Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

Microeconomia - Domanda e comportamento del consumatore

economia



Microeconomia.


La microeconomia si prefigge di studiare il comportamento economico dei singoli operatori (il consumatore e l'impresa) e le interazioni tra essi. L'ipotesi di fondo sulla quale si basa la microeconomia è che il comportamento economico dei singoli operatori economici sia un comportamento razionale, ossia una condotta ottimizzante: "si cerca di massimizzare un ri 242i87c sultato sotto il vincolo delle date risorse disponibili oppure alternativamente si cerca di minimizzare l'impiego delle risorse da utilizzare sotto il vincolo di un prefissato obiettivo da raggiungere" (D'Antonio, 1998).

Se si considera ad esempio il comportamento economico del consumatore, le risorse disponibili sono costituite dal reddito, ossia dalla quantità di moneta a disposizione del consumatore in un determinato periodo di tempo. Il risultato che il consumatore si prefigge di ottenere è invece la soddisfazione di un determinato bisogno (alimentazione, svago, istruzione, etc.). Applicata al caso del consumatore, l'ipotesi del comportamento razionale porta ad affermare che il consumatore razionale cercherà, dato il reddito limitato di cui dispone, di massimizzare la propria utilità, o meglio che il consumatore cercherà di raggiungere un prefissato livello di utilità, con il minimo impiego possibile di reddito.

Se invece consideriamo il caso dell'impresa, possiamo affermare che il risultato che l'impresa si prefigge di ottenere, sia nel breve che nel lungo periodo, è l'ottenimento di un soddisfacente profitto. A tal fine, l'impresa ha a disposizione un ammontare limitato di fattori produttivi. Dunque, applicata al caso dell'impresa, l'ipotesi del comportamento razionale porta ad affermare che l'impresa razionale cercherà, dato l'ammontare limitato di risorse di cui dispone, di massimizzare il proprio profitto, o meglio che l'impresa cercherà di raggiungere un prefissato livello di profitto, con il minimo impiego possibile di fattori produttivi.



In realtà l'ipotesi di comportamento economico razionale da parte dei singoli operatori economici è un concetto riduttivo, ossia un'eccessiva semplificazione del comportamento stesso.

Infatti i singoli operatori economici (sia i consumatori che le imprese) non sempre dispongono di  tutte le informazioni necessarie e neanche di tutte le necessarie capacità di elaborazione per poter perseguire delle condotte ottimizzanti. Essi sono dunque dei soggetti a "razionalità limitata".

Inoltre non tutti e non sempre gli operatori economici cercano di massimizzare un obiettivo o di minimizzare l'impiego di risorse scarse. La condotta umana è frequentemente orientata ad ottenere un risultato soddisfacente piuttosto che il massimo conseguibile.

In alcuni casi il comportamento dei consumatore non corrisponde infatti alla razionalità economica, bensì ad impulsi emotivi, a desideri di emulazione, al desiderio inconscio di trovare una gratificazione personale.

Così come non è affatto detto che l'impresa cerchi sempre di massimizzare il proprio profitto.Ad esempio, "in un'impresa moderna l'imprenditore sa bene che potrebbe ottenere dai suoi collaboratori qualcosa in più, in termini di prestazioni, ma sa anche che, se li "torchiasse" troppo, potrebbero scaturirne nel migliore dei casi delle rivendicazioni salariali, nel peggiore dei casi sabotaggi, passività, ostilità" (D'Antonio, 1998).

C'è comunque da osservare che l'ipotesi di massimizzazione del profitto da parte dell'impresa sottintende a sua volta l'ipotesi che l'obiettivo dell'impresa sia uno solo, quello appunto di massimizzare il profitto. In realtà l'impresa non è qualcosa di "monolitico" bensì la risultante della collaborazione tra più individui (imprenditore, dirigenti, impiegati, operai, etc.), ciascuno dei quali potrebbe avere dei propri obiettivi da conseguire, obiettivi non necessariamente coincidenti con la massimizzazione del profitto.

Aver messo in evidenza i limiti dell'ipotesi di comportamento economico razionale non vuol dire ovviamente affermare che l'approccio microeconomico non sia utile.  Infatti, poiché tutti gli agenti economici operano in condizione di risorse scarse, certamente l'aspetto prevalente del loro comportamento è il tentativo di ottimizzare l'utilizzo di tali risorse per raggiungere i loro obiettivi. Di qui l'estrema utilità dei modelli neoclassici della microeconomia. D'altra parte, è utile anche tener presente che in alcune situazioni (scarsezza di informazioni, difficoltà di elaborazione di decisioni, etc.) il comportamento dell'operatore economico sarà meno orientato all'ottimizzazione e più orientato all'ottenimento di un risultato ritenuto soddisfacente tenuto conto delle risorse disponibili e della presenza di eventuali vincoli alle scelte che si possono effettuare.

La microeconomia è una scienza empirica, basata sull'osservazione della realtà del comportamento degli operatori economici. Dall'osservazione sperimentale di fenomeni che si ripetono con regolarità nel tempo, i microeconomisti hanno ricavato una serie di teorie attraverso le quali è possibile studiare il comportamento degli agenti economici (come ad esempio i consumatori e le imprese). Tali teorie, a partire da una data ipotesi (ad esempio il comportamento razionale del consumatore) si prefiggono di evidenziare quali siano le principali variabili che determinano il comportamento degli agenti economici.

Le teorie microeconomiche si basano dunque sull'uso di modelli, ossia su rappresentazioni semplificate del comportamento degli operatori economici. Tali descrizioni si focalizzano su un numero limitato di variabili che però sono ritenute le più significative ai fini della descrizione del comportamento stesso.

Tutti i modelli proposti dalla microeconomia si basano sull'ipotesi, già richiamata, di comportamento economico razionale degli operatori economici.



Domanda e comportamento del consumatore.

Comprendere le ragioni che determinano il comportamento del consumatore e i fattori che possono influenzarlo è un aspetto molto importante della teoria economica. Al fine di cogliere meglio quali sono gli elementi che caratterizzano il comportamento del consumatore è necessario innanzitutto costruire un modello che consenta di spiegare perché gli individui decidono di acquistare un bene piuttosto che un altro. Quindi, occorre tener conto del fatto che i consumatori sono soggetti a restrizioni di bilancio, ossia il loro reddito è limitato.

Un individuo desidera (ed acquista) dei beni perché questi soddisfano i suoi bisogni. Ad esempio, desidererà un bicchiere di acqua con ghiaccio in una calda giornata estiva.

La proprietà di un bene di soddisfare un certo bisogno di un individuo prende il nome di utilità. Quando in un certo periodo di tempo aumenta il consumo di un bene aumenta pure l'utilità che il bene procura all'individuo. Al crescere del consumo di un bene tuttavia, l'utilità addizionale che l'individuo ricava diminuisce. L'utilità che un individuo riceve in più dal consumo del bene si definisce utilità marginale. L'utilità marginale può assumere segno positivo, negativo o essere nulla. Assume segno positivo (continuando ad essere decrescente) fino al punto di saturazione dell'individuo, quindi si annulla e poi assume segno negativo, perché l'individuo comincia a rifiutare il bene. Legge delle utilità marginali decrescenti: all'aumentare della quantità consumata di un bene, l'utilità marginale dell'ultima unità consumata tende a diminuire (il consumo di ciascuna unità successiva di un determinato bene accresce la soddisfazione o l'utilità totale, ma in maniera sempre inferiore, finché viene raggiunto il punto in cui il consumo di un'unità addizionale non darà più alcuna soddisfazione). Generalmente, un individuo sceglie fra diverse combinazioni di più beni, ossia fra diversi panieri di beni. In questo caso si fanno le seguenti ipotesi:

