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La Politica Economica

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La Politica Economica


Gli obiettivi e gli Strumenti della Politica Economica: è l'aspetto normativo dell'economia in quanto studia l'intervento dello Stato nella vita economica e l'azione dei pubblici poteri per il governo del sistema economico, attraverso gli strumenti di 757d34h cui i pubblici poteri dispongono e che devono essere impiegati in relazione agli obiettivi.

I Soggetti: Sono soprattutto il Governo e il Parlamento, che ha come funzione istituzionale perseguire il benessere della collettività di guidare anche il sistema economico. I soggetti di politica economica possono essere anche i singoli cittadini, quando esercitano i loro diritti politici ed economici partecipando alle elezioni, ecc. (es.: Banca Centrale, partiti politici, sindacati, organizzazioni di imprenditori, famiglie, imprese, mezzi di informazione, ecc.)



La Teoria della Politica Economica: Studia il comportamento delle autorità di politica economica (i c.d. policy - makers). Il teorema di Tinbergen" afferma che se le autorità di politica economica si propongono di raggiungere "n"  obiettivi, devono poter disporre di almeno "n" strumenti. Due autori americani dicono,

a-  È necessario specificare attentamente gli "scopi"  della politica economica, mediante una funzione del benessere sociale. Sul questa base, i policy - makers individuano gli obiettivi della politica economica.

b- Individuare gli strumenti per raggiungere gli obiettivi.

c-  I policy - makers devono avere un modello dell'economia che metta in relazione gli strumenti e gli obiettivi per poter scegliere i valori ottimali degli strumenti.

Gli Obiettivi: Possono classificarsi nel modo seguente:

a)  Stabilizzazione dell'economia: Gli strumenti classici impiegati sono la politica fiscale e la politica monetaria; che si applicano quando le forze di mercato non sono in grado di raggiungere il prodotto nazionale potenziale e, spetta all'operatore pubblico il compito di migliorare la situazione mediante la politica della spesa, gli incentivi economici, il sostegno a settori produttivi in crisi, ecc.

b) Sviluppo del Sistema Economico: è necessaria la programmazione economico - finanziaria, rivolta a potenziare i settori produttivi, incentivando le spese per ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, aumentando gli investimenti nell'istruzione e nella formazione professionale (capitale umano) ecc. Nei paesi di maggiore tassi di disoccupazione e da situazioni di arretratezza, è necessaria una politica di sviluppo regionale; e le forme d'intervento sono: le spese in infrastrutture e gli incentivi a investire per far sorgere "in loco" imprese e attività indotte.

c)  Redistribuzione del reddito: a favore delle persone bisognose e delle categorie meno abbienti, è l'obiettivo fondamentale, attraverso la creazione dello Stato sociale che è lo strumento principale dell'intervento pubblico, che crea un sistema di sicurezza sociale finanziato con il prelievo tributario.

d) Equilibrio dei conti con l'estero: è l'obiettivo esterno della politica economica. Consiste nel pareggio della bilancia dei pagamenti internazionali(concernente alle uscite e le entrate valutarie) compensando gli attivi e passivi annuali. Il raggiungimento di tale obiettivo è dato dalla politica di aggiustamento della bilancia dei pagamenti. Le autorità di politica economica operano in condizioni di incertezza.

La critica di Robert Lucas (premio Nobel 1996): sostiene che i modelli econometrici di grandi dimensioni non sono pienamente affidabili per valutare l'impatto delle manovre di politica economica.


2- La Politica Keynesiana della Spesa Pubblica e dell'Occupazione: dice che: il livello del reddito nazionale e dell'occupazione, nel breve periodo, è determinato dalla domanda aggregata. Questa è costituita dalla spesa per i consumi più la spesa per gli investimenti più la spesa pubblica.  Y = C + I + G

Y = reddito nazionale, C = spesa per i consumi, I = investimenti, G = spesa pubblica (costituita dagli acuisti di beni e servizi e dai pagamenti fatti dalla pubblica amministrazione. Seguendo l'analisi keynesiano possiamo considerare la relazione tra reddito nazionale e occupazione:

a-  influire sul comporatament6o dei consumatori significa che la domanda di beni fa aumentare il livello dell'attività economica e quindi dell'occupazione;

b- fare aumentare gli investimenti;

c-  aumentare la spesa pubblica, cioè lo Stato integra l'insufficiente attività economica dei privati mediante l'impiego delle forze lavorative disoccupate.

La Ricetta keynesiana: considera decisivo il ruolo dello Stato, che in presenza di fattori produttivi disoccupati deve far ricorso a una spesa pubblica aggiuntiva che può essere mediante il ricorso al debito pubblico.

Deficit spending: spesa pubblica in disavanzo, non finanziata da entrate tributarie, creando un deficit nel bilancio pubblico.

Altri strumenti suggeriti dopo la seconda guerra mondiale nei sistemi di economia mista sono:

a)    Lo Stato può finanziare la maggiore spesa per investimenti pubblici con il prelievo fiscale.

b)   Lo Stato può operare una redistribuzione del reddito incrementando le spese che hanno uno scopo sociale (sussidi, pensioni, assistenza sanitaria ecc.).

3- La Politica di Stop and Go Anti - Congiunturale: consiste nell'adozione di strumenti di arresto (stop) del processo di espansione quando esso assume caratteristiche inflazionistiche; e viceversa, nell'impiego di strumenti espansivi (go) quando è necessario incentivare l'attività economica per combattere la recessione e avviare la ripresa dell'economia.

