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ALESSANDRO MANZONI (1785-1873): VITA, POETICA< OPERE

letteratura italiana



ALESSANDRO MANZONI




LA GIOVINEZZA: IL PERIODO MILANESE E IL PERIODO FRANCESE (1785-1810)


VITA

Nasce a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria, figlia del noto Cesare Beccaria, e dal Conte Pietro. La madre, quando era giovane, era stata mandata in convento per poi essere ritirata dal padre in seguito alle insistenze di Pietro Verri, amico di famiglia e uno fra i più attivi collaboratori del periodico "Il Caffè", che di tanto in tanto faceva visita a Giulia in convento. Questa si innamora dapprima di uno dei fratelli Verri, Giovanni, bel ragazzo ma un po' sfaccendato, ma gli occhi del padre caddero su Pietro Manzoni, più promettente dell'altro. Pietro e Giulia quindi si sposano e dopo tre anni danno vita ad Alessandro, anche se si mormora che il padre naturale fosse Giovanni Verri. Giulia diventa infelice e insofferente e Alessandro viene subito affidato ad una balia e poi mandato a studiare nel collegio dei Padri Somaschi, nel 1791, da cui riceve un'educazione tradizionale e quindi classica. La madre conosce intento Carlo Imbonati e chiede la separazione legale dal marito e col nuovo amante parte alla volta di Parigi.

Uscito dal collegio Alessandro ha l'occasione di frequentare gli ambienti più alla moda di Milano, conosce il Foscolo, il Monti ed alcuni rifugiati napoletani ed assimila le idee razionaliste e libertarie provenienti dalla vicina Francia.



Nel frattempo, per sottrarlo al clima libero e rivoluzionario di Milano, il padre decide di mandarlo dal cugino Giovanni a Venezia, che allora si trovava sotto il governo austriaco.

Nel 1805 raggiunge la madre a Parigi ma quando arriva trova solamente la madre distrutta dal dolore per la recente morte di Carlo Imbonati: fra i due nasce un'intesa perfetta e un legame di reciproca comprensione. A Parigi Alessandro ha altre suggestioni e conosce molti intellettuali, tra i quali Claude Fauriel, da cui rimase molto colpito.

Manzoni si legò a Fauriel ed ebbe l'occasione di frequentare i salotti parigini e di conoscere dal vivo le dottrine razionaliste dei sensisti e degli enciclopedisti, facendo tesoro della metodologia critica e razionale del ragionamento illuminista. Altra influenza fu quella del giansenismo e del suo estremo rigore morale (principi della responsabilità delle azioni).

I Manzoni rimangono a Parigi fino al giugno del 1810 e nel frattempo Giulia si era preoccupata di trovare una sposa al figlio, la futura Enrichetta B 656e42g londel, nata da una famiglia svizzera di religione calvinista anche se il padre aveva intrapreso un'attività industriale in Lombardia. I due si sposarono nel 1808 a Milano con rito protestante, dato dall'indifferenza di Manzoni per le questioni religiose (cioè dal suo teismo) e dalle difficoltà procedurali dei matrimoni misti fra cattolici e protestanti. Ben presto (nel 1810) Giulia si convertì però alla religione cattolica.


POETICA

La concezione dell'arte è quella propria del classicismo (poetica classica): linguaggio aulico-solenne, ornamentazione retorica e riferimenti alla mitologia antica.

I contenuti sono patriottici (amore per la patria e delusione data dal tradimento storico di Napoleone) e ricchi di un senso di solitudine e d'inadeguatezza propri del letterato.


OPERE

Manzoni comincia a scrivere già ai tempi del collegio. La produzione letteraria di questo periodo comprende numerose opere giovanili:

- Del trionfo della libertà (poemetto dalla visione allegorico-patriottica, dalla forma classica e dal contenuto patriottico);

- Adda (idillio in versi sciolti, ovvero poema lirico in poesia, nel quale Manzoni invita il Monti a essere suo ospite nella villa paterna);

- quattro Sermoni di satira sociale (alla maniera di Orazio o del Parini);

- In morte di Carlo Imbonati (carme);

- Urania (poemetto su una terra immaginaria);

- A Parteneide (carme);

- una risposta ad un amico che gli chiede di tradurre un suo idillio.



