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xSCIENZA POLITICA

politica



SCIENZA POLITICA


DISPENSE SULLA PARTE ISTITUZIONALE DA INTEGRARE CON QUELLA MONOGRAFICA BASATA SUL LIBRO CONSIGLIATO DALLA prof. CAFFARENA



INTRODUZIONE


La Scienza politica è la disciplina impegnata nello studio empirico dei fenomeni politici al fine di spiegarli il più compiutamente possibile.




Opera: "Elementi di scienza politica" di Gaetano Mosca (1986).


Quali fenomeni rientrano in questa categoria? Qual è l'oggetto di studio della scienza politica?


Oggi moltissimi.


Caratteristiche dell'epoca contemporanea sono la pervasività, il crescente rilievo e la volatilità della dimensione politica.


Ci sono diversi percorsi possibili per individuare i confini della politica attraverso l'identificazione di:

  Attori - chi fa politica

  Modalità - come si fa politica

  Luoghi - dove si fa politica

  Finalità - a che scopo si fa pol 616d39g itica


Da questo tentativo di chiarificazione emerge l'ubiquità, la molteplicità, la varietà delle manifestazioni politiche, l'ambiguità della politica.

Tre sono le accezioni classiche di politica:

  Come dimensione dell'agire umano: Politics.

  Come arena, spazio attrezzato: the Political.

  Come attività di formulazione ed esecuzione di decisioni pubbliche: Politic.


Definizione di politica: prassi che ha a che fare con l'assunzione di decisioni valide per una collettività e che si realizza nella sfera connotata come "the Political".


Definizioni più precise non possono che essere legate a diverse concezioni della politica sintetizzabili attraverso 5 concetti:

  Potere

  Stato

  Identità

  Mercato

  Sistema


Si delineano quindi due grandi paradigmi che sono:

  Politica come gioco/mercato

  Politica come guerra


POLITICA E POTERE


Essenza della politica è la lotta per il potere.


In questo caso la scienza politica studia i modi di strutturazione e distribuzione del potere.


Problema è che il concetto di potere non è meno ambiguo di quello di politica. Il potere è il mezzo o il fine della politica?


Esistono diverse concezioni di potere:

  Concezione strumentale: il potere è visto come il possesso di risorse materiali gestite in modo da conseguire degli obiettivi. Ciò che conta è il potere speso e non quello posseduto, o meglio, ciò che conta è la propensione dell'attore ad utilizzare le risorse (Force Activation Model).

  Concezione relazionale: il potere consiste in una relazione asimmetrica fra individui grazie alla quale un individuo o un gruppo è in grado di finalizzare le azioni di altri verso i propri obiettivi. L'asimmetria distingue le relazioni potestative da quelle di scambio o reciprocità.

  Concezione soggettivistica: il potere è concepito come una capacità, che a volte dipende da un processo di istituzionalizzazione, di controllare o condizionare il comportamento altrui, capacità che si estrinseca in una relazione (professori).

Le tre concezioni sono strettamente interconnesse: quella strumentale e quella soggettivistica sono, infatti, funzionali a quella relazionale, in quanto insistono sulle fonti materiali e culturali che condizionano l'esercizio del potere. Queste tre accezioni sono riferite a soggetti individuali, ma il potere può anche essere concepito come mezzo di scambio all'interno di un sistema politico.


Ciò vale per il potere in generale, ma a noi interessa il potere politico.


Problema della convertibilità: il potere non è convertibile in altre specie di potere, anche se queste possono influenzarsi a vicenda.

Genus potere

Species potere politico potere economico potere ideologico.


Elemento distintivo del potere politico è la capacità di sanzionare i comportamenti devianti.


Ne consegue che, "the Political" è dunque quello spazio nel quale hanno luogo i rapporti do dominio, ovvero il locus di quel potere che per raggiungere i suoi fini è in grado di fare ricorso a sanzioni fisiche, potere che è inoltre esercitato legittimamente in regime di monopolio.


Secondo Bobbio, sono tre gli elementi distintivi del potere politico:

  Esclusività: non c'è concorrenza per il potere politico.

  Universalità: le decisioni prese valgono per tutti.

  Inclusività: chi esercita il potere è legittimato ad intervenire in ogni sfera della vita associata.


Le analisi politologiche sono essenzialmente due e possono:

  Misurare l'intensità di una relazione bi o multilaterale, ma questa è una strada poco battuta.

  Descrivere la struttura del potere concepito come dotazione materiale e strumento circolante.