Il Controllo della Domanda: Quando nel sistema economico la domanda è troppo sostenuta, si ha fatalmente un surriscaldamento dei prezzi, con tensioni inflazionistiche, i pubblici poteri devono preoccuparsi di frenare la domanda con gli opportuni strumenti di politica monetaria e fiscale. Quando invece presenta una situazione di recessione con calo del PIL, occorrono misure che stimolino la domanda e l'espansione dell'attività economica per far aumentare il PIL.  A questo tipo di politica lo si conosce con la denominazione Stop and Go Policy.

Limiti: Uno è costituito dal tempo di applicazione di questa politica e per vedere i suoi effetti, perché mentre si adotta possono cambiare le situazioni ed indurre ad un cambio da parte delle autorità competenti; si tratta di vedere sul piano pratico, con quale prontezza ed efficacia le autorità sono in grado di adoperare i relativi strumenti di politica economica.


4- La Politica dell'Offerta e la Politica Industriale: consiste in tutti quegli interventi che incidono sulla struttura e sulle caratteristiche della produzione di beni e servizi e questi rientrano nel campo della politica industriale.

L'Obiettivo della politica industriale: è di creare le condizioni affinché la produzione possa essere realizzata con costi competitivi e venga rivolta a soddisfare la domanda sia interna sia estera.

Forme di Intervento: di tipo settoriale incidendo sulle forme dei mercati, sulle relazioni con i sindacati, sulle componenti dei costi, e della domanda pubblica, con nuove tecnologie per assicurare una maggiore competitività dei prodotti. In Italia la politica industriale si attua mediante le agevolazioni creditizie destinate alle produzioni nel settore industriale o in particolari aree geografiche del Paese; ci sono anche altre forme di sostegno della produzione, come le commesse pubbliche e le agevolazioni fiscali.

La Politica dei Redditi: è l'insieme di decisioni governative, di accordi, fra le parti sociali (sindacati e imprese) e di misure economiche il cui obiettivo principale e immediato è il controllo della crescita dei salari e, più in generale, anche degli altri redditi.

Autodisciplina Sociale dei Redditi: assume il significato di autodisciplina sociale della remunerazione di tutti i fattori della produzione (quindi non solo il salario, ma anche la rendita, l'interesse e il profitto), nonché di qualsiasi reddito percepito in un Paese (pensione sussidio, compenso professionale, benefici economici).

Misure Antistagflazione: ossia di inflazione mista a ristagno e disoccupazione. Per combatterla non sono sufficienti le tradizionali politiche fiscali e monetarie. Le diverse attuazioni della politica dei redditi hanno avuto come comune denominatore l'obiettivo di contenere la crescita del costo del lavoro, nei limiti della produttività.

Crescita dei Salari e Produttività: Costituisce il presupposto per procedere a un congelamento diffuso di una vasta gamma di prezzi; una manovra di politica dei redditi di tipo tradizionale può prevedere un congelamento dei salari e dei prezzi per un certo periodo, per centrare l'obiettivo principale che è la lotta all'inflazione mediante una stabilizzazione dei prezzi.

Il Ruolo del Sindacato: L'accettazione di una politica dei redditi da parte dei sindacati comporta la rinuncia alle rivendicazioni salariali; altresì l'adesione alla linea di politica economica che considera il salario come una variabile dipendente dall'andamento del sistema economico. Perciò l'attuazione di questa politica deve essere concordata fra i sindacati stessi, le imprese e il governo con un negoziato trilaterale di ampia portata. Se i sindacati accettano, è giusto che le imprese non decidano più autonomamente i loro piani di investimento.

L'accordo sul costo del Lavoro: in Italia dopo anni di trattative nel luglio 1993 è riuscito a bloccare la scala mobile, ha introdotto la riforma della contrattazione salariale imperniata sulla tecnica del tasso programmato di inflazione.

La Programmazione Economico - Finanziaria: Funzione: Lo Stato deve coordinare la sua azione nel campo economico con quella degli altri operatori economici (imprese, famiglie, sindacati, enti del settore pubblico. Essa a livello di sistema (cioè, macroeconomica) a differenza della pianificazione collettivistica, deve cercare da un lato, di far salve le libertà dei privati operatori (permettendo seguire le proprie preferenze nei consumi e calcolo di convenienza nel modo di organizzare la produzione), e dall'altro di conseguire il coordinamento per assicurare la formazione delle risorse e la loro migliore utilizzazione. Ha la funzione di assicurare al sistema economico un indirizzo unitario; costituisce lo strumento usato dalle autorità pubbliche per raggiungere determinati obiettivi economici e sociali.

Programmazione a Medio Termine: Gli obiettivi da raggiungere in un determinato periodo di tempo e l'insieme delle risorse sono glie elementi primari della programmazione. Essa, comprende un arco di tempo che va dai tre ai cinque anni.

Obiettivi: La programmazione mira a un efficiente allocazione delle risorse, a promuovere uno sviluppo equilibrato della produzione e del reddito, a stimolare gli investimenti, a ridurre la disoccupazione, a eliminare gli squilibri territoriali (tra regioni sviluppate e regioni arretrate) e settoriali.

