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La nascita del sistema bancario moderno

economia



La nascita del sistema bancario moderno


La storia della banca, almeno sino agli inizi del XIX secolo, non è una semplice curiosità archeologica, ma, al contrario, ripropone la conoscenza di esperienze che hanno dato vita, dagli argentarii  romani alle compagnie bancarie medievali dell'Italia centrosettentrionale e delle Fiandre, agli attuali metodi bancari.

Sul lungo periodo, oltre un millennio, si possono individuare alcuni periodi che ci consentono di distinguere la scansione, tra le varie epoche, in due parti:

l'origine delle banche dall'impero romano al Medioevo;

la rinascita bancaria durante il Rinascimento e lo sviluppo del sistema bancario moderno, collocabile nei secoli XVII e XVIII.


Le origini delle banche dall'impero romano al Medioevo


Ancora prima del consolidamento dell'impero romano, il mondo greco aveva elaborato una pratica bancaria assai efficace, pur non disponendo di leggi particolari, se si esclude la Costituzione di Solone ch 141b11b e autorizzava il prestito ad interesse. Non a caso una dei più grandi oratori greci, affermava che "nelle questioni di denaro il capitale migliore è il credito".



L'affermazione di Demostene implica la grandezza ed il ruolo della cultura greca. La complessità  e la straordinaria ricchezza di conseguenze sono costituite dal fatto la filosofia greca apre lo spazio in cui vengono a muoversi e ad articolarsi non solo le forme della cultura occidentale, ma le istituzioni sociali in cui tale forme si incarnano, e, infine, il comportamento stesso delle masse. Arte, religione, matematica, e indagini naturali, morale, educazione, azione politica ed economica, ordinamenti giuridici vengono ad essere avvolti da questo spazio originario; e il cristianesimo e il linguaggio con cui la civiltà occidentale esprime il mondo; e gli stessi grandi conflitti della storia dell'Occidente: tra Stato e Chiesa, borghesia e proletariato, capitalismo e comunismo. Se dallo spazio filosofico si passa a quello fisico, altrettanto importante è la localizzazione delle aree nelle quali si concretizza una così profonda elaborazione concettuale. Sono le colonie greche dell'Asia minore e della Magna Grecia, a forte vocazione commerciale (non a caso la moneta era nata in Lidia nel VI secolo a. C.), a favorire l'emergere del Logos, una strumento nuovo di indagine del reale, al di là del Mythos e slegato da riferimenti esclusivi con il divino. Una tale emancipazione dal sacro, in direzione di un'accentuata autonomia della società nel suo complesso, è alla base del processo di secolarizzazione che, a più riprese e con interruzioni, costituisce il cammino verso la Modernità.

In termini economici, le necessità e le articolazioni del mercato hanno imposto, tanto nel mondo greco-romano quanto in quello medioevale e moderno, una mentalità libera da vincoli ultimativi e la ricerca di sempre nuove soluzioni ai molteplici problemi che il dinamismo mercantile determinava. Una lunga avventura commerciale sostenuta in modo determinante dal denaro e dal suo uso: il credito. In questo senso, il mercato fu, sia nella Magna Grecia che nell'Europa medievale, il potente motore che mise in movimento la società e la costrinse ad «aprirsi». Sgretolando le forme di vita tradizionali - tutte imbevute di sacro -, il mercato ha spinto gli uomini fuori del recinto mentale nel quale vivevano come prigionieri e ha reso possibile l'esplorazione dello smisurato «mondo dei possibili». Ed è appunto questa la Modernità: una esplorazione permanente, grazie alla quale le forme di vita tradizionale vengono a mano a mano fagocitate e sostituite da forme di vita del tutto nuove.

Una tale idea di Modernità si imporrà anche all'impero romano quando il ceto dei cavalieri si impose con il suo dinamismo imprenditoriale attraverso la gestione di miniere di metalli preziosi, la raccolta delle imposte e dei dazi doganali, i prestiti allo Stato ed ai privati, non conoscendo i divieti al prestito del denaro, messi in atto, nei periodi successivi, dalla Chiesa. In tal modo, l'aristocrazia romana fu colta da una forte febbre speculativa che la condusse ad ardite operazioni finanziarie, lasciando le operazioni bancarie correnti a persone di più modesta origine sociale. Se fino alla caduta dell'impero, l'aristocrazia mantenne un simile atteggiamento nei confronti del maneggio della moneta e delle banca, tuttavia l'intera società romana era pervasa dall'idea di ricchezza come connotato fondante a tal punto da far dire a Petronio, nel suo Satyricon:" Credetemi, un asse voi avete, un asse voi valete; l'uomo è considerato per ciò che possiede".

Nondimeno i banchieri romani si raggrupparono in confraternite per esercitare la propria funzione che, fisicamente, aveva luogo nel Foro, presente in tutte le città, secondo una chiara tipologia che derivava dalle competenze acquisite. In base alle competenze acquisite, si possono distinguere tre professioni:

i Numularii che operavano nelle tabernae del Foro ed erano specializzati nelle operazioni di cambio, divenute sempre più frequenti e necessarie in rapporto all'ampliamento dell'impero ed in mancanza di unità monetaria, avvenuto solo durante il periodo cristiano con l'imperatore Costantino;

i Collectarii che riscuotevano le imposte;

gli Argentarii che esercitavano le operazioni bancarie correnti, ricevendo depositi, senza la corresponsione di interessi, ed operando pagamenti tramite compensazione -  resa possibile dalla tenuta di registi del dare e dell'avere, denominati codex accepti et depensi - tra crediti della medesima natura (eiusdem generis et naturae). Erano possibili anche due forme di prestito, gestite dagli argentarii: il mutuum, senza interesse ed il foenus, dietro la corresponsione di un interesse fissato dalla Legge delle XII Tavole (12% annuo).


