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L'ECONOMIA FASCISTA

economia



L'ECONOMIA FASCISTA.


1) Gli anni post - unitari.

Nel 1861 l'Italia presenta un economia arretrata, è uno Stato che arriva tardi al processo di unificazione e il caso italiano è comparabile a quello tedesco, anche se in Germania il processo economico inizia prima dell'unificazione. Dal 1861 al 1876 l'Italia fu governata dalla Destra Storica, che cercò di risolvere il problema dell'arretratezza e del deficit (tramite una politica liberista, la ricerca del pareggio di bilancio introducendo imposte come la tassa sul macinato del 1868). L'Italia dell'epoca era uno Stato che vede concentrato il suo settore industriale nel nord (energia idraulica). Le poche industrie esistenti erano manifatture tessili al momento dell'unificazione, infatti, il reparto siderurgico è inesistente. L'Italia non disponeva del carbone e ciò non gli permise per un diverso periodo lo sviluppo del sud, dove non era possibile trasportare energia idraulica. La realtà migliore dal punto di vista economico era quella piemontese, che era l'unico stato che aveva attuato politiche economiche tese allo sviluppo. Si tratta di politiche economiche liberiste, di politiche d'investimento in infrastrutture, dell'evoluzione del sistema bancario, dello sviluppo del settore tessile e dell'inizio dello sviluppo del siderurgico. Inoltre vi sono vie di comunica 444i87e zione adeguate e un'agricoltura particolarmente sviluppata. Tra Piemonte, Liguria e parte del Lombardo - Veneto si svilupperà il triangolo industriale che sta alla base del dualismo economico italiano: centro nord sviluppato e sud arretrato. L'unificazione politica, economica e amministrativa che è sostanzialmente una piemontesizzazione dell'intero stato è un processo difficile, poiché si è dovuto omogeneizzare l'Italia. Fu esteso all'Italia ciò che apparteneva al Piemonte (per quando riguarda l'appartato amministrativo fu assunto il modello francese, per il resto si applicò il modello piemontese). Era necessario, però, costruire una nazione tramite una politica economica in grado di unificare lo stato rendendolo simile alle varie aree. Infatti, furono approvate una serie di riforme:



abolizione delle barriere protezionistiche, sia interne che esterne e l'Italia fu così esposta alla concorrenza estera;

liquidazione dell'asse ecclesiastico, in questo modo i beni della Chiesa sono utilizzati per sanare il deficit pubblico e ciò provocò il ritorno delle terre nelle mani dei ricchi latifondisti alimentando un processo di arretratezza;

creazione di infrastrutture per finanziare un processo di integrazione economica, ma c'era il problema del deficit e della grande arretratezza, la destra storia aumenta la pressione fiscale e solo dopo 15 - 20 anni le infrastrutture sono cresciute.

L'Italia del 1870 presenta molti vincoli: mercato ristretto, sistema bancario non adeguato, problema del basso livello di accumulazione di capitale, livello di istruzione arretrato, scarsa offerta di capitale umano. In questi anni si definisce la forte presenza dello stato in economia. Il rapporto tra strato e grande, piccola industria è penalizzata.

La Destra Storica scongiurò il fallimento economico e diede credibilità internazionale all'Italia, ma la sua politica ebbe grossi limiti, nonostante pose le basi per lo sviluppo dell'accumulo di risorse e capitali, ma non aveva compreso l'esigenza di politiche economiche che proteggessero lo sviluppo delle industrie poiché è incappata nel liberismo di Cavour. La Destra Storia era sempre più divisa al suo interno e le nuove elezioni furono vinte dall Sinistra Storica, che guidata da Deprecativo attuò una serie di riforme:

obbligo scolastico fino a 9 anni;

politica fiscale meno oppressiva ma ciò fece lievitare la spesa pubblica e ricomparve il deficit del bilancio;

riforma elettorale allargando il diritto di voto;

politiche doganali e protezionistiche per proteggere la produzione nazionale dalla concorrenza straniera, che generò un effetto positivo sulla produzione industriale, ma negativo per l'agricoltura del Sud.

