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Gian Battista Vico nacque a Napoli nel 1668.
I suoi primi studi furono alquanto disordinati, anche se si basarono sulle scienze giuridiche e sulla letteratura.
Dal 1689 al 1695 fu il precettore dei figli del marchese Rocca, e nella biblioteca di questi approfondì la propria cultura.
Iniziò cosi a maturare l'indirizzo del suo pensiero.
Nel 1699 ottiene la cattedra di retorica all'Università di Napoli.
Iniziò cosi una vita di ristrettezze economiche , di angustie familiari e di solitudine.
Dal suo insegnamento universitario nascono tra il 1699 e il 1706 le sei "Orazioni Inaugurali" alle quali si aggiunge la settima e la più importante "De nostri temporis studiorum ratione" del 1708.
Nel 1710 cominciò a dare una prima sistemazione complessiva del suo pensiero nel " De antiquissima Italorum sapientia ex linguae latinae originibus eruenda" che suscitò una certa eco nella cultura italiana del tempo.
Dal 1714 al 1716 lavorò alla biografia di Antonio Carafa ( 1538-1591) nipote di Paolo IV, cardinale di Pio V.
L'opera fondamentale di Vico , " principi di una scienza nuova intorno alla comune origine delle nazioni" pubblicata nel 1725, passò inosservata.
Ultima opera alla quale Vico lavorò fino alla sua morte, avvenuta nel 1744, fu l'" Autobiografia".
Vico inizialmente aderisce alle teorie classiche legate soprattutto alla cultura platonica di tradizione umanistica e rinascimentale.
Una cultura fondata soprattutto sui valori della tradizione letteraria, poetica e religiosa.
Nell'opera "De nostri temporis studiorum ratione" , Vico mette in luce la povertà dei risultati della critica e del razionalismo cartesiano poiché rivelano l'impotenza dell'uomo verso ciò che lo circonda.
Infatti asserisce che, lo studioso del 1600, per cercare di capire la scienza astratta della natura ha trascurato la natura dell'uomo.
Vico si propone dunque di ricostruire la metafisica delle più antiche popolazione italiche , perché da questa ricostruzione si può iniziare a tracciare la scienza dell'uomo.
Al centro di questo metafisica vi è la certezza che è possibile conoscere una cosa solo se la si fa , in questo senso ha significato l'antica definizione che" il conoscere è uno scire per causas": conoscere le cause significa riprodurre il processo generativo delle cose e quindi la scienza è in possesso delle cause generatrici.
Verum e factum sono termini equivalenti e convertibili e, per Vico, " conoscere la natura delle cose significa conoscere il nascimento: natura significa nascere.
Ma se conosce solo colui che fa, la scienza può competere solo con Dio, che è appunto la causa di tutto; il mondo della natura non può esser conosciuto dall'uomo perché non è stato fatto da lui; l'uomo può solo cogitare, ovvero mettere insieme gli aspetti superficiali delle cose , poiché la sua mente, che è finita, non può andare oltre la successione degli eventi.
La matematica, permette però all'uomo di realizzare l'unità di conoscere e di fare e in questa la conoscenza umana non differisce da quella di Dio perché il campo delle verità matematiche è fisso.
Ma man mano che le scienze si allontanano dalla matematica e si studia la meccanica, la fisica e la morale, l'uomo difficilmente raggiungerà la verità.
Per Vico la matematica è una scienza vera ma fittizia e il suo procedimento è essenzialmente costruttivo e sintetico, impossibile un scienza della natura fondata su di essa.
A differenza di Cartesio che affermava che la matematica è una scienza vera e reale e il suo procedimento è deduttivo ed analitico.
Le sue opere " De antiquissima" e "La scienza nuova" trattano dell'importanza della storia, come parte fondamentale della conoscenza umana.
La storia è il regno del fatto, dell'accaduto; essa è nota a noi attraverso la filologia, che è la scienza del certo, ovvero tramite i documenti e le testimonianze del passato si giunge alla verità.
La filosofia è l'altra disciplina che aiuta la ricostruzione della storia, essa è la scienza del vero.
L'unione di queste due scienze consente di descrivere la storia ideale ed eterna.
La storia non è una serie casuale e gratuita di avvenimenti, ma la realizzazione progressiva di una storia ideale.
Lo sviluppo di ogni momento storico è presente sempre anche se vi sono le "modificazioni" della mente che sono:
senso
fantasia
ragione
che modificano solo in parte la realtà.
Da queste modificazioni Vico ricava l'età dell'umanità:
l'età del senso, ovvero l'umanità ferina, in cui gli uomini erano simili ad animali feroci;
l'età della fantasia, ovvero l'età della poesia, quella in cui l'umanità percepisce la realtà con animo perturbato e commosso;
l'età umana , ovvero quella della mente pura nella quale l'umanità sviluppa la riflessione e la ragione assicura un ordinamento civile basato sul rispetto di una legge che in modo eguale si impone a tutti.
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