare Sicurano e si imbarca su una nave di commercio catalana. Sicurano è così bravo che diventa il + stretto collaboratore del Sultano di Alessandria.
Zinevra da devota moglie di un mercante genovese si trasforma nel capitano delle guardie del Sultano. Per un ennesimo caso fortuito incontra alla fiera Ambrogiuolo che, senza sapere di avere a che fare con la donna, le racconta tutta la storia dell'adulterio. Scoperto l'inganno, di cui era finora ignara, la coraggiosa donna riesce a dimostrare la verità davanti al Sultano e al marito. Ambrogiuolo viene punito e marito e moglie se ne tornano a Genova ricchissimi x i doni del magnanimo Sultano. L'avventura di Zinevra si chiude nello stupore generale (66-70).
La fenomenologia della meraviglia è di evidente calco dantesco. Lo stilema dantesco "vedere o udire" è palesemente citato. Boccaccio però raddoppia gli effetti di meraviglia concertando entrambi i sensi: la vista e l'udito.
Le due novelle hanno in comune la medesima marca fantastica. Le azioni si inseguono a ritmi vertiginosi, le vicende sono eccezionali, fuori dal comune. Da un lato abbiamo una bellissima fanciulla che prima delle nozze compie quasi un viaggio iniziatici nel Mediterraneo, dimenticando parte di se stessa. Dall'altra una donna virtuosa, abile come un uomo che come tale riesce a dimostrare le sue qualità. X Alatiel, la "donna" o il corpo, è il suo doppio femminile; per Zinevra, Silurano è il suo doppio maschile.
Il fantastico è un mezzo narrativo efficacissimo x esprimere ciò che nella realtà non riesce ad esprimersi. Dà la possibilità di enumerare casi che estremizzano il problema, soprattutto morale, che si impone alla coscienza.
A Boccaccio non dispiacciono le tinte forti. Alcune descrizioni, realistiche in quanto descrivono minuziosamente le cose e gli uomini, tuttavia sorprendono x l'eccessivo zelo. E questo accade nelle scene macabre, di sicuro effetto emotivo (II, 9; 75).
L'immagine è crudamente rappresentata. I particolari delle ossa e dei nervi di un cadavere legato al palo fanno di questa immagine una tra le + inquietanti del Decameron. È un orribile quadro che si distacca dalla cornice favolosa della novella, specie se si considera che viene a chiudere una scena da lieto fine dove marito e moglie sono festeggiati dal sultano. Il contrasto segna il crinale del fantastico. Là dove la meraviglia è eccitata dalle azioni + incredibili, essa cambia improvvisamente di tono.
Il fantastico può essere strumentale: è una risorsa della scrittura boccacciana per colpire, per sorprendere mediante l'espediente narrativo dell'esagerazione. Boccaccio, affondando la penna in un inchiostro magico e avventuroso, allucinante e macabro, notturno e onirico, mette a disposizione del lettore situazioni e casi tutti da commentare.
Anche nella novella di Alatiel il "fantastico-avventuroso" si alterna al "fantastico-orroroso". La bellissima giovane è già da tempo preda degli uomini che la vogliono possedere. Tutte le sue vicende sono, infatti, segnate dal sangue, da fratricidi, da guerre.
Dopo le ultime vicissitudini la donna dimora "tutta riconfortata e lieta" dal principe di Morea. Ma il duca d'Atene decide di rapirla. Corrompe il cameriere del principe, Ciuriaci, ed insieme entrano di soppiatto nella camera da letto dove si trovano i due amanti. Il principe è alla finestra, la donna dorme; Ciuriaci si avvicina, lo accoltella e lo butta di sotto. Egli viene a sua volta strangolato dal complice del duca e gettato da quella finestra.
Ci troviamo di fronte ad una serie concitata di azioni che si susseguono velocissime: il duca d'Atene che corrompe Ciuriaci, quest'ultimo che accoltella il principe e lo getta dalla finestra. Poi una pausa descrittiva e di seguito, fulmineo, l'avvicinarsi del servo del duca alle spalle di Ciurmaci, lo strangolamento e il volo dalla finestra.
Il ritmo incalzante delle azioni è parte fondamentale dell'estetica del fantastico. È una tecnica, quella della narrazione fantastica, che si misura nell'eccesso delle azioni e nelle improvvise pause. Dal punto di vista interpretativo, il fantastico può sembrare contraddittorio: dalle allegre avventure ai drammatici scenari. Ma lo scopo è il medesimo: cogliere mediante l'esuberanza inventiva, sia del versante tragico sia di quello comico, ciò che nella realtà quotidiana rimane appiattito, soffocato. È lo specchio delle contraddizioni dell'anima, che Boccaccio ha intenzione di rappresentare.