L'analisi del secondo tipo hanno dato vita a due scuole:

  Scuola elitista: studia i detentori del potere.

  Scuola pluralista: studia la distribuzione del potere nel tempo (analisi decisionale).

Dal dibattito fra elitisti e pluralisti emerge il problema della faccia nascosta del potere, quella che sfugge all'analisi del processo decisionale in quanto produce delle non-decisioni che determinano la soppressione di un tema dall'agenda politica: Le non-decisioni sono ugualmente importanti alle decisioni.


Conclusione: il potere non può essere identificato con la politica, è solo una variabile.














































POLITICA E STATO


In questo caso la politica è un insieme di attività che hanno come termine di riferimento la polis, ovvero lo stato.


Questo approccio si è intrecciato e confuso con quello che identifica politica e potere. Se il potere politico si connota come esercizio in regime di monopolio della forza legittima, il locus della politica non può che essere lo stato. Sfera politica e stato dunque coincidono: lo stato territoriale diviene il quadro di riferimento essenziale dell'agire politico. Secondo questa concezione, non c'è politica al di fuori dello stato.


La politica è, quindi, un'attività volta a conquistare, edificare e conservare lo stato.


Questo rapporto politica/stato richiede due precisazioni:

  Storica: necessario è assumere il concetto di stato in un'accezione ampia.

  Metodologica: come si pone lo stato nei confronti dell'azione politica?

Protagonista: agire dello stato

Scopo: agire per lo stato

Strumento: agire attraverso lo stato

Teatro: agire nello stato


L'approccio statocentrico, cioè lo stato inteso come protagonista della politica, è tipico degli albori della scienza politica (16°/17° secolo) e ricalca molto il modello giusnaturlistico, cioè lo stato inteso come superamento della condizione dello stato di natura. Con il 18° secolo si afferma l'idea che la società sia in grado di autoregolarsi, lo stato è una componente subordinata e servente il sistema sociale, è uno strumento di autotutela dello sviluppo sociale e offre un sistema normativo fruibile. Emerge l'esigenza di limitare costituzionalmente il suo potere. Lo stato resta tuttavia soggetto e locus della politica. Ancora agli inizi del 1900, è dominante l'approccio dello stato come fulcro dell'agire politico. Come reazione a questa concezione si sviluppa quella dello stato come arena. Lo stato diventa lo spazio all'interno del quale si condensa l'interazione sociale. La società civile acquista un ruolo nuovo e lo stato perde il monopolio del "the Political", si opta quindi per la logica del sistema politico. Questo sviluppo si deve al delinearsi di una "terza dimensione" tra stato (pubblico) e società civile (privato) denominata società politica, che non è pubblica ma politicizzata. Tutto ciò impone una riconcettualizzazione meno limitativa della natura della politica e dello spazio "the Political". Ne deriva uno svuotamento dello stato che coincide con il riconoscimento della politicità di interazioni che si sviluppano a livello substatale (gruppi di interesse) e a livello sovrastatale.


Dalla divaricazione fra statale e politico discendono due corollari:

  Mobilità del confine tra ciò che è politico e ciò che non lo è.

  La politica non si esaurisce con ciò che è pubblico.


Negli anni '50/'70 viene affermandosi il concetto di sistema politico che segna l'eclisse dello stato come punto di riferimento centrale dell'analisi politologica.


Sono vari glia argomenti addotti:

  Non esiste un significato univoco e condiviso dell'idea di stato.

  Esclude forme di politica prestatali ed extrastatali.

  Non è il fatto di avere luogo dentro lo stato a rendere determinate interazioni "politiche".


Lo stato è definito come mito mobilitante e non più come categoria analitica.


Opera: "The political system" ( ?) di Easton (1953)


Oggi vi è un forte recupero della dimensione dello stato nel dibattito sulla globalizzazione e su quale sia il destino dello stato in relazione a questo fenomeno.



POLITICA ED IDENTITA'


Una possibile matrice concettuale della politica è legata alla categoria di identità collettiva.


Assunto: l'azione politica di ciascun individuo ha come termine di riferimento e motore una qualche sorta di appartenenza naturale o socialmente costruita che conferisce senso e valore ai suoi comportamenti.

Fonti primarie sono:

  Attori collettivi.

  Le teorie della scelta razionale non sono sufficienti a spiegare il comportamento politico.


Cosa si intende per appartenenza?

  Se è naturale è motore dell'azione politica.

  Se è socialmente costruita è motore e prodotto dell'azione politica.

