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VOCIANI > rivista fiorentina "La Voce"

letteratura italiana





VOCIANI > rivista fiorentina "La Voce"


La reazione al romanzo tradizionale fu guidata da alcuni giovani letterati, per lo più collaboratori del "La Voce" (1908), che si proponevano come obiettivo una letteratura come strumento educativo piuttosto che di svago, al fine di risvegliare moralmente, politicamente e culturalmente l'Italia. L'arte dei vociani ambisce a comunicare le inquietudini e la crisi morale di cui gli intellettuali dell'età giolittiana avvertono i segnali.




La rivista In questa rivista oltre alle proposte di Papini e Soffici vengono pubblicate liriche di

Jahier

Rebora

Sbarbaro

Campana

Boine

Questi si riconoscono vicini per l'intendimento comune dell'esercizio letterario; pur seguendo ragioni spirituali e stilistiche differenti, si impegnarono in un comune sforzo artistico e morale.



Dal roma 737i82h nzo all'autobiografia: Al romanzo i vociani contrappongono una vocazione narrativa essenzialmente

autobiografica: questi scelgono di passare attraverso la testimonianza delle proprie vicende personali per poter offrire un confronto ai lettori al fine di un'ampia e approfondita riflessione esistenziale. La poetica del frammento, una prosa sempre più ridotta, sempre più vicina alla poesia, si impone sulla scena letteraria a partire dalla metà degli anni dieci. Proprio la contrapposizione tra la forma romanzesca e il frammento governa la ricerca e la sperimentazione dei maggiori autori del primo Novecento e trova la sua più ampia affermazione sulle pagine della seconda serie della "Voce" (la "Voce bianca") che raccoglie e pubblica alternati a testi poetici brani in prosa estranei a qualsiasi implicazione di ordine strutturale, e spesso solo sostenuti dal desiderio di comunicare una fervida e intensa emozione lirica.


Metrica

Si persegue una linea stilistica che si trattenga dal ricalcare schemi e forme della tradizione:

Si ricorre al verso libero

Si avvina la tecnica poetica alla scrittura in prosa

Si rifuggono le sonorità della lirica ottocentesca


Capisaldi della scuola:

Un uomo finito (1912) di Papini


PIERO JAHIER

Proprio sulle pagine della "Voce bianca" cresce e matura l'originale opera di Jahier.

Scrittura: Questi seppe tenere l'autobiografismo lontano dalla contemplazione narcisistica di sé e dall'introspezione

vuota. I testi, composti intorno a un nucleo tematico e a una costante tonale, slittano da un modo di scrittura all'altro: poesia e prosa tendono a sovrapporsi. La sua personale vocazione espressiva non mira al risultato artistico "puro e assoluto", ma nasce a ridosso degli eventi più importanti della vita. Il lessico di Jahier, con i dialettalismi, le forme popolari e la terminologia tecnica non teme di impiegare le parole basse ed elementari, poiché proprio queste sembrano più cariche di esistenza e più vicine alla realtà. Pur ripudiando la forma romanzesca, Jahier abbassa il linguaggio fino a farlo aderire agli oggetti secondo i canoni della narrativa verista. Egli scrive non per evocare sentimenti forti, ma per restituire sulla pagina i risvolti più umili della società umana tradizionalmente rimossi dall'estetica letteraria. Questa assume più di una volta intonazioni profetiche.

Nel 1919 Jahier pubblica due libri diversi tra loro:

"Ragazzo", un racconto autobiografico che descrive, con partecipata emozione ma anche con fermezza, le incertezze di un adolescente davanti ai primi problemi e difficoltà della vita. Questo fu dettato secondo un'esigenza insieme protestataria e pedagogica. Alternanza di prosa e versi.

"Con me e con gli alpini" presenta le difficili condizioni della vita dei soldati in trincea. Jahier celebra l'eroismo, le virtù e i valori duraturi dei "semplici". Questa è una delle testimonianze più marcate dell'impegno etico vociano. Come in "Ragazzo" alterna prosa ai versi.

I quattro fratelli

In questo il poeta rievoca un episodio della propria adolescenza.