Crispi fu il successore di Depretis e governò l'Italia dal 1887 al 1896. Egli avviò una politica autoritaria e l'industria italiana muove i primi passi appoggiata dallo Stato e cresce in quei settori dapprima inesistenti come la siderurgia, la meccanica e l'idroelettrica. Sono state trovate nuove fonti di energia alternative al carbone provenienti dalle Alpi e nel 1890 l'Italia dispone di energia, ma questi sono gli anni di crisi generalizzata a tutti i livelli; la crescita inizia alla fine dell'800.

Crispi cercò di rilanciare la politica coloniale, ma la maggioranza era preoccupata dai costi dell''operazione. Così Crispi si dimise nel 1891 e la presidenza passò a Giolitti, che affrontò il moto popolare dei Fasci siciliani, aggregazione di lavoratori che protestavano contro le tasse e contro i latifondisti, ma fu poi accusato di debolezza per non aver adottato metodo repressivi nella gestione dei moti e di aver coperto lo scandalo della Banca Romana e si dimise nel 1893. Crispi tornò al potere e represse duramente la protesta dei Fasci, rilanciò la politica coloniale puntando alla conquista dell'Etiopia, ma gli italiani furono sconfitti nel 1896. Crispi si dimise, terminava così l'età della Sinistra Storica e si apriva un periodi di crisi politica e istituzionale. La presidenza passò a Di Rudini che concluse un trattato con cui l'Italia rinunciava alle pretese sull'Etiopia e limitava il suo dominio all'Eritrea e alla Somalia. Nel 1898 l'Italia fu colpita da una crisi a causa dell'aumento del prezzo del pane. Di Rudini fu sostituito da Pelloux, che perseguì una linea repressiva. Il 20 luglio fu ucciso il re Umberto I e il nuovo re affidò il governo a Zanardelli e Giolitti divenne ministro degli Interni: iniziò l'età giolittiana.

L'età giolittiana 1901-1914 coincise con il decollo della rivoluzione industriale. La politica protezionistica favorì lo sviluppo industriale del Nord danneggiando il commercio dei prodotti tipici del Sud. Negli anni tra 1896 - 1906 si assiste al primo sviluppo del sistema industriale italiano che arriva ala seconda guerra mondiale con un notevole sviluppo sulle spalle. Settori trainanti sono la chimica, l'idroelettrica e la siderurgia. A sorreggere lo sviluppo è il crescente aiuto statale e lo sviluppo del sistema bancario e della banca mista che è finalmente in grado di fornire capitali alle industrie. Aumenta il dualismo economico italiano (nord e sud). Molti contadini meridionali, disoccupati, partirono in cerca di lavoro verso l'estero e tra il 1900-1914 emigrarono verso gli Usa e questo fenomeno aumentò le ricchezze del nostro paese, poiché gli immigrati inviavano alle famiglie parte delle loro paghe (rimesse). Giolitti riprese la politica coloniale con la guerra di Libia e non potendo attraccare direttamente firmò nel 1912 il trattato di Losanna con il quale ricevette la Libia. L'avventura coloniale comportò notevoli spese e la Libia non era una terra vantaggiosa sotto il profilo economico, infatti, ne trassero vantaggio solo le banche, gli armatori e l'industria militare. Nel 1912 fu introdotto il suffragio universale maschile e nel 1913 fu stretto il Patto Gentioli (cattolici potevano votare i canditati liberali che avessero sottoscritto l'impegno di difendere la Chiesa) infine con la guerra in libia e la crisi economica il governo fu indebolito : Giolitti diede le dimissioni e terminò l'età giolittiana.



2) La Prima Guerra mondiale.

