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I 'CARMINA' - LIBRO I - ODE 1

letteratura italiana



I "CARMINA"


LIBRO I - ODE 1


O mecenate, disceso da avi regali, tu che sei la mia protezione e la mia dolce gloria, vi sono di quelli a cui piace aver sollevato con il cocchio la polvere di Olimpia e che la meta evitata dalle ruote roventi e la palma che rende famosi innalzano fino agli dei signori del mondo. Questo è contento se la folla dei mutevoli Quiriti gareggia nell'innalzarlo alle triplici magistrature. Quell'altro se ha accumulato nei suoi depositi tutto il frumento che si spazza sulle aie della Libia. Non riusciresti mai a smuovere neppure a condizioni degne del re Attalo chi è contento di sarchiare i campi paterni così da solcare come un navigante pauroso il mare Mirtoo su una nave di Cipro. Il mercante quando teme il libeccio scatenato contro i flutti del mare Icario loda la vita quieta e i campi della sua città, ma subito dopo ripara le navi sfasciate incapace com'è di adattarsi ad una condizion 545b17f e modesta. C'è chi non disdegna i bicchieri di Massico invecchiato né di sottrarre una parte della giornata di lavoro, con le membra distese ora sotto un verde corbezzolo ora presso la sorgente mormorante di un'acqua sacra. A molti piacciono gli accampamenti e lo squillo della tromba unito a quello del corno e le guerre maledette dalle madri. Sta appostato di notte sotto un cielo gelido il cacciatore immemore della tenera sposa, se una cerva è stata avvistata dai cani fedeli o se il cinghiale marsico ha spezzato le solide reti. Quanto a me l'edera, premio delle dotte fronti, mi mescola agli dei celesti; il fresco bosco e le agili danze delle nife con i sacri mi separano dal volgo. Se Euterpe non costringe al silenzio il flauto o Limia non si rifiuta di accordare la cetra di Lesbo. E se tu mi collocherai tra i poeti lirici, con il capo sollevato in alto toccherò il cielo.









LIBRO III - ODE 30


Ho innalzato un monumento più duraturo del bronzo e più alto dell'onore regale delle piramidi, tale che né la pioggia corrosiva né la tramontana impetuosa o l'innumerevole serie degli anni o la furia delle stagioni potranno abbattere. Non morirò interamente. Anzi una parte importante di me sfuggirà a Libitina; continuamente crescerò in gloria presso i posteri, sempre attuale finché il pontefice salirà sul campidoglio con la silenziosa vestale. Si dirà che io, nato là dove strepita violento l'Ofanto e là dove Damno, povero di acqua, regnò su popoli agresti, da umile divenuto grande, per primo ho cantato il carme eolico ai ritmi italici. Assumi, o Ripomene, l'orgoglio conquistato con i meriti e propizia cingimi la chioma con l'alloro delfico.


LIBRO III - ODE 13


O fonte Bandusia più trasparente del vetro, degna di dolce vino e di corolle di fiori, domani riceverai in dono un capretto al quale la testa gonfia per le corna che stanno spuntando prepara amore e lotte. Invano infatti con il rosso sangue questo rampollo del gregge petulante macchierà le tue fresche acque. La stagione insopportabile dell'ora canicola non ti può toccare; tu offri una piacevole frescura ai tori stanchi per l'aratro e al bestiame errante. Diventerai anche tu una delle fonti famose poiché io canto il leccio che sovrasta la cavità della roccia da dove gorgogliando escono le tue acque.


LIBRO I - ODE 9


Vedi come candido per l'alta neve si erge il Soratte e gli alberi non sostengono più il peso e i fiumi si sono bloccati per il gelo pungente. Sciogli il freddo aggiungendo senza risparmio la legna sul focolare e spilla più generosamente il vino vecchio di quattro anni dall'anfora sabina, o Tagliarco. Tutto il resto lascialo agli dei, quando essi hanno placato i venti che si azzuffavano sul mare tempestoso non si agitano più né i cipressi né i vecchi ontani. Rinuncia ad indagare che cosa accadrà domani e qualunque giorno la sorte ti concederà, consideralo un guadagno e non disprezzare tu che sei giovane i dolci amori e le danze, fintanto che dalla tua verde età è lontana la vecchiaia lamentosa. Adesso si cerchino all'ora fissata il Campo Marzio e le piazze e i lievi sussurri al calar della notte, ora la risata gradita che dall'angolo più appartato tradisce la fanciulla nascosta e il pegno strappato alle braccia o al dito che finge di resistere.


LIBRO I - ODE 38


Odio, fanciullo, gli allestimenti Persiani non mi piacciono le corone intrecciate di tiglio smetti di cercare dove si trovi la rosa tardiva. desidero che non ti affatichi per nulla ad aggiungere ornamenti attorno al semplice mirto: il mirto va bene sia per te, mio servitore, che per me che bevo sotto un folto pergolato.


LIBRO I - ODE 11


Tu non chiedere, non è dato saperlo, quale a me, quale a te termine ultimo abbiano dato gli dei, Leucono, non tentare i numeri babilonesi. Quale che esso sia! Sia che Giove abbia concesso molti inverni, sia che (abbia assegnato) come ultimo (inverno) questo che ora fiacca sulle opposte scogliere il mar Tirreno: sii saggia, filtra i vini e, poiché la vita è breve, riduci la luna speranza. Mentre parliamo, il Tempo invidioso sarà già fuggito: cogli l'attimo il meno possibile fiduciosa nel domani.