Il consumatore razionale è sempre in grado di decidere quale tra i panieri preferisce, anche in quei casi in cui i panieri hanno una composizione di beni simile;

- Il consumatore razionale, rimanendo immutata qualunque altra condizione, preferisce un paniere contenente una quantità maggiore di un bene a un paniere con una quantità minore dello stesso bene;

È possibile tracciare un grafico delle varie combinazioni di due beni che danno all'individuo una uguale soddisfazione o utilità. Tale grafico prende il nome di curva di indifferenza del consumatore. Una curva di indifferenza più alta indica un livello di soddisfazione più elevato, mentre una curva più bassa un livello di soddisfazione più basso. Le curve di indifferenza hanno normalmente pendenza negativa, non si intersecano e sono convesse verso l'origine degli assi. La convessità della curva è la conseguenza di un saggio marginale di sostituzione decrescente. Il saggio marginale di sostituzione di X rispetto a Y indica il numero di unità di bene Y che un individuo è disposto a cedere in cambio di una unità aggiuntiva del bene X, conservando lo stesso livello di soddisfazione, ossia rimanendo sulla stessa curva di indifferenza. Nella maggioranza dei casi le curve di indifferenza sono convesse con pendenza negativa. Tuttavia, in taluni casi possono assumere altre forme. Curve di indifferenza orizzontali indicano che il consumatore è indifferente al fatto di avere quantità maggiori o minori del bene X (rappresentato sull'asse orizzontale) (X è cioè un bene neutro). Nel caso in cui le curve di indifferenza sono verticali, il consumatore è indifferente al bene Y (Y è un bene neutro). Quando le curve di indifferenza sono segmenti di retta a pendenza negativa, i beni X e Y sono sostituti perfetti per il consumatore. La scelta del consumatore è tuttavia vincolata dai limiti di disponibilità di reddito e dai prezzi che deve pagare per acquistare determinati beni. Il consumatore si trova di fronte cioè ad un vincolo di bilancio. Il consumatore può acquistare una qualsiasi combinazione di beni X e Y al di sotto della linea di bilancio o al massimo sulla linea di bilancio. Una linea di bilancio varia se varia il prezzo di uno dei beni (o di ambedue) o se varia il reddito del consumatore. Se il reddito aumenta, la linea di bilancio si sposta in alto ma la sua pendenza rimane la stessa. Quando varia solamente il prezzo del bene X l'intercetta sull'asse delle ordinate resta immutata, mentre la linea di bilancio ruota in senso antiorario se Px diminuisce e in senso orario se Px aumenta. Il ragionamento si ripete simmetricamente per variazioni di prezzo del bene Y. Dati i gusti del consumatore, il consumatore razionale cerca di massimizzare l'utilità o la soddisfazione che gli deriva dall'acquisto dei beni spendendo il suo reddito. In parole semplici, data una certa linea di bilancio, il consumatore razionale massimizza la propria utilità cercando di raggiungere la curva di indifferenza più alta possibile.



La scheda di domanda.

La scheda di domanda mette in relazione la quantità domandata di un determinato bene e il prezzo; minore è il prezzo di mercato maggiori saranno le unità acquistate di quel determinato bene. Nella curva di domanda la quantità domandata e il prezzo sono in relazione inversa. La pendenza negativa della curva di domanda illustra la legge della domanda con pendenza negativa: se il prezzo di un bene aumenta (e gli altri elementi restano costanti), gli acquirenti tendono a comperare quantità minori di quel bene. Analogamente, se il prezzo diminuisce (e gli altri elementi non variano), la quantità domandata aumenta.

Gli elementi che influiscono sulla curva di domanda sono: il reddito medio dei consumatori (se il reddito medio aumenta, essi tendono ad acquistare maggiori quantità di tutti i beni, anche se il prezzo non subisce variazioni), le dimensioni del mercato (dipendono dal numero di abitanti, e quindi consumatori), i beni correlati , i gusti (o preferenze), influenze particolari. Questi fattori provocano uno spostamento della curva di domanda.

Il concetto di massimizzazione dell'utilità può essere utilizzato per ricavare la curva di domanda individuale per un bene. La curva di domanda riporta la quantità di un certo bene che il consumatore è disposto ad acquistare al variare del prezzo del bene. La curva di domanda possiede due importanti proprietà. Il livello di utilità che si ottiene dall'acquisto del bene varia spostandosi lungo la curva. Più basso è il prezzo del bene, più alto è il livello di utilità. Questo emerge chiaramente considerando la curva prezzo-consumo utilizzata per ricavare la curva di domanda. In secondo luogo, su ogni punto della curva di domanda, il consumatore sta massimizzando la sua utilità. Nel caso di due beni, ciò significa che in ciascun punto della curva vale la condizione di ottimo data dall'uguaglianza tra saggio marginale di sostituzione di un bene in funzione dell'altro bene e rapporto tra i prezzi dei due beni. Se il bene Y viene collocato sull'asse verticale ed il bene X su quello orizzontale, il saggio marginale di sostituzione di Y per X decresce quando ci spostiamo in basso lungo la curva di domanda. Questo è abbastanza intuitivo, perché ci dice che il valore relativo del bene X diminuisce man mano che il consumatore acquista quantità superiori di esso.

La curva di domanda del mercato si ottiene come somma orizzontale delle curve di domanda di tutti i consumatori presenti nel mercato.

Quindi, la domanda quantitativa di mercato al singolo prezzo è la somma delle domande quantitative individuali a quel prezzo. La curva di domanda del mercato di un bene mostra le varie quantità domandate di quel bene nell'unità di tempo per vari livelli di prezzo del bene, a parità di ogni altra condizione (mantenendo costanti cioè i redditi, i prezzi dei beni sostitutivi, i gusti, il numero dei consumatori sul mercato). La curva di domanda del mercato ha pendenza negativa perché il prezzo e la quantità domandata sono in relazione inversa. La curva di domanda si sposta a destra se entrano sul mercato altri consumatori. I fattori che influenzano la domanda individuale di molti consumatori influenzano pure la domanda del mercato. Ad esempio, se il reddito della maggior parte dei consumatori aumenta, le curve di domanda individuali di questi consumatori si sposteranno a destra perché essi si possono permettere di acquistare un quantitativo maggiore di beni per ciascun prezzo. L'effetto reddito, indica l'impatto di una variazione di prezzo sulla quantità domandata di un bene risultante dall'effetto della variazione di prezzo sui redditi reali dei consumatori. Analogamente accadrà per la curva di domanda del mercato. Una curva di domanda si sposta verso destra se cresce il prezzo di un bene succedaneo o se diminuisce il prezzo di un bene complementare. Si ha l'effetto sostituzione quando l'aumento di prezzo di un bene spinge il consumatore a sostituire il bene diventato troppo costoso con altri beni, meno costosi, per soddisfare i propri bisogni in maniera più economica.



La scheda di offerta.

L'offerta di un mercato implica le condizioni alle quali le imprese producono e vendono i propri prodotti; la scheda di offerta mette in relazione la quantità offerta di un bene e il suo prezzo di mercato, mantenendo invariati altri elementi quali i costi di produzione, i prezzi dei beni correlati e le politiche governative.

La scheda di offerta di un bene mostra la relazione esistente tra il prezzo di mercato e la quantità di tale bene che le imprese desiderano produrre e vendere, a parità di altri fattori. La curva di offerta ha un andamento crescente poiché la relazione fra prezzo e quantità prodotta è direttamente proporzionale. I fattori che influenzano la curva dell'offerta sono: il costo di produzione comprendente i prezzi dei fattori produttivi e il progresso tecnologico (se i costi di produzione  di un bene sono bassi rispetto al suo prezzo di mercato, è vantaggioso produrre in grandi quantità; se invece i costi di produzione sono elevati rispetto al prezzo, le imprese riducono la produzione), i prezzi dei beni correlati (se il prezzo di un bene aumenta, l'offerta di un suo bene sostitutivo diminuisce), le politiche governative. Tutti questi elementi provocano uno spostamento della curva di offerta.



