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L'evoluzione della disciplina degli aiuti nel contesto internazionale e comunitario

politica



"L'evoluzione della disciplina degli aiuti nel contesto internazionale e comunitario".




1. Il GATT ed il Codice anti-sovvenzione del Tokyo Round


Gli aiuti di Stato alle imprese hanno formato, e formano tutt'ora, oggetto di regimi giuridici profondamente diversi quanto alla fonte, al contenuto ed agli effetti .

I primi esempi rilevanti di disciplina del fenomeno, peraltro ancora embrionali e tutt'altro che univoci nell'individuazione delle fattispecie e nella definizione del relativo regime, risalgono alla seconda metà dell'800: è in questo periodo infatti che contemporaneamente allo sviluppo degli scambi internazionali comincia ad emergere una più chiara consapevolezza sia degli effetti distorsivi provocati dalle sovvenzioni pubbliche sull'andamento della concorrenza e del commercio internazionale sia, dell'esigenza di predisporre adeguati rimedi giuridici a tutela degli interessi delle industrie nazionali, e più in generale, a garanzia del libero svolgimento dei rapporti commerciali. In questa fase una delle prime forme di tutela, di matrice internazionalista, è quella concretizzatasi nell'introduzione in taluni accordi commerciali di clausole con le quali le parti contraenti si impegnavano mutuamente a non concedere premi all'esportazione di prodotti nazionali. Ben presto apparve che l'assunzione di siffatti obblighi poiché priva di un apparato di garanzie risultava di scarsa effettività sul piano pratico. Di qui la necessità di individuare un diverso tipo di tutela fondata sull'introduzione di normative di difesa commerciale di diritto interno, destinate a contrastare, mediante il ricorso a rimedi di carattere unilaterale, le pratiche "aggressive"poste in essere da altri paesi (o dalle loro imprese).



In alcuni casi, già prima del GATT, la possibilità di applicare siffatte misure "difensive" ha trovato un riconoscimento legale nelle disposizioni di accordi internazionali .

In molti altri casi l'emanazione di norme antisovvenzione non si è basata su alcun atto di diritto internazionale, bensì è derivata da una autonoma determinazione dei singoli Stati, perciò particolarmente difformi appaiono i modelli utilizzati dai legislatori nazionali nei vari casi.

La formula maggiormente impiegata, sin dall'inizio del '900, è risultata peraltro quella legata all'istituzione di dazi compensativi, cioè dazi addizionali appositamente destinati a controbilanciare il vantaggio di prezzo di cui il prodotto importato fruiva in virtù dei sussidi erogati nel paese di provenienza.

Dopo il fallimento dell'International Trade Organization(ITO)[2] il primo passo effettivo verso un regime multilaterale ed una armonizzazione normativa internazionale si ha con il General Agreement on Tariffs and Trade detto comunemente GATT . Le disposizioni al riguardo previste, rivelano naturalmente un'incisività relativamente modesta, accordando ampi margini di azione agl 323i81d i Stati contraenti. Nondimeno tali disposizioni rappresentano un "punto fermo" di fondamentale importanza, poiché sono state, e sono ancora oggi, la base su cui si sono gradualmente innestati ben più articolati ed ambiziosi apparati normativi.

Due sono gli elementi centrali della disciplina prevista dal GATT.

In primo luogo, pur non introducendosi un divieto generale di aiuti, alcuni limiti vengono posti per quanto riguarda l'erogazione di export subsidies, limiti tuttavia, di diversa intensità a seconda che si tratti di sussidi destinati all'esportazione di prodotti base ovvero di prodotti diversi    dai prodotti di base; quanto ai domestic subsidies, questi sono esclusivamente soggetti ad un obbligo di notifica e consultazione.

In secondo luogo, è riconosciuta la facoltà degli Stati contraenti di reagire ai pregiudizi da parte di altri Stati facendo ricorso sia all'applicazione di dazi compensativi sia ad una procedura multilaterale di soluzione delle controversie; entrambi tali rimedi sono azionabili indipendentemente dalla circostanza che le sovvenzioni di cui trattasi siano o meno in contrasto con le disposizioni materiali GATT.

Venendo ad un esame più specifico va ricordato l'art. XVI, n°1 dell'Accordo che prevede l'obbligo di ciascuna parte contraente di comunicare alle altre parti la concessione di sovvenzioni che abbiano un effetto diretto o indiretto sui flussi commerciali; inoltre, nell'ipotesi in cui la sovvenzione accordata provochi un grave pregiudizio agli interessi di un'altra parte contraente, lo Stato erogatore ha l'obbligo di esaminare, su richiesta, con le altre parti interessate, la possibilità di limitare la sovvenzione di cui trattasi. Tale disciplina è l'unica prevista per l'ipotesi di domestic subsidies, però pur costituendo un indice significativo dell'attenzione accordata a tali sovvenzioni, non ha avuto un reale riscontro in sede applicativa. In aggiunta agli obblighi enunciati dall'art. XVI, l'art. VI, n°3, dell'Accordo prevede la facoltà di ciascuna parte contraente di imporre dazi compensativi nei confronti del prodotto importato che benefici di premi o sovvenzioni accordate, direttamente o indirettamente alla fabbricazione, alla produzione o all'esportazione del prodotto stesso. Tale articolo non ha una sfera applicativa limitata alle sole sovvenzioni incompatibili con gli obblighi del GATT, ma la norma può applicarsi in linea di principio ad ogni forma di sovvenzioni, ivi compresi quindi i domestic subsidies. Molto importante è anche l'art. XXIII, relativo alla protezione delle concessioni e dei vantaggi derivanti dal GATT, introduce una procedura di soluzione delle controversie attivabile da ciascuna parte contraente nell'ipotesi in cui uno dei vantaggi risultanti dall'esecuzione dell'Accordo si trovi annullato o compromesso, ovvero in cui sia pregiudicata la realizzazione di uno degli obiettivi dell'Accordo medesimo. A tale procedura può farsi ricorso indipendentemente dalla circostanza che il comportamento pregiudizievole di cui trattasi abbia o meno carattere di illegittimità; inoltre essa può venire impiegata nei confronti sia di sovvenzioni all'esportazione sia di domestic subsidies.