Secondo Condor, esempio di appartenenza è la famiglia, cioè individui apparentati ancestralmente. In epoca moderna appartenenza è anche etnia, nazione. In realtà, la nazione è definibile in base a tre variabili:

  Naturale.

  Culturale.

  Politica.

Le nazioni sono anche il prodotto di elaborazioni mitiche e simboliche.

Se in passato la percezione di identità è poco riconosciuta, i media oggi, invece, contribuiscono molto ad ampliare questa percezione e a creare un'identità di respiro internazionale.


Come è costruito un referente identitario?


Il senso di appartenenza è suscitato e alimentato da un discorso politico di noi/loro che enfatizza la vocazione conflittuale della politica. Interprete più autorevole di questo filone è Carl Schmitt per il quale la natura politica di un comportamento è data dalla carica di antagonismo che esprime. Egli afferma che la percezione di un antagonista permette una redefinizione netta della nostra identità. Fu accusato di aver fomentato l'ideologia nazista. Questa però è una visione parziale che enfatizza una dimensione della politica sottacendo quella cooperativa.


Da questa matrice concettuale emerge che la politica implica due distinte logiche d'azione:

  Logica identificante: ottenere un riconoscimento sociale, soprattutto attraverso una lotta che unisce il gruppo di appartenenza e fissa i confini del medesimo rispetto agli altri soggetti (agire per essere: logica espressiva/identificante tipica della partecipazione ai movimenti).

  Logica efficiente: differenziarsi per migliorare la propria posizione relativa (agire per avere: logica utilitaristica tipica dell'azione rivendicativa in un'ottica di scambio politico).

Rapporto fra le due logiche d'azione:

  La logica identificante è funzionale a quella efficiente (se so chi sono so anche cosa voglio).

  La logica efficiente ha scalzato quella identificante.

Se è facile adottare una logica strumentale nelle fasi di gestione, è altresì facile adottare quella identificante nelle fasi di crisi, anche se la formazione di identità collettive è sempre costante.



Le identità collettive sono alla base delle politiche globali e possono favorire la coesione sociale internazionale. A ciò contribuisce la nascita dei movimenti sociali.


I movimenti sociali sono formati da attori politici, non per iscrizione come nei partiti politici, ma per logica identificante emozionale. È lo strumento attraverso il quale l'azione collettiva prende forma anche nei momenti di crisi, determinando solidarietà. Prevedono cambiamenti sulla lunga distanza.

La classificazione dei movimenti è possibile in base a:

  Obiettivi: difesa sociale, offensiva, controffensiva, sfida.

  Nuovi/vecchi.

  Modalità operative.











































POLITICA E MERCATO


Altro rapporto di studio è quello politica/mercato.


Presupposto è l'applicazione degli strumenti e dei metodi dell'economista all'analisi del processo decisionale collettivo.


Sono 3 gli assunti principali:

  Metodo: si scompone il processo politico sino al livello della scelta individuale; l'individuo è l'unità analitica di base.

  Movente degli attori: massimizzazione dell'utilità.

  Forma di razionalizzazione dell'attore politico rispetto allo scopo: è il calcolo dei costi e dei benefici e della scelta dei mezzi più idonei ai fini.


Tale approccio permette di dare risposte originali ai quesiti classici:

  Perché nascono le istituzioni politiche

Ci si occupa essenzialmente della distribuzione delle risorse che può avvenire per:

Scambio.

Consuetudine.

Potere.

La politica in quest'ottica è una modalità di scelta, alternativa o complementare ad altre istituzioni sociali, per l'allocazione delle risorse che avviene per via autoritativa. In questa logica, se il mercato fosse in grado di svolgere questa funzione in modo efficace, la politica non servirebbe quasi per nulla (idea di stato ultraminimo). In realtà i problemi sorgono e la politica costituisce una risposta ai fallimenti del mercato, della razionalità individuale e ai limiti etici del mercato che non allocano tutte le risorse.


Ci sono due casi:

Dilemma del prigioniero: è l'effetto di incertezza che porta alla non cooperazione.

Paradosso del portoghese o free-riding: in assenza di incentivi le micromotivazioni individuali producono effetti perversi nella produzione di beni pubblici. Il bene pubblico è caratterizzato da:

Non-rivalità: una volta che un bene è stato prodotto per un singolo soggetto, questo bene può essere distribuito agli altri senza costi aggiuntivi.