Durante la prima guerra mondiale, l'Italia si proclamò neutrale, non subisce un arretramento del PIL e conosce una crescita. Il fronte interno però creò delle preoccupazione al governo, ma il sistema industria cresce e si riescono a controllare i problemi alimentari grazie alla centralità dell'intervento statale. In Italia si aprì un dibattito sulla necessità di intervenite o meno a fianco dell'Intesa. I neutralisti erano la maggioranza della popolazione e del Parlamento. Gli interventisti erano una minoranza molto attiva, quelli di destra promuovevano la guerra come segno di vitalità della nazione e gli irredentisti aspiravano ad ottenere la liberazione di Trento e Trieste, mentre quelli di sinistra l'Italia doveva schierarsi con le forze democratiche dell'Intesa. Il governo italiano, stipulò in segreto il Patto di Londra (Italia sarebbe entrata in guerra entro un mese e in caso di vittoria avrebbe ottenuto le terre irredente e altri territori) e cosi entrò in guerra il 24 maggio dichiarando guerra all'Austria. L'esercito italiano era male armato, poco preparato e comandato da Cadorna. Durante la conferenza della pace, si assunsero le decisioni più importanti e prevalse una linea punitiva per la Germania, responsabile del conflitto e dovette pagare i danni di guerra perdendo le colonie. L'Italia ottenne Trento, Alto Adige, Venezia Giulia e Trieste.


3) La crisi dello Stato Liberale.

Il periodo post - bellico italiano fu senza grandi difficoltà. Il problema vero si presenta con il processo di smobilitazione post - bellico. Le conseguenze sociali ed economiche della guerra furono per il numero dei caduti e degli invalidi,il debito pubblico e la salutazione della lira e l'inflazione. Gli effetti della crisi furono la dissoluzione dello Stato e l'affermazione del fascismo. La piccola e media borghesia e i piccoli proprietari terrieri furono colpiti dalla crescita del carico fiscale e dall'inflazione. Grazie alle commesse di guerra l'apparato industriale italiano migliorò e incrementò la produzione, ma la necessità di riconvertire la produzione bellica in civile determinò una crescente disoccupazione. Tra il 1918 e il 1920 si assiste ad un periodo di profonda depressione economica. Si aggiunsero:

il malessere che interessava le campagne che le città dovuto all'esplosione di un'accesa lotta sindacale;

(lotte per aumenti salariali, parziale ridistribuzione delle terre e giornata lavorativa di 8 ore)

(fondazione del Partito Popolare Italiano e nascita del movimento dei Fasci di combattimento ).

la debolezza della classe politica liberale che non comprende il cambiamento dell'Italia nella grande guerra che vive un processo di modernizzazione culturale e sociale della società di massa diffondendosi ideali politici e sindacali e a livello europeo si assiste ad una crisi del parlamentarismo (L'Italia è cresciuta ma è anche cambiata politicamente);

l'insoddisfazione e malcontento dovuto alla "Vittoria Mutilata" (D'Annunzio diffuse questa sindrome, poiché nonostante la vittoria imminente si paventava la conclusone della guerra ingloriosa della nazione italiana a causa di possibili compromessi sulle acquisizioni territoriali che spettavano all'Italia, che non era uscita dalla guerra come vincitrice ma come vinta. Questo perché il governo italiano pretese con forza il rispetto del Patto di Londra, ma cercò di ottenere anche l'annessione di Fiume, ma gli alleati respinsero questa richiesta);

il malcontento dei contadini, che ricordano ancora le promesse fatte dagli eserciti durante la guerra e poi mai mantenute.