In una prima fase, il regime previsto dal GATT è stato completato ed integrato dall'accordo relativo all'interpretazione ed all'applicazione degli articoli VI, XVI e XXIII del GATT, noto come Codice anti-sovvenzione, stipulato nel 1979, nel quadro dei negoziati del Tokyo Round. E' noto che il negoziato complessivo nel quale il Codice si iscrive è stato il primo ad aver posto l'accento non più tanto sulla soppressione degli ostacoli agli scambi di indole tariffaria quanto sull'eliminazione, o almeno su una più rigorosa disciplina, degli ostacoli di natura tariffaria.

Tenuto conto dei radicali cambiamenti successivamente introdotti dall'Uruguay Round, il Codice presenta oggi un interesse eminentemente "storico"; comunque mi sembra opportuno enunciarne gli elementi essenziali per comprendere meglio le linee evolutive del regime suddetto.

Il Codice anti-sovvenzione si articola in due parti, nella pratica corrente denominata Track I e Track II. La prima riguarda l'applicazione dell'art. VI del GATT, e concerne quindi l'imposizione di dazi compensativi all'importazione di prodotti sovvenzionati; la seconda attiene viceversa agli articoli XVI e XXIII e definisce la disciplina sostanziale e procedurale applicabile ai domestic subsidies ed alle sovvenzioni alle esportazione.

Il Codice non enuncia peraltro una definizione giuridica di aiuto o di sovvenzione. Nondimeno, esso contiene, in allegato, una lista esemplificativa di sovvenzioni all'esportazione che può valere come elemento d'interpretazione in sede applicativa.

Per quanto riguarda i domestic subsidies, l'art.11 riconosce le diverse implicazioni che si riconnettono alle politiche di aiuti alle imprese, affermando che sono ampiamente utilizzati come strumento per il conseguimento di obiettivi di politica economica, precisando, di conseguenza che gli Stati firmatari non intendono limitare di diritto di far ricorso a tale strumento per realizzare degli obiettivi politici da loro ritenuti auspicabili. La norma fornisce anche un'elencazione delle più diffuse finalità normalmente perseguite mediante l'allocazione di incentivi alle imprese.

Tuttavia, l'art.11 n° 2, sottolinea che tali interventi possono recare danno all'industria nazionale di altra parte contraente, ovvero grave pregiudizio agli interessi di uno Stato firmatario, ovvero ancora annullare o pregiudicare i benefici risultanti dall'applicazione dell'accordo. La norma dunque riafferma i rischi di distorsione propri degli aiuti e ribadisce altresì l'impegno delle parti contraenti a cercare di evitare tali effetti. E' interessante notare che la medesima disposizione contempla l'impegno, peraltro di rilevanza pratica limitata, a considerare delle politiche di aiuti in una prospettiva internazionale, valutando cioè, e bilanciando, i vantaggi conseguiti sul piano nazionale con i possibili effetti distorsivi provocati sulle condizioni di concorrenza e degli scambi.

Quanto alla disciplina procedurale, va rilevato che il Codice ha inteso rafforzare l'obbligo di notifica già contemplato dell'art.XVI del GATT. Oltre a tale modifica, la Track II istituisce un apposito meccanismo procedurale destinato a dirimere le divergenze ed i contrasti inerenti alla concessione di sussidi alle imprese.

Volendo, in conclusione, tracciare una valutazione sistematica e d'insieme, può rilevarsi come il Codice introduca alcune importanti innovazioni rispetto alla disciplina risultante dalle disposizioni del GATT. Anzitutto, l'elemento di maggiore rilievo consiste sicuramente nell'aver predisposto un insieme articolato di principi e di regole destinate a inquadrare il fenomeno degli aiuti in una cornice normativa più precisa e rigorosa. Sul piano procedurale, poi, il rafforzamento delle norme relative alla notifica, nonché i meccanismi previsti per garantire maggiore effettività agli obblighi materiali assunti in sede internazionale rappresentano un aquis significativo in quanti idonee a realizzare condizioni di maggiore trasparenza e di più penetrante ed efficace controllo.   



2. L'Organizzazione Mondiale del Commercio


Prima di affrontare l' esame della normativa contemplata dall' Accordo anti-sovvenzioni scaturito dall'Uruguay Round è opportuno delineare sinteticamente i tratti essenziali del nuovo sistema istituzionale del commercio internazionale imperniato sull'OMC. In effetti, l'Uruguay Round - conclusosi dopo circa otto anni di negoziati1, con l' Atto finale firmato a Marrakesh, da 119 paesi, il 15 aprile 1994- ha costituito un punto di svolta nell'organizzazione e nella disciplina delle relazioni economiche internazionali.

Dopo circa mezzo secolo dal fallimento della Carta dell' Avana, viene infatti istituito un apposito organismo, l'OMC, destinato ad assicurare un "quadro istituzionale comune", permanente e strutturato, alle relazioni commerciali tra i suoi membri. Una delle caratteristiche essenziali del nuovo assetto, che contribuisce a connotarlo in senso "costituzionale", è rappresentata dal fatto che la partecipazione all'OMC implica la partecipazione all'insieme dei diversi accordi multilaterali (fra cui l'Accordo anti-sovvenzioni) che l'accompagnano. Tale approccio - detto del singlepackage - cui fanno eccezione i soli accordi espressamente qualificati come plurilaterali, segna una fondamentale differenza rispetto alla situazione che aveva caratterizzato il regime precedente, situazione in cui - com' è noto - gli accordi raggiunti in ambito GATT (ivi compreso il Codice anti-sovvenzioni del 1979 di cui si è già detto) risultavano vincolanti solo per coloro che li avevano sottoscritti e non per l' insieme delle parti contraenti del GATT .

Coerentemente con tale vocazione "costituzionale" , la struttura giuridica prefigurata dall'Uruguay Round si articola in un complesso sistema istituzionale che integra nell' ambito dell'OMC tre accordi fondamentali, attinenti rispettivamente ai beni, ai servizi ed alla proprietà intellettuale, cui si aggiunge una procedura comune di soluzione delle controversie. Più specificamente, tale "sistema commerciale multilaterale integrato" comprende diversi elementi.

L'accordo che istituisce l'OMC è volto a favorire "l'attuazione, l'amministrazione ed il funzionamento degli accordi commerciali multilaterali" e a fungere da quadro comune per la gestione di quelli plurilaterali. In linea con tali funzioni, l' accordo disciplina la struttura organizzativa dell'OMC (che comprende una Conferenza dei ministri, un Consiglio generale, una serie di consigli specializzati e di comitati permanenti ed un Segretariato diretto da un Direttore generale), il decision-making, l'adesione ed il recesso dei membri dell'organizzazione.