Il comportamento dell'imprenditore.

La produzione rappresenta una delle attività primarie svolte da un'impresa. Le imprese trasformano input, che sono chiamati anche fattori di produzione, in output. Il termine produzione si riferisce appunto alla trasformazione di input in output. Un'impresa è una organizzazione che possiede, acquisisce, combina e organizza delle risorse per produrre beni e servizi venduti per realizzare profitto. Gli input comprendono un'ampia categoria di beni e servizi: il lavoro delle maestranze, le materie prime ed i beni di consumo, il capitale investito nell'impresa nella forma di macchinari, impianti e infrastrutture. Il lavoro include le prestazioni degli operai di una fabbrica, degli impiegati, degli ingegneri, degli scienziati, dei professori. La relazione tra gli input che entrano nel processo produttivo e il relativo output viene descritta dalla funzione di produzione.La funzione di produzione è la relazione tra la quantità massima di output ottenibile e la quantità di input necessaria per ottenerla, ed è definita per un determinato livello di conoscenze tecniche. Assumendo semplicemente che vi siano solo due input, lavoro L e capitale K, possiamo indicare una funzione di produzione come:

Q = F(K,L)

La funzione di produzione riflette il fatto che è possibile combinare gli input per produrre una data quantità di output in modi diversi.

È importante riflettere sul fatto che la funzione di produzione esprime la relazione tra la massima produzione di output ed una specifica combinazione di fattori produttivi. Il concetto di funzione di produzione dà per scontato che le imprese siano tecnicamente efficienti, ossia che non vi siano processi produttivi inefficienti.

Una funzione di produzione a due variabili, K e L, può essere rappresentata graficamente utilizzando curve che si chiamano isoquanti. Un isoquanto è una curva che mostra tutte le combinazioni di input che forniscono la stessa quantità di output.

Gli isoquanti sono simili alle curve di indifferenza che sono state considerate nella teoria del consumatore razionale. Laddove le curve di indifferenza indicano nell'ordine diversi livelli crescenti di soddisfazione del consumatore, gli isoquanti indicano diversi livelli crescenti di output. Al contrario delle curve di indifferenza, ciascun isoquanto è associato con uno specifico livello di output. Il valore numerico attribuito a ciascuna curva di indifferenza ha invece significato solamente se considerato in senso ordinale. Una mappa di isoquanti è la rappresentazione di un insieme di isoquanti ciascuno dei quali mostra il massimo output che può essere ottenuto utilizzando una certa combinazione di input. Una mappa di isoquanti rappresenta un modo alternativo di rappresentare una funzione di produzione. Ciascun isoquanto è associato con un differente livello di output ed il livello di output cresce spostandosi in alto e a destra. La forma e la disposizione degli isoquanti all'interno della mappa di isoquanti mostrano il grado di flessibilità di cui l'impresa gode quando i manager devono prendere decisioni circa cosa e quanto produrre.

È importante distinguere tra breve e lungo periodo quando si parla di funzione di produzione. Il breve periodo è relativo ad un periodo di tempo in cui almeno uno dei fattori di produzione non può essere mutato. I fattori che nel breve periodo non possono cambiare prendono il nome di input fissi. Il lungo periodo indica un periodo di tempo in cui tutti gli input possono variare. Così, ad esempio, nel breve periodo le imprese possono variare l'intensità con cui utilizzano un certo impianto e macchinario. Nel lungo periodo esse possono variare la dimensione dell'impianto e il numero di macchine.

Una funzione di produzione può essere rappresentata con una tabella, un grafico o una equazione. Generalmente i fattori produttivi e l'output vengono misurati in quantità fisiche.

Il caso più semplice di funzione di produzione è quello in cui è possibile variare il consumo di un solo fattore, di solito il lavoro, mentre tutti gli altri fattori di produzione restano fissi.  In questo caso è possibile rappresentare graficamente la funzione su un piano cartesiano, riportando sull'asse orizzontale la quantità di fattore variabile utilizzata e sull'asse verticale la quantità di output o prodotto totale. E' possibile misurare il contributo che il lavoro fornisce al processo di produzione, ricorrendo ai concetti di prodotto totale, prodotto medio e prodotto marginale.

Il prodotto totale (o prodotto totale fisico), indica la quantità totale di output prodotto in unità fisiche.

Il prodotto medio è dato dall'output totale diviso per le unità totali di input.

Il prodotto marginale di un input è il prodotto aggiuntivo, o output aggiunto da una unità addizionale di quel tipo di input, mentre tutti gli altri input sono mantenuti costanti.

Le forme delle curve del prodotto marginale e del prodotto medio sono in stretta relazione. Sia il prodotto medio che il prodotto marginale prima crescono e poi decrescono. Il prodotto marginale assume sempre un valore positivo quando la quantità prodotta totale cresce, negativo quando la quantità prodotta decresce. La curva che rappresenta il prodotto marginale attraversa l'asse orizzontale in corrispondenza della quantità di lavoro per cui la quantità di output è massima. Quando il prodotto marginale è più grande del prodotto medio, il prodotto medio cresce. Quando il prodotto marginale è più piccolo del prodotto medio, il prodotto medio è decrescente.

Un prodotto marginale del lavoro decrescente rappresenta la situazione più frequente nei processi produttivi. Si dice pertanto che vale la legge dei rendimenti marginali decrescenti. La legge dei rendimenti marginali afferma che se cresce l'utilizzazione di un input mantenendo fissi gli altri, da un certo punto in poi il consumo di ulteriori unità dell'input farà diminuire la quantità prodotta (aggiungendo quantità addizionali di un input e mantenendo costanti tutti gli altri, si otterranno quantità aggiuntive di output sempre minori). La legge dei rendimenti marginali ha validità nel breve periodo, quando almeno uno degli input non varia. La legge si applica ad una data tecnologia. Con il passar del tempo, comunque, le invenzioni ed i miglioramenti nella tecnologia, possono spostare la funzione di produzione in alto.

Nel caso in cui vi siano invece due fattori variabili (lavoro e capitale) - è il caso del lungo periodo - è possibile rappresentare la funzione di produzione utilizzando una mappa di isoquanti. Un isoquanto mostra le varie combinazioni di fattori di produzione che daranno una certa quantità di produzione. Generalmente, gli isoquanti sono convessi verso l'origine degli assi poiché sia il capitale che il lavoro hanno prodotti marginali positivi. Se aumenta il consumo di uno dei fattori produttivi, aumenta la quantità prodotta. Anche nel caso di una funzione di produzione a due fattori variabili è possibile osservare ritorni marginali decrescenti (per ambedue o uno solo dei fattori), mantenendo uno dei fattori variabili. Il saggio marginale di sostituzione tecnica del lavoro per il capitale, indica la quantità di cui il consumo di capitale può essere ridotto quando viene utilizzata una unità in più di lavoro, in modo tale che l'output resti immutato. Il valore del saggio marginale di sostituzione tecnica come è stato definito, a meno del segno, è dato dalla pendenza dell'isoquanto corrispondente ad un particolare output. Nel caso in cui esiste perfetta sostituibilità tra i fattori il saggio marginale di sostituzione è costante lungo l'isoquanto. In questo caso estremo la stessa quantità di output può essere prodotta utilizzando solo uno dei fattori produttivi o una loro combinazione. Un altro caso interessante è quello in cui il rapporto tra gli input deve essere costante perché si possa avere un output. È questo il caso in cui i metodi di produzione disponibili per l'impresa sono limitati.