In questi anni si apre quello che è stato definito biennio rosso, una fase di scontri acuti e un periodo denso di avvenimenti. Attraverso scioperi e agitazioni gli operai ottennero aumenti di salari e la giornata lavorativa di 8 ore. Era in gioco il potere nello Stato e nelle fabbriche, sorsero consigli operai su modello dei soviet russi. In Italia il biennio rosso mise in crisi il vecchio sistema politico e portò alla divisione del movimento operaio con la scissione del Partito socialista. I sindacati proclamarono uno sciopero bianco (gli operai entravano in fabbrica ma non lavorava) e gli industriali dichiarano la chiusura degli stabilimenti; in agosto scattò l'occupazione delle fabbriche e on poco tempo gli operai presero il controllo degli stabilimenti organizzando servizi armati di vigilanza e questo fu l'avvio di un processo rivoluzionario, ma fu incapace di estendersi. Nel giugno del 1920 fu chiamato Giolitti per realizzare un'opera di mediazione e di riconciliazione, infatti, gli operai ottennero aumenti dei salari e in cambio lo sgombero delle fabbriche.


4) Il movimento fascista.

Durante l'età giolittiana è stato elaborato un piano di riforme per allargare la base della partecipazione alla vita dello Stato italiano, coinvolgendo il Partito Socialista Italiano (partito socialista) che interpretava la protesta della classe operaia. All'interno di esso si sono formate due correnti: quella riformista, guidata da Turati che riteneva che si dovesse cambiare la società gradualmente attraverso riforme; e quella massimalista, guidata da Mussolini, che ritena che per cambiare la società fosse necessario ricorrere alla rivoluzione. Nel 1919 nacque il movimento dei Fasci di combattimento, fondato da Mussolini, ex socialista, e si collocò inizialmente a sinistra battendosi per radicali riforme socialiste, ma presto il movimento si caratterizzò per l'aggressività e la violenza. In campo sociale fu proposto il minimo salariale, la giornata lavorativa di 8 ore e la gestione dell'impresa estesa anche ai rappresentanti dei lavoratori. A partire dal 1920 si assiste ad una saldatura tra gli interessi industriali e le squadre fasciste di azione (strutture paramilitare) sostenute dai grandi agrari della pianura padana e della polizia perché vedono nel fascismo una forza in grado di alleviare il conflitto sociale esistente. In pochi mesi le spedizioni punitive della squadre fasciste aumentarono. Il fondatore del movimento fascista è Mussolini, durante la guerra matura il nazionalismo italiano. Il Partito Fascista diventa lo strumentano per rassicurare la borghesia italiana poiché a prendere parte al quel partito era anche il partito operaio. Il fascismo prende potere vi è un largo consenso da parte del mondo degli affari e della classe politica liberista. Nel 1921 Mussolini decise di trasformare il suo partito in Partito Nazionale Fascista favorevole alla monarchia e sostenendo l'opportunità di una politica economica liberista. Mussolini riunì il 24 ottobre 1922 migliaia di camicie nere e ordinò di marciare su Roma por assumere il potere con la forza. Il re rifiutò di firmare per proclamare lo stato d'assedio e Mussolini ricevette dal sovrano l'incarico di formare il nuovo governo. Questo avvenimento è visto da qualcuno come un colpo di stato,ma in realtà è una grande parata il fascismo, infatti, ha già vinto ed è già al potere tant'è che Mussolini viene investito dalla carica di primo ministro.

Nella storia fascista si incontrano tre fasi:

la prima fase è quella della presa del potere fino al 1926 (fase liberista);

la seconda fase è quella che va dal 1927 al 1930-31 (fase di natura protezionistica);

la terza fase è quella che va dal 1931 alla fine del regime di vocazione dirigista dello Stato.



5) La fase "liberista".