Comprende inoltre:

(a)Gli accordi multilaterali sugli scambi di merci (MTAs). Detti accordi comprendono, oltre al GATT(c.d. GATT 1994) che viene così integrato nella nuova struttura una serie di altri accordi che modificano precedenti regimi (è appunto il caso dell' Accordo anti-sovvenzioni) o che assoggettano ad un regime multilaterale settori che vi erano del tutto sottratti (come nel caso dell' importante accordo sull' agricoltura).

(b) L 'accordo generale sugli scambi di servizi (GATS). Si tratta di un accordo di fondamentale rilievo giuridico-economico, atteso che sottopone per la prima volta il settore dei servizi al regime multilaterale avviando il processo di liberalizzazione degli scambi ad essi relativi.

(c) L' accordo sugli aspetti dei diritti di. proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPs). Anche tale accordo, come quello sui servizi, costituisce una componente radicalmente innovativa nella disciplina del commercio internazionale, nella misura in cui introduce una prima regolamentazione multilaterale dei profIli della proprietà intellettuale aventi un' incidenza sulle correnti commerciali.

(d) L 'intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la soluzione delle controversie (DSU).

L 'intesa inerente alla soluzione delle controversie è un elemento comune ai tre "pilastri" in cui si articola l'OMC (GATT 1994; GATS e TRIPs). Essa si applica infatti alle controversie fra membri dell'OMC relative a qualsiasi accordo rientrante in tale quadro ed apporta fondamentali modifiche rispetto al sistema precedentemente in vigore .

E' in questo sistema integrato di accordi che si colloca, e va analizzato, il nuovo regime multilaterale degli aiuti pubblici contemplato dall' Accordo anti-sovvenzioni.



3. L'Accordo anti-sovvenzione dell'Uruguay Round


Come si è già rilevato, il regime delle sovvenzioni è uno degli aspetti che maggiormente riflette, nella sua struttura e nei suoi contenuti, le tensioni interne che percorrono la storia del GATT. Quest'ultimo infatti ha costantemente risentito della dialettica fra due motivazioni divergenti: da un lato la consapevolezza dell' importanza e dei benefici del libero scambio e, dall'altro, la consapevolezza delle difficoltà che una tale politica può provocare sul piano interno e della conseguente necessità di procedere gradualmente attraverso un continuo ed equilibrato dosaggio di concessioni reciproche. Ebbene, questa dialettica fra tensioni di fondo si rinviene anche - e in modo particolarmente pronunciato - nelle discipline di difesa commerciale, fra cui segnatamente quelle antisovvenzioni. In effetti, proprio il regime delle sovvenzioni costituisce - come più volte ricordato - il punto di composizione ed equilibrio fra una serie di esigenze, dovendo mediare fra istanze quali: la salvaguardia della libertà di intervento pubblico nell' economia; la contestuale esigenza di evitare distorsioni negli scambi dovute ad azioni di sostegno pubblico alle imprese; la necessità di consentire agli Stati pregiudicati di adottare misure di protezione e l' esigenza di evitare, al contempo, un uso pretestuoso e sproporzionato di tali misure.

Il Codice anti-sovvenzioni del 1979 già rappresentava una prima, articolata sintesi fra le diverse motivazioni ora accennate. Non diversamente da quanto era avvenuto all'epoca del Tokyo Round, anche in occasione dell'Uruguay Round i risultati conseguiti non sono stati solo il frutto di un dibattito di carattere tecnico. Nel corso del negoziato si sono invero confrontate impostazioni e "filosofie" assai differenziate. In particolare, il dibattito si è snodato intorno alle due posizioni rispettivamente sostenute dagli Stati Uniti e dalla Comunità europea. I primi, muovendo dalla convinzione che i sussidi pubblici siano uno strumento distorsivo degli scambi che si traduce in un'inefficiente allocazione delle risorse, hanno cercato di orientare il negoziato verso un esito che consentisse di sottoporre tali interventi a norme e procedure ben più rigorose di quelle previgenti. Per contro, la Comunità, ritenuta dagli Stati Uniti responsabile di massive politiche di sovvenzionamento, ha assunto una posizione ben più elastica, favorendo soluzioni tecniche che consentissero margini di più estesa flessibilità all'intervento pubblico a sostegno delle imprese. In questa prospettiva l'accento è stato posto, sul versante europeo, sulla disciplina procedurale, e ciò al fine di contenere entro limiti più certi e precisi l'applicazione di misure compensative da parte americana.

Da un punto di vista generale, il risultato di tale confronto si presta sotto un duplice aspetto.

In primo luogo, può sottolinearsi come la posizione americana sia risultata nel complesso prevalente. Gran parte dei problemi teorici esaminati nell' ambito del negoziato - fra cui in particolare quello inerente alla definizione della nozione stessa di sovvenzione - hanno alla fine trovato sbocco in soluzioni tecniche sostanzialmente conformi alle linee enunciate dalla delegazione statunitense sin dall'inizio delle trattative. Ciò ha condotto, in definitiva, all'adozione di un regime abbastanza rigoroso e che, per altro verso, non comprime eccessivamente la facoltà delle parti di reagire a pratiche di sovvenzioni mediante l'emanazione di misure compensative.

Tale esito, tuttavia, non sarebbe probabilmente stato possibile se nel periodo di tempo coperto dal negoziato non fosse intervenuto anche in ambito europeo un ripensamento complessivo sull'efficacia e sulla "sostenibilità" economica delle politiche di sovvenzionamento pubblico.

In effetti, rispetto al 1979 - e particolarmente a partire dalla seconda metà degli anni ottanta - è venuto progressivamente maturando in seno ai paesi industrializzati un crescente consenso verso una limitazione dei sussidi statali alle imprese ciò risiede in diverse ragioni: la sempre più avvertita urgenza di imboccare politiche di bilancio "virtuose"volte a contenere i deficits pubblici, una certa sfiducia sull'idoneità delle politiche di sovvenzionamento a risolvere effettivamente i problemi di adattamento delle strutture e dei comportamenti economici delle imprese, la progressiva contrazione del settore pubblico dell'economia - sostanziatosi nell'adozione di politiche di privatizzazione e liberalizzazione dei mercati, la consapevolezza dello stretto collegamento fra politiche di aiuti e politiche di difesa commerciale che, specie in alcuni settori "sensibili", in cui maggiori sono le difficoltà di adattamento delle strutture aziendali, comporta il rischio di vere e proprie spirali o circoli viziosi di aiuti e misure compensative.