Nell'analisi della funzione di produzione nel lungo periodo, anziché esplorare come incide la variazione di un singolo fattore per volta sulla quantità prodotta, si cerca di capire che cosa succede quando l'impresa varia la dimensione dei propri impianti (e quindi la scala delle operazioni). In questo modo i manager dell'impresa possono prendere le loro decisioni relative al lungo periodo. I rendimenti di scala riflettono la reazione del prodotto totale quando tutti i fattori aumentano proporzionalmente. Se il consumo di tutti i fattori produttivi aumenta nella stessa proporzione, e la quantità prodotta aumenta nello stesso rapporto, si dice che vi sono rendimenti di scala costanti. Se il consumo di tutti i fattori produttivi aumenta nella stessa proporzione, e la quantità prodotta aumenta di un rapporto superiore (inferiore), si dice che vi sono rendimenti di scala crescenti (decrescenti). Utilizzando una rappresentazione grafica, si vede che quando esistono ritorni di scala crescenti, gli isoquanti che descrivono la funzione di produzione si addensano tra loro al crescere della quantità di input. Quando esistono ritorni di scala decrescenti, gli isoquanti man mano si diradano al crescere della quantità di input. Quando esistono ritorni di scala costanti, al crescere della quantità di input gli isoquanti sono tra loro ugualmente spaziati. Quando esistono ritorni di scala crescenti (decrescenti), si dice anche che esistono economie di scala (diseconomie di scala).



Analisi dei costi dell'impresa.

Gli economisti hanno una concezione diversa dei costi rispetto ai contabili. I contabili hanno una concezione retrospettiva dei costi. I costi contabili includono le spese effettivamente sostenute e le spese relative al deprezzamento dei beni (ossia l'ammortamento). Gli economisti (e così dovrebbe essere anche per i manager) considerano i costi in una prospettiva di gestione dell'impresa che guarda al futuro. Essi si preoccupano infatti di capire quali saranno i costi attesi e in che modo l'impresa sarà in grado di abbassare i suoi costi e migliorare la sua profittabilità nell'immediato futuro. In parole povere, gli economisti si preoccupano dei costi opportunità, ossia i costi che sono associati con le opportunità che l'impresa non coglie non utilizzando le sue risorse al loro valore d'utilizzo più elevato. I costi possono essere espliciti ed impliciti. I costi espliciti sono le spese effettive che l'impresa sostiene per utilizzare gli input per la produzione. Si tratta dei salari per pagare i lavoratori dipendenti, le spese per affittare i locali, le spese per le materie prime, gli interessi sul capitale preso a prestito, ecc. I costi impliciti fanno riferimento al valore degli input posseduti e utilizzati dall'impresa che non figurano esplicitamente nei libri contabili dell'impresa come spese sostenute. Sono costi il cui valore deve essere stimato facendo riferimento al loro rendimento in un uso alternativo. Si tratta, ad esempio, del salario dell'imprenditore.

Nel breve periodo alcuni degli input che l'impresa utilizza nel processo produttivo sono fissi, mentre altri variano in funzione della quantità di output che è necessario produrre. Il costo totale, CT, per la produzione di un bene comprende allora due componenti: il costo fisso, CF, che è indipendente dalla quantità del bene prodotta, e il costo variabile, CV, che varia appunto con il variare della quantità da produrre. I costi fissi generalmente includono le spese sostenute per l'acquisto delle macchine e dell'impianto (o il loro ammortamento), le spese sostenute per la manutenzione dell'impianto, la maggior parte dei premi di assicurazione, le retribuzioni che per contratto devono essere pagate, sia che l'impresa produca o meno, le imposte sulla proprietà. I costi variabili includono le spese per le materie prime, il combustibile, parte delle retribuzioni, le imposte sul prodotto, ecc.

CT = CF + CV

Il costo marginale CMa è l'aumento del costo che consegue alla produzione di una ulteriore unità di prodotto. Poiché il costo fisso non varia, esso rappresenta la variazione del costo variabile per la produzione di una unità aggiuntiva di prodotto.

Il costo medio è il costo dell'unità di prodotto. Esistono tre tipi di costo medio: il costo medio fisso CMF, il costo medio variabile CMV e il costo medio totale CMT.

CMF = CF/Q

CMV = CV/Q

CMT = CT/Q

La forma delle curve di costo unitario dipende dalla forma delle corrispondenti curve di costo totale. In particolare, la curva CMF decresce continuativamente, mentre le curve CMV, CMT, e CMa hanno una forma a U. La curva CMV decresce quando la curva del prodotto medio PM cresce e viceversa. Analogamente, la curva CMa decresce quando la curva del prodotto marginale PMa cresce e viceversa. Quando la curva del costo marginale si trova al di sotto della curva del costo medio, la curva del costo medio decresce. Quando la curva del costo marginale si trova al di sopra della curva del costo medio, la curva del costo medio cresce. Quando il costo medio raggiunge il valore minimo, il costo marginale uguaglia il costo medio.

Un problema che i manager di tutte le imprese si trovano a dover risolvere nel lungo periodo è quello di selezionare gli input, capitale e lavoro, per produrre un dato livello di output al minimo costo. Nel lungo periodo tutti gli input di produzione sono variabili. Come conseguenza, la scelta degli input dipende sia dal costo relativo dei fattori di produzione, sia dal grado di sostituibilità tra loro dei fattori nel processo di produzione. Il problema è analogo a quello che deve risolvere un consumatore razionale quando deve massimizzare la propria soddisfazione scegliendo tra vari panieri di beni sotto il vincolo della limitazione di reddito disponibile. Si definisce linea di isocosto l'insieme di tutte le possibili combinazioni di capitale e lavoro che possono essere acquistati avendo una specifica limitazione di budget, ossia non dovendo superare un certo costo:

CT = wL + rK

dove r rappresenta il costo del capitale, w il costo del lavoro, L e K rispettivamente la quantità di lavoro e la quantità di capitale. Al variare del valore del costo totale CT, l'equazione descrive una linea di isocosto diversa. Anche nel lungo periodo le curve dei costi hanno forma a U. Rispetto al breve periodo tuttavia sono diversi i fattori economici che spiegano tale forma. Una delle determinanti di maggiore rilievo della forma delle curve di costo nel lungo periodo è la presenza di economie (o diseconomie) di scala. Supponiamo per esempio che esistano dei rendimenti di scala crescenti del processo di produzione per qualunque livello dell'output. Raddoppiando gli input si ottiene una quantità più che doppia di output. Pertanto, il costo medio decresce al crescere della quantità prodotta. Le curve di costo medio di lungo periodo si possono ottenere come inviluppo delle curve di costo medio di breve periodo. Quando esistono ritorni di scala costanti ed è possibile costruire impianti con dimensione molto diversa, la curva del costo medio di lungo periodo è orizzontale, e la curva di inviluppo è costituita dai punti di minimo della curva dei costi medi di breve periodo. Quando esistono ritorni di scala crescenti inizialmente e decrescenti successivamente, la curva del costo medio di lungo periodo assume una forma a U e l'inviluppo non include tutti i punti di minimo delle curve dei costi medi di breve periodo.

Il costo economico non comprende soltanto le spese vive, ma anche i meno evidenti costi-opportunità, come ad esempio il compenso lavorativo fornito dal proprietario di un'impresa. Il costo-opportunità è il valore del successivo miglior uso (o opportunità) di un bene economico, o il valore dell'alternativa sacrificata.



Introduzione ai mercati.

In economia vengono identificati quattro diversi tipi di strutture di mercato: la concorrenza perfetta, il monopolio, l'oligopolio e la concorrenza monopolistica.