La prima fase è abbastanza breve e si ah coincidenza tra liberismo e il fatto che il fascismo non è ancora che si formerà dopo il delitto Matteotti. Questa fase coinciderà con la fase espansiva di crescita nazionale; la popolazione industriale è ai livelli dell'anteguerra. Il primo governo di Mussolini esordì mentre si stava profilando una ripresa dell'economica favorita dall'allentamento dei vincoli protezionistici e dai un conseguente incremento degli scambi. In questo momento s'inserisce la riforma tributaria ideata da Alberto De Santis, ministro delle finanze. Grazie a questa riforma si riduce il deficit pubblico accumulatosi dall'inizio del conflitto . L'azione del governo s'indirizzò verso la riduzione della spesa pubblica e verso lo smantellamento delle "bardature di guerra" (soppressione dei tutti i vincoli e i controlli dirigisti imposti dallo Stato all'economia durante il conflitto. Il pareggio del bilancio fu raggiunto sia riducendo la spesa statale sia incrementando le entrate fiscali. De Stefani ampliò la base contributiva coniugandola ad un abbassamento delle aliquote. Nel contempo si procedettero ad un alleggerimento dell'apparato statale. La fase liberista del fascismo fu anche contrassegnata da provvedimenti volti ad accogliere le richieste degli ambienti economici: privatizzazione dei servizi telefonici e delle assicurazioni sulla vita. Si rinunciò a qualsiasi progetto di pubblicizzazione nella gestione del settore elettrico e Mussolini decise di sistemare l'Ansaldo e si salvare il Banco di Roma. Se questi provvedimenti accrebbero il consenso dei capitalisti italiani, occorre evidenziare che gli imprenditori fraintesero l'autentica natura del movimento. Essi si illudevano che il duce avrebbe proceduto rapidamente alla normalizzazione del movimento fascista, ma il delitto di Matteotti (Matteotti, segretario Partito Socialista Unitario, pronunciò un discorso alla Camera denunciando i brogli e le violenze compiute dalle squadre fasciste e fu rapito e ucciso. Vi fu un crollo della popolarità di Mussolini e del suo partito, ma le opposizioni non riuscirono ad approfittarne) e le successive leggi fascisitsisteme(dal 1925 sono state approvate una serie dileggi che segnarono la trasformazione del fascismo in dittatura con i seguenti provvedimenti: unico partito riconosciuto fu il PNF, gli altri furono sciolti, il capo del governo fu dichiarato responsabile solo di fronte al re, furono abolite le autonomie locali e il posto del sindaco fu occupato dal podestà, la stampa fu sottoposta a censura, furono dati ampi poteri all'OVRA incaricati di individuare e arrestare gli oppositori) costituirono una grave disillusione. L'economia progrediva e furono determinati la ripresa degli investimenti nel settore metallurgico e nell'agricoltura, la ricostruzione del capitale fisso e di servizi, lo sviluppo dei settori industriali più innovativi e il miglioramento della bilancia commerciale. L'industria elettrica fu decisiva nell'accelerare l'incremento degli investimenti. La novità più significativa fu lo sviluppo della nuova industria della seta artificiale. Complessivamente l'industria registrò un notevole incremento.


6) Quota 90.

Nonostante i successi conseguiti l'economia italiana continuava ad essere gravata da alcuni problemi strutturali, poiché la crescita economica determinò un aumento dell'inflazione. Infatti, i buoni risultati raggiunti non furono sufficienti appunto per fermare l'inflazione e a stabilizzare la moneta, uno dei fattori di maggiore preoccupazione sia per il ceto medio risparmiatore sia per gli investitori esteri. Così nel 1926 Mussolini cambiò linea politica e nominò Volpi ministro delle Finanze e impostò la nuova politica economica sulla stabilizzazione della lira. La nostra moneta era soggetta a forte speculazione, al ribasso sul mercato finanziario in conseguenza del crescente disavanzo della bilancia dei pagamenti e della riduzione dei flussi migratori. Il primo atto di risanamento monetario fu intrapreso con la firma degli accordi per la sistemazione dei debiti di guerra con Inghilterra e Usa. L'Italia ebbe così l'accesso al capitale nordamericano. Le autorità statunitensi sollecitarono l'Italia a procedere rapidamente ad una stabilizzazione monetaria nello sforzo di ripristinare il sistema monetario internazionale basato sul gold standard. Famose fu il discorso sulla rivalutazione della lira: per accedere ai capitali internazionali; perché è dettata dalla natura del regime; per il comparto industriale internazionale. L'Italia stabilizzò il cambio con le divise estere equiparate all'oro sulla base di 19 lire per un dollaro e di 92,46 lire per una sterlina. La rivalutazione a "quota novanta" suscitò delle critiche specialmente da parte delle imprese meccaniche, tessili e delle fibre artificiali; questi settori auspicavano che la rivalutazione fosse da perseguire su valori più equilibrati e realistici. Il processo di rivalutazione determinò effetti differenti a seconda dei diversi settori. L'aumento del costo del denaro colpì sopratutto il settore edilizio e le piccole medie imprese produttrici di beni di largo consumo; inoltre, essa non moderò l'espansione dei principali gruppi chimici, elettrici e tessili. Furono danneggiale le imprese esportatrici. Al fine di moderare gli effetti del processo furono concesse diverse agevolazioni di carattere tributario alle società; lo stato riversò su di sé parte dei rischi relativi ai mutui contratti all'estero dai principali gruppi industriali. La stabilizzazione della moneta rassicurò i ceti medi e diede il via a un ampio movimento di concentrazione nella siderurgia, nella meccanica e nella chimica.


