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IL "LEVIATANO" DI HOBBES

politica



IL "LEVIATANO" DI HOBBES


1648: alla conclusione della guerra dei Trent'Anni, in Francia scoppia la "fronda"; il parlamento si armò contro l'autorità regia.

1651: compare il libro "Il Leviatano" (il Leviatano è un mostro biblico: un grosso e potente ippopotamo di cui parla il libro di Giobbe). L'autore è Thomas Hobbes che, nato nel 1588, fuggì dall'Inghilterra a Parigi nel 1640 per timore della guerra civile: 525c28f esilio volontario di 11 anni durante il quale pubblicò il "De Cive" e preparò il "Leviathan", che è la sintesi dell'hobbesianesimo, uno svolgimento dialettico che ci conduce dall'uomo naturale all'uomo artificiale ed allo Stato-Leviatano.

All'origine c'è il movimento, dal quale nasce la sensazione, che può essere appetito o desiderio (il cui oggetto è il bene) oppure avversione o odio (il cui oggetto è il male). Il piacere è la sensazione del bene, il dispiacere quella del male. La morte è il male supremo; la pietà è il dolore causato dalla sventura di un altro; la felicità si ha quando i desideri si realizzano con un successo costante. Nell'uomo c'è un desiderio perpetuo, incessante, di potenza, che cessa solo con la morte. L'uomo si distingue dagli altri animali per la ragione, la curiosità e la religione. L'uomo è in una situazione di guerra perpetua con tutti i suoi simili, avidi come lui di potenza. E' una guerra in cui contano la forza e l'inganno ed in cui non c'è la proprietà: ognuno è padrone di quello che può prendere e per tutto il tempo per cui lo può tenere. Questo è lo stato di natura, ma affinché la specie umana non sia distrutta occorre che l'uomo esca da tale stato.



La paura della morte spinge l'uomo verso la pace e la sua ragione gli suggerisce condizioni di pace vantaggiose su cui accordarsi con gli altri uomini (Hobbes le chiama "leggi di natura" e sono sintetizzabili nella formula "non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi"). Ma per fare sì che gli accordi vengano rispettati è necessaria una potenza irresistibile: lo Stato. Gli uomini lo costituiranno attraverso un patto volontario, stretto per la propria salvaguardia.

Hobbes non è d'accordo con Aristotele quando quest'ultimo afferma che l'uomo è naturalmente sociale; secondo Hobbes l'uomo ricerca compagni solo per interesse e la società politica è frutto di un calcolo interessato.

Gli uomini stringeranno tra loro un contratto, trasferendo ad un terzo il loro diritto naturale assoluto; la volontà di questo terzo sostituirà e rappresenterà la volontà di tutti. Tale è l'origine del Leviatano. Con un unico e medesimo atto gli uomini naturali si costituiscono in società politica e si sottomettono ad un sovrano: fanno patti tra loro e rinunciano a vantaggio del padrone ad ogni diritto ed ogni libertà. Ma quale sarà la forma dello Stato? Questo sovrano sarà un uomo o una assemblea? In teoria non ha nessuna importanza, ma in pratica la differenza è molto rilevante. Hobbes preferisce la monarchia perché in essa l'interesse personale del sovrano coincide con l'interesse pubblico, dunque è il regime migliore.

Avendo rinunciato ai loro diritti assoluti in favore del sovrano, gli uomini si sono impegnati a ritenere buono e giusto ciò che lui ordina e cattivo e ingiusto ciò che lui proibisce: lamentarsi di lui è lamentarsi di se stessi. Anche Hobbes, come Bodin, rifiuta ogni forma di governo misto: dividere il poter significa dissolverlo. La proprietà non può che essere considerata una concessione del sovrano.

Ma il sovrano ha anche dei doveri: deve garantire la sicurezza dei sudditi e la loro libertà di fare tutte le azioni che non sono impedite dalla legge. Deve anche garantire l'eguaglianza di fronte alla legge, l'istruzione e l'educazione, la prosperità materiale. Il sovrano deve anche essere costantemente fortunato: ad esempio, se il sovrano è vinto in una guerra, i suoi sudditi hanno il diritto di schierarsi con il vincitore.

Ciò che tiene in vita lo Stato Leviatano è l'autorità, ciò che lo distrugge è l'assenza di autorità, è discutere il potere sovrano, è una errata concezione dei rapporti del potere civile con il potere religioso. Perché secondo Hobbes con il patto sociale il sovrano diviene non soltanto l'organo dello Stato, ma anche della Chiesa. Non vi sono in realtà un governo spirituale e un governo temporale, perché lo Stato composto di cristiani e la chiesa cristiana sono la stessa cosa: ogni nazione è una chiesa. Hobbes comunque non si cura della verità religiosa intrinseca: non chiede ai suddividi credere, ma di obbedire.





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