Nell'analisi del comportamento delle imprese all'interno delle varie strutture di mercato si assume che l'unico obiettivo dei manager sia quello di massimizzare il profitto nel lungo periodo. Si tratta di una ipotesi che viene fatta frequentemente in microeconomia perché è in grado di prevedere il comportamento delle imprese in modo accurato e consente di evitare delle complicazioni matematiche non necessarie. Tuttavia il fatto che le imprese nella realtà cerchino di massimizzare il profitto nel breve periodo è un fatto ancora controverso. Nelle imprese di dimensione più piccola in cui i proprietari dirigono l'impresa, è probabile che la massimizzazione del profitto sia al centro delle decisioni. Nelle imprese più grandi, in cui i manager possono sfuggire al controllo dei proprietari, ciò non è sempre vero. I manager infatti possono preoccuparsi o di pagare dividendi o di far crescere l'impresa per soddisfare gli azionisti oppure possono preoccuparsi del profitto di breve periodo, poiché la loro carriera e il loro stipendio, nella maggior parte dei casi, sono una funzione dei risultati di breve periodo.

Il profitto è dato dalla differenza tra ricavi e costi. Il ricavo totale che un'impresa realizza vendendo Q unità di prodotto al prezzo unitario P è:

R(Q) = PQ

Si definisce ricavo marginale RMa la variazione del ricavo totale conseguente ad una piccola variazione della quantità venduta. Si definisce ricavo medio il ricavo per unità di prodotto venduta:

RME = R(Q)/Q

Spostandoci in basso lungo la curva di domanda, il prezzo P diminuisce e la quantità Q cresce. Il ricavo totale può aumentare o diminuire, a seconda del valore dell'elasticità della domanda. In corrispondenza del tratto della curva in cui la domanda è elastica il ricavo marginale è positivo, dal momento che un aumento dell'output fa aumentare il ricavo. In corrispondenza del tratto della curva in cui la domanda è anaelastica il ricavo marginale è negativo poiché un aumento dell'output (ed una diminuzione del prezzo) riduce il ricavo.


Il mercato di concorrenza perfetta.

Le condizioni che definiscono l'esistenza di un mercato per un bene perfettamente concorrenziale sono:

- Gli acquirenti ed i venditori del bene sono numerosi e ciascuno di essi è troppo piccolo per influenzare il prezzo del bene. Pertanto una variazione della produzione di una sola impresa non influenza in maniera percettibile il prezzo del bene. Analogamente, ciascun consumatore è troppo piccolo per poter ottenere dalle imprese concessioni e particolari condizioni di credito legate alla quantità del bene che acquista;

- Tutti i beni venduti sul mercato sono omogenei. I consumatori non sono in grado di distinguere il prodotto di una impresa da quello di un'altra;

- Esiste una perfetta mobilità dei fattori della produzione. Tutti i fattori della produzione possono essere facilmente trasferiti da un'industria all'altra, in risposta agli incentivi monetari. Nessuna impresa possiede alcuna concessione per l'utilizzo di qualche fattore di produzione. Le imprese possono entrare ed uscire dal mercato facilmente nel lungo periodo. Non esistono barriere artificiali (brevetti, copyright, concessioni governative) o naturali (grandi capitali iniziali, esperienza, know how);

- I consumatori, i proprietari dei fattori produttivi e le imprese che vendono sul mercato hanno una perfetta conoscenza dei prezzi e dei costi presenti e futuri. I consumatori non pagano un prezzo superiore a quello necessario per acquistare il bene. L'informazione relativa ai prezzi ed ai costi si diffonde in un tempo infinitesimo. Conoscendo perfettamente i prezzi ed i costi vigenti sul mercato i produttori sono in grado di sapere quanto produrre.

In un mercato di concorrenza perfetta il prezzo del bene è determinato esclusivamente dall'intersezione tra la curva di domanda e la curva di offerta di mercato per il bene. Si dice allora che ciascuna impresa in un mercato in concorrenza perfetta è un price-taker, ossia assume il prezzo come un dato esogeno. L'unica variabile decisionale per i manager è la quantità da produrre. La singola impresa ha di fronte una curva di domanda infinitamente elastica in corrispondenza del prezzo determinato dall'equilibrio tra domanda e offerta di mercato.

Il periodo di mercato (detto anche brevissimo periodo) indica un periodo di tempo durante il quale l'offerta di un bene rimane fissa. I costi di produzione non hanno alcuna influenza nella determinazione del prezzo e tutta la quantità disponibile è messa in vendita a qualunque prezzo si determini. In condizioni di concorrenza perfetta l'offerta determina la quantità e la domanda determina il prezzo.

Nel breve periodo, dal momento che l'impresa non è in grado di influenzare il prezzo di vendita del prodotto, i manager determinano la quantità da produrre imponendo la condizione che il prezzo è pari al costo marginale. La curva di offerta di una impresa indica la quantità che viene prodotta del bene in corrispondenza di ogni possibile prezzo. Le imprese tendono ad aumentare la produzione fino al punto in cui il prezzo uguaglia il costo marginale, ma smettono di produrre non appena il prezzo scende al di sotto del costo medio variabile. Pertanto, la curva di offerta dell'impresa è costituita dal tratto ascendente della curva del costo marginale situato al di sopra della curva del costo medio variabile (e poiché la curva del costo marginale interseca la curva del costo medio variabile nel suo punto di minimo, si considera il tratto ascendente situato al di sopra del punto di minimo della curva del costo medio variabile). La curva di offerta di breve periodo di una impresa è inclinata positivamente per lo stesso motivo per cui il costo marginale cresce, la presenza di rendimenti marginali decrescenti di uno o più fattori di produzione. La costruzione della curva di offerta di breve periodo dell'industria in concorrenza perfetta come somma orizzontale delle curve di offerta di breve periodo delle singole imprese si basa sull'ipotesi che i prezzi degli input siano costanti a prescindere dalla quantità di input che ciascuna impresa e l'industria domandano. Se invece i prezzi degli input aumentano con la domanda di input, la curva di offerta dell'industria acquista una inclinazione maggiore.

Poiché le curve dei costi marginali hanno una pendenza positiva, l'elasticità dell'offerta nel breve periodo è sempre positiva. Quando i costi marginali crescono rapidamente all'aumentare dell'output, l'elasticità dell'offerta è bassa. In tal caso le imprese trovano costoso aumentare il loro output. Quando il costo marginale cresce lentamente con l'output, l'offerta è elastica e le imprese trovano conveniente aumentare sostanzialmente la produzione anche per un piccolo aumento del prezzo del bene. Casi particolari sono quelli in cui la curva di offerta è perfettamente anelastica perché gli impianti produttivi di tutte le imprese dell'industria sono utilizzati fino alla saturazione della loro capacità, per cui è necessario costruire altri impianti (così come nel lungo periodo) per aumentare l'offerta e in cui l'offerta è perfettamente elastica, perché i costi marginali sono costanti.

Nel lungo periodo tutti i fattori di produzione e tutti i costi sono variabili. Le imprese possono decidere di cessare la produzione (uscire dall'industria) o cominciare a produrre (entrare nell'industria). Le imprese presenti sul mercato per produrre il livello ottimo di output di lungo periodo (quello a cui il prezzo o il ricavo marginale sono pari al costo marginale di lungo periodo) costruiscono l'impianto più efficiente. L'impianto più efficiente è quello che consente di produrre il livello ottimo di output al più basso costo possibile. Quando una impresa è in equilibrio nel lungo periodo, è in equilibrio anche nel breve periodo, dal momento che P = RMa. In un mercato di concorrenza perfetta esiste una situazione di equilibrio di lungo periodo quando si verificano le tre condizioni seguenti. Tutte le imprese che costituiscono l'industria massimizzano il profitto. Nessuna delle imprese ha alcun incentivo ad uscire o ad entrare dall'industria, perché per tutte le imprese dell'industria il profitto economico è nullo. Il prezzo del prodotto è tale che la quantità offerta dall'industria è uguale alla quantità domandata dai consumatori.