Il DPEF: Documento di Programmazione Economico - Finanziaria, viene presentato dal Governo al Parlamento entro il 15 maggio di ogni anno "ai fini delle conseguenti deliberazioni" e "definisce la manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale dello Stato". Nel DPEF sono indicati:

Gli obiettivi macroeconomici  (sviluppo del reddito e dell'occupazione);

Gli obiettivi in termini di rapporto al PIL, del fabbisogno del settore statale e del settore pubblico allargato;

Le regole di variazione delle entrate e delle spese del bilancio dello Stato;

Gli indirizzi per gli interventi, anche di settore, collegati alla manovra di finanza pubblica.
























15 - LE TEORIE DELLA MONETA E IL MERCATO MONETARIO


Origini e Tipologia della Moneta: Ebbe un'importanza notevole nello sviluppo degli scambi e dell'intera attività economica. Storicamente tutte le organizzazioni umane hanno fatto uso della moneta, tranne alcune società primitive che praticavano il baratto. Si può ipotizzare che la moneta è nata per l'insufficienza dello scambio in natura e precisamente quando gli uomini si accorsero delle molteplici difficoltà che il baratto comportava.

La Moneta- Merce: è stata scelta per rendere più agevoli gli scambi e per la sua capacità di poter essere data in cambio di beni o servizi.

I Metalli Preziosi: Per le qualità che presentano i metalli preziosi fungendo da moneta nello scambio commerciale, tali come l'oro e l'argento, e soprattutto l'oro per le sue caratteristiche quali :

a)  Omogeneità

b)  Divisibilità

c)  Alto valore in poco volume.

d)  Malleabilità.

e)  Riconoscibilità.

In base a tutto ciò, l'oro è il bene che racchiude tutti i requisiti per avere le funzioni di moneta ed ancora oggi rappresenta la riserva di estremo impiego delle banche centrali ai fini dei pagamenti internazionali.

La Coniazione: Siccome l'argento e l'oro venivano pesati e saggiati ad ogni scambio intervenne la coniazione garantendo il peso ed il titolo del metallo.

Il Corso Legale: Lo Stato facilita la circolazione della moneta ed obbliga per legge (egli in prima persona) ad accettare una determinata moneta in pagamento delle obbligazioni o servizi.

La Moneta- segno: (banconote) Per evitare il trasporto dei metalli preziosi in ogni scambio, e per praticità, si cominciò a depositare presso i gioiellieri i beni preziosi, a loro volta i gioiellieri rilasciavano dei certificati o note di deposito per il valore del bene (garantendo al portatore del documento la riconsegna del metallo) e gli stessi venivano usati per pagare ai terzi.

Dalle Note di Deposito ai Biglietti di Banca: L'affermazione di questo tipo di scambio permise ai gioiellieri, non solo di ricevere i metalli preziosi, ma di realizzare prestiti realizzando dei guadagni, consapevoli che non gli venisse richiesta contemporaneamente la conversione dei certificati da parte dei depositanti. È per questo motivo che essi  vengono considerati i precursori della banca moderna. Dunque, col tempo, i biglietti di banca acquisirono valore legale e la loro circolazione divenne obbligatoria nei singoli Stati.

Il Corso Forzoso: Per il significato che in passato aveva la convertibilità (da metalli preziosi a certificati o note di deposito) ancora oggi troviamo la scritta: "Pagabile a Vista al Portatore", anche se oggi non esiste più per le seguenti cause:

a)  Insufficienza dell'oro a servire come moneta: Per l'aumento del volume dei pagamenti.

b) Esigenze di Politica Monetaria: Concorrendo con le altre politiche al raggiungimento degli obiettivi generali della politica economica.

Le Riserve Valutarie: la circolazione dei biglietti è oggi indipendente dalle riserve della Banca Centrale che regola l'offerta di moneta usando appositi "canali" di creazione di essa. Le riserve hanno lo scopo di garantire agli operatori i pagamenti all'estero. Le riserve ufficiali sono costituite da oro, valute pregiate, dai cosiddetti "diritti di prelievo" presso il Fondo monetario internazionale e dalle disponibilità in ECU. I vantaggi della moneta bancaria (assegno) sono notevoli sia per sicurezza, sia per possibilità di pagamenti ingenti senza il reale trasferimento di banconote.

La definizione della moneta si può ricavare dalle funzioni essenziali che essa svolge: mezzo generale degli scambi, unità di conto, mezzo legale di pagamento, riserva di valore.


Le Funzioni della Moneta:

a)  Mezzo di scambio: poter essere data da chiunque per ricevere beni e servizi.

b) Unità di conto: misura i prezzi dei beni e servizi, uniforma e confronta i valori economici.

c)  Mezzo legale di pagamento: assolve alle obbligazioni di pagamento assunte dai soggetti.

d) Riserva di valore: La moneta può costituire un fondo di valore, questo nasce dal risparmio di moneta per poterne usufruire in futuro.


Il Valore della Moneta Il valore nominale o legale è quello che la moneta porta impresso e che viene stabilito dalle autorità monetarie.

Il valore della moneta perfetta, se trattasi di moneta-merce di oro o di argento, è uguale al valore commerciale del metallo da cui è costituita (Valore intrinseco).

Essa può essere "Forte" se il valore intrinseco è superiore al valore nominale o monetario o "Debole" nel caso inverso. La moneta cartacea (banconote o moneta-segno) non ha valore intrinseco, essa ha il valore nominale o "taglio scritto in lettere e cifre sulla banconota stessa.