I quattro fratelli (versione 1919)

I quattro fratelli (versione 1964)

Struttura

Pare più prosastica che poetica

Introduzione di tre righi musicali

A capo frequenti

Struttura

Versificazione con allineamento centrale (tipico di Jahier)

Versi metricamente disuguali e legati da assonanze, consonanze e rime

No enjambements (il taglio del verso coincide con le pause logiche)

Linguaggio

Linguaggio metaforico, quasi allegorico

Accenti battenti

Sistema di rime facili

Uso di trattini

Toscanismi e lessico marinaresco

(un accostamento tipicamente inglese)

Linguaggio

Non usa trattini

Alcune parti sono cambiate

Interpunzione rara (cambio tono)

Cambio della divisione in strofe




GIOVANNI BOINE

Pur insistendo sulla via della narrazione autobiografica Boine presenta con "Il peccato" (1914) un testo narrativo saldamente strutturato, dominato dall'intreccio. Il breve romanzo è suddiviso in tre capitolo ed è scritto in terza persona.

In "Frantumi", l'ultimo libro di Boine, si sovrappongono gli spunti narrativi alla folgorazione lirica in versi e alla meditazione filosofica, dove il ritratto del paesaggio o la divagazione fantastica sono l'occasione per un'indagine interiore, per una risentita auto rappresentazione morale.


Deriva

Il brano compare a stampa nel 1915 e venne successivamente raccolto in"Frantumi" (1918). Questo testo segna il polo di distacco dell'autore dal mondo poiché ci fa capire il suo sentimento di slegamento e disgregazione dal mondo, l'essere alla deriva, l'incapacità e allo stesso tempo, la non volontà di decidere del proprio destino.


Struttura: i sei capoversi sono pressappoco della stessa misura, ognuno è isolato da decise spaziature ed ogni attacco è evidenziato da un trattino iniziale.

Linguaggio: uso di forme impersonali (ti), virgole incongruenti, presenza di rime e ripetizione di parole e moduli sintattici. Presenza crescente di rima tronca in a.



CLEMENTE REBORA

Scrittura: La tensione etica e spirituale di Rebora si coniuga con un rigore stilistico che nulla concede all'estetismo

dannunziano o al dettato roboante dei futuristi. La sua scrittura è percorsa da una profonda ansia morale e dall'incessante ricerca di tipo filosofico. Per trasmettere al lettore i contenuti della prioria riflessione l'autore è indotto a forzare e deformare il linguaggio e la metrica tradizionale. La scrittura diventa una pratica attiva, uno strumento di ricerca di verità e le parole assumono nuovi significati.

I "Frammenti lirici" nascono come proposta poetica consapevolmente nuova e rivoluzionaria, al di fuori della tradizione letteraria. La sua scrittura interroga l'esistenza e cerca risposte sui misteri della vita: muove guerra alla poesia in quanto inutile esercizio verbale che mai travalica se stesso. L'opera propone una serie di problemi che travagliano l'io dell'autore (la conflittualità di natura e storia, eternità e divenire, caso e necessità, istinto e ragione).

Egli arriva a esprimere la propria insufficienza umana, riflessa nell'incapacità di afferrare soluzioni agli enigmi dell'essere, a cui egli troverà risposta definitiva con la conversione al cattolicesimo e la vocazione sacerdotale.



Stralcio

Rebora prese parte al primo conflitto mondiale; l'esperienza della guerra lo condusse allo "sfacelo interiore e fisico". Stralcio, probabilmente composta nel 1916 e pubblicata nel 1917, si riferisce alla situazione in trincea traumaticamente sperimentata e in particolare all'ultimo scroscio dell'anno, nell'imminenza del Natale. È una drammatica testimonianza dell'orrore di fronte al massacro e insieme denuncia delle "ragioni" di guerra. Il testo è imperniato sulla dimensione dell'attesa di un momento finale, supremo che dovrebbe decidere le sorti degli uomini e del mondo. L'attesa appare a Rebora come un vano prolungamento del massacro. Tutto il brano è fondato su successivi contrasti: fra abitudini quotidiane e la tragedia dei "semivivi", fra le interpretazioni della vita di trincea che i giornali danno e la vera trincea, fra vita e morte, tra la condizione dei soldati e il pensiero della vita libera e agiata di chi è nelle città.


Struttura: Prosa poetica di dodici capoversi raggruppati in tre blocchi asimmetrici. Non vi è verso ma rime interne. Usa immagini forti, quasi distorte dalla violenza. Brevi costruzioni paratattiche con frequenti interruzioni interpuntive che frantumano il ritmo del discorso, numerosi costrutti nominali.