Si definisce surplus del produttore la differenza tra il ricavo di una impresa e il costo minimo da sostenere per produrre la quantità di output che massimizza il profitto. Sia nel breve che nel lungo periodo il surplus del produttore è rappresentato dall'area che si trova tra la linea orizzontale del prezzo ed il costo marginale di produzione dell'impresa.

Se la curva di domanda di mercato aumenta, determinando un prezzo di equilibrio di mercato maggiore, nel breve periodo ciascuna impresa espanderà la produzione utilizzando l'impianto esistente realizzando un profitto economico. Nel lungo periodo, altre imprese entreranno nell'industria. In seguito all'espansione della produzione ed alla successiva domanda di fattori produttivi possono verificarsi tre casi. Se i prezzi dei fattori produttivi restano stabili nonostante sia aumentata la loro domanda, la curva di offerta di lungo periodo del bene si mantiene orizzontale e l'industria è a costi costanti. Se i prezzi dei fattori produttivi aumentano (diminuiscono) all'aumentare della loro domanda, la curva di offerta di lungo periodo del bene è positivamente (negativamente) inclinata e l'industria è a costi crescenti (decrescenti).


Il monopolio.

Il monopolio è una forma di mercato in cui è presente una sola impresa che offre un bene per il quale non esistono sostituti stretti. L'unica impresa rappresenta tutta l'industria e ha di fronte la curva di domanda per l'industria, con inclinazione negativa. Per vendere una quantità maggiore del bene il monopolista deve necessariamente ridurre il prezzo. Il prezzo in monopolio, al contrario di quanto accade in concorrenza perfetta, costituisce una variabile decisionale per i manager dell'impresa. Tuttavia l'impresa in monopolio non ha un potere di mercato illimitato. Direttamente o indirettamente essa è infatti costretta ad affrontare altre forme di concorrenza (ad esempio, la concorrenza di beni che non sono succedanei stretti o la minaccia di potenziali entranti in conseguenza del progresso della tecnologia). L'impresa monopolista può realizzare un profitto economico nel lungo periodo poiché l'ingresso nell'industria è bloccato o reso difficile dalla esistenza di barriere all'entrata.

Diverse cause possono essere all'origine di mercati di monopolio:

- Una impresa può possedere o controllare l'intera offerta di una materia prima o possedere dei fattori produttivi estremamente specializzati (ad esempio, un particolare know how);

Una impresa può aver ricevuto dal governo una concessione che le assicura il diritto esclusivo per

l'utilizzazione di una risorsa produttiva (ad esempio, l'estrazione di minerale da una miniera);

- Una impresa può possedere un brevetto che le assicura il diritto esclusivo di produrre un bene o

utilizzare un particolare processo produttivo;

- Una impresa può avere dei costi medi di lungo periodo tanto bassi che per le altre imprese non è

più conveniente rimanere sul mercato.

Il RMa è positivo in corrispondenza del tratto elastico della curva di domanda. Il RMa è nullo quando l'elasticità della domanda è unitaria. Il RMa è negativo in corrispondenza del tratto anelastico della curva di domanda. E' possibile esaminare la relazione che lega il prezzo, il ricavo marginale e l'elasticità della domanda al prezzo. Al monopolista non conviene assolutamente operare in corrispondenza del tratto lungo cui la domanda è anelastica. Riducendo la quantità prodotta, aumentando il prezzo, il monopolista riesce ad aumentare il ricavo totale, ridurre i costi e aumentare il profitto totale.

In un mercato di monopolio non esiste una curva di offerta. In altre parole, non è possibile riscontrare una relazione biunivoca tra la quantità che viene prodotta ed il prezzo a cui dovrebbe essere venduta quella quantità. Ciò è una conseguenza del fatto che la decisione circa la quantità da produrre dipende non solo dal valore del costo marginale, ma anche dalla forma della curva di domanda (e quindi dal valore dell'elasticità). Uno spostamento della curva di domanda può quindi indurre variazioni nella quantità prodotta e nel prezzo. Ciò non accade nella concorrenza perfetta in cui ad un particolare valore della quantità prodotta corrisponde un determinato prezzo. In un mercato di concorrenza perfetta il prezzo è sempre uguale al costo marginale. In un mercato di monopolio il prezzo è superiore al costo marginale. Ne consegue che un modo per misurare il potere di monopolio di cui un'impresa gode è valutare la differenza tra il prezzo che massimizza il profitto dell'impresa e il costo marginale.

Nel lungo periodo un monopolista continua a produrre solo se è in grado di realizzare un profitto in corrispondenza del livello di produzione ottimale utilizzando un impianto di dimensione efficiente. Nel lungo periodo il livello di produzione ottimo è quello in corrispondenza del quale la curva del costo marginale di lungo periodo CMa interseca dal basso la curva del ricavo marginale RMa. La dimensione dell'impianto efficiente è quella corrispondente al punto di tangenza tra la curva dei costi medi di breve periodo CM dell'impianto e la curva dei costi medi di lungo periodo CM che è l'inviluppo dei costi medi di breve periodo. Tale dimensione consente al monopolista di produrre il più alto livello di output al più basso costo possibile.

L'esistenza di un elevato potere di monopolio all'interno di un mercato (e, come caso estremo, l'esistenza di un mercato di monopolio puro con una sola impresa produttrice) impone dei costi ai consumatori dal momento che, rispetto ad un mercato perfettamente competitivo, la quantità prodotta complessivamente di un bene è inferiore ed il prezzo corrispondente più elevato. È possibile valutare la perdita netta di surplus per la società passando da un mercato perfettamente competitivo ad un mercato di monopolio puro.

Le imprese che godono di una posizione di monopolio si trovano in una posizione invidiabile dal momento che hanno la potenzialità di guadagnare grandi profitti. Tuttavia riuscire a mettere in pratica ciò dipende sostanzialmente dalla strategia di fissazione del prezzo dell'impresa. Persino se l'impresa decide di fissare un unico prezzo, ha bisogno di stimare l'elasticità della domanda per il bene che produce. Strategie complesse adottate per fissare il prezzo, che implicano che vengano stabiliti prezzi differenti, richiedono una quantità di informazioni maggiore relativamente alla domanda del mercato per il bene. Una strategia di prezzo opportuna consente all'impresa monopolista di ampliare il numero dei clienti a cui vende il prodotto e di prelevare una quantità superiore di surplus dai consumatori. Sono numerose le strategie che un'impresa monopolista può seguire per raggiungere questi due obiettivi e tutte prevedono che l'impresa stabilisca non un solo prezzo per vendere il proprio prodotto, ossia che l'impresa attui una discriminazione di prezzo.


L'oligopolio.

