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L'economia mondiale dalla grande depressione al nuovo secolo

economia



L'economia mondiale dalla grande depressione al nuovo secolo


La sconfitta della Francia a Sedan sancì la data d'inizio di grandi mutamenti nella vita europea e mondiale. I

40 anni tra il 1873 e il 1914 rivelarono la nuova potenza tedesca, l'espansione dell'Europa, l'affermarsi degli

Stati Uniti e il sorgere della potenza giapponese. All'interno di questo arco di tempo possiamo trovare due

fasi della vita economica mondiale: dal 1873 il trend fu negativo, mentre dal 1896 al 1914 esso fu positivo.

Nella prima fase i prezzi calanti portarono crisi, disoccupazione e problemi sociali. Le cause del calo dei

prezzi furono la riduzione della produzione aurifera, la diminuzione dei costi di trasporto e la concorrenza dei

nuovi Paesi industriali e agricoli.



Alla diminuzione della produzione aurifera che si verificò poco dopo il 1870 si contrappose

contemporaneamente un aumento della produzione delle merci e degli scambi internazionali. La

conseguenza negativa fu che nel 1782-73 la richiesta di medio circolante aumentò a tal punto che risultò

impossibile farvi fronte con la disponibilità di oro esist 919j98j ente, quindi il potere d'acquisto dell'oro aumentò e il

prezzo delle merci diminuì. La penuria di oro continuò fino alla scoperta delle miniere d'oro del Transvaal che

segnò l'inizio di una nuova fase economica caratterizzata dall'ascesa dei prezzi.

Il costo dei trasporti fu fortemente ridotto dalla rivoluzione del settore. Nei trasporti marittimi il vapore

soppiantò definitivamente la vela e l'apertura di nuove e più brevi vie marittime diminuirono notevolmente i

costi e i tempi di trasporto. Il forte aumento delle costruzioni navali e i progressi nella tecnica di carpenteria

(gli scafi delle navi furono realizzati in ferro e subito dopo in acciaio) fecero scendere il prezzo dei noli e delle

navi stesse, aiutati anche dalla concorrenza tra le varie compagnie di trasporti. Il tonnellaggio mondiale

crebbe notevolmente (con in testa la flotta inglese) e aumentò quindi la capacità di trasporto e diminuirono

le spese di manutenzione.

Nel campo dei trasporti terrestri in Europa la rete ferroviaria fu completata nelle sue linee principali, mentre

anche fuori Europa fervevano le costruzioni. Anche i canali e i fiumi furono vie molto importanti per

soddisfare i bisogni dell'industria. In questo modo fu possibile smaltire quantità sempre maggiori di traffico a

costi sempre più bassi.

In campo industriale e agricolo la produzione di nuovi Paesi fece aumentare l'offerta. Per quanto riguarda

l'agricoltura, Stati Uniti (grazie alla loro scarsa popolazione e alla grande disponibilità di risorse erano i

maggiori concorrenti), Russia, America Latina, Australia e Nuova Zelanda, grazie a costi di allevamento e di

produzione minori, diventarono temibili concorrenti di quelli europei, mentre nella produzione industriale gli

imprenditori facevano ricorso alle innovazioni tecnologiche per abbattere i costi di produzione e dopo il 1870

si verificò la Seconda Rivoluzione Industriale che interessò diversi Paesi (come la Germania) che mossero

un'accanita concorrenza verso le altre nazioni industrializzate.

Questi tre fattori (la riduzione della produzione aurifera, la diminuzione dei costi di trasporto e la nuova

concorrenza) causarono una discesa dei prezzi che colpì tutte le economie. Essa non fu continua, ma

conobbe delle pause nelle quali gli industriali effettuavano investimenti ampliando i loro impianti e creando

nuove iniziative. La situazione era comunque grave e in molti Paesi si presero provvedimenti protezionistici,

che non miravano a bloccare gli scambi internazionali ma cercavano di garantire ai produttori un compenso

che li ponesse al riparo dalle perdite causate dalla discesa dei prezzi. Questo nuovo protezionismo non fu

sufficiente in quanto era necessario creare sbocchi per le produzioni nazionali, essenziali perché tutte le

imprese europee conobbero una crisi di sovrapproduzione cronica. La soluzione fu trovata nella ripresa

dell'espansione coloniale (soprattutto in Africa), che avrebbe aperto nuovi mercati, assicurato il rifornimento

di materie prime e di prodotti agricoli e consentito di trovare nuovi settori di investimento per i capitali

nazionali esuberanti.