Non-escludibilità dal consumo: tutti quelli che vogliono non posso essere esclusi dal beneficio del bene pubblico.

Nei gruppi numerosi qualche individuo può non contribuire alla produzione del bene pubblico tanto ne usufruirà lo stesso, ma questo protratto su larga scala è un problema che deve essere debellato. Esiste sempre un gruppo privilegiano, all'interno del quale c'è un individuo che ha così tanto interesse nel produrre un bene che se ne accolla i costi di produzione.

La politica serve dunque ad ovviare i fallimenti del coordinamento spontaneo.


  Come nascono le istituzioni politiche

Ci sono due visioni parallele:

Visione giusnaturalistica: l'istituzione pubblica nasce per il superamento della condizione dello stato di natura. La violenza e la confusione dello stato di natura sono ovviate rinunciando ad una parte della sicurezza di ogni individuo, azione che si traduce in un patto di soggezione, in un contratto istantaneo.

Visione del mercato: presupponendo il free-riding e l'essenza parassitaria degli individui, non è possibile che gli individui si uniscano spontaneamente in una comunità che si autogestisce perché ci sarebbero sempre interessi di parte. Quindi il processo che porta alla creazione di uno stato sarà un processo spontaneo frutto di un'evoluzione culturale. La nascita di uno stato con il monopolio legittimo della forza è dato per sopperire la mancanza di sicurezza dello stato di natura, è la fusione di varie associazioni territoriali atte a questo scopo, più fusione territoriale e più sarà grande lo stato.


  Come funzionano le istituzioni politiche

La politica in questa concezione è una forma di scambio complesso multilaterale simile a quello che si realizza nel mercato. La concezione procedurale della democrazia sostiene che la politica sia assimilabile ad un mercato concorrenziale nell'ambito del quale gli imprenditori politici si disputano i voti dei cittadini-consumatori per ottenere profitti politici come poteri e cariche pubbliche. Per questa ragione, l'approccio risulta utile soprattutto per analizzare i regimi democratici, in seno ai quali si ha uno scambio effettivo.

Lo scambio complesso è dato dal fatto che si ha:

Concorrenza orizzontale fra élites.

Scambio verticale tra voti e politiche.

Il problema dell'incertezza, a causa delle difficoltà e dei costi delle informazioni, è mitigato dalla presenza di ideologie, che sono pacchetti sintetici di informazioni.


Ci sono varie critiche mosse alla teoria economica, ma una in particolare riguarda il free-riding. Se si presuppone, per la regola del free-riding, che ogni azione non incentivata è improbabile, allora come si spiega la partecipazione politica? Molto importante è la componente autovalorizzante, perché i comportamenti non-strumentali sono cruciali per spiegare il mutamento politico. La partecipazione è una forma di attivazione che genera consenso o dissenso nei confronti dell'autorità pubblica.

La presenza e il ruolo della partecipazione non-strumentale è studiata soprattutto da Hirshmann.


Opera: "Exit, Voice and Loyalty" di Hirschman (1970)


Hirshmann identifica 3 modi per produrre innovazioni nelle organizzazioni o per reagire allo scadimento dei beni pubblici da loro prodotti:

  Uscita: abbandono/defezione, ma è possibile solo nel mercato, quando si può abbandonare un prodotto per un altro, non in politica, perché significherebbe abbandonare lo stato.

  Voce: protesta, permette innovazioni dall'interno delle organizzazioni; questa strada è battuta nelle democrazie, dove i canali di protesta permettono un canale parallelo di feed-back sui quali i politici modellano le loro scelte.



  Lealtà: è la caratteristica opportunistica dei membri di un'organizzazione.


Conclusione: questo modello studia solo le azioni efficaci ma anche le azioni emozionali sono importanti.









POLITICA E SISTEMA


Secondo questo approccio, il sistema è uno strumento di analisi che consente di organizzare, a fini esplicativi, una realtà complessa introducendo un elemento di ordine nelle relazioni intercorrenti fra le unità, elemento di ordine che consente di procedere a descrizione, spiegazione e previsione.


Due sono i tratti distintivi del sistema:

  Proprietà interne: il mutamento delle condizioni di una parte del sistema avrà conseguenze sulle altre. Queste proprietà sono:

Unità: le parti di un sistema non possono essere considerate come una semplice sommatoria delle stesse.

Interdipendenza: sono importanti i rapporti che intercorrono tra le unità del sistema.

Autoregolazione: capacità del sistema politico di essere sempre uguale a se stesso, mantenendo la propria identità ed autoequilibrandosi.