Il requisito fondamentale della moneta è che la moneta sia accettata da tutti come mezzo di scambio. Ciò che interessa ai possessori di moneta è il potere di acquisto, che sta a indicare la quantità di beni e servizi che si può acquistare con l'unità monetaria.

Il potere di acquisto è il reciproco del livello medio generale dei prezzi:

A= Potere di Acquisto,  P= Livello medio generale dei prezzi: A=1/P.

Di conseguenza, quello che interessa a tutti è la stabilità del potere di acquisto della moneta, perché quando si presenta una diminuzione del potere di acquisto della moneta si verifica la corsa all'acquisto dei beni di consumo, scoraggiando il risparmio monetario, e inducendo i soggetti a trovare un riparo nell'acquisto di beni-rifugio (case, ecc.).

Si parla di valute forti (dollaro, marco tedesco, ecc.) con riferimento a quelle che tendono ad aumentare di valore rispetto ad altre; valute deboli invece quelle che tendono a diminuire di valore nei confronti di altre.


I Numeri Indici dei Prezzi: Le variazioni nel livello dei prezzi, alterano le posizioni di equilibrio raggiunte nel sistema economico di un Paese ed è per questo che esiste uno Strumento fondamentale per la loro osservazione statistica: il numero indice. Esso, relativo a un certo gruppo di prezzi, ne esprime il livello medio, non in assoluto, ma in relazione al livello medio degli stessi prezzi in un determinato periodo di riferimento detto anno - base.

Nel calcolo si tiene conto della diversa importanza, dal punto di vista economico, dei vari prezzi, vuol dire che occorre dare un maggiore peso specifico alle variazioni di prezzo dei beni più importanti, di quei beni cioè che interessano un numero rilevante di produttori e di consumatori.

L'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) uniformandosi agli altri Paesi, fa quattro tipi di numeri indici dei prezzi, secondo il tipo di transazione da cui deriva il prezzo stesso:

Indici dei prezzi della produzione: (scambio di produzione e di commercio sia nazionali sia estere);

Indici dei prezzi praticati dai grossisti: (scambio di produzione e di commercio sia nazionali sia estere);

Indici dei prezzi al consumo (vendite effettuate dalle imprese alle famiglie)

Indici dei prezzi all'importazione e all'esportazione: (scambio di produzione e di commercio sia nazionali sia estere).

L'ISTAT a sua volta calcola due diversi numeri indici dei prezzi al consumo:

a)  Per l'intera collettività nazionale: riguarda l'intera popolazione italiana;

b) Per famiglie di operai e impiegati: riguarda l'universo dei lavoratori dipendenti extra - agricoli.

In questo modo circoscrive i consumi rispetto ai quali osservare i comportamenti di spesa dei consumatori.


Le Variazioni del Potere di Acquisto della Moneta: La variazione percentuale del livello medio generale dei prezzi non si traduce esattamente in una corrispondente variazione inversa del potere di acquisto della moneta.


La Teoria quantitativa della Moneta: Risale al filosofo scozzese Hume, che sostenne che un incremento dell'offerta di moneta si traduce in un aumento generalizzato dei prezzi.

Detta teoria è stata in seguito formalizzata dall'economista americano Fisher nella sua equazione degli scambi, che esprime una identità contabile. La sua teoria sostiene che il potere di acquisto della moneta dipende dalla quantità di moneta in circolazione, nel senso che è in una relazione inversa alla sua quantità.

L'esperienza insegna che se il quantitativo di moneta in circolazione aumenta anche i prezzi tendono ad aumentare.

La quantità di moneta in circolazione (M) comprende i biglietti emessi dalla banca centrale, la moneta bancaria e la moneta divisionale. Inoltre, bisogna anche tenere conto della velocità di circolazione (V) quando si parla di quantità di moneta.

La velocità di circolazione della moneta è data dal numero di volte che la moneta compie la sua funzione di intermediaria passando da un soggetto all'altro("di mano in mano) in un tempo determinato. Vuol dire dal rapporto fra il valore complessivo delle transazioni (QP) (Q= Volume fisico delle merci scambiate e P= livello dei prezzi) e M, cioè: V=QP/M.

Questa teoria trova riscontro solo in un sistema economico dove vigono due condizioni:

Il volume della produzione, e quindi il reddito nazionale, è costante.

La moneta viene impiegata solo con funzioni  di intermediaria degli scambi o mezzo di pagamento, e non come riserva di valore.

Riassumendo, la formula di Fisher è la seguente: QP=MV. Dividendo il primo e il secondo membro per la quantità di merci scambiate Q si ottiene: P=MV/Q; cioè mette in evidenza che il livello dei prezzi è direttamente proporzionale alla quantità di moneta in circolazione. Secondo la teoria quantitativa e ricordando che la formula del potere di acquisto della moneta è A= 1/P, si può ricavare la formula: A=Q/MV.

Questa teoria comunque presenta dei limiti e delle imperfezioni, tra queste ultime abbiamo le seguenti obbiezioni:

a)  Il livello dei prezzi può aumentare senza che ciò dipenda dalla quantità di moneta o dalla velocità di circolazione.

b) Nel calcolare con precisione la velocità di circolazione della moneta.

c)  Nei periodi di depressione gli affari ristagnano e la velocità di circolazione della moneta si riduce; mentre il contrario avviene nei periodi di espansione dell'attività produttiva.