L' insieme di questi fattori spiega dunque perché il negoziato, malgrado le divaricazioni iniziali, sia poi risultato alquanto permeabile rispetto alle tesi liberiste statunitensi ed abbia quindi dato vita ad un regime che, nelle sue diverse articolazioni, denota la trasparente volontà di pervenire ad un più rigoroso controllo del fenomeno degli aiuti.

In secondo luogo, va posto in evidenza un rilievo di carattere ancor più generale. Rispetto all'approccio pragmatico del Tokyo Round, l'Uruguay Round si caratterizza per un' impostazione di carattere più spiccatamente "normativo". Le parti, al di là dell'esigenza di pervenire comunque ad un risultato equilibrato e che tenesse conto dei rispettivi interessi nell' ambito di un contemperamento delle istanze negoziali da ciascuno espresse, sono state animate dalla volontà di raggiungere comunque un' ampia regolamentazione delle relazioni economiche internazionali. Sotto questo profilo, può dirsi che l' impostazione ed i risultati conseguiti sullo specifico terreno della disciplina anti-sovvenzioni sono stati condizionati in misura rilevante dal contesto negoziale globale in cui si sono inseriti.

La volontà "costituzionale" e 1' affermazione del multilateralismo che ispirano l'Uruguay Round, e che hanno trovato l'espressione più evidente nell'istituzione dell'OMC e nell' estensione del regime multilaterale a settori prima del tutto sottratti a tale disciplina, si riverbera infatti sul contenuto dell' Accordo anti-sovvenzioni. Quest'ultimo, in effetti, indipendentemente dal merito delle specifiche regole e soluzioni tecniche individuate, si caratterizza comunque come un netto progresso rispetto al precedente Codice del 1979 nella misura in cui introduce una ben più precisa e vincolante cornice normativa. Ciò ha segnato una fondamentale evoluzione della disciplina positiva della materia, costituendo un passo decisivo verso una più estesa e profonda "giuridicizzazione" del fenomeno degli aiuti.

L' Accordo contiene una precisa definizione della nozione di sovvenzione. Viene in tal modo risolta una questione che era stata lasciata aperta dal precedente Codice del 1979 e che era stata all'origine di non poche difficoltà e divergenze in sede applicativa. In sintesi, la nozione accolta sul piano normativo si incentra su tre profili essenziali (articoli 1 e 2):

(1) le sovvenzioni hanno un' origine pubblica;

(2) comportano l'attribuzione di un vantaggio economico alle imprese beneficiarie;

(3) si caratterizzano per il requisito della specificità.

Quanto al regime delle sovvenzioni, l' Accordo distingue tre categorie:

(1) le sovvenzioni proibite, nel cui ambito rientrano gli export subsidies ed i sussidi condizionati all'impiego di prodotti nazionali (art. 3);

(2) le sovvenzioni azionabili, che sono cioè passibili di un'azione legale ai sensi dell' Accordo e che ricomprendono le sovvenzioni interne, sono definite in funzione della loro idoneità a provocare "effetti pregiudizievoli" (adverse effects) per gli interessi di altri membri. Tali effetti possono consistere: in un "danno all'industria nazionale" di un altro membro; nell' "annullamento o compromissione di vantaggi" derivanti, direttamente o indirettamente, ad altri membri dal GATT 1994; ovvero in un "grave pregiudizio" agli interessi di un altro membro (art. 5). Diversamente dal Codice del 1979, l' Accordo del 1994 definisce la nozione di "grave pregiudizio" (serious prejudice) prevedendo altresì una tipologia di ipotesi in cui la sussistenza di tale pregiudizio è presunta, con conseguente inversione dell' onere della prova a carico dello Stato autore dell'intervento di cui trattasi (art. 6).

(3) le sovvenzioni non azionabili (art.8), nel cui ambito rientrano sia le sovvenzioni non aventi carattere di specificità sia, a certe condizioni, le sovvenzioni (specifiche) finalizzate:

alla promozione della ricerca,

alla promozione dello sviluppo regionale di aree svantaggiate,

alla promozione dell'adeguamento degli impianti a nuovi obblighi in materia ambientale.

Quanto poi ai rimedi utilizzabili nei confronti delle sovvenzioni predette, l'Accordo conferma la distinzione, già contemplata dal Codice del 1979, fra i rimedi multilaterali e le misure compensative.

Le principali innovazioni da questo apportate, in termini generali, è che il nuovo regime appare idoneo a garantire maggior certezza, effettività e trasparenza.

Sotto il primo profilo, va sottolineato come l' Accordo enunci una definizione precisa di talune nozioni fondamentali ai fini dell'applicazione del regime in discorso quali, segnatamente, le nozioni di "sovvenzione", di "specificità" e di "grave pregiudizio", formulando altresì dettagliati criteri in ordine alla determinazione e quantificazione dell' elemento di aiuto in riferimento ai diversi tipi di sovvenzioni.

Al contempo, va ribadito che il nuovo regime rafforza sensibilmente la regolamentazione sia di carattere sostanziale sia di carattere procedurale. Dal punto di vista sostanziale, particolarmente efficaci ai fini di una più severa disciplina delle sovvenzioni pubbliche risultano le disposizioni che riguardano le sovvenzioni vietate (che includono i sussidi subordinati all'impiego di prodotti nazionali e le sovvenzioni collegate de facto, oltre che de jure, ad operazioni di esportazioni), nonchè le norme che introducono una presunzione di sussistenza di "grave pregiudizio" in relazione a talune categorie di sovvenzioni. Sempre in tale prospettiva, inoltre, vanno segnalate le disposizioni che precisano in modo dettagliato le condizioni (di carattere qualitativo e quantitativo) che devono imperativamente sussistere perché determinate sovvenzioni possano essere qualificate come non azionabili.

Dal punto di vista procedurale, oltre ai miglioramenti apportati alle norme che disciplinano le inchieste destinate all'applicazione di misure compensative (Track 1), devono soprattutto porsi in rilievo le essenziali modifiche introdotte in relazione ai rimedi multilaterali. Infine, va del pari rilevato che il nuovo regime comporta un considerevole aumento della trasparenza dei programmi di aiuti adottati dagli Stati, nella misura in cui prevede specifiche norme in tema di notifica preventiva di tali programmi.



