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UMANESIMO E POLITICA
1. La tradizione medievale
Un intendimento critico della storia fa del medioevo un periodo di tenebre e di pregiudizi dominato da una autorità teologica che reprime ogni ideale culturale e politico. Tuttavia il Medioevo presenta grandi profondità di pensiero che già preparano all'Umanesimo e al Rinascimento come quelle di Guglielmo D'Ockham e Marsilio da Padova, che accettano con la teoria della doppia verità difese della razionalità anche rispetto ai valori della trascendenza, affermando nel campo politico la separazione del potere temporale da quello spirituale,e nel campo giuridico il positivismo, e cioè l'idea che la legge è posta da un atto della volontà e non è il riflesso di una normativa oggettiva.
.Il Medioevo, invece, è attraversato da profonde lacerazioni, anche se la cultura medievale ah cercato di dare una certa sicurezza ad un mondo insicuro.
2. Il razionalismo teologico
Nonostante ciò il medioevo attribuisce centra 323b15d lità alla trascendenza e alla visione organica- almeno nelle idee- della comunità religiosa. La religione si appoggiava ad una certezza metafisica ce non assumeva un carattere sperimentale, non rimetteva in discussione i suoi atti, la ragione umana non poteva smentire la sua subordinazione alla fede. I testi sacri erano considerati il deposito della verità e non era immaginabile un disaccordo tra la fede e la ragione. Ogni scienza appariva scienza del rapporto tra uomo e verità divina.
3. Ordine politico e diritto naturale
L'insieme dei valori e della cultura medievale convergeva verso forme di essenzialismo politico, cioè su un ordine sociale e giuridico fondato sulle connessioni interpersonali con la legge eterna. Il giusnaturalismo medievale presume che vi siano anche nel mondo politico regole volute direttamente da Dio. La legge di natura non riguarda solo la dimensione della coscienza, ma si propone come legge volta al perseguimento del bene comune. Tutto questo configura un'idea di ordine sociale che non concede molto ai poteri critici e innovativi della libertà umana. Scopo del giusnaturalismo è anche quello di rappresentare un principio di legalità che limiti il potere politico. Al rispetto della legge, quindi, è obbligata anche l'autorità. Questi principi di legalità tuttavia occorre che qualcuno li faccia valere e l'autorità in questo ha un ruolo privilegiato.
4. La libertà umanistica
L'Umanesimo muta queste prospettive culturali sostituendole con l'idea che ogni vita abbia in sé una sua ragione. Legittimata dall'esistenza concreta di ciascuno. Mediante il valore morale della separatezza attraverso cui il soggetto, riflettendo su se stesso assume cognizione della propria umanità. Nell'Umanesimo vi è un'idea dell'umanità e della filantropia. L'uomo è amico dell'altro uomo e deve comunicare con il mondo. Ciò è possibile se ognuno assume coscienza della propria dignità. La vita dell'uomo diventa dunque nell'Umanesimo il principale oggetto della conoscenza umana,. L'Umanesimo sente l'insufficienza di quella cultura puramente teologica che pretendeva di tradurre i valori assoluti della trascendenza in ordine politico e in gerarchie sociali. Il distacco dalla religiosità non significa discredito dei valori religiosi, ma l'esigenza di conciliarli con le vocazioni personali. La nuova religiosità esalta il sentimento del Dio creatore perché l'uomo stesso è capace di creazione con le sue risorse spirituali e pratiche. Nell'arte figurativa dell'Umanesimo e del Rinascimento l'uomo non si consuma nella penitenza che guarda al suo destino celeste. L'uomo sa di esporsi, con il suo libero arbitrio, a tensioni e contraddizioni. La cultura umanistica esalta l'armonia delle cose nella quale la libertà non è strumento di peccato ma ha in sé una facoltà di purificazione, valorizza elementi dell'esperienza disprezzati e repressi. L'armonia nell'Umanesimo deve essere prima di tutto armonia dell'anima, prodotto di una ragionevole composizione di virtù e passione, considerata carattere di tutto l'universo. Di qui una rinnovata competenza nel prenotare i segreti della natura, perché l'uomo è fatto della stessa materia, con cui è stato costruito il cosmo. Gli Umanisti valorizzano Platone la cui opera I Dialoghi apparivano l'espressione di dignità personale, della coscienza. Questo diverso intendimento della individualità modifica le idee del tempo e dello spazio. Il tempo appare come il campo di esplicazione della vita in tutti i suoi aspetti. A questa rivoluzione corrisponde una rivoluzione dello spazio, non più inteso come lo spazio chiuso del Medioevo ma inteso come spazio aperto dove convergono attività umane di tipo culturale, sociale ed economico. Il ritorno umanistico alla cultura classica è volto a smentire l'assolutismo e l'immobilismo della cultura medievale. Questo interesse per il passato non esprime una fuga dalla realtà, ma un atto con cui si riconosce che anche il mondo pagano sapeva dire cose significative sull'uomo, sulla sua libertà sulle leggi morali e politiche.
Anche il Medioevo adoperava la cultura latina e greca ma come preparazione al trionfo del Cristianesimo, mentre l'atteggiamento dell'umanesimo verso la cultura classica intende comprendere la specificità storica dei suoi valori, in cui la fisiologia è chiamata a riportare alla luce quanti più materiali possibile, interpretandoli per quello che dicono.
L'Umanesimo ritorna al passato per trarne la qualità di ciascun valore nei propri tempi, per comprendere quanto la pluralità delle forme culturali giovino alla tolleranza. I grandi umanisti come Salutati, Bruni, Valla, Alberti, Pico della Mirandola che frugano nel mondo classico, per instaurare un dialogo aperto in cui l'interlocutore faccia valere la sua consapevole modernità.
5. L'umanesimo e lo Stato
Tuttavia alla grande stagione di vita culturale non ha corrisposto una stagione di rinnovamento politico. Nel periodo dell'Umanesimo in Europa si assiste alla formazione degli stati nazionali di cui i più importanti sono Francia e Spagna dove si assiste a un progressivo accentramento della sovranità nella monarchia. Questo fenomeno non si manifesta in Italia, divisa in diverse entità politiche rivali incapaci di costituire quella autorità comune necessaria per opporsi alle invasioni straniere.
6. La cultura e la politica
Nel dibattito sulla superiorità della vita attiva o di quella contemplativa, la maggior parte degli umanisti sostennero la superiorità del vivere civile come sintesi tra attività politica e attività del pensiero. Come affermava Matteo calmieri l'azione veramente umana è quella che si rivolge al bene comune. Però questa sintesi non si tradusse in adesioni a movimenti collettivi. Non mancano degli umanisti che sembrano volersi ritrarre da compromissioni politiche poiché troppo impegnative. Leon battista Alberti vede la virtù connessa soprattutto alla cura degli affari domestici, distaccata dalle insidie di una politica decaduta. Sembra così che l'umanesimo fermi le sue capacità di rinnovamento alle soglie del potere e che si volga ad altre attività sociali più facilmente padroneggiabili. Chi penetra e modifica l'intendimento della politica è Machiavelli, ma la sua analisi e la sua concezione dello stato si rivela mal conciliabile con al cultura delle bonae litterae.
Vi è però un altro filone dell'umanesimo, del
quale fanno parte Erasmo da Rotterdam o Thomas More, che sostiene che
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