La formula di Fisher è stata successivamente rielaborata da Marshall e da altri economisti della scuola di Cambridge. Essa partì dal concetto che la velocità di circolazione della moneta può essere riferita più correttamente al prodotto interno lordo (PIL=Y)) per cui la velocità della moneta è data dal seguente rapporto: V=Y/ M. La formula di Cambridge utilizza l'equazione del reddito : M = kY, in cui M = la quantità di moneta in circolazione, k = quantità di moneta detenuta dagli operatori economici (pari al reciproco della velocità di circolazione: k = 1/ V) e Y il PIL (Y = QP).

Le modificazioni apportate risiedono essenzialmente nella sostituzione del volume delle transazioni con il PIL e con la sostituzione della velocità di circolazione con un coefficiente k che esprime la preferenza dei soggetti per la detenzione di moneta liquida.

Anche gli economisti di Cambridge riaffermano la teoria quantitativa e cioè che esiste una relazione diretta fra quantità di moneta e livello dei prezzi perché anche in questa formula sia k sia Q sono considerati valori costanti.


Il Mercato Monetario: E' suddiviso in due settori, distinti e per alcuni aspetti interdipendenti, il mercato monetario e il mercato finanziario.

Il mercato monetario si riferisce alla domanda e all'offerta di moneta a breve termine, cioè di impieghi di moneta a basso rischio e alta liquidità come nei prestiti di denaro per scadenze a breve termine.

La domanda di moneta è rappresentata dalle diverse categorie di operatori economici sia privati sia pubblici. L'offerta monetaria è determinata dalla banca centrale e dal sistema bancario.

Il prezzo che si forma nel mercato monetario si chiama saggio o tasso di sconto che è il tasso di interesse applicato sulle operazioni a breve termine.


La Domanda di Moneta: si intende la quantità di moneta che ciascun operatore detiene in forma liquida, cioè liberamente spendibile (risparmio).

Il Risparmio: La domanda di moneta non va confusa con il risparmio monetario, poiché il risparmio è dato dalla differenza fra reddito e spesa per consumi.

La domanda di moneta dell'intero sistema: si ottiene sommando la domanda di moneta di tutti gli operatori che ne fanno parte. Così la domanda di moneta del sistema economico è una parte del reddito nazionale.


La teoria Keynesiana della Moneta: Muovendo alcune critiche alla teoria quantitativa, Keynes afferma l'equazione di Fisher come identità contabile, ma  non ha il significato causale che la teoria quantitativa le attribuisce. Le due teorie basilari sono state criticate in base a:

V non è costante, perché K (quota di reddito in moneta) non è costante, e in particolare  varia quando varia il saggio d'interesse. Così se K muta, muta anche il reciproco V.

Anche il valore di Q non è costante perché il livello del reddito nazionale dipende dalla propensione al consumo e dal volume degli investimenti, nonché dagli effetti del moltiplicatore.

Secondo Keynes la teoria quantitativa può essere valida solo in un sistema economico in cui i fattori produttivi siano pienamente occupati, perché solo in questo caso Q è costante.

Keynes dice che i moventi della domanda di moneta determinano la "preferenza per la liquidità", e sono identificabili in tre motivazioni :

Il motivo delle transazioni correnti, fatte dai soggetti quasi quotidianamente, perciò la domanda di moneta per le transazioni è in relazione con il volume delle spese correnti.

il motivo precauzionale, per imprevisti, così anche la quantità di moneta detenuta a tale scopo  dipenda direttamente dall'ammontare del reddito.

Il motivo speculativo, che costituisce l'aspetto innovativo introdotto da Keynes nella teoria della domanda di moneta. La moneta detenuta a tale scopo è riserva di valore come quella tenuta per motivo precauzionale, ma con lo scopo di realizzare un maggior rendimento. 

Secondo l'impostazione keynesiana la curva di domanda della moneta è simile a una qualsiasi altra curva di domanda e il prezzo della moneta è rappresentato dal tasso di interesse.

In confronto agli altri economisti, Keynes ha richiamato l'attenzione sulla funzione della moneta come riserva di valore o, più in generale, come forma di detenzione della ricchezza alternativa ad altri possibili impieghi.

Il Ruolo della moneta secondo il pensiero keynesiano - Il Paradigma keynesiano: L'incremento della spesa monetaria non determina necessariamente un aumento dei prezzi, ma può provocare un incremento della produzione. La condizione è che la spesa monetaria addizionale sia impiegata per occupare le risorse disponibili (finanziamento di infrastrutture, investimenti produttivi).

La teoria delle scelte di portafoglio: il soggetto può scegliere (oltre che detenere il proprio reddito in forma di moneta oppure investirlo in obbligazioni) di investire in azioni, le quote di fondi comuni di investimento, i titoli di Stato e altre attività finanziarie in genere. Considerando tutte queste forme alternative, la domanda di moneta dipende non solo dal tasso di interesse delle obbligazioni, ma anche dai tassi di rendimento delle diverse forme di investimento.


L'Offerta di Moneta e l'Equilibrio del Mercato Monetario: Per offerta di moneta si intende la quantità di moneta esistente in un determinato momento nel sistema economico.

La quantità di moneta è immessa nel sistema dai seguenti organi:

a)  La Banca Centrale;

b) Lo Stato, che alimenta l'offerta modestamente, con piccoli tagli o monete divisionali;

c)  Le Banche, che creano solo moneta bancaria.