7) La politica sociale e agraria.

Per quanto riguarda i rapporti tra operai e imprenditori, il fascismo condannò lo sciopero e la lotte di classe, abolendo ogni libertà di contrattazione. Nel 1925 sindacati fascisti e Confinudstria raggiunsero un'intesa che poi divenne legge nel 1926 impedendo l'azione sindacale a socialisti, comunisti e cattolici. Secondo Mussolini i datori di lavoro e i lavoratori dovevano collaborare nell'interesse della nazione: corporativismo. Uno dei primi importanti provvedimenti economici fu l'aumento del dazio sui cereali, accompagnato da una enfatica e insistente campagna propagandistica, la battaglia del grano, che portò al raggiungimento dell'autosufficienza nel settore dei cereali, aumentando la superficie coltivabile e migliorando le tecniche di coltivazione. Nel 1928 fu iniziato il progetto di bonifica integrale delle maggiori zone paludose italiane. Queste misure economiche comportarono dei costi alti: la rivalutazione della lira avvantaggiò le grandi imprese e favorì la concentrazione aziendale, colpì i ceti medio - bassi, la battaglia del grano raggiunse buoni risultati e l'autarchia (autosufficienza) causò un grave indebolimento del sistema produttivo nazionale.


8) La Grande Crisi del '29.

In America a causa della presenza di molti poveri, il potere d'acquisto di agricoltori e operi calò e l'aumento della produzione portò a una saturazione del mercato. Il 24 ottobre 1929, la bolla speculativa si gonfiò improvvisamente e la Borsa crollò. Il crollo si estesa alle banche miste e mise in difficoltà le industrie che non potevano più avere prestiti. Ne derivò un aumento dei disoccupati e una conseguenti diminuzione dei consumi. La crisi americana coinvolse presto l'Europa. In Italia, la crisi segnò l'accentuazione del protezionismo e dell'intervento dello Stato nell'economia e si accelerò il passaggio alla politica autarchica che il fascismo varò nel 1934.