LIBRO I - ODE 9


Andavo per caso sulla via sacra, come è mio costume, meditando non so quali sciocchezze, tutto (assorto) in quelle. Mi corre in contro una tale, noto a me solo per nome e, afferratami la mano: "Che cosa fai, carissimo?". Dico:" come è ora desidero felicemente tutte le cose che vuoi." Seguendomi, lo anticipo:" Forse che vuoi qualcosa?". Ma egli:"Dovresti conoscerci - dice - siamo dotti". Qui io dico:"Per me tu lo sarai più di questo". Chiedendomi di fortemente di cambiar strada, di andare un po' più velocemente, qualche volta di fermarmi, di dirmi non so cosa nell'orecchio per il sevo, finché il sudore si spanse fino ai più bassi talloni. "Oh tu, Bolano, felice di cervello" dicevo io in silenzio, mentre egli chiacchierava di qualsiasi cosa, lodava le strade, la città. Quando io non gli rispondevo niente, diceva: "desideri andartene, lo vedi già da un pezzo; ma non fai niente, mi tratterrò allora, ti seguirò da qui fin dove hai il cammino". " non c'è nessun bisogno che tu mi accompagni: voglio visitare uno non noto a te: egli dorme oltre il Tevere, vicino agli orti di Cesare". "Non ho niente da fare e non sono pigro: ti seguirò fin là". Abbassai le orecchie, come l'asino della mente ostile, quando carica sul dorso un peso più grave. Egli cominciò: " Se mi conosco bene, tu non reputerai più amico Visco, né Vario: infatti chi può scrivere più velocemente o più versi di me ? chi (può) commuovere le membra più dolcemente? Ermogene mi invidi e io canto ciò". Questo era il luogo di interromperlo: "Non hai una madre, dei parenti, qualcuno che abbia bisogno di te incolume?" " non ho nessuno, ho seppellito tutti" "Felici! ora io mi fermo. Distruggimi, e infatti il triste fato mi sovrasta, poiché, agitata la divina urna sabina, la vecchia lo cantò a (me) fanciullo: né i crudeli veleni né la spada nemica lo allontanerà, né il dolore dei fianchi o la tosse, né la lenta gotta; prima o poi il chiacchierone lo ucciderà; se è saggio, eviti i loquaci, quando allo stesso tempo l'età sarà cresciuta" Si era arrivati al tempio di vesta, trascorsa già la quarta parte del giorno, e allora per caso doveva rispondere a uno chiamato in giudizio; poiché se non lo avesse fatto, avrebbe perso il processo: " Se mi ami-dice- spetta un po' qui" "Possa morire se sono capace di stare in piedi o se conosco i diritti civili; e mi affretto per ciò che sai" " sono incerto su che cosa fare-dice- abbandonerò o te o l'affare" "me amico" "non lo faro" egli, e comincia a precedermi. io, siccome è difficile combattere con il vincitore, lo seguo. "In quale modo Mecenate è con te?- ripeté questo- (E') di pochi uomini e di mente sana; nessuno è più abituato più favorevolmente della fortuna (nessuno si serve più favorevolmente della fortuna). Avresti un grande aiutante, che ti potrebbe portare cose favorevoli, se mi volessi presentare questo uomo: dispererò se tu non avessi tenuto lontano tutti gli altri"." Non viviamo là in questo modo in cui tu pensi. Non c'è nessuna casa più pura di questa né più estranea a questi mali, niente mi danneggia-dico- qui uno è più ricco poiché è più dotto; per ognuno c'è un luogo proprio" "Racconti una grande cosa, credibile a fatica" "eppure è così" "Mi infiammo; perciò desidero ancor più essere vicino a quello" Devi solamente volerlo; otterrai le cose che (può la tua virtù; e c'è chi possa essere vinto, e il difficile ingresso trattiene i primi per questo" Non mi perderò d'animo: corromperò i servi con i regali; non desisterò, se oggi sarò escluso, cercherò le occasioni, gli andrò incontro nei vicoli, lo accompagnerò. Ai mortali la vita non dà niente senza grande fatica". Mentre fa queste cose, ecco che Aristio Fusco ci viene incontro, caro a me e (a) quello che lo avesse conosciuto bene. Ci fermiamo. "da dove vieni?" e "dove vai?" chiede e risponde. Comincio a strattonarlo, ad afferrare con la mano le lentissime braccia, facendo cenni, distorcendo gli occhi, affinché mi salvasse. L'arguto, ridendo, (comincia) a dissimulare: la collera (comincia) a bruciarmi il fegato. "dicevi che tu volevi parlare con me di non so cosa di segreto". "Mi ricordo bene, ma te lo dirò in un momento migliore: oggi è il tredicesimo sabato: vuoi offendere gli Ebrei circoncisi?" Dico: "Io non ho nessuna religione". Ma io si: sono un po' più malato, uno tra molti: mi perdonerai: ti parlerò un altra volta". Che sole tanto nero mi sorse davanti! Il malvagio fuggì e mi lasciò sotto il coltello. Per caso venne incontro a lui un avversario e " Dove (vai) tu cattivissimo?" lo chiama a gran voce, e "è lecito chiamarti come testimone?" Io oppongo l'orecchio. Lo prende in giudizio: clamore da entrambe le parti, accorrere da ogni parte. Così mi salvò Apollo.





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