4. Gli aiuti di Stato nel Trattato CEE.


Nel Trattato istitutivo della Comunità Europea la disciplina degli aiuti di Stato è contenuta negli articoli 92-941. La prima di tali disposizioni, l'art. 92 , prevede, ed esaurisce, la normativa di carattere sostanziale. Oltre a definire la nozione di aiuto (che, a sua volta, delimita la sfera di applicazione materiale del relativo regime giuridico), la norma sancisce, in linea generale, l' incompatibilità degli aiuti pubblici con il mercato comune (art. 92, n.1). Tale incompatibilità è tuttavia soggetta ad una duplice serie di deroghe, previste, rispettivamente, dai n°. 2 e 3 dell'art. 92. Le deroghe di cui all' art.92, n°. 2, riguardano talune ipotesi di aiuti che sono da ritenersi de jure compatibili con il mercato comune; si tratta ( oltre agli aiuti concessi alle regioni tedesche la cui economia risentiva della divisione della Germania) degli aiuti di carattere sociale concessi ai consumatori e degli aiuti destinati a calamità naturali o ad altri eventi eccezionali.

Le deroghe di cui al n°.3, concernono viceversa aiuti che "possono" essere dichiarati compatibili con il mercato comune in virtù di una decisione adottata dalla Commissione ( o eccezionalmente dal Consiglio) sulla base di valutazioni di indole ampiamente discrezionale. Questa seconda categoria di deroghe ( cd. facoltative) riguarda principalmente gli aiuti allo sviluppo di regioni ove il tenore di vita è anormalmente basso ovvero dove vi è una grave forma di disoccupazione; gli aiuti destinati a promuovere importanti progetti di comune interesse europeo ovvero a rimediare a gravi turbamenti dell'economia; gli aiuti allo sviluppo di attività o regioni, sempre che non alterino gli scambi in misura contraria al comune interesse; gli aiuti destinati a promuovere la cultura ed alla conservazione dei beni culturali ed altre categorie di aiuti determinate dal Consiglio.

Va in particolare sottolineato che, nel decidere sull' applicazione delle deroghe facoltative, la Commissione ha via via precisato se, ed in presenza di quali condizioni, determinate categorie di aiuti possono essere considerate compatibili con il mercato comune. A ciò deve aggiungersi che la Commissione non si è limitata a statuire sulla compatibilità degli aiuti nel quadro di singole decisioni, emanate nell'esercizio dei poteri di controllo conferitile dal trattato. Essa ha altresì adottato un gran numero di atti cd. di inquadramento, la cui funzione è di definire, a priori ed in termini generali, quali sono i criteri cui intende attenersi nella valutazione delle più svariate categorie di aiuti pubblici. Mediante tali atti - ed in difetto di interventi regolamentari da parte del Consiglio - si è venuto progressivamente formando un corpus di principi, regole e criteri, destinati a definire sia la portata sia il contenuto materiale del regime in discorso. Si è così costituita un'articolata quanto dettagliata (e voluminosa) disciplina che spazia dagli aiuti a finalità regionale, agli aiuti alla ristrutturazione ed al salvataggio di aziende in crisi, a diversi regimi a carattere settoriale (tessile, fibre sintetiche, automobile, cantieristica, siderurgia), a numerosi ed importanti regimi di carattere "orizzontale" , quali segnatamente quelli attinenti alle piccole e medie imprese, alla ricerca e sviluppo, alla tutela dell' ambiente, alla creazione di posti di lavoro.

Va peraltro rilevato che questo complesso regime avrebbe avuto ben scarsa effettività se gli autori del trattato non avessero prefigurato, all'art. 93, un preciso meccanismo procedurale - che è stato successivamente integrato e perfezionato dalla giurisprudenza ­destinato a garantire il rispetto della normativa sostanziale sugli aiuti.

In sintesi, il sistema di controllo prefigurato dall' art.933 può essere descritto nei seguenti termini. La norma distingue anzitutto fra aiuti nuovi ed aiuti esistenti. Per quanto riguarda, gli aiuti nuovi (vale a dire i progetti destinati all'istituzione di aiuti ovvero alla modifica di aiuti esistenti) l' art. 93, n°.3 , prevede un sistema di controllo preventivo che si fonda su un duplice obbligo degli Stati membri: (a) l' obbligo di comunicare alla Commissione i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti (cd. obbligo di notifica) e (b) l'obbligo di non eseguire le misure progettate fintanto che queste non siano state scrutinate ed autorizzate a livello comunitario ( cd. obbligo di standstill).

La Commissione e la Corte di giustizia hanno anche chiarito le conseguenze che derivano, tanto sul piano comunitario quanto sul piano interno, da una eventuale violazione degli obblighi predetti. In particolare, si è stabilito che in caso di mancata notifica o di prematUra esecuzione di un aiuto, la Commissione, previa diffida allo Stato membro inadempiente, ha il potere di ingiungere, con provvedimento di natura cautelare e di urgenza, la comunicazione delle informazioni rilevanti, nonché all' occorrenza l' immediata sospensione o la restituzione dell'aiuto illegittimamente eseguito. Inoltre, si è precisato che gli atti di esecuzione di aiuti non autorizzati, in quanto posti in essere in violazione di una norma dotata di efficacia diretta, quale l' art. 93, n.3, del trattato, debbono intendersi invalidi de jure dal punto di vista dell' ordinamento interno; detta invalidità può essere fatta valere a tutti gli effetti in sede giudiziaria(o amministrativa) da chiunque vi abbia interesse, onde conseguire gli opportuni provvedimenti di tutela (ivi compresi, eventuali misure provvisorie od ingiunzioni di restituzione delle somme illegittimamente erogate). Qualora viceversa lo Stato membro, conformandosi all'art. 93, n°. 3, abbia proceduto alla regolare notifica, la Commissione dà corso ad un esame di natura preliminare. Decorsi due mesi dalla notifica senza che la Commissione abbia trasmesso alcuna comunicazione allo Stato notificante, quest'ultimo può eseguire l'aiuto dando preavviso alla Commissione: in quest'ipotesi dunque l'aiuto può ritenersi tacitamente autorizzato.