Nemmeno l'Italia sfuggì alla grande depressione, ma la crisi assunse una forma particolare. Il sistema industriale italiano infatti aveva subito una forte accelerazione - soprattutto in alcuni settori - con la Prima guerra mondiale grazie alle commesse statali. Venute a mancare quelle, a fronte di un mercato ancora poco sviluppato, la crisi da sovrapproduzione era stata quasi automatica. Difficilmente il sistema economico italiano avrebbe potuto risollevarsi senza l'intervento dello stato. Una questione delicata era quella dell'esposizione delle grandi banche miste verso il sistema industriale. Gli istituti di credito erano coinvolti a tal punto nel finanziamento e nella gestione delle imprese da essere sull'orlo del fallimento. La banca d'Italia concesse milioni di lire agli istituti di credito ma ciò non fu sufficiente; non migliorò le condizioni delle banche e delle industrie nemmeno l'istituzione dell'IMI (Istituto Mobiliare Italiano) capace di sostituirsi alle banche nel sostegno delle industrie in difficoltà. Questo provvedimento vuole sperare il destino industriale da quello della banca mista. Alla fine la soluzione escogitata fu la creazione dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale del 1933 (nasce così lo Stato imprenditore); lo stato non solo avrebbe messo a disposizione i capitali necessari ma averebbe acquisito i titoli e le proprietà industriali delle banche provvedendo alla gestione delle aziende e dell'eventuale successivo smobilizzo. S'intendeva sollecitare gli istituti di credito dai rischi connessi al finanziamento industriale e creare i presupposti di un esercizio del credito a breve termine distinto da quello del credito a medio lungo termine. Gli obbiettivi dell'IRI erano: riuscire a smobilizzare le attività antieconomiche, provvedere ai finanziamenti industriali a breve lungo termine per sottrarre alle banche il controllo del sistema industriale. Il controllo è nelle mani dello stato che entra in campo economico diventando proprietario del capitalismo italiano. A ideare e convincere Mussolini di questa soluzione fu Benedice che era convito della necessaria divisione tra credito ordinario e a medio - lungo termine anche perché nutriva una sfiducia nella qualità morale amministrative dei banchieri. L'IRI iniziò da un lato ad esaminare lo stato di diverse imprese e a finanziarie quelle degne di aiuti, dall'altro ad acquisire tutte le passività provenienti dagli interventi operati dallo stato prima dell'IRI e a rilevare tutti le partecipazioni delle grandi banche e della Banca d'Italia diventando così debitore verso di esse e impegnandosi a convertire il debito in contanti qualora le imprese interessante non avessero sufficiente liquidità. Nel marzo 1934 si pervenne allo smobilizzo pubblico delle tre grandi banche miste; lo stato fornì i capitali necessari a coprire le perdite e acquisì i titoli e le proprietà industriali degli istituti di credito che passarono così sotto il controllo dell'IRI con la qualifica di banche di interesse nazionale ciò costituì la premessa della riforma bancaria emanata nel 1936. nel 1937 l'IRI divenne un ente a carattere permanente con una funzione diversa da quella ordinaria di istituzione di salvataggio.


9) Guerra ed economia.

Sin dalle origini il fascismo fu caratterizzato da una forte componente nazionalista. Fino agli anni 30 i proclami nazionalisti rimasero vaghi e il duce preferì mantenere la tradizionale amicizia con la Francia e Inghilterra. Nel 1934, Mussolini decise di conquistare l'Etiopia per creare così un impero, ampliando i possedimenti già acquisiti (Libia, Eritrea, Somalia). Le truppe italiane invasero l'Etiopia il 3 ottobre 1935, senza dichiarare guerra. Addis Abeba fu conquistata il 5maggio 1936. Il re etiope fu costretto alla fuga, ma iniziò una guerriglia che i fascisti non sconfissero completamente. Pochi giorni dopo l'inizio dell'invasione, la Società delle Nazioni condannò l'Italia poiché aggressore di un altro paese membro dell'associazione. Nel novembre 1935 la Società delle Nazioni decretò delle sanzioni economiche, vietando la vendita all'Italia di beni di interesse militari. In realtà le sanzioni non furono mai rispettate e servirono solo a far guadagnare consenso a Mussolini. Il fascismo fu caratterizzato dalla politica dell'autarchia (anni 30) che significa autosufficienza: l'Italia avrebbe dovuto essere in grado di produrre autonomamente ciò di cui aveva bisogno , evitando la dipendenza dalle importazioni estere.


10) La Seconda Guerra Mondiale e il collasso dello Stato fascista.