Il fantastico, sia esso "avventuroso" oppure "orroroso", è utile stratagemma x colpire e x sorprendere il lettore: x tenerlo sul filo. E proprio perché si distacca dalla realtà riesce ad esprimerla meglio; fa emergere fatti e desideri inusuali degli uomini e delle donne, ne illumina un particolare, lo ingrandisce e lo rende evidente.
4. Un padre e una madre: Beritola e il conte d'Anguersa
Sempre nella seconda giornata le storie avventurose di due famiglie si alternano a quelle di Alatiel e Zinevra. La successione dei personaggi è: Beritola (6), Alatiel (7), il conte d'Anguersa (8) e Zinevra (9). La struttura narrativa dei quattro episodi è incrociata.
Beritola, madre premurosa e sventurata, è affine al conte d'Anguersa, padre in esilio e vessato da mille peripezie. Entrambi perdono i figli quando sono piccoli e li ritrovano già adulti e in un certo senso ormai estranei.
Per quanto riguarda Beritola, è il suo forte istinto materno ad influenzare gli eventi; anzi, un istinto animale che spinge la donna ad allattare due cavriuoli quando, abbandonata su un'isola deserta e senza i suoi figli, si inselvatichisce al punto dal perdere quasi ogni caratteristica propriamente umana. Lei è la moglie del governatore di Sicilia; è una "bella e gentil donna" che, sull'isola di Ponza, è costretta a "pascer l'erbe" e ad allattare due capretti. La metamorfosi da donna a bestia è esplicita (17) e sorprendente (20).
Una novella + in là Ellissa racconta le peripezie di un padre che da conte diventa mendicante, affida i figli piccoli a due famiglie diverse e ormai vecchio riesce a raggiungerli e a riconciliarsi con loro.
Si intersecano nella novella tre storie che viaggiano parallele nel tempo: le vicende amorose della figlia Giannetta, la carriera del figlio Perotto, la misera vita del conte mendico. Gli intrecci delle tre vicende moltiplicano i casi della fortuna. Le storie sono a loro volta complicate da diverse casualità e colpi di scena. Il lieto fine è d'obbligo (100).
Le avventure di questa famiglia sparpagliata x l'Inghilterra e riunita in Francia sono moltiplicate dal triplice filone narrativo. Le tre vicende si concludono in maniera sorprendente, favolosa: si avvera, infatti, l'impossibile.
5. Le peripezie amorose
Le vicende travagliate di giovani innamorati sono care a Boccaccio, fin dalla prosa giovanile. Nel Decameron l'avventura x amore è il tema della quinta giornata, ma già nella terza possiamo scorgere il gusto delle imprese romanzate. Neifile infatti racconta della bella e intraprendente Giletta di Nerbona che, x conquistare un marito che la ripudia, le tenta davvero tutte (III, 9). Abbandona i suoi privilegi di contessa, lascia la sua comoda dimora e va in cerca del marito come pellegrina, inoltre con un inganno riesce a realizzare le due condizioni che il marito le aveva imposto x ritornare da lei. Il finale è positivo (61).
La fantasia di Boccaccio scorre + veloce sulla scia del tema degli amori contrastati. La dimensione romanzesca di queste novelle è ancor + libera delle precedenti, gli intrecci sono ancora + imprevedibili e intricati.
Terza novella della quinta giornata. La "selva grandissima" in cui si perdono l'Agnolella e Pietro Boccamazza è quasi simbolica. Assaltati da un gruppo di "bravi", i due si perdono in un intrico di alberi e di sentieri. La donna fugge da una parte col suo ronzino fino a trovare una casa in cui si rifugia; il ragazzo passa la notte su una quercia, una ventina di lupi gli divorano il cavallo ed egli fortunosamente il giorno dopo riesce a raggiungere l'amata. Alla fine della loro avventura non poteva non mancare un castello, abitato da nobili persone, in cui si sposano felicemente.
La selva è il luogo dei destini che si perdono; i sentieri intricati, le bestie feroci, le violenze di certe scorribande sono gli ostacoli della vita tradotti in immagini fiabesche. Il castello invece è l'approdo sicuro in cui si sciolgono le paure e si avverano i desideri.
Boccaccio ha fatto un uso spregiudicato della sua penna: ha descritto minuziosamente fatti ed episodi che si collocano, x caratteristiche di trama e significato, fuori dalla quotidianità.
6. Il realismo alla prova
Decima novella della sesta giornata.
Nella celebre orazione di Frate Cipolla veniamo a sapere che esistono i paesi Truffia e Buffia, la terra di Menzogna e un'India Pastinaca dove il famoso burlone Maso del Saggio vende gusci di noci al minuto. Durante questo viaggio fantastico il frate incontra il patriarca di Gerusalemme Nonmiblasmete Sevoipiace il quale gli mostra alcune reliquie cristiane (45-47). L'enumerazione è sorprendente e surreale. Cipolla snocciola questi incredibili oggetti di culto con una lunghissima serie si congiunzioni che prolungano l'attenzione degli ascoltatori. In 14 congiunzioni coordinative copulative, il frate ciarlatano assomma i fantastici prodotti della sua immaginazione.