  Relazione sistema/ambiente: le condizioni del sistema sono il prodotto di uno scambio costante con l'ambiente, è un flusso continuo bidirezionale. È il riflesso di un criterio di inclusione/esclusione delle cose rilevanti per l'indagine sistemica di chi alloca i valori. Tutti gli argomenti esclusi costituiscono l'ambiente esterno. Ci sono due tipi di ambiente:

Extrasocietario: sono le relazioni a livello mondiale all'interno del quale è annidato il sistema politico.

Intrasocietario: relazioni interne che non rientrano nel sistema politico (ecologia, biologia, .).


L'analisi sistemica è un'analisi dei fenomeni e della loro continuità. Dall'ambiente derivano:

Input: sono i fenomeni che hanno un impatto sul sistema politico che si traducono in:

Domanda: sono le richieste che si fanno all'autorità politica affinché proceda a destinare i valori, è il punto di arrivo delle molteplici richieste; il sistema politico concede un numero di risposte adeguate alle richieste. Può esserci il rischio che vi sia una quantità eccessiva di domande e intervengono i gate-keepers, cioè dei selezionatori di richieste, il rischio è la selezione eccessiva.

Sostegno: è la forza necessaria per convertire gli output in input e possono essere di tipo specifico, che dipende dalla valutazione degli output considerati soddisfacenti, e può essere diffuso, cioè legato alla lealtà nei confronti dell'autorità politica.

Output: sono emessi dalla autorità politica sotto forma di leggi e provvedimenti, dopo aver esaminato attentamente gli input.


Il sistema politico è, quindi, un sistema di interazioni che influenza l'assegnazione imperativa ed autoritativa di beni materiali ed immateriali.


Sono state mosse molte critiche all'approccio politica/sistema:

  È un approccio meramente descrittivo.

  Il sistema domina a discapito degli attori.

  Il problema del potere è estraneo al quadro.

  È un approccio statico.

  Applicato a molteplici situazioni ne riduce la differenziazione.

  È valido solo per regimi democratici.

  Si affida poca attenzione al processo di conversione.


PARADIGMI DEL POLITICO


Il percorso attraverso le cinque idee di politica che ruotano intorno ai concetti di potere, stato, identità, mercato e sistema, fornisce materiale che può essere riorganizzato per elaborare una chiave di lettura più generale del fenomeno politico. Infatti, tutti questi sistemi non si escludono, ma si completano.


Emergono così due matrici teoriche fondamentali, due punti di vista alternativi sulla politica, che si distinguono rispetto a tre questioni principali:

  Unità di azione: cioè chi diventa oggetto di osservazione. Ci sono due opzioni:

L'individuo, tipico della scelta razionale.

Le entità collettive, nazioni, gruppi, partiti non sono meri aggregati ma soggetti primari di azione che posseggono una logica e proprietà specifiche, e dunque anche dinamiche proprie.

  Razionalità dell'attore: cosa guida l'attore. Anche qui ci sono due opzioni:

Razionalità politica uguale alla razionalità economica, dove il mezzo è adeguato al fine.

La razionalità politica non può essere concepita senza fare riferimento ad identità sociali: per sapere cosa è razionale per un soggetto X devo sapere che ruolo ricopre.

  Moventi dell'azione: qual è lo scopo dell'attore. Ci sono due opzioni:

Interessi: cioè una logica efficiente.

Potere: cioè il riconoscimento del potere.


Emergono così due paradigmi:

  Politica come gioco/mercato: questo paradigma è caratterizzato da individualismo metodologico, razionalismo ed utilitarismo. La politica è vista come un gioco cooperativo/competitivo tra attori politici atti a conseguire un'ordinata vita sociale, ne consegue che questa è un'attività transattiva- negoziale per la risoluzione non conflittuale dei problemi comuni. La lotta politica non è quindi irriducibile e le controversie composte sono sanabili dalle agenzie strumentali che risolvono problemi derivanti dai fallimenti del coordinamento spontaneo. I politici sono visti come mercanti e gli approcci sono quelli di politica/sistema e politica/mercato.

  Politica come guerra: in base a questo paradigma la politica è una forma di interazione conflittuale fra collettività orientate alla potenza, costituite però da comunità coese internamente ed orientate alla comune identità. Lo spazio politico prevede politici come guerrieri e gli approcci sono quelli di politica/stato, politica/potere, politica/identità.


Questi due modelli nella realtà coesistono e si alternano.










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