LA CONVERSIONE E LA STAGIONE CREATIVA (1810-1827)


VITA

La leggenda vuole che il 2 aprile del 1810, ai festeggiamenti per il matrimonio di Napoleone e Maria Luisa d'Austria, Alessandro ed Enrichetta si siano dispersi nella folla e che Manzoni, in preda ad una crisi d'ansia si sia rifugiato nella chiesa di San Rocco: lì avrebbe pregato per la prima volta e dopo, all'uscita, avrebbe ritrovato la consorte.

Per la conversione fu risolutivo l'intervento della Grazia, che portò a compimento un lungo e dubbioso percorso fatto di letture (soprattutto di teologi e filosofi giansenisti come Nicole e Pascal) e di meditazione, approdate al riconoscimento dell'insufficienza dei sistemi razionali e della superiorità del cattolicesimo su tutte le altre fedi. L'episodio dello smarrimento tra la folla coincide anche con il primo manifestarsi della nevrosi dello scrittore (inquietudini, fobie e tic nervosi).

Nel giugno 1810 i Manzoni ritornano in Italia ma prima di lasciare Parigi Manzoni si fa indicare dall'abate giansenista Dégola (colui che aveva guidato Enrichetta nella sua conversione) un sacerdote che potesse fargli da guida spirituale a Milano. Egli gli suggerì monsignor Luigi Tosi, canonico di Sant'Ambrogio e futuro vescovo di Pavia.

La conversione si presenta come un fatto che sconvolge e influenza l'intera vita, oltre che il pensiero e la poetica del Manzoni. Vi è infatti un cambio radicale in ogni campo. Per quanto riguarda il modo di vivere egli abbandona la vita libertina che prima conduceva e si ritira a vita privata e appartata in Italia, tutta dedita alle pratiche religiose e allo studio.


PENSIERO

La conversione influenza anche le sue ideologie. Infatti abbandona il classicismo per schierarsi con l'anticlassicismo: nell'antichità il meglio era già stato raggiunto e non aveva nessun senso perseguire nuovamente questo ideale.

Gli antichi, e soprattutto i Romani, erano inoltre un popolo violento e oppressore. Matura per questo una certa simpatia per il Medioevo, considerato come l'epoca più cristiana e religiosa (in sintonia con il pensiero romantico), e una particolare attenzione verso gli umili.

Concepisce inoltre il male come una sorta di antitesi all'insegnamento morale del cristianesimo, che insegna a combatterlo e porta al bene. L'uomo deve infatti contrastare il male, che è sempre stato presente nella natura dell'uomo, e fidarsi della Provvidenza e la religione lo aiuta proprio in questo.


POETICA

Anche la poetica è influenzata dalla conversione. Concepisce e definisce infatti un modello a cui la poesia e la letteratura debbano rifarsi. Questo modello è definito nei concetti di "vero", "utile" e "interessante". Non c'è più il bisogno di inventare storie come facevano gli antichi con la mitologia perché nella vita comune, e soprattutto reale, si può trovare di tutto. Il "vero" è inoltre anche "utile" perché poesia e letteratura non devono solo divertire, ovvero interessare, ma fornire insegnamenti e trasmettere valori (fine morale). L' "interessante" consiste infatti nel trovare un mezzo adeguato affinché il pubblico legga quello che viene scritto. Il pubblico è vasto e va quindi educato.

Manzoni abbandona così tutto il repertorio mitologico e tutti gli artifici di troppo (compreso l'io lirico).


OPERE

Appartiene a questo periodo la più vasta e ricca composizione letteraria di Manzoni, nella quale troviamo liriche, tragedie, narrativa e saggistica. Scrive tutto questo parallelamente al periodo in cui il Foscolo si dedica alla stesura de I Sepolcri.

Liriche

Inni sacri (1812 ca.), prime opere che compone dopo la conversione, con le quali attua una sorta di rinnovamento della poesia lirica, che consiste nel rifiuto del classicismo, nell'importanza del vero e nella coralità della poesia (deve sparire il narcisismo).



All'inizio dovevano essere 12 ma ne scrive solo 5, uno per ogni festa religiosa (Il Natale, La Passione, La Risurrezione, La Pentecoste, Il nome di Maria). Si ferma a 5 perché realizza che attraverso questa forma di poesia lirica non riesce ad esprimere adeguatamente quello che vuole comunicare.

La struttura di questi componimenti è pressoché identica per tutti (eccezion fatta per La Pentecoste) e consta di 3 parti che sono:

1. enunciazione del tema;

2. rievocazione dell'avvenimento religioso;

3. conseguenze che questa vicenda porta nella vita di tutti i giorni.

