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Macchiavelli e Guicciardini

letteratura italiana



Macchiavelli e Guicciardini vivono in un momento storico in cui si assiste al decadere delle signorie e all'invasione dei popoli straneri in Italia. Essi sono nati sotto il governo di Lorenzo il magnifico e hanno assistito alle numerose crisi politiche che hanno caratterizzato questo periodo storico:tra cui la caduta della repubblica di Soderini e la restaurazione del potere dei medici. Questa situazione che si distingue per i rapidi cambiamenti, costituisce il punto di osservazione privilegiato dei due fiorentini e ne influenza la produzione letteraria.

I due scrittori amano esporre 242h76c il loro pensiero con delle frasi coincise, gli aforismi, che permettono di trasmettere il proprio pensiero con incisività e sintesi.

Macchiavelli e Guicciardini non scrivono per fare l'encomio del principe o per celebrare la storia della città, ma per verificare i principi della politica alla luce dei problemi che stanno lacerando la storia d'Italia.

Un argomento su cui i due autori si sono confrontati, è la fortuna, quel elemento capace di esaltare o far affondare le azioni umane. Macchiavelli ne parla nel capitolo XXV del principe e nei discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Guicciardini nei ricordi.

Macchiavelli osserva che le azioni dell'uomo sono governate dalla fortuna. L'uomo alla nascita è dotato di un indole che gli permette di affrontare la vita, e con esso deve affrontare i casi della fortuna. La fortuna è intesa come una forza causale svincolata da ogni casualità, al contrario di quello che si credeva nella sua società, cioè che la fortuna fosse lo svilupparsi di un disegno divino indirizzato consapevolmente ad un fine.



Macchiavelli tuttavia, ritiene che la fortuna possa controllare solo la metà delle vicende umane perché l'altra metà può essere controllata per mezzo della virtù e delle doti dell'uomo, perciò la fortuna è potente quando non trova una virtù preparata a resisterle.

Macchiavelli analizza la virtù e la fortuna soprattutto in relazione all'agire politico.

La virtù del politico, e dell'uomo, sono solo potenziali se non si presenta l'occasione adatta per affermarle e se l'uomo non ha la capacità di prevedere le situazioni future. La virtù che serve a contrastare la fortuna, è fatta di conoscenza delle leggi e dell'agire politico, dalla capacità di applicarle ai casi particolari e della duttilità, cioè la capacità di adattare il proprio comportamento a casi sempre nuovi.

Si capisce che, pur essendo la fortuna un fattore di casualità, sfugge al controllo dell'uomo e egli se riesce ad adattarsi alla situazione nuova, può contrastarla. Macchiavelli legge la storia presente e passata con l'intento di trovare dalle situazioni particolari, delle regole generali, valide per ogni uomo e per ogni tempo.

Guicciardini ha una visione completamente pessimista, attribuisce alla fortuna una maggiore influenza sulla vita dell'uomo. Senza la buona fortuna i progetti umani non vanno a buon fine. Per Guicciardini, l'uomo non può contrastare la sorte avversa, come invece sostiene Macchiavelli, tuttavia, l'uomo nel decidere della sua vita deve affidarsi sempre alla dignità della ragione e non al caso. La ragione è ciò che ci permette di analizzare a realtà e di capire come comportarsi bei vari casi particolari, infatti al contrario di Macchiavelli che cerca di trovare delle leggi generali dal particolare, Guicciardini dice che l'uomo deve analizzare le situazioni politiche specifiche e particolari. Come conseguenza l'uomo di Guicciardini non cerca altro che l'onore e l'utile sul piano privato.

Egli esprime una concezione più pessimista rispetto macchiavelli perché vede la crisi del suo tempo, eventi disastrosi come il sacco di Roma e perciò viene a perdere la fiducia nella politica, di conseguenza l'intellettuale può soltanto analizzare e capire la realtà senza tuttavia poterla cambiare.

Macchiavelli e Guicciardini sul piano politico si possono considerare i fondatori dei tempi moderni.

Nell'opera di Macchiavelli di fatti troviamo delle dichiarazioni pratiche che fondano la moderna teoria dello stato. Il termine stato a partire da Macchiavelli acquista il significato non più di regime ma di territorio su cui si esercita una signoria e la virtù umana viene posta non più a servizio di Dio ma della vita civile.

La medesima concezione laica dello stato è presente in Guicciardini ma i due divergono in un punto, Macchiavelli tende a trarre conclusioni generali, cioè dalla storia passata vuole estrarre una regola e a volte cade nell'utopia, Guicciardini invece tende a analizzare i casi particolari e a giudicare gli eventi caso per caso evitando così il rischio dell'utopia.

A Guicciardini infine va il merito di essere il primo storico della modernità, in quanto concepisce la storia come campo analitico su cui esaminare la complessità delle situazioni particolari. Guicciardini fa un notevole sforzo di documentazione storica e di interpretazione degli eventi che fa di lui un precursore dei tempi moderni.

Senza dubbio  Macchiavelli e Guicciardini sono due personaggi che segnano una svolta nella politica verso la modernità e aprono prospettive nuove valide anche per oggi.




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