L'oligopolio è una struttura di mercato in cui sono presenti poche imprese che offrono un prodotto, omogeneo o leggermente differenziato. Quando il prodotto è omogeneo, il mercato è un oligopolio puro. Quando il prodotto offerto dalle imprese è differenziato, il mercato è un oligopolio differenziato. Poiché il numero delle imprese è limitato, il comportamento di ciascuna impresa ha un'influenza sul comportamento delle rimanenti imprese. La gestione di una impresa che opera in un mercato oligopolistico è allora estremamente complesso. La decisione circa l'attribuzione del prezzo al prodotto, la quantità da produrre, l'investimento in pubblicità, e le decisioni di investimento nella creazione di nuove strutture produttive impongono ai manager delle importanti considerazioni di carattere strategico. In alcuni oligopoli tutte o alcune delle imprese realizzano consistenti profitti nel lungo periodo poiché esistono delle barriere all'ingresso che rendono difficile o oneroso a nuove imprese entrare nel mercato. Le cause di queste barriere possono essere diverse: la presenza di economie di scala di produzione, il possesso di brevetti o tecnologie proprietarie specifiche da parte di poche imprese, la necessità di investire una quantità notevole di denaro all'atto dell'ingresso per creare un'immagine di marca. Il rapporto di concentrazione del mercato, la percentuale delle vendite totali delle più grandi 4, 8 o 20 imprese di un'industria oligopolistica, consente di valutare fino a che punto un mercato è effettivamente dominato da poche imprese oligopoliste. Se il grado di concentrazione delle vendite delle prime quattro imprese è superiore al 60% l'industria assume una connotazione che molto verosimilmente si avvicina a quella di un oligopolio. La caratteristica peculiare di un mercato oligopolistico è proprio questa stretta interdipendenza tra le azioni delle imprese. Pertanto, non è possibile costruire la curva di domanda del mercato per una particolare impresa di una industria oligopolistica, a meno che non si facciano delle ipotesi piuttosto specifiche circa quelle che saranno le reazioni delle altre imprese alle azioni dell'impresa che viene presa in considerazione. La soluzione resta di conseguenza indeterminata e si ottengono soluzioni differenti in funzione delle ipotesi di comportamento delle imprese che vengono fatte. Gli economisti non sono stati in grado di sviluppare così una teoria generale dell'oligopolio. Esistono diversi modelli, ciascuno dei quali riesce a spiegare alcuni degli aspetti che caratterizzano questa interessante forma di mercato (il comportamento delle imprese, come viene fissato il prezzo, ecc.). Alcuni modelli (Cournot, Sweezy) ipotizzano che le imprese non possano colludere. Altri modelli (impresa dominante), sottolineando l'interdipendenza tra le azioni delle imprese, partono dal presupposto che vi sia una forte tendenza da parte delle imprese a promuovere la collusione. Generalmente i modelli considerano situazioni di breve periodo.


Concorrenza monopolistica.

Le condizioni che definiscono l'esistenza di un mercato in concorrenza monopolistica sono le seguenti:

Molte imprese sono presenti nel mercato;

I prodotti venduti dalle imprese sono differenziati. Esiste un elevato grado di sostituibilità tra i prodotti, tuttavia essi non sono sostituti perfetti;

- Vi è la possibilità di entrare ed uscire liberamente dal mercato. Non vi sono cioè barriere all'ingresso legate alla marca del prodotto.

Come si vede, un mercato di concorrenza monopolistica è simile ad una industria in concorrenza perfetta poiché vi sono numerose imprese che sono libere di entrare ed uscire da essa. Nello stesso tempo, tale industria differisce dalla concorrenza perfetta poiché il prodotto è differenziato e ciascuna impresa vende un modello del prodotto che differisce da quello venduto dalle altre imprese nella qualità, nel packaging, nella reputazione di marca, nelle caratteristiche di prestazioni, ecc. Ciascuna impresa è il solo produttore di un particolare modello. Il grado di potere di monopolio di una impresa dipende dalla sua capacità di differenziare il prodotto da quello delle altre imprese. Maggiore è la sostituibilità dei prodotti, più elastica è la curva di domanda di ciascuna impresa, più basso è il suo potere di monopolio.

La concorrenza monopolistica è una forma di mercato molto diffusa nel commercio al minuto (nel settore della distribuzione alimentare, prodotti per la pulizia della casa, ecc.) e nel settore dei servizi (ristoranti, pizzerie, bar, ecc.).

I manager di un'impresa di una industria in concorrenza monopolistica prendono le loro decisioni circa la quantità da produrre ed il prezzo da imporre al prodotto supponendo che le azioni della propria impresa sfuggano alle imprese concorrenti. Quando abbassano il prezzo di vendita del prodotto, si spostano in basso lungo una curva di domanda che ritengono essere molto elastica, con un forte aumento delle vendite del prodotto. Nella realtà, ciò non passa inosservato alle altre imprese, dal momento che se alcune di queste prendono ad abbassare il prezzo dei loro prodotti, le vendite dell'impresa considerata non aumenteranno della quantità prevista dai manager. Nel caso estremo tutte le altre imprese presenti nell'industria abbasseranno il prezzo del prodotto, per cui le vendite dell'impresa in esame aumenteranno di poco. Possiamo ipotizzare perciò che ciascuna impresa in concorrenza monopolistica abbia di fronte due curve di domanda, una curva di domanda con elasticità al prezzo molto alta (nel caso in cui il suo operato non sia imitato dai concorrenti) e una curva di domanda con elasticità molto bassa (se il suo operato è imitato da tutte le imprese concorrenti).

Per determinare il prezzo e la quantità prodotta dall'impresa in concorrenza monopolistica è necessario fare delle ipotesi semplificate. Poiché in un mercato di concorrenza monopolistica ciascuna impresa vende un prodotto differenziato e perciò unico, non è possibile utilizzare il concetto di industria. Per superare questa difficoltà è stato introdotto il concetto di gruppo di imprese all'interno del mercato per fare riferimento a quelle imprese che vendono prodotti abbastanza simili e, pertanto, sostituibili tra loro. Ad ogni modo, per semplicità, continuiamo ad usare il termine "industria" anche per fare riferimento al gruppo di imprese. A causa della differenziazione di prodotto non è possibile costruire le curve di domanda e di offerta del mercato così come in concorrenza perfetta, anche perché non esiste un solo prezzo di equilibrio per il prodotto ma un insieme di prezzi. Per semplicità facciamo l'ipotesi che tutte le imprese di un gruppo di imprese concorrenti che rappresentano l'industria abbiano di fronte le stesse curve di domanda e di costo. Si tratta ovviamente di una approssimazione abbastanza spinta dal momento che se le imprese producono prodotti differenti, devono necessariamente avere curve di domanda e di costi diverse. Nella realtà, poiché le imprese hanno curve dei costi e di domanda diverse, è possibile che in condizione di equilibrio i prezzi siano leggermente differenti e qualche impresa riesca a realizzare un piccolo profitto.

Nel lungo periodo, pur ritrovando delle condizioni di inefficienza tipiche delle industrie non perfettamente concorrenziali, l'allocazione delle risorse è migliore che nelle industrie monopolistiche e oligopolistiche, e la produzione è maggiore e il prezzo del prodotto più basso, poiché l'elasticità della domanda è più grande che nei due casi precedenti.


Il confronto tra la concorrenza perfetta e la concorrenza monopolistica. Nella concorrenza monopolistica esistono due fonti di inefficienza. Il prezzo di equilibrio Pcm supera il costo marginale, per cui il valore attribuito dal consumatore ad una unità aggiuntiva supera il costo incrementale per la sua produzione. Supponendo di aumentare la produzione fino al punto in cui la curva di domanda D interseca la curva del costo marginale CMa, il surplus complessivo aumenta di una quantità pari a quella dell'area ombreggiata. L'impresa in concorrenza monopolistica viene ad operare in una situazione di eccesso di capacità e il livello della sua produzione Qcm è inferiore a quello che minimizza i suoi costi medi. In concorrenza perfetta il livello di produzione corrisponde al livello Qcp che minimizza i costi medi.


Il ruolo economico dello Stato.