Come detto sopra La Pentecoste si differenzia dagli altri perché presenta uno schema diverso, oltre che assomigliare più a una preghiera/invocazione:

1. visione della Chiesa prima della discesa dello Spirito Santo;

2. effetti della discesa dello Spirito Santo;

3. preghiera/inno finale.

Poesia patriottica (1821 ca.)

Marzo 1821: scrive questa lirica in conseguenza ai primi moti carbonari del 1821, augurandosi che i milanesi si uniscano ai piemontesi e che assieme si ribellino, formando un moto di protesta e cacciando lo straniero.

Il Cinque Maggio: scrive questa poesia dopo la morte di Napoleone e, riflettendo sul suo triste destino ("Fu vera gloria?"), fa anche una riflessione cristiana sulla vita.

Cori delle tragedie

Sono i cori (poesie liriche) dell'Adelchi e de Il Conte di Carmagnola (due tragedie storiche), dei quali Manzoni si serve per esporre il suo pensiero, diversamente da quanto avveniva nella tragedia classica, dove i cori erano una sorta di effusione lirica dei sentimenti del pubblico. Ne Il conte di Carmagnola invita gli italiani a non fidarsi degli stranieri e a riscattarsi da soli mentre nell'Adelchi rievoca la situazione dell'Italia nell'VIII secolo, ovvero durante la dominazione longobarda.


Tragedie

Secondo Manzoni, mentre la storia si occupa dei fatti, la tragedia deve preoccuparsi dei retroscena, di come questi fatti nascono e sono vissuti dai protagonisti. Gli stanno inoltre a cuore le ripercussioni che la tragedia classica, che è costruita sul metodo delle unità aristoteliche e che quindi falsa il reale corso degli avvenimenti, può avere sul pubblico.

Con le sue tragedie Manzoni invece rompe con gli schemi pseudo-aristotelici (unità di tempo, spazio e azione: un solo avvenimento, in una sola giornata e senza cambi di scena), codificati in modo errato perché in realtà non sono propriamente di Aristotele, ma sono una rilettura in parte errata di quello che egli voleva sostenere: aveva notato queste unità leggendo alcune tragedie greche (come quelle di Eschilo e Sofocle) ma non intendeva sicuramente affermare che questo dovesse valere per ogni tragedia. Il Rinascimento infatti prende questo come un'imposizione, e lo applica a ogni tragedia. Questa regola viene applicata in particolare nel '600 dal teatro francese (ad opera di Corneille e Racine).

Manzoni è il primo italiano che sconvolge questo sistema (v. Lettera a Monsieur Chauvet) ma il primo in assoluto è Shakespeare. Per fare ciò si ispira alle tragedie di Shakespeare, Goethe e Shiller e legge anche un'opera di Shlegel (Corso di letteraura drammatica).

Lo stile di queste tragedie risulta difficile e al pubblico non piace molto. Per scrivere queste tragedie Manzoni si documenta e dopo averle portate a termine si sente insoddisfatto del lavoro compiuto, e si dedica perciò alla narrativa (cioè al romanzo storico) dove si sente più libero.

Il conte di Carmagnola

E' la prima tragedia e per questo anche la meno riuscita. Parla di un mercenario che sposa la figlia del Duca di Milano e che poi passa al servizio della Repubblica di Venezia. E' la storia di un uomo giusto che viene vinto dal corso della storia, vista come trionfo del male.

Adelchi

Ci sono quattro personaggi disposti a coppie: Carlo Magno (Re dei franchi) e Desiderio (Re dei longobardi), Adelchi (figlio di Desiderio) ed Ermengarda (sorella di Adelchi e sposa di Carlo Magno).

I primi due sono presi dalla ragion di Stato, in nome della quale sono disposti a sacrificare tutto.

I secondi sono più positivi degli altri ma sono delle vittime. Ermengarda, dopo essere stata ripudiata, si ritira in convento (dove in seguito morirà) e i rapporti tra franchi e longobardi cominciano ad incrinarsi. Adelchi è un eroe "puro": combatte per la patria e per l'onore, anche se alla fine, sopraffatto dai franchi, viene ucciso in battaglia da Carlo Magno come vittima della ragion di Stato, della politica e della violenza.


Narrativa

I promessi sposi (romanzo storico)

La scelta del genere e il rinnovamento


Scrivendo un romanzo Manzoni compie un'operazione coraggiosa, nuova e di rottura con la tradizione precedente. Questo genere era infatti visto male dagli intellettuali.