Ne deriva che l'offerta di moneta è regolata dalla banca centrale, che svolge la funzione di istituto di emissione, alla quale compete la responsabilità della stabilità monetaria e l'attuazione della politica monetaria.

L'equilibrio del mercato monetario viene raggiunto quando il reddito nazionale e il tasso dell'interesse assumono un livello tale da rendere la domanda di moneta uguale all'offerta.


Il Monetarismo: Milton Fiedman (principale esponente del monetarismo), sostiene che la velocità di circolazione della moneta non è stabile nel tempo, ma varia nel breve periodo in relazione al tasso d'interesse e all'andamento dell'attività economica. L'aumento della domanda di beni non può provocare un aumento stabile della produzione, in quanto c'è la tendenza in ogni economia verso un "tasso naturale di disoccupazione" determinato da ritardi o da imperfezioni nel mercato del lavoro.

L'aumento dell'offerta di moneta e della domanda di beni si traduce in un aumento dei prezzi, come vuole la regola centrale della teoria quantitativa, mentre non ha influenza duratura sui livelli di reddito e dell'occupazione.

La quantità ottimale di moneta: se l'offerta monetaria ha influenza sui prezzi ne derivano, secondo i monetaristi, evidenti indicazioni nel campo della politica economica. La regola Monetarista, formulata da Friedman per la politica monetaria, è che le autorità monetarie devono annunciare e realizzare un tasso di crescita della quantità di moneta adeguandolo alla crescita preventivata del reddito nazionale in termini reali.

Il monetarismo ritiene inefficace le politiche keynesiane di manovrare la spesa pubblica e l'offerta di moneta per stimolare aumenti del reddito e dell'occupazione.

Inspirandosi al pensiero monetarista, il controllo dell'offerta di moneta è diventato uno degli strumenti più efficaci di politica monetaria per combattere l'inflazione.



17. Il Mercato Finanziario e la Borsa


  1. Il Mercato Finanziario: è costituito dalla domanda e dall'offerta di capitali finanziari a medio e lungo termine. È attraverso questi due mercati che si attua il finanziamento dell'economia nel suo complesso.

Mercato Primario: l'incontro tra la domanda e l'offerta di capitali = al momento dell'emissione dei titoli.

Mercato secondario: vengono negoziati titoli già emessi.

Gli operatori presenti nel mercato finanziario sono:

Le S.p.A. - Il Tesoro - Le banche - Gli investitori istituzionali - Le famiglie - Gli intermediari autorizzati.

La borsa valori è l'istituzione fondamentale del mercato finanziario.

Nel mercato finanziario il prezzo che si forma è il tasso di interesse che rappresenta il rendimento, espresso da un valore percentuale del capitale investito.

Relazione fra Mercato Finanziario e Mercato Monetario: Sarebbe giusto affermare che nel lungo periodo i tassi di interesse nei due mercati tendono a eguagliarsi.

Dal punto di vista teorico risulta dimostrata la tendenza dei tassi esistenti nei due mercati a eguagliarsi. Se in pratica ciò non si verifica, dipende dal fatto che in uno dei due mercati vi possono essere distorsioni, oppure che il mercato monetario non è adeguatamente sviluppato.



19. L'INFLAZIONE E LA DISOCCUPAZIONE


Che cos'è l'inflazione?: è un processo di aumento del livello generale dei prezzi o, in altri termini, la diminuzione del valore (potere di acquisto) della moneta.

Il tasso di inflazione: è la variazione percentuale del livello dei prezzi in un periodo di tempo determinato, rispetto a un uguale periodo precedente (mese, anno).

Deflazione: quando il livello dei prezzi scende, specie nel lungo periodo.

Secondo i monetaristi il processo inflazionistico viene alimentato da un saggio crescente di espansione monetaria, cioè da un aumento dell'offerta di moneta determinato dalla politica monetaria attuata dalle autorità. Inoltre, riguardo alla relazione causale tra moneta e prezzi i monetaristi sono del parere che l'espansione monetaria sia la causa dell'aumento dei prezzi, e non viceversa, secondo la nuova formulazione della teoria quantitativa della moneta.

(Secondo alcuni monetaristi la continua espansione della spesa pubblica costituisce una delle cause dell'inflazione, perché induce le autorità monetarie a mettere sul mercato un quantitativo in eccesso di moneta, dotato di forte potere inflazionistico).

Si possono distinguere, secondo l'intensità del fenomeno, tre tipi d'inflazione:

a)  L'inflazione strisciante: è caratterizzata dall'aumento lento e costante dei prezzi (1-3% annuo) ed è determinata da ragioni strutturali, relative all'imperfetto funzionamento del meccanismo dei prezzi e/o dalla pressione dei salari che si manifesta nei Paesi industrializzati.

b) L'inflazione galoppante: caratterizzata da aumenti dei prezzi molto elevati (10-20% annuo), ed è determinata da eventi eccezionali come i perturbamenti economici dovuti alle guerre (l'inflazione è figlia della guerra). Essa però può verificarsi anche nei Paesi con deficienze o distorsioni strutturali, o nei Paesi in via di sviluppo, a causa di una pressione della domanda globale in eccesso rispetto alla capacità produttiva del sistema economico.

c)  L'iperinflazione: caratterizzata da aumenti incontrollabili e vertiginosi dei prezzi (oltre il 100%).




Teorie e cause dell'inflazione:

Secondo la teoria quantitativa della moneta, un aumento della quantità di moneta avrebbe provocato necessariamente un aumento del livello dei prezzi, che si faceva dipendere unicamente da fattori monetari.