Ma sia il protezionismo che la politica coloniale furono solo delle politiche difensive che non poterono

scongiurare la crisi agricola che si fece sentire in molti Paesi e che causò una fortissima emigrazione. I

produttori europei furono salvati dall'effetto combinato degli aumenti della produzione dell'oro e della

popolazione dei Paesi esportatori, che fece in modo che la loro produzione fosse trattenuta per il mercato

interno.

In attesa che ciò si verificasse molti contadini poveri furono costretti ad emigrare; in un secondo tempo

anche altre classi sociali emigrarono attratte delle possibilità offerte dai nuovi continenti. I centri di

emigrazioni principale erano l'Irlanda, la Scandinavia, la Germania, la Russia, l'Austria, l'Italia, i cui emigranti

si dirigevano verso gli Stati Uniti, il Canada, l'Argentina, il Brasile, l'Australia, la Nuova Zelanda e il Sudafrica.


Consideriamo ora i mutamenti nelle singole nazioni. La Francia e la Gran Bretagna videro rallentare il ritmo

della loro economia, in particolare in Francia la perdita dell'Alsazia e della Lorena penalizzò i settori tessile e

siderurgico, il settore agricolo subì gli effetti della crisi agraria e dopo il 1870 la popolazione restò

stazionaria. In Inghilterra invece gli effetti furono meno gravi, infatti a fronte della crisi nel settore agricolo e

della perdita del predominio nella produzione della ghisa e del ferro mantenne intatto il primato finanziario,

nei trasporti marittimi, nella cantieristica, nelle industrie tessili e nel commercio coloniale.

In Germania, dopo l'unità politica nel 1871, lo sviluppo accelerò continuamente. La grande industria crebbe

in modo rapidissimo e l'agricoltura resse bene alla crisi poiché lo sviluppo industriale arrestò l'emigrazione,

favorendo l'immigrazione e l'urbanesimo e sostenendo quindi la domanda interna.

In Russia dopo la sconfitta nella guerra in Crimea si sentì la necessità di modificare la struttura: nel 1861 la

schiavitù fu abolita e si procedette ad una riforma agraria che però non soddisfece i contadini. La proprietà

mobiliare infatti si ridusse e si creò una nuova proprietà di contadini ricchi, commercianti e borghesi.

Il principale elemento di sviluppo fu la costruzione ferroviaria che stimolò le industrie metallurgiche e

meccaniche e le esportazioni dei cereali. Tuttavia lo sviluppo industriale russo rimase insufficiente a causa di

una incerta politica doganale che aveva allontanato gli investimenti stranieri e aveva esposto l'industria agli

effetti della concorrenza. L'artigianato rimase quindi forte e numeroso e continuò a prosperare.

I ministri delle finanze Vysnegradskji e Witte adottarono una nuova politica economica protezionistica, gli

industriali russi furono incoraggiati e si favorì il ricorso a capitali stranieri. In questo modo le industrie

metallurgiche conobbero un vero boom.

Negli Stati Uniti la Guerra di Secessione (1861-1865) fu seguita da una crisi economica per la caduta dei

prezzi, che segnò l'inizio di una serie di crisi (dovute alla sovrapproduzione) e riprese che durò fino all'inizio

della Prima Guerra Mondiale.

In Giappone i cambiamenti operati dalla rivoluzione Meiji nel 1868 sulla struttura sociale resero possibile lo

sviluppo. Prima la società si reggeva su una rigida struttura feudale a capo della quale si trovava un

governatore militare (Shogun). Nel 1603 lo shogunato fu reso ereditario dalla potente famiglia Tokugawa,

alla quale apparteneva un quarto del Paese, mentre il resto era diviso in Daimyo (signori feudali), Samurai

(militari), commercianti, artigiani e agricoltori. Il regime Meiji abbattè questo sistema ed istituì un governo

illuminato, abolendo il feudalesimo e riformando l'agricoltura. La manodopera abbondante e poco costosa,

l'intervento dello Stato e il ricorso all'estero per i tecnici e i macchinari contribuirono alla veloce crescita

dell'industria giapponese. Ma la povertà delle classi rurali non poteva sostenere la domanda interna per cui i

giapponesi si rivolsero all'estero, sostenendo la loro espansione commerciale anche con le armi, come nella

guerra con la Cina (1894-1895), che rafforzò l'economia giapponese e chiuse il periodo di depressione

mondiale.