All'interno del testo i lettori vengono a sapere che Cipolla è un ciarlatano, uno che racconta menzogne e che crea illusioni. Egli si burla della bonomia del popolo, gioca con l'ignoranza del volgo, si appoggia sulla sconsiderata fede nelle reliquie.
Se consideriamo il brano dal di fuori, cioè come tassello del mosaico decameroniano, ci accorgiamo dell'affinità di questa novella con i racconti delle beffe e delle controbeffe e con le storie volte alla critica del clero. Ancora una volta un frate usa disonestamente il suo abito e utilizza a sui pro la diffusa fede nelle reliquie dei santi; ma nello stesso tempo la dissacra. Le menzogne di frate Cipolla hanno un effetto dissacrante.
Ad essere presi x i fondelli sono i cittadini di Certaldo, che boccaccio doveva conoscere bene. Questo sermone buffonesco, che si scaglia contro il clero, contro chi crede nelle superstizioni, contro i certaldesi e contro le facili santificazioni, non si esaurisce qui. Ci sono infatti alcune immagini totalmente surreali e fantastiche che non solo aumentano la comicità della scena ma introducono in un mondo immaginario e bizzarro. Il fantastico è nei vestiti della fede cattolica, nei raggi della stella cometa, nella mascella della morte di San Lazzaro, nel suono delle campane chiuso in un'ampolletta.
Frate Cipolla concretizza tutto ciò che è astratto. La fede ha i vestiti che si possono toccare: la luce e il suono si possono imprigionare; una preghiera può avere le costole e lo Spirito Santo le dita. L'incorporeo, l'astratto si materializzano; poco importa che siano menzogne perché, x chi ascolta l'abile fanfarone, sono recepite come cose straordinarie veramente esistenti. La scrittura di boccaccio crea illusioni nel tessere beffe e raggiri.
Nella novella di Messer Torello (X, 9), Panfilo enumera i formidabili doni regalati dal Saladino all'amico (76-78). L'uso insistito della congiunzione dà l'idea dell'accumulazione, della sovrabbondanza, della pioggia sfolgorante, insomma di ricchezze. Il tesoro donato dal Saladino è inestimabile. Nel lontano e favoloso Oriente si raccolgono le meraviglie del mondo, i paradisi terrestri, i sogni dell'Occidente.
Boccaccio diventa estremamente analitico quando descrive i fatti e gli oggetti straordinari. Normalmente il suo sguardo non si posa sui mobili e sull'arredamento di un ambiente, ma qui si sofferma sui particolari. La somma di essi accresce il senso di meraviglia perché impedisce a chi legge una razionalizzazione, un ordine. Il fantastico rapisce, desta stupore e disorienta. L'oro, nel Decameron, non è solo quello dei mercanti; è anche sovrabbondante, senza prezzo: del tutto favoloso.
È soprattutto nelle terre lontane ed esotiche che la ricchezza non conosce raffronti. L'immaginario boccacciano va oltre quello strettamente mercantile. Gli spazi geografici si allargano, i viaggi dei personaggi o sono inventati o sono proiettati in Oriente o, quando ripercorrono i conosciuti itinerari nel Mediterraneo, si fanno + concitati, vorticosi, frenetici. È come se Boccaccio partisse dai tragitti noti al commercio trecentesco x poi deviare in zone meno conosciute ma + suggestive. È una mescolanza tra le storie realistiche dei mercanti e quelle fantastiche dei romanzi cortesi e dei racconti popolari: si intrecciano i desideri di ricchezza eccessiva, di paradisi pieni di delizie, di abbondanza alimentare. Ma tra i piaceri invocati, la sessualità ha forse il primo posto.
Boccaccio dimostra di saper avventurarsi con la fantasia al di fuori della quotidianità.
Quando si trova a raccontare ciò che comune non è, elenca meticolosamente ogni oggetto x sottolinearne la straordinarietà. Inventa una sorta di linguaggio fantastico che mediante un iperrealismo ostentato ingrandisce le cose e le situazioni che destano stupore.
È un linguaggio che impedisce una razionalizzazione poiché in esso non esiste un ordine ma un succedersi ininterrotto di cose, di avvenimenti che rapiscono la fantasia del lettore. L'effetto è l'accumularsi di notizie che da un lato si confermano e si accrescono, dall'altro che si contraddicono.
Le cento novelle sono ordinate x tema ma sono storie indipendenti che raccontato aspetti dell'umanità. Il risultato è quello del campo ben coltivato in cui si mescolano le erbe di tutte le qualità.
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