Per contro, se nell'ambito dell'esame preliminare, la Commissione constata che il progetto di aiuto notificato non è prima facie compatibile con il mercato comune (o non è prima facie un intervento che non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell' art. 92, n°.1 ), allora essa è tenuta ad iniziare senza indugio la procedura speciale, di carattere contraddittorio, prevista dall'art. 93, n°. 2 . Questa procedura, che si apre con una comunicazione pubblicata in Gazzetta Ufficiale delle Comunità, è volta a consentire sia agli altri Stati membri sia ai terzi interessati (segnatamente, concorrenti dell'impresa beneficiaria ed associazioni di categoria) di aver conoscenza dell'aiuto progettato e di presentare le proprie osservazioni al riguardo. In tal modo, inoltre, la Commissione è posta in condizione di acquisire un quadro completo di elementi di informazione, disponendo pertanto dei dati istruttori necessari a valutare se l'intervento di cui trattasi abbia effettivamente natura di aiuto e, nello specifico, se (e a quali condizioni) possa eventualmente essere considerato compatibile con il mercato comune in forza di una delle disposizioni di cui all'art. 92, n°. 2 e 3.

Nell'ipotesi in cui peraltro la Commissione, in esito alla procedura di cui all'art. 93, n°.2, ritenga che l'aiuto non sia conforme all' interesse comunitario, essa - salva la possibilità di una deroga concessa eccezionalmente dal Consiglio - dichiara con decisione l'incompatibilità dell'aiuto con il mercato comune, ingiungendo, all'occorrenza, la restituzione delle somme illegalmente trasferite. In caso di mancata esecuzione di tale decisione, lo Stato inadempiente può essere convenuto direttamente dinanzi alla Corte di giustizia in deroga alle disposizioni procedurali generali previste dall' art.169 del trattato in tema di inadempimento agli obblighi comunitari da parte degli Stati membri .

Per quanto riguarda viceversa gli aiuti esistenti - che comprendono sia gli aiuti già in vigore all'atto dell'istituzione (o dell'adesione alla) della Comunità sia gli aiuti espressamente o tacitamente autorizzati a livello comunitario ­l'art. 93, n°.1, dispone che siano sottoposti ad un esame permanente da parte della Commissione. Nel quadro di tale monitoring, la Commissione può proporre agli Stati membri le opportune misure (non vincolanti) richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune. Qualora lo Stato disattenda le raccomandazioni al riguardo indirizzategli, la Commissione può dare avvio alla procedura contraddittoria di controllo prevista dall'art. 93, n°.2. Va tuttavia segnalato che per tutta la durata di tale procedura, lo Stato può continuare ad erogare gli aiuti di cui trattasi: l'obbligo di standstill, che implica la sospensione immediata dell'esecuzione dell'aiuto, concerne infatti i progetti di nuovi aiuti e non gli aiuti esistenti.

L'art. 944, infine, è la disposizione che funge da base giuridica per l'emanazione di atti di diritto derivato; essa conferisce al Consiglio la potestà di adottare i regolamenti utili ai fini dell'applicazione degli articoli 92 e 93. Tuttavia, tali regolamenti non sono mai stati emanati (con l'unica eccezione dei regolamenti adottati nel settore dei trasporti, e che peraltro si collegano strettamente con le esigenze proprie dell' attuazione di quella politica). In mancanza di una adeguata cornice normativa di diritto derivato, è stata la Commissione - ed in misura minore la Corte di giustizia ed il Tribunale di primo grado - a colmare il vuoto, creando una complessa disciplina .che specifica inter alia le condizioni di applicazione delle deroghe contemplate dal trattato a diverse categorie di aiuti di Stato. Gli atti di inquadramento all'uopo predisposti, pur non essendo formalmente vincolanti, sono nondimeno divenuti la principale fonte di regolamentazione della materia: dal momento che infatti le decisioni della Commissione si uniformano ai criteri preventivamente fissati negli inquadramenti generali, è chiaro che questi ultimi, indipendentemente dalla loro forza giuridica, finiscono per rappresentare il fondamentale parametro di valutazione della compatibilità degli aiuti con il mercato comune.

Il regime ­tanto lineare nella struttura, quanto complesso nei contenuti si colloca nell'ambito delle norme del trattato relative alla tutela della concorrenza (parte terza, titolo I, capo I). Unitamente alle disposizioni inerenti alle intese ed all'abuso di posizione dominante (articoli 85 e ss.), alle imprese pubbliche o titolari di diritti speciali o esclusivi (art. 90) ed alle pratiche di dumping intra-comunitario, esso concorre a prevenire e, all'occorrenza, ad eliminare le distorsioni della concorrenza e degli scambi all'interno della Comunità. Sotto questo profilo, quindi, esso si presenta come complementare alle altre disposizioni precitate. In effetti, il sostegno economico accordato dagli Stati membri a determinate imprese altera di per se la par condicio fra i diversi operatori del mercato comune e produce dunque distorsioni almeno altrettanto gravi di quelle riconducibili ai comportamenti anticompetitivi di matrice imprenditoriale. Pertanto, il sistema di concorrenza non falsata che il trattato intende istituire ( cfr. art. 3, lett.g) sarebbe risultato squilibrato, ed anzi incompleto, ove non fosse stato previsto un apposito regime di controllo degli aiuti ad integrazione delle altre norme inerenti alle intese, all' abuso di posizione dominante ed alle pratiche di dumping intra-comunitario.

Al contempo, e sotto altro profilo, l' art. 92 del trattato, enunciando il principio di incompatibilità degli aiuti con il mercato comune, costituisce altresì un elemento fondamentale della costruzione del mercato interno, nella misura in cui contribuisce, in maniera determinante, a garantire la libera circolazione dei fattori della produzione. Tale complementarietà fra il regime degli aiuti di Stato e le altre norme del trattato relative alla soppressione degli ostacoli agli scambi intra-comunitari è stata puntualmente sottolineate dalla giurisprudenza.5

La necessaria correlazione fra regime degli aiuti e regolamentazione del mercato interno si fonda del resto sulla constatazione che gli aiuti pubblici rinforzano artificialmente la posizione degli operatori economici beneficiari - e ciò tanto sul mercato nazionale quanto sui mercati di esportazione - e possono dunque provocare distorsioni ed effetti protezionistici analoghi a quelli di altre misure statuali recanti ostacoli agli scambi commerciali : distorsioni ed effetti che, come già rilevato, sono destinati ovviamente ad accentuarsi man mano che l'integrazione dei mercati nazionali europei diviene più stretta ed intensa.