Egli opera così un profondo rinnovamento nella letteratura italiana su tre fronti: quello della tragedia (rompe con le unità aristoteliche), quello della poesia (rifiuta la lirica classica e tradizionale) e quello del romanzo (introduce in Italia un genere "nuovo" e malvisto).

Il genere del romanzo storico si presta a questo rinnovamento per diversi motivi:

ricostruisce un contesto storico reale e senza artifici;

col suo linguaggio in prosa e accessibile si rivolge ad un pubblico più vasto;

la sua trama avvincente e piena di contenuti significativi e didascalici (concetto utilitaristico della letteratura) suscita l'interesse del lettore;

permette di lavorare con libertà senza le preoccupazioni derivanti, per esempio, dalla metrica della poesia;

i personaggi vengono scelti tra gli umili: facendo entrare nella letteratura tutta la realtà e non operando selezioni Manzoni viola le regole del classicismo e aumenta l'interesse del pubblico;

s'immerge nella storia rievocandone gli avvenimenti (ad es. la peste del '600 o l'episodio in cui Renzo partecipa al tumulto di Milano).




Caratteristiche


Manzoni rifiuta l'idealizzazione e gli stereotipi, conferendo una personalità più complessa e studiata ai personaggi.

Sceglie inoltre un genere che, nel resto d'Europa, stava diventando di moda (a cominciare dal romanzo di Scott); ma mentre Manzoni opera una ricostruzione del vero più rigorosa e scrupolosa, il romanzo di Scott si presenta più romanzesco e avventuroso (si pensi alla presenza dei draghi). Per scriverlo si documenta (tramite saggi, testi letterari, raccolte di leggi, etc.) con scrupolo e rigore, rifiutando quindi il romanzesco.

Sceglie di ambientare il suo romanzo nel '600 perché lo considera un'epoca interessante e, criticando i mali di questo secolo, ha l'occasione di criticare indirettamente anche le sciagure del suo tempo (tutte motivazioni che espone nella Lettera a Fauriel).


La società ideale


Nel romanzo, iniziato dopo la fine della sommossa di Milano, emerge anche quella che dovrebbe essere la società ideale:

presenza di un governo statale che freni gli interessi privati e i soprusi (come quelli di Don Rodrigo);

applicazione di una legislazione equa che venga fatta rispettare;

esistenza di un'economia attenta e oculata, con un mercato libero nel quale lo Stato intervenga quando le cose non vanno più bene;

ex: quando Ferrer abbassa il prezzo del pane in breve tempo le scorte di farina finiscono. Spiegando com'è nata la carestia Manzoni vuole far capire che lo Stato non deve interferire con le leggi di mercato (domanda-offerta);

presenza di una giusta organizzazione sociale, all'interno della quale:

1) l'aristocrazia  non pensi solamente ai propri interessi

ex negativo: Don Rodrigo o Beatrice

ex semi-positivo e in formazione: l'Innominato, che dopo la conversione lascia il suo castello come rifugio dalla peste

ex positivo: il Cardinal Federigo Borromeo

2) le classi umili non si preoccupino a fare sempre la rivoluzione

ex negativo: la folla rivoltosa

ex semi-positivo e in formazione: Renzo, che dapprima vuole uccidere Don Rodrigo ma poi matura

ex positivo: Lucia

3) le classi medie facciano da intermediari, sempre nel rispetto della legge

ex negativo: Don Abbondio o l'avvocato Azzecca-Garbugli, l'uno che non celebra il matrimonio e l'altro che caccia Renzo quando sente il nome di Don Rodrigo

ex positivo: Fra' Cristoforo.


Pensiero


Il panorama che Manzoni offre è un modello sia laico che religioso di società (gli ideali borghesi completano gli insegnamenti del Vangelo).

Egli è convinto che la religione, ma in particolare la predicazione della Chiesa, sia efficace per cambiare il mondo perché cambia l'individuo nel profondo, nell'anima e nel cuore, e questo è un cambiamento duraturo.

Manzoni è inoltre persuaso che il male sia inevitabilmente presente nel mondo (per il peccato originale) e che l'unico mezzo per attenuare la sua portata sia la fede.


Intreccio


La serenità e l'idillio iniziale vengono interrotti dall'incontra fra Don Abbondio e i bravi. Di qui il male che sconvolge le vite dei due protagonisti: Renzo rischia di essere incarcerato (male politico) e Lucia è costretta a scappare (male morale).

Renzo all'inizio è un ribelle, giacché crede che si possa ottenere giustizia e che il popolo possa  riuscire ad avere quello che vuole con la rivoluzione. Poi si converte: quando, per fuggire dalla sommossa, oltrepassa l'Adda diretto verso il Veneto si affida a Dio e alla Provvidenza, invocando aiuto e perdono. Infatti alla fine quando vede Dono Rodrigo malato lo perdona, come avrebbe fatto un buon cristiano.

Lucia all'inizio è ingenua e si affida completamente alla sua fede e alla Provvidenza divina. Quand'è prigioniera dell'Innominato ha però come una crisi mistica e diventa consapevole del male che c'è nel Mondo. Da qui emerge il concetto manzoniano della "providas ventura": la Provvidenza non risolve da sé il guaio ma rende l'uomo forte e in grado di reagire ai mali del mondo, intesi come mezzi per fortificare i deboli (in questo caso Lucia).



Alla fine del romanzo i due si sposano: non c'è il ritorno all'idillio iniziale e il male intrinseco e le difficoltà rimangono comunque.


Le tre edizioni


Prima stesura (1821-1823): Fermo e Lucia. E' questa un'edizione mai pubblicata, scritta in un toscano letterario con l'ausilio del Vocabolario della Crusca e l'aggiunta di alcuni vocaboli dialettali e francesi, col risultato di una lingua ibrida. E' poi un'opera imperfetta, con episodi molto lunghi e "a blocchi" (prima le vicende di Lucia poi quelle di Renzo) e con uno stile narrativo ricco di parti saggistiche e di ampie digressioni sul costume e sull'ambiente; c'è più distanza fra ideale e reale; l'Innominato (che qui si chiama "Conte del Sagrato") è più negativo mentre Lucia è più popolana e meno spirituale.

Seconda stesura (1827): I promessi sposi. Questa viene pubblicata. Lo stile è meno saggistico e più narrativo e l'ideale e il reale meno distanti. Vi sono poi modifiche all'intreccio e alla lingua, più vicina al toscano letterario.

Terza stesura (1827-1842): I promessi sposi. Questa volta s'impegna a riscrivere il romanzo per intero.


La lingua


Il romanzo manzoniano diventa una pietra miliare: d'ora in poi non si può prescindere da esso quando si fa letteratura.

Manzoni propone una lingua ufficiale, che nella seconda stesura è solo letteraria ma che nella terza prende le sembianze di una lingua viva, ovvero del fiorentino realmente parlato dagli uomini colti. Per fare questo egli si reca a Firenze e lavora incessantemente con i suoi amici di lì che gli danno consigli e lo correggono.



Saggi e lettere

Con questi scritti Manzoni si occupa sia di storia che di teoria letteraria.

Prefazione a Il Conte di Carmagnola

Osservazioni sulla morale cattolica (1819): risposta allo storico ed economista ginevrino Simonde de Sismondi che nelle Storia delle repubbliche italiane nel Medioevo (1818) rivolgeva accuse alla Chiesa

Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia

Lettera a Monsieur Chauvet (1820): lo rimprovera e lo invita a non utilizzare le unità aristoteliche

Lettera a Fauriel: motiva diverse scelte operate ne I promessi sposi

Lettera a Cesare D'Azeglio sul Romanticismo



L'ULTIMO PERIODO (1827-1873)


VITA

Manzoni ha una serie di dolorosi lutti familiari: prima la moglie, poi alcune figlie e infine la madre e alcuni degli amici più cari. Si trova perciò in una precaria situazione economica.

Non partecipa ai moti rivoluzionari e ai tumulti ma sta sempre dalla parte dei patriottici.

Dopo il 1861 viene nominato senatore, si batte per il trasferimento della capitale da Torino a Roma e viene incaricato dal Governo di occuparsi di una commissione sull'istruzione nelle scuole.


PENSIERO

Manzoni mostra un rifiuto della letteratura: il romanzo storico non va più bene perché è troppo d'invenzione. La teoria del vero, dell'utile e dell'interessante diventa così troppo rigorosa e intransigente. L'autore si irrigidisce nelle sue posizioni fino al rigetto totale della letteratura.


OPERE

Non si occupa più di opere teoriche ma solamente di saggi di storia e di filosofia, operando anche un'accurata e selezionata revisione dei suoi precedenti scritti.

Scrive infatti:

- alcuni saggi sulla lingua italiana;

- Storia della Colonna Infame (1840);

- Del romanzo storico e Dell'invenzione (1850);

- un paragone tra la Rivoluzione Francese e quella "Italiana" (1859).






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