Il periodo 1896-1913 segnò una tendenza al rialzo dei prezzi a causa dell'aumento della produzione aurifera

mondiale. L'adozione di nuovi metodi di produzione in serie e l'utilizzo di nuove forme di energia (petrolio ed

elettricità) portarono a forti aumenti della produzione. Nacquero nuove industrie (chimiche ed elettriche) e

continuò lo sviluppo delle ferrovie, che introdussero nuove regioni nella vita economica. L'invenzione della

turbina nei trasporti marittimi ridusse ulteriormente i costi e la nuova rete telegrafica fu importantissima nel

campo borsistico e degli affari.

L'adozione del gold standard nei principali Paesi (Austria-Ungheria, India, Russia, Stati Uniti) portò ad una

notevole stabilità economica: gli scambi internazionali e i capitali disponibili aumentarono mentre i tassi di

interesse diminuirono. L'organismo economico e la società conobbero profonde trasformazioni: nacquero le

concentrazioni di imprese (trusts) in Germania, Stati Uniti, ecc., gli organismi bancari si moltiplicarono, i

sindacati si rafforzarono e iniziarono le legislazioni sociali.

In Europa l'Impero tedesco era in testa. La sua economica si sviluppò in modo spettacolare grazie a diversi

fattori. Il primo fu la riorganizzazione del sistema bancario dopo le crisi del 1890-91 e del 1893 in modo che

la Deutsche Bank, la Disconto Bank e la Dresdner Bank assorbirono moltissime altre banche minori e

passarono sotto la tutela della Reichbank (la banca centrale) stringendo legami con le imprese.

Gli industriali inoltre attuarono una politica di concentrazione grazie alla quale si ricorreva ad intese per

fissare i prezzi, coordinare gli investimenti, dividersi il mercato e adottare politiche di vendita audaci come il

dumping, con il quale si tenevano prezzi elevati per il mercato interno e bassi per quello estero.

Nel campo agricolo si svilupparono notevolmente l'istruzione agraria, il movimento cooperativo delle

campagne e l'uso dei concimi e delle nuove tecniche di coltura.


Lo Stato infine intervenne decisamente nell'economica assumendo la figura del grande produttore e del

grande consumatore.

In Inghilterra alcuni sintomi fecero intravedere un rallentamento dell'economia: la riduzione della natalità, la

perdita del primato della produzione dell'acciaio, la concentrazione industriale e finanziaria minore di quella

tedesca, il ruolo meno incisivo delle banche nell'economia, la crisi dell'agricoltura. Ma in compenso

assistiamo ad un grandioso sviluppo della marina mercantile, al primato nella produzione cantieristica e a

quello della piazza di Londra nella finanza internazionale.

Anche la Francia attraversava un periodo negativo. Il problema demografico era acuto, l'industria si

sviluppava meno velocemente che altrove anche a causa della politica protezionistica che non esponeva

industria e agricoltura alla concorrenza estera e i capitali finivano verso il debito pubblico e gli investimenti

esteri.

In Russia ci fu un forte investimento nel settore metallurgico, nacque l'industria elettrica e si sviluppò quella

tessile ed estrattiva, ma l'economia rimase debole e dipendente dall'estero per i capitali e le condizioni della

popolazione erano pessime.

Negli Stati Uniti dal 1896 i prezzi salirono e l'economia conobbe una forte ripresa a causa del sistema

monetario stabile grazie al gold standard e all'andamento favorevole del commercio estero.

In Giappone si formò un'oligarchia di uomini d'affari che dominò l'economia mediante gli Zaibatsu (cartelli)

che portarono ad un rapido sviluppo dell'industria pesante e dell'agricoltura che fu in grado di soddisfare la

domanda interna, mentre crescevano le esportazioni di sera greggia, tè, rame e carbone. In questo modo il

Giappone si procurò i capitali necessari agli investimenti senza dover dipendere da quelli esteri.

L'intenso sviluppo che conobbero i vari Paesi poneva il problema dei nuovi sbocchi commerciali e delle nuove

fonti di rifornimento. L'Europa si volse quindi verso nuovi Paesi, costruendo vie e mezzi di comunicazione per

il trasporto delle materie prime, soprattutto in America Latina. La vita economica mondiale si

internazionalizzò mentre al suo centro rimase l'Europa all'apogeo della sua potenza.





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