Da altro punto di vista, va però ribadito che il ruolo della normativa degli aiuti nel sistema complessivo del trattato non si limita alla pura e semplice tutela del mercato. Se è vero infatti che l' art. 92, n. 1, enuncia il principio di incompatibilità degli aiuti, è altrettanto vero che i paragrafi 2 e 3 della medesima norma prevedono un largo ventaglio di ipotesi derogatorie. In tal modo, viene riconosciuta agli Stati membri ampia facoltà di intervento a sostegno delle imprese, sia pur nel rispetto dei vincoli e delle finalità previste (e controllate) a livello comunitario. Gli autori del trattato, insomma, pur coscienti delle distorsioni provocate dai trasferimenti di risorse Stato-imprese, erano pienamente consapevoli del fatto che gli aiuti costituiscono uno strumento necessario di politica economica. Essi avevano pertanto ben compreso l' esigenza di predisporre un meccanismo sufficientemente elastico, che coniugasse rigore e flessibilità applicativa e che conciliasse la tutela della concorrenza con l'obiettivo (prevalente) di promuovere, conformemente all' art. 2 del trattato, "lo sviluppo armonioso delle attività economiche nell'insieme della Comunità"6.

In conclusione, quindi, la struttura e la funzione propria delle norme contemplate dagli articoli 92-94 del trattato di Roma dimostrano che il regime in discorso si ispira ad un modello normativo caratterizzato dai seguenti connotati fondamentali:

(1) affermazione del principio di incompatibilità di qualsiasi tipo di aiuto di Stato;

(2) previsione di diverse categorie di deroghe al principio suenunciato;

(3) attribuzione all' autorità comunitaria del compito di definire, apprezzare ed accertare - sotto controllo giurisdizionale - le condizioni di compatibilità di determinati interventi con il mercato comune;

(4) istituzione di una rigorosa procedura di controllo, preventivo e permanente, idonea a prevenire, ed all'occorrenza anche a rimuovere, gli interventi incompatibili con le esigenze del mercato comune.


5. Confronto del contenuto dell'Accordo anti-sovvenzione con il regime degli aiuti ex artt.92 e ss. del Trattato della CEE.


Rapporti fra normativa multilaterale anti-sovvenzioni e regime comunitario degli aiuti di Stato. Tenuto conto delle differenze fra le due diverse comici normative, è ora possibile considerare i rapporti fra la normativa OMC e la normativa del trattato relativa agli aiuti pubblici; dal punto di vista pratico, si tratterà in particolare di esaminare se e in che misura la prima, concorrendo con la seconda per la disciplina delle stesse fattispecie, possa incidere sulla definizione e l'applicazione delle norme CE da parte delle istituzioni comunitarie.

Va peraltro precisato che, prima dell'Uruguay Round, la questione assumeva una rilevanza pratica alquanto limitata. Come si è detto infatti il regime contemplato dal GATT 1947 e dal Codice del 1979 si concentrava essenzialmente sulle sovvenzioni all'esportazione, mentre i domestic subsidies restavano oggetto, anche nel quadro del Codice anti­sovvenzione, a regole piuttosto flessibili. A ciò va aggiunto che le sovvenzioni alle esportazioni extracomunitarie notoriamente non rientrano nel campo di applicazione dell' art. 92 del trattato, essendo per contro soggette al disposto dell'art.112 del trattato medesimo. Quest'ultimo, a sua volta, non enuncia alcuna regolamentazione sostanziale al riguardo, limitandosi a prescrivere una progressiva armonizzazione dei regimi di aiuti ed indicando espressamente che tale armonizzazione deve comunque avvenire "senza pregiudizio degli impegni assunti dagli Stati membri nell'ambito di altre organizzazioni internazionali". Quanto alle sovvenzioni alle esportazioni intra-comunitarie, che rientrano nell'ambito degli articoli 92 e ss., queste erano e sono sottoposte ad un divieto pressocchè assoluto, dato che - per prassi costante - non possono praticamente beneficiare di alcuna esenzione ai sensi dell' art. 92, n°. 3.

Alla luce di tali dati normativi, estremamente limitata risultava, prima dell' Accordo del 1994, la possibilità che la normativa CE (e le relative decisioni applicative) si trovasse ad interferire con la normativa GATT:

- per quanto riguarda le sovvenzioni alle esportazioni extracomunitarie, cui l' art. 92 non si applica, i divieti previsti dal GATT restavano comunque impregiudicati in forza dell'art. 112 del trattato;

le sovvenzioni alle esportazioni intracomunitarie, limitatamente rilevanti dal punto di vista delle regole GATT , erano comunque soggette ad un rigoroso divieto ex art. 92 del trattato;

quanto, infine, alle sovvenzioni interne, la flessibilità propria delle disposizioni GATT riduceva la possibilità che queste potessero condizionare l'applicazione degli articoli 92 e ss.

Tuttavia, come si è detto, con l'adozione dell' Accordo anti­sovvenzioni del 1994 la disciplina multilaterale delle sovvenzioni interne è stata sensibilmente rafforzata. L' Accordo stabilisce in dettaglio quando tali sovvenzioni sono azionabili ai sensi dell' art. 5 e prevede altresì le condizioni ed i requisiti che devono sussistere perchè determinate categorie di sovvenzioni possano essere qualificate come non azionabili ai sensi dell'art. 8. Di qui la possibilità che provvedimenti fondati sull'art. 92 del trattato possano trovarsi in contrasto con valutazioni e determinazioni fondate sulla disciplina dell' Accordo; e ciò in particolare allorchè le autorità comunitarie si trovassero a non considerare come aiuto di Stato, ex art. 92, n. 1, o a considerare come aiuto compatibile, ex art. 92, n. 3, interventi ritenuti viceversa azionabili alla stregua dell' Accordo. Nella pratica, un tale rischio dovrebbe restare in linea di principio ridotto; la coerenza sostanziale fra le due discipline - di cui si è detto - dovrebbe infatti tendenzialmente evitare valutazioni divergenti . Nondimeno, esso non può essere escluso a priori; specie con riferimento agli aiuti finalizzati a promuovere l' aggiustamento di industrie operanti in settori in difficoltà ­aiuti che, a certe condizioni, sono ritenuti compatibili con il trattato e che la Comunità aveva cercato invano di far inserire nel novero delle sovvenzioni non azionabili. In relazione ad una tale ipotesi, va rilevato da un punto di vista generale che la gestione del regime degli aiuti di Stato da parte delle istituzioni comunitarie deve necessariamente svolgersi nel rispetto degli impegni assunti dalla Comunità sul piano internazionale e non può quindi dar luogo all'adozione di provvedimenti che comportino una violazione degli impegni stessi. Le disposizioni dell'OMC e dell' Accordo anti­-sovvenzioni, al pari di quelle di qualsiasi altro accordo internazionale cui la Comunità partecipa, invero, vincolano la Comunità e fanno parte integrante del suo ordinamento giuridico. E' difatti con l'entrata in vigore del trattato e più precisamente a partire dall'attuazione della tariffa doganale comune che la Comunità si è sostituita agli Stati membri nei diritti ed obblighi risultanti dal GATT , e ciò in virtù di un trasferimento di poteri che si è concretato in vari modi ed è stato riconosciuto dalle altre parti contraenti. Ne deriva che "in tutti i casi in cui, in forza del trattato CEE, la Comunità ha assunto dei poteri, già spettanti agli Stati membri, nell'ambito di applicazione del GATT , le disposizioni di questo sono vincolanti per la Comunità stessa". Ciò vale a fortiori per le disposizioni dell'OMC. Egualmente è a dirsi per la disciplina contemplata dall'Accordo anti-sovvenzione.