Nel 1934 Mussolini dispone le truppe al confine con l'Austria per impedire l'occupazione tedesca. Nel 1935 l'Italia partecipa alla Conferenza di Stresa come garante della pace e successivamente invade l'Etiopia. Nel 1936 la Società della Nazioni abroga le sanzioni all'Italia per l'aggressione all'Etiopia. Ad ottobre dello stesso anno nasce l'Asse Roma-Berlino e s'inviano truppe e armi in Spagna. Nel 1937 si ha l'adesione di Tokyo nell'Asse e nel 1939 l'Italia occupa l'Albania e successivamente viene firmato il Patto d'acciaio con la Germania. L'Italia entrò in guerra 10 giugno 1940 con i nazisti, ma le forze armate italiane erano inadeguate e fallì il tentativo di sottrarre territori agli inglesi. Nel 1943 gli Anglo - americani sbarcarono in Sicilia e la occuparono. Nell'inverno successivo bombardarono alcune città italiane e la guerra aveva minato consenso popolare verso il fascismo e l'intervento degli Alleati scatenò proteste contro il regime. La monarchia decise di disfarsi del fascismo. Mussolini fu imprigionato e Badoglio dovette formare un nuovo governo. L?8 settembre fu resto pubblico l'armistizio con gli Alleati. Il re e Badoglio fuggirono a Brindisi. I tedeschi occuparono l'Italia centrale e settentrionale liberando Mussolini; nacque la Repubblica Sociale Italiana. Nel 1944 gli Alleati, liberata Roma, respinsero i Tedeschi fino alla linea gotica (da Rimini a La Spezia). L'Italia risultò divisa in due (Repubblica di Salò e il Regno d'Italia al Sud). Alcuni italiani giudicarono un tradimento la rottura dell'allena con i Tedeschi e si arruolarono nell'esercito di Mussolini. Altri si schierarono contro i nazifascisti e diventarono partigiani, iniziò così la Resistenza. Le bande partigiane combatterono contro i Tedeschi e i repubblichini di Salò con sabotaggi e azioni di disturbo. I tedeschi risposero con feroci rappresaglie. Dopo la liberazione di Roma fu costituito il governo Bonimi e la Repubblica di Salò, tenuta in vita dai Tedeschi, ordinava la deportazione di tutti gli Ebrei. I partigiani acquisirono il controllo di diverse zone del pese, mentre altre furono liberate dagli Alleati. Nell'inverno 1944 - 45 gli Alleati, bloccati sulla linea gotica, invitarono i partigiani a sospendere le operazioni contro i Tedeschi, ma non obbedirono. Nella primavera del 1945 gli Alleati ripresero l'offensiva e aumentarono i rifornimenti ai partigiani, gli Anglo.-Americani sfondarono la linea gotica e liberarono le città del Nord. Mussolini cercò di sfuggire ma il 28 aprile fu catturato e fucilato. All'indomani della seconda guerra mondiale gli Usa vararono un piano di aiuti per la ricostruzione dell'Europa, chiamato Piano Marshall. Gli accordi prevedevano che le nazioni europee incrementassero la propria produzione, cooperassero e commerciassero liberamente tra loro e dovevano ridurre l'inflazione. Gli Usa elargirono 11 miliardi e 780 milioni di dollari a fondo perduto e 1 miliardo e 139 milioni sotto forma di prestito. Gli Usa consideravano l'Italia il paese a più alto rischio di rivoluzione comunista. Lo stesso Marshall decise che se la sinistra fosse andata a potere, l'Italia sarebbe stata esclusa dal piano di aiuti. Contemporaneamente, fu messa in moto una vasta propaganda anticomunista che si dimostrò efficace. In quale modo le idee americane di modernizzazione e di progresso tecnico fecero presa. Parte del settore privato si dimostrò ansioso di lasciarsi alle spalle il protezionismo dell'era fascista e di trarre vantaggio dalle opportunità offerte dal commercio internazionale, che era in rapida crescita. Nel 1953 la produzione industriale raddoppiò e la produttività era due volte quello inglese.




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