Secondo Keynes (che criticava questa teoria), l'offerta di moneta può influenzare la produzione e l'occupazione, inflazione vista come un fenomeno connesso a un eccesso di domanda globale: se la domanda di beni risulta maggiore del prodotto nazionale vi sarà un incremento dei prezzi.

Se i lavoratori si difendono da questo fenomeno con aumento di salari, questo si scaricherà sui costi di produzione e quindi sui prezzi.


Si possono così distinguere due tipi d'inflazione:

L'inflazione da domanda: (eccesso di domanda), si ha quando si verifica uno squilibrio fra la domanda monetaria globale e l'offerta di beni e servizi, determinando un "vuoto" nel sistema economico che viene colmato dall'aumento dei prezzi (vuoto inflazionistico).

L'inflazione da domanda si differenzia da quello "classico" perché nel processo inflazionistico il primo motore non è la politica monetaria; il primo motore è un eccesso della domanda globale provocato da due sue componenti: la spesa per consumi e la spesa pubblica.

L'inflazione da costi: (l'aumento del costo del lavoro), l'aumento dei prezzi viene determinato da un aumento dei costi dei fattori produttivi e in particolare dei salari.

Secondo la curva di Phillips tanto è maggiore il tasso di disoccupazione, tanto è più basso il tasso di inflazione dei prezzi.

La Stagflazione: (inflazione con disoccupazione) è un fenomeno nuovo di inflazione, cioè ristagno misto a inflazione dovuto a:

Profondo mutamento delle aspirazioni degli individui e ad un meccanismo di aspettative crescenti, per miglior qualità della vita e maggior spesa per servizi pubblici.

Dal modo in cui vengono risolti i problemi economici e sociali; secondo i monetaristi, questo tipo di inflazione è politica nella matrice e monetaria nel meccanismo, in quando i governi pur di assecondare le pretese di miglioramenti economici ricorrono a una politica permissiva in materia monetaria.

Negli anni settanta si sono aggiunti motivi di ordine internazionale come la crisi petrolifera e  l'aumento generalizzato dei prezzi, che hanno alimentato le tensioni inflazionistiche.

Ci sono diversi meccanismi esplicativi concomitanti in una teoria generale d'inflazione tali come:

Il saggio d'inflazione può essere influenzato oltre che dall'eccesso di domanda e dalle aspettative inflazionistiche(mod. monetario), anche da elementi che influiscono sui costi. Infine, l'inflazione può essere anche ricollegata a politiche della spesa pubblica e monetarie responsabili di creare un eccesso di domanda, di dare un primo impulso all'aumento dei prezzi e di mettere così in moto il meccanismo delle aspettative.


Effetti dell'inflazione: L'inflazione è considerata un male per l'intera economia, in quanto determina effetti negativi sulla formazione del risparmio, sul calcolo economico delle imprese e infine sulla distribuzione del reddito, perché danneggia i precettori di reddito fisso (lavoratori dipendenti, pensionati e altre categorie). L'inflazione scoraggia il risparmio monetario, così danneggia i risparmiatori che investono nell'acquisto di beni-rifugio (immobili, oro, gioielli, ecc.), e imprese, perché impedisce calcoli economici corretti a causa del mutamento dei valori monetari. L'inflazione danneggia i percettori di redditi fissi, che avvertono l'erosione dei propri redditi in termini reali, le imprese invece si adeguano con aumenti dei prezzi. L'inflazione scoraggia le esportazioni perché le merci nazionali diventano più costose, e al tempo stesso stimola le importazioni. Un altro effetto dell'inflazione è il fiscal drag (drenaggio fiscale) che si ha nel campo tributario per quanto riguarda le imposte sul reddito a scaglioni, tassati con aliquote crescenti.




Le Politiche anti-inflazionistiche: Secondo i monetaristi, la prima raccomandazione per i governi è di controllare il saggio di espansione del credito interno e l'offerta di moneta. QQQQQookdfjfkhjQuesta stretta creditizia però, per ragioni d'ordine politico, può non essere accettata per le conseguenze negative sugli investimenti e sull'occupazione.

Un metodo alternativo, in caso di inflazione da eccesso di domanda è l'aumento della pressione fiscale attraverso un inasprimento delle imposte. Questa però si rende difficile se la pressione fiscale sui contribuenti è già forte, sia per mal funzionamento del sistema tributario o per presenza di evasione fiscale.

Le autorità monetarie sono propense, specie nei primi stadi dell'inflazione, a restringere prontamente la liquidità monetaria che è in genere uno strumento più facile da manovrare.

Per combattere l'inflazione "a due cifre", si è fatto ricorso con successo a una miscela di politiche monetarie e fiscali e all'adozione della politica dei redditi.


NO.


Disinflazione: Dalla metà degli anni Ottanta i maggiori Paesi industrializzati sono entrati nella positiva fase della disinflazione attraverso l'adozione di provvedimenti organici di politica economica monetaria e fiscale che riducono il livello dei prezzi. Secondo le previsioni degli esperti del G 7 , il tasso medio d'inflazione si dovrebbe assestare intorno al 2%.

Deflazione: Consiste in una riduzione generalizzata dei prezzi (maggiore potere d'acquisto della moneta accompagnata da una contrazione della produzione e del reddito. Questo termine richiama l'idea di "sgonfiamento" dei prezzi e di riduzione dell'attività economica.

