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L'economia francese dopo il 1870
La sconfitta della Francia contro la Prussia portò a molte conseguenze negative per la prima: il pagamento di
una forte indennità di guerra, la perdita dell'Alsazia e della Lorena (importanti dal punto di vista economico),
la perdita della posizione preminente in Europa e la nascita della rivalità franco-prussiana che minò la vita
politica europea. Tutto questo fu acuito dalla grave crisi interna che culminò con l'i 818i81i nsurrezione della Comune
di Parigi.
L'andamento dell'economia francese dal 1870 al 1914 si può dividere in due momenti: di rallentamento
(1870-1895) e di crescita (1896-1913). In ogni caso la Francia fu sempre superata dalla Germania e dagli
Stati Uniti in campo industriale. La Francia si sviluppò in campo industriale, ma questo sviluppo non ebbe
riscontro nell'agricoltura e nell'aumento demografico, che rappresentarono quindi dei freni all'economia.
Subito dopo la sconfitta, l'economia francese non sembrò risentire subito di effetti negativi: le ferrovie
conobbero un boom nelle costruzioni, e la crisi del 1873 non colpì immediatamente l'industria tessile,
cantieristica, amatoriale, e inoltre la politica coloniale permetteva di creare nuovi mercati.
Tuttavia c'erano notevoli problemi: le vie di comunicazione erano in cattivo stato, l'agricoltura era in crisi,
l'organizzazione finanziaria francese subì la crisi tra il 1872 e il 1882 e il malessere sociale portò a numerosi
disordini.
Per risolvere il problema dei trasporti interni il governo varò il piano Freycinet che prevedeva costruzioni
ferroviarie e di canali a carico dello Stato, in modo da salvare le compagnie private dalla crisi e costituire il
primo nucleo delle ferrovie statali francesi. Il piano fu approvato dagli industriali, che prevedevano un
aumento dei traffici e una diminuzione dei costi, e anche dall'opinione pubblica, che sperava in numerosi
nuovi posti di lavoro che avrebbero ridotto la disoccupazione e quindi la tensione sociale. Tuttavia esso non
ebbe grosso successo perché riguardò soprattutto linee locali che davano scarsi profitti e perché costrinse il
governo a forti spese per salvare le compagnie private in crisi.
Anche dal punto di vista dei trasporti fluviali e via canale si restò lontani dalle previsioni, anche se furono
costruiti importanti canali e soprattutto fu migliorata la manutenzione di quelli esistenti.
Per combattere la crisi iniziata nel 1873 si adottò dapprima una politica liberista, ma i forti interessi
dell'agricoltura portarono dal 1883 (con la nomina del ministro Méline) fino alla fine del secolo ad una forte
svolta protezionista a favore dell'agricoltura e dell'industria francesi. Questa politica ebbe il risultato di
proteggere i prodotti francesi, ma portò anche a conseguenze negative come le guerre commerciali con
l'Italia e la Svizzera e il fatto che l'agricoltura restasse ancora il maggior settore nell'economia francese, sia
per fatturato, sia per impiego, sia soprattutto per influenza.
L'agricoltura quindi si sviluppò in produzione, grazie alle leggi protezioniste, e produttività, grazie all'aumento
della meccanizzazione, in cui la Francia era ancora in ritardo. Tuttavia il livello di vita del settore agricolo
rimaneva assai basso, perché la maggior parte dei metodi di coltivazione erano ancora arretrati rispetto ai
Paesi più evoluti.
Anche l'industria fu favorita dalle leggi Méline, in quanto ai tradizionali settori tessile e siderurgico (che
persero il loro predominio) si affiancarono quelle della carta, delle pelli, alimentari, tutte industrie sensibili
all'aumentato potere d'acquisto della popolazione. Le industre tessili iniziarono a declinare a causa della
perdita dell'Alsazia-Lorena e della crisi degli anni '80, anche se il settore cotoniero compì un notevole sforzo
di meccanizzazione per combattere la crisi, imitato da quello laniero. Tuttavia ogni settore tessile (del
cotone, della lana, del lino, della seta) dovette affidarsi, dalla metà degli anni '50 in poi, alle importazioni.
Anche l'industria estrattiva, nonostante il triplicarsi della produzione, dovette ricorrere alle importazioni per
soddisfare il fabbisogno.
L'industria del ferro, nonostante la perdita dei giacimenti della Lorena, aumentò la propria produzione, ma
nella seconda metà degli anni '80 entrò in crisi a causa del declino delle costruzioni ferroviarie. Il settore si
riprese trovando nuovi mercati nelle costruzioni meccaniche, come quella automobilistica (che divenne
leader in Europa) e degli armamenti. L'industria chimica e quella elettrica rimasero invece in ritardo rispetto
a quella tedesca, così come il commercio della marina mercantile che non riuscì a svilupparsi nonostante gli
aiuti governativi.
Il movimento operaio si riprese solo dopo l'amnistia del 1880, ma la frammentazione dei gruppi socialisti e
dei sindacati indeboliva la loro azione. Ottennero comunque la libertà di associazione (1884) e altri diritti
come la giornata lavorativa di 8 ore, il riposo settimanale e l'abolizione delle retribuzioni in natura.
Il movimento socialista francese era diviso in due grandi tendenze: quella riformista moderata che voleva la
riforma con un'azione parlamentare e quella rivoluzionaria che alleata al sindacato predicava il ricorso
all'"azione diretta", con scioperi, sabotaggi nelle fabbriche e boicottaggio dei servizi essenziali. Tutto questo
portò naturalmente a violente agitazioni e dure repressioni.
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