La proibizione canonica dell'usura


A seguito delle invasioni barbariche e dopo il VI secolo d.C. , il quadro economico e sociale si modifica. Il ritorno all'economia rurale e la mancanza di una sia pur minima circolazione monetaria vanificano gli sforzi commerciali delle popolazioni e, almeno sino alla rinascita urbana, l'intera Europa conosce una forte regressione economica e, conseguentemente, anche monetaria e bancaria. La tesaurizzazione dell'oro e dell'argento, trasformati in opere di oreficeria, impediscono qualsiasi forma di attività di qualche respiro. Solo l'autorità religiosa, per il prestigio di cui gode e per le enormi proprietà fondiarie che andava accumulando, si pone come l'istituzione in grado di sollecitare energie mercantili. Per reazione contro gli abusi dei banchieri del periodo del basso impero, il cristianesimo, per ricostruire l'organizzazione economica e sociale, raccomanda la gratuità del prestito, sacrificando le attività bancarie all'ideale della carità e fondando il divieto sull'autorità di Aristotele, per quanto riguarda la presunta sterilità del denaro, e di San Luca per giustificare la gratuità del prestito, in modo particolare quello al consumo.

Il divieto, tuttavia, non impedì che fossero comunque possibili forme di prestito ad interesse. Il rischio (periculum rei debitae), la possibilità di perdere il capitale prestato (damnum emergens) e un eventuale mancato guadagno ( lucrum cessans) consentivano, secondo il diritto romano, la richiesta di un interesse. La stessa Chiesa utilizzò nuove forme di prestito che sfuggivano la proibizione. I monasteri, per la ricchezza che detenevano e la fiducia che ispiravano, ebbero un ruolo non secondario di banche agricole del mondo rurale. Le forme del prestito erano sostanzialmente due:

l'obbligazione con la quale il debitore cedeva al creditore l'usufrutto e il diritto ai prodotti di un bene immobile dato in pegno, sia sotto forma di restituzione del capitale prestato, sia sotto forma di affitto. I monasteri preferivano mantenere il più a lungo possibile i diritti di usufrutto piuttosto che il rimborso, finendo per accumulare notevoli ricchezze che costrinsero il papa Alessandro III ad intervenire al Concilio di Tours per dichiarare usuraria questa modalità, definendo l'affitto un interesse in natura;

l'acquisto di rendite reali. A fronte di un versamento di capitale ad un contadino, i monaci ricevevano, per un periodo più o meno definito,  una rendita in natura che poteva raggiungere fino il 10% della somma prestata e che era basata sulle rendite dell'immobile appartenente al debitore. Questa pratica creditizia era aperta a tutti e permise ai contadini l'acquisto di alcuni beni necessari alla coltivazione delle terre e, più tardi, alla nobiltà di vendere le rendite fondiarie, istituite sui loro possedimenti, per partecipare alle Crociate.

Al di là dei prestiti consentiti ai contadini ed ai difensori delle fede, la Chiesa mantenne un atteggiamento ostile a tutti i contratti che, in qualche modo, erano riconducibili al guadagno monetario, considerato un peccato mortale, e considerò l'attività di prestatore un mestiere sospetto o illecito, come le prostitute, i giocolieri e i ciarlatani.

Dopo l'anno Mille, a fronte dello scampato pericolo costituito dagli Arabi e dagli Slavi, le città europee ripresero le attività commerciali e i bisogni fondamentali dell'economia richiesero una maggiore disponibilità di risorse di denaro. Condannato, ma indispensabile, il prestito ad interesse fu tollerato a condizione che a praticarlo fossero esclusivamente gli ebrei i quali, già condannati dalla Chiesa, non rischiavano quanto i cristiani la loro salute spirituale. Anzi, in tal modo, contribuivano alla salvezza delle anime dei cristiani e talvolta, per ragioni più materiali, la Chiesa credette opportuno concedere la sua protezione alle comunità ebraiche, affidando a queste il monopolio del prestito ad interesse. La giustificazione di un tale comportamento è dichiarata da san Tommaso d'Aquino:" La legge umana tollera il prestito ad interesse non perché lo considera conforme alla giustizia, ma per non nuocere ad un numero maggiore di persone".

Ben presto, però, i banchieri ebrei devono affrontare la concorrenza di quelli cristiani, italiani e francesi: i Lombardi  e i Caorsini. Meglio inseriti nel tessuto sociale del Medioevo, non tardarono ad acquisire una grande importanza per le loro attività di prestito che li portava a sostenere la politica dei principi, oltre che il prestito al consumo, attirandosi il furore popolare.

Accanto a monasteri, ebrei, lombardi e caorsini, troviamo l'Ordine dei Templari, fondato a Gerusalemme nel 1118 con il compito