Un tale limite s'impone non soltanto nell'ipotesi in cui si tratti di misure di politica commerciale, destinate a dare esecuzione alla normativa internazionale, ma anche nell'ipotesi in cui si tratti di misure adottate dall'autorità comunitaria, nel quadro della politica di concorrenza, in applicazione del regime di cui agli articoli 92 e ss. Nell'esercizio delle competenze conferitele dai predetti articoli, la Commissione non potrebbe invero prescindere dagli obblighi di fonte OMC - obblighi per giunta prevàlenti sul diritto derivato comunitario - dichiarando compatibili ex art. 92, n.3, comportamenti statuali che sono in contrasto con la conferente disciplina internazionale e che sono quindi suscettibili di mettere in questione la responsabilità internazionale della Comunità. Ne consegue che, in linea di principio, le istituzioni della Comunità non potrebbe;o autorizzare la concessione di aiuti nazionali che siano, per altro verso, in contrasto con la normativa internazionale e segnatamente con la normativa dell' Accordo anti-sovvenzione. Quanto qui rilevato lascia peraltro del tutto impregiudicata la diversa questione dell'efficacia diretta delle disposizioni internazionali di cui trattasi. Com'è noto, in linea generale, risulta dalla giurisprudenza della Corte che per stabilire se determinate disposizioni di un accordo esterno abbiano o meno efficacia diretta occorre accertare in primo luogo se la "natura" e la "struttura" dell'accordo ostino alla possibilità di far valer direttamente una delle sue disposizioni; in secondo luogo,dovrà considerarsi "se una disposizione del genere sia incondizionata e sufficientemente precisa per avere efficacia diretta", esaminando tale profilo "alla luce sia dell'oggetto e dello scopo, sia del contesto dell'accordo" . Ora, la Corte ha più volte affermato che le norme del GATT in ragione "della grande flessibilità delle sue disposizioni, specialmente di quelle relative alla possibilità di deroghe, ai provvedimenti ammessi in caso di difficoltà eccezionali ed alla composizione delle controversie fra i contraenti" non sono dotate (almeno non tutte) di effetto diretto e non possono quindi essere invocate dai privati . Alla luce di tale giurisprudenza, e salvo aggiustamenti pur auspicabili alla luce delle diverse caratteristiche del sistema OMC rispetto al sistema del GATT (1947), appare allo stato dubbio che le disposizioni dell' Accordo anti-sovvenzioni possano essere fatte valere in sede giudiziaria quale parametro per contestare la legittimità di decisioni adottate dalla Commissione ex art. 92 del trattato.




Convenzione di Bruxelles del 1902 sullo zucchero.

Lo Statuto dell'ITO( Carta dell'Avana) fu approvata dall'apposita conferenza delle Nazioni Unite il 24 marzo 1948 ma non è mai entrata in vigore per la mancata ratifica degli Stati firmatari.

Stipulato a Ginevra il 30 ottobre 1947.

L'Uruguay Round è stato avviato ufficialmente il 20 settembre 1986 con la Dichiarazione dei ministri delle parti contraenti del GATT riuniti in sessione speciale alla Conferenza a Punte del Este . Tale dichiarazione costituiva, a sua volta, il punto di arrivo di circa quattro anni di negoziati.

Va rilevato che il GATT 1994 incorporato nell'OMC resta giuridicamente distinto ed autonomo rispetto al GATT preesistente (c.d. GATT 1947) il che comporta problemi di coesistenza fra i due regimi.

Attualmente art.87-89 del Trattato di Amsterdam.

Articolo 92: I. Salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati membri, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo tal une imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

2. Sono compatibili con il mercato comune

a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine del prodotto,

b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali,

c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono a compensare gli svantaggi ecomonici provocati da tale divisione

3. Possono considerarsi compatibili con il mercato comune:

a) Gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia normalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione,

b) Gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio ad un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro,

c) gli aiuti destinati ad agevolare 10 sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Tuttavia, gli aiuti alle costruzioni navali esistenti alla data del 10 gennaio 1957. in quanto determinati soltanto dall'assenza di una protezione doganale, sono progressivamente ridotti alle stesse condizioni che si applicano per l'abolizione dei dazi doganali, fatte salve le disposizioni del presente trattato relative alla politica commerciale comune nei confronti di paesi terzi,

d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e ~ conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune,

e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.






Articolo 93. 1. La Commissione procede con gli Stati membri all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune.

2. Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato membro, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune a norma dell'articolo 92, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che 10 Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine prestabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di Giustizia, in deroga agli articoli 169 e 170.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all'unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato comune, in deroga alle disposizioni dell'articolo 92 o ai regolamenti di cui all'articolo 94, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta di uno Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si 'sia pronunciato .al riguardo.

Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

3. Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell'articolo 92, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.


Articolo 94 .Il Consiglio, con deliberazione a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dell'applicazione degli articoli 92 e 93 e fissare in particolare le condizioni per l'applicazione dell'articolo 93, paragrafo 3, nonchè le categorie di aiuti che sono dispensate da tale procedura.


Sent. 7 maggio 1985, Commissione c. Francia, causa 18/84.

Sent. 22 marzo 1977, Iannelli, causa 74/76.

Il testo dell'articolo 2, norma fondamentale del sistema che enuncia gli obiettivi essenziali del processo di integrazione, è stato modificato sia dall'Atto Unico sia dal Trattato di Maastricht. Le integrazioni apportate in tali occasioni precisano ancor più la subalternità e l'ausiliarità della politica di concorrenza rispetto agli obiettivi fondamentali della Comunità.




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