Nelle moderne economie lo Stato assume un'enorme varietà di ruoli per porre rimedio alle imperfezioni del mercato. In un'economia di mercato lo Stato esercita tre funzioni economiche fondamentali:

Incrementare l'efficienza

Promuovere l'equità

Favorire la stabilità e la crescita economica

I tre casi più comuni di inefficienza di mercato sono: la concorrenza imperfetta (si verifica quando un acquirente o un venditore può influire sul prezzo di un bene), le esternalità (si hanno quando imprese o individui impongono costi o benefici ad altri soggetti al di fuori delle relazioni di mercato), i beni pubblici  (sono prodotti per i quali il costo sostenuto per estendere il servizio a un individuo supplementare è zero ed è impossibile impedire agli individui di farne uso).

I mercati non producono necessariamente una distribuzione equa del reddito, anzi è possibile che essi determinino una sperequazione inaccettabile del reddito e del consumo; quando si verificano situazioni di questo genere, lo Stato può ridistribuire i redditi generati da salari, rendite, interessi e dividendi del mercato. Gli Stati moderni utilizzano l'imposizione fiscale per incrementare le entrate necessarie per effettuare i trasferimenti o per i programmi di supporto del reddito, che creano una rete di sicurezza finanziaria per i più bisognosi.

Le politiche macroeconomiche per la stabilizzazione e la crescita economica comprendono le politiche fiscali (relative all'imposizione fiscale e alla spesa) e le politiche monetarie (che influenzano i tassi di interesse e la situazione del credito).

Lo Stato per influenzare l'attività economica privata, si serve dei seguenti strumenti:

Le imposte, che riducendo il reddito privato, limitano le spese dei privati e forniscono risorse per la spesa pubblica. Il sistema fiscale ha inoltre la funzione di scoraggiare alcune attività tassandole maggiormente e di incoraggiare altri settori tassandoli di meno.

Le spese, che inducono le imprese o i lavoratori a produrre determinati beni o servizi e i trasferimenti  che sostengono i redditi dei meno abbienti.

Le regolamentazioni  che spingono gli individui a eseguire o evitare certe attività economiche.



Reddito e ricchezza.

Il reddito si riferisce alle entrate totali incassate da un individuo o una famiglia in un determinato periodo di tempo (solitamente un anno), ed è costituito da redditi da lavoro, redditi da capitale, e trasferimenti pubblici.

La teoria della distribuzione del reddito analizza la ripartizione del denaro e di qualsiasi altra forma di reddito derivante dalla produzione di beni o servizi nell'ambito di un'economia. La retribuzione dei fattori produttivi viene suddivisa in:

Terra Rendita

Capitale Interesse

Lavoro Salario

Organizzazione (del lavoro) Profitto

Il reddito personale è uguale al reddito di mercato più i trasferimenti pubblici. Il reddito di mercato è costituito in gran parte da salari e stipendi e in piccola parte dalla proprietà, mentre la categoria principale dei trasferimenti pubblici è costituita dalle pensioni di vecchiaia.

La ricchezza è costituita dal valore monetario netto delle attività possedute in un determinato momento. La ricchezza include i beni tangibili e le attività finanziarie.

Mentre la ricchezza è una accumulo, un fondo esistente in un dato momento, il reddito è un flusso di beni e servizi in un dato periodo di tempo.


Fattori di produzione


Il mercato del lavoro.

La domanda di lavoro è determinata dalla produttività marginale nella produzione dell'output nazionale. Con il passare del tempo la curva della domanda di lavoro si sposta verso l'alto e verso l'esterno grazie all'accumulazione di capitale, al progresso tecnologico e ai miglioramenti della qualità del lavoro.

L'offerta di lavoro è caratterizzata da tre elementi chiave: le ore lavorative, la partecipazione della forza lavoro e l'immigrazione.

Il prezzo del lavoro è stabilito dal salario, che comprende tutti i pagamenti che compensano i lavoratori per il tempo e l'impegno dedicati alla produzione di beni e servizi. Questi pagamenti includono non solo i salari in senso stretto, cioè i guadagni calcolati di solito su base oraria, giornaliera, settimanale, mensile o produttiva degli operai o degli impiegati, ma anche gli stipendi dei professionisti e dei dirigenti; i premi aggiunti e le indennità; le retribuzioni per il lavoro notturno o festivo, o che comunque eccede quantitativamente o qualitativamente quanto concordato; i compensi per le prestazioni professionali; infine, quella parte del reddito dei proprietari di un'attività che remunera il tempo a essa dedicato, il salario cosiddetto di direzione, che non va confuso con il profitto.

In condizione di concorrenza perfetta i salari tendono a posizionarsi al livello in cui i datori di lavoro trovano più economico assumere l'ultimo lavoratore in cerca di occupazione, definito il "lavoratore marginale". Per la legge dei rendimenti decrescenti, si suppone che ogni lavoratore addizionale dia un contributo decrescente alla produzione e la crescita delle forze di lavoro comprime i salari. Se i salari superassero il livello di piena occupazione, parte delle forze di lavoro si troverebbe infatti disoccupata; se i salari scendessero al di sotto di tale livello, la domanda dei datori di lavoro spingerebbe invece i salari nuovamente verso l'alto.


Terra e rendita.

La rendita è il rendimento di fattori produttivi fissi come la terra.  

La caratteristica propria della terra è che la sua quantità è fissa e conseguentemente insensibile al prezzo. La curva di offerta della terra è completamente anelastica, poiché l'offerta di terra è fissa. Se la rendita superasse il prezzo di equilibrio, la quantità di terra richiesta da tutte le imprese sarebbe inferiore a quella offerta; alcuni proprietari non riuscirebbero ad affittare la loro terra e sarebbero costretti a offrirla a prezzi inferiori e quindi la rendita diminuirebbe. Analogamente, la rendita non potrebbe rimanere al lungo sotto il punto di equilibrio: le offerte delle imprese insoddisfatte farebbero infatti risalire il prezzo del fattore al livello di equilibrio. Il mercato è in equilibrio solo al prezzo concorrenziale, dove la quantità totale di terra richiesta e esattamente uguale all'offerta fissa.


Capitale e interesse.

Con il termine capitale s'intende un insieme di beni ottenuto attraverso l'attività produttiva e destinato a sua volta alla produzione di altri beni. In questa seconda accezione, del "capitale" fanno parte gli immobili, gli impianti, le scorte di magazzino e le materie prime, le attrezzature e gli utensili, gli animali da allevamento e da lavoro. I rendimenti monetari annui del capitale sono detti affitti. Se si dividono i rendimenti netti per il valore monetario del capitale, che genera gli affitti, si ottiene il tasso di rendimento del capitale. Il capitale è fornito dai risparmiatori, che danno in prestito fondi e possiedono attività finanziarie. Il rendimento monetario di queste attività è il tasso d'interesse che si misura in percentuale annua. I beni capitali e le attività finanziarie generano un flusso di reddito nel tempo: questo flusso può essere trasformato in valore attuale, cioè il valore odierno del flusso di reddito. I profitti sono un elemento di reddito residuo, pari ai ricavi totali meno i costi totali. I profitti contengono rendimenti impliciti, il premio per i rischi sopportati e i profitti per l'innovazione.

In un sistema economico concorrenziale senza rischi o inflazione il tasso di rendimento concorrenziale del capitale è uguale al tasso di interesse del mercato. Il tasso di interesse di mercato ha due funzioni: limita l'offerta scarsa di beni capitali della società agli utilizzi che presentano i tassi di rendimenti più elevati e induce gli individui a sacrificare il consumo presente al fine di incrementare lo stock di capitale.

Il punto di equilibrio nel lungo periodo dello stock di capitale si ha nel punto in cui il valore delle attività finanziarie che gli individui desiderano offrire nel lungo periodo corrisponde esattamente alla quantità di capitale che le imprese richiedono per la produzione.










Privacy




Articolo informazione


Hits: 7996
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024