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La metrica d'annunziana a cura di Antonio Pinchera - La sera fiesolana

letteratura italiana



La metrica d'annunziana a cura di Antonio Pinchera

La sera fiesolana

Una strofa di quattordici versi è seguita da un terzetto a mo' di antifona riecheggiante le "sequenze" ritmiche del francescano Cantico delle Creature. Tale schema base (vv. 14 + 3) è ripetuto tre volte, la metà esatta dei versi d 212f59c elle tre strofe (21:42) sono endecasillabi, liberamente associati a novenari (cinque), settenari (tre), quinari (sei); nonché avversi di misura eccedente il limite dell'endecasillabo, cioè di dodici o tredici sillabe.

Per capire la complessità e la precisione dell'organismo metrico, si notino questi elementi, con il testo sott'occhio: a) ogni strofa si apre con 3 endecasillabi e si chiude con un quinario; b) endecasillabo è sempre l'ottavo verso di ogni strofa: cioè l'inizio della seconda metà della strofa; c) il quinario finale rima con il primo verso del terzetto-antifona; d) nelle antifone i versi mediani fanno assonanza fra loro: tace/ salce/ palpitare, e riprendono una rima perfetta dalla strofa precedente; e) il terzetto-antifona ha questa combinazione fissa: v.1: endecasillabo, con attacco sempre uguale Laudata sii, v.2: ternario (sempre uguale: O Sera) + verso di dodici sillabe; v.3: quinario. Si tenga presente inoltre che in D'Annunzio l'uso dell'assonanza corrisponde di fatto a quello della rima, perciò assonanze e rime si alternano in fin di verso. Riguardo infine ai versi di 12 o 13 sillabe, essi vanno considerati come affini o addirittura equivalenti agli endecasillabi, in base al criterio, che D'Annunzio rispecchia sempre dell'"equivalenza dei ritmi", ricavato dalla metrica greca antica.




Pioggia nel pineto

"Strofa lunga" di trentadue versi, ripetuta quattro volte. Il ritmo complessivamente si genera dalla misura del ternario, che compare da solo ben ventisette volte e che si raddoppia nel senario (frequentissimo), e si triplica nel novenario. Il novenario compare solo nove volte, ma è la misura-guida della Pioggia nel pineto, poiché lo si legge sovente "sottotraccia": infatti, per esempio, si provi a riformulare l'incipit della lirica (vv-16), così: Taci. Su le soglie del bosco / non odo parole che dici / umane; ma odo parole / più nuove che parlano gocciole. Ecco uscir fuori il ritmo di quattro perfetti novenari di fila.


Onda

L'ode si svolge in un'unica strofa, la più lunga delle "strofe lunghe", cento versi varianti fra ternari, quinari, senari e settenari, più due settenari staccati, in chiusura, con una trama fittissima di onomatopee, armonie imitative, rime a distanza, interne, e -più spesso - baciate. La base pressoché costante della cellula ternaria appare funzionale all'intento di accordare ritmi di superficie e ritmi "sottotraccia". Fra questi ultimi, prevale ancora una volta il novenario, come ai vv. 22-23, dove un senario + un ternario (un fiocco di spuma / che balza!) insieme danno appunto un novenario; e subito dopo ai vv. 24-25, dove due senari apparenti costruiscono un ritmo ambiguo, oscillante tra novenario + ternario: Ma il vento riviene, rincalza, / ridonda, e ternario + novenario: Ma il vento / riviene, rincalza, ridonda.


Le stirpe canore

E' una strofa lunga, di 37 versi, dal ternario al novenario, nessun verso si sottrae al gioco della rima (o assonanza) che spesso ne lega più di due: per esempio 3-9, 18 -20 (onde-profonde, monte-fronde).


Strofa lunga di Laus Vitae

La strofa lunga non presenta un modello unico per tute le strofe , di fatto ha una struttura aperta, dinamica e poliformica e realizza volta per volta una sorta di "ritmo mentale" come il poeta lo chiamerà più tardi nel libro segreto: "questo ritmo mentale m'insegna a eleggere e a collocare le parole non secondo la metrica e la prosodia della metrica tradizionale, ma secondo la mia libera invenzione". In effetti, oggi sappiamo specie dopo gli studi del regista Bruno Gentili che D'Annunzio si è fondato su un criterio vigente fin dalle origini nella poesia greca antica: "l'equivalenza ritmica". Secondo tale criterio l'unità ritmica che stava alla base della lirica greca ossia il dimetro (periodi di 12 tempi, sillabe brevi e lunghe si disponevano in numero variabile formando schemi differenti ma l'uniformità del ritmo veniva raffigurata dalla presenza stabile di 4 sillabe lunghe, anche se collocate in posizioni diverse).

Ritmi superiori o inferiori a 12 tempi erano sentiti come equivalenti; il dimetro poteva realizzarsi dunque in forma normale o ampliata o decurtata. La percezione dell'uniformità ritmica non veniva ostacolata dal fatto che si trattasse di ritmi "anisocromi" (ossia gli accenti diversamente dislocati).

D'Annunzio fa corrispondere la prassi dell'anisosillabismo, fenomeno presente nella nostra poesia delle origini e a lui ben noto, per cui, per esempio, un componimento in endecasillabi poteva benissimo ospitare, perché erano sentiti come equivalente endecasillabo di base, versi decurtati (10) e ampliati (12). Nella strofa lunga i versi tra loro vicini, quindi, possono presentare uno scarto di una due, tre, talvolta anche quattro sillabe in più o in meno. Il metro base che D'Annunzio prevalentemente prende in considerazione è il novenario. Numerosissime strofe delle Laudi si aprono su questo ritmo prima di variare con equivalenti misure crescenti e discendenti. Qualcosa di simile ha realizzato Carducci con le sue Odi Barbare ma, molto gli ha insegnato anche il Pascoli. Infine è opportuno notare che ogni strofa è ritenuta libera di accogliere una trama anche fitta di rime, assonanze o allitterazioni in fin di verso o all'interno, anche con intenzionali figure di parallelismo e simmetrie speculare.




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