Linguaggio: la tensione del linguaggio riproduce la tensione della situazione vissuta e descritta. Vere e proprie ripetizioni lessicali, tentativo di creare parole nuove, tendenza a forzare gli usi linguistici che sfocia nell'uso difficoltoso e improprio delle parole stesse. Frequenti espressioni prosastiche e quotidiane, locuzioni burocratiche e giornalistiche


Dall'intensa nuvolaglia

È una poesia meditativa, logica ma non descrittiva né ornamentale. L'attenta descrizione di un fenomeno atmosferico, il temporale, si tramuta in allegoria attraverso la quale l'autore cerca di esprimere un concetto astratto: la campagna è sinonimo di libertà, viceversa la città fa smarrire all'uomo la propria forza e si carica di ansietà che tormentano e sottraggono all'individuo la gioia e la libertà del suo vero essere.


Struttura: versi liberi. È diviso in due parti e la congiunzione avversativa ma avvia un ribaltamento tematico e concettuale.

Linguaggio: il complesso sistema rimico, le allitterazioni, le assonanze e la frequenza degli enjambement accentuano la tensione marcata e la forza d'urto del componimento. Uso di lessico guerresco per descrivere la violenza della tempesta.


CAMILLO SBARBARO

Scrittura: La tendenza vociana a una scrittura essenziale, scabra, sfrondata dei tradizionali orpelli è fatta propria anche

da Sbarbaro, la cui opera risalta per il carattere spoglio e per il tono volutamente dimesso. Con un andamento asciutto e prosastico, un linguaggio umile e semplificato l'autore esprime sentimenti di malessere e disagio al cospetto di una società che egli percepisce moralmente inaridita, inconsapevole della propria precarietà e inabile a esprimere valori minimamente positivi. Sbarbaro si tiene in disparte, alle dispute letterarie, infatti, preferisce la contemplazione e lo studio della natura. Dai suoi versi emerge una realtà arida, inospitale e senza speranze, della quale tuttavia il poeta si sente parte. La scarnificazione del linguaggio, l'assetto metrico risulta disarmonico per l'assenza di rime, l'intonazione discorsiva, le frequenti spezzature o enjambement. Nei testi le amare riflessioni sono ritratte e oggettivate con i profili dell'aspro paesaggio ligure o della anonime strade cittadine, che il soggetto scopre nei suoi anonimi vagabondaggi. Sbarbaro consegna ai lettori le sue poesie, fatte con materiali poveri della letteratura definendole "trucioli".


Trucioli (29, 32,34)

L'esperienza di guerra filtra anche in alcune pagine di Sbarbaro. Questa è soggetto o sfondo di una parte dei frammenti che questi scrisse tra il 1914 e il 1918 e pubblicò in quegli stessi anni sotto il titolo comune di "Trucioli".

I Trucioli 29, 32, 34 sono stati scritti tutti nel 1917 e in nessuno dei tre compare direttamente la guerra, al massimo solo nel truciolo 29 ne appaiono i resti.


contemplazione, descrizione e minimo racconto sono presenti.

metonimia perfetta lasciarci le scarpe che tranquillizza

parole bisillabiche con doppia consonanza, dominante vocalica a, variazione fonica su base e-r-a, tenui legami in e-o

(somiglianza agli hai ku)

: frasi osservazioni in stile nominale, suoni vetrosi, dominante i, cangianza via via che l'ora passa che riprende la

pittura espressionista, il testo si chiude in chiave meditativa.


Taci anima stanca di godere

Questa poesia è il testo di apertura della raccolta Pianissimo, pubblicata nel 1914. È un colloquio con la propria anima.

Il tormento esistenziale, a differenza che negli altri autori vociani, si esprime come una sorta di pronuncia silenziosa e soffocata, mai violenta o esibita. Scrittura prosastica e antimelodica. La poesia offre una confessione disadorna e prosastica, Sbarbaro scrive tenendo sullo sfondo la realtà negativa del proprio tempo sottolineando l'aridità e pietrificazione interiore. L'esistenza non rimane null'altro che un viaggio attraverso il deserto.


Struttura: endecasillabi spogli e sciolti ai quali alternano misure brevi, frequenti enjambement che fratturano il metro e la sintassi.

Linguaggio: tono dimesso, nessun accento di ironia.





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