Non è soltanto il fenomeno contrario dell'inflazione, in quanto si è visto che le conseguenze negative della deflazione sull'economia in genere sono la caduta della produzione e della domanda e l'aumento della disoccupazione, legate alla scarsa propensione agli investimenti per la prospettiva di diminuzione dei prezzi.


La Disoccupazione: si intende la condizione di coloro che non hanno un'occupazione, ma sono disposti a lavorare, (il livello di disoccupazione è misurato dal tasso di disoccupazione, che è dato dal rapporto tra il numero di disoccupati e il totale di forza lavoro).

La Disoccupazione Involontaria: secondo Keynes la disoccupazione è involontaria, e si può eliminare attraverso un aumento della domanda globale e quindi del reddito nazionale.

La Disoccupazione Volontaria: Per i keynesiani non rappresenta un problema in quanto dipende dalla volontà dei lavoratori. Per i monetaristi e per gli economisti della nuova macroeconomia classica, la disoccupazione è invece sempre volontaria, in quanto il mercato del lavoro va considerato come qualsiasi mercato concorrenziale, nel quale il prezzo del lavoro, cioè il salario, viene determinato dalla domanda e dall'offerta di lavoro. Pero' questa teoria non ha preso in considerazione il licenziamento né la mancanza di posti di lavoro ed in presenza di queste situazioni, il mercato del lavoro non può considerarsi concorrenziale anche perché i salari non sono perfettamente flessibili. Il merito di questa teoria è di aver messo in discussione certe politiche, etichettate come keynesiane, che col passare del tempo si sono dimostrate inefficaci per combattere la disoccupazione.

La Disoccupazione Ciclica: spesso associata al modello involontario di Keynes, in quanto può essere riassorbita da un aumento del grado di utilizzazione delle capacità produttive esistenti.

La Disoccupazione Strutturale: Si verifica quando non esiste una corrispondenza fra il tipo di lavoratori disoccupati e il tipo di posti di lavoro disponibili ( a lungo termine). Secondo alcuni economisti, indica quel particolare tipo di disoccupazione derivante dal fatto che i lavoratori espulsi dai settori in crisi non possono essere riassorbiti, nel breve periodo, da altri settori perché le loro capacità professionali sono diverse da quelle richieste dalle imprese in espansione. Per altri economisti, si identifica in particolari "sacche" di disoccupati di lungo periodo, in genere delimitate sotto l'aspetto geografico o demografico.

La Disoccupazione Tecnologica: deriva dalla ristrutturazione operata dalle unità produttive con l'impiego di impianti e macchinari che tendono a ridurre l'impiego di lavoro nel settore interessato ( tecnologie quali automazione e robotica, telematica ecc.).


La Crisi Occupazionale e le Riforme nel Mercato del Lavoro: Nelle analisi relative al problema della disoccupazione si sottolinea l'influenza esercitata, oltre che dalla congiuntura economica, soprattutto dai fattori strutturali. Secondo il DPEF 1998-'00, il mercato del lavoro italiano si distingue da quello di gran parte degli altari Paesi industrializzati per due aspetti importanti:

Un più basso tasso di attività delle donne, dei giovani e delle persone con 50 e più anni di età;

Un più elevato tasso di disoccupazione tra i giovani e le donne.

Caratteristiche Strutturali del Mercato del Lavoro in Italia:

Il dualismo tra un settore ufficiale regolamentato e protetto e un settore non ufficiale e non regolamentato, che elude il fisco e i contributi.

Il dualismo tra Nord e Mezzogiorno, con rispettiva piena occupazione da un lato e alto tasso di disoccupazione dall'altro.

La scarsa mobilità del lavoro, sia tra aree geografiche che tra settori produttivi.

Gli aspetti qualitativi del pubblico impiego, sia per le sue peculiari caratteristiche quali l'assenza del rischio di perdere il lavoro sia per il livello, talora insoddisfacente, della prestazione dell'offerta.

L'attività del governo si è tradotta nell'Accordo per il Lavoro del 24 settembre 1996 che ha affermato a livello nazionale la priorità del tema lavoro.

Riforme nel Mercato del Lavoro: Tra le più significative:

Gli incentivi alla formazione di risorse umane. (apprendistato, formazione lavoro, ecc.).

La riforma degli istituti della programmazione negoziale, l'introduzione dello strumento del contratto d'area quale nuova forma di intervento nelle aree depresse.

Il processo di flessibilizzazione del mondo del lavoro, con l'introduzione del lavoro interinale (o in affitto).

Il rilancio delle opere infrastrutturali, con riferimento a quelle opere che creino vantaggi competitivi all'economia del Paese, sia in campo ambientale sia allo sviluppo della società dell'informazione.

Flessibilità del Mercato del Lavoro: Le trasformazioni nell'organizzazione del lavoro nel settore delle imprese richiedono un'adeguata formazione professionale e soprattutto una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, che deve essere liberato da "lacci e lacciuoli", cioè da norme troppo rigide.

Il Problema di "cambiare Lavoro: si tratterà di imparare e di svolgere un nuovo lavoro.

Le politiche per l'occupazione devono adeguarsi al cambiamento in atto e alla flessibilità del mercato del lavoro mettendo al primo posto gli investimenti nel capitale umano e coinvolgendo necessariamente la scuola, l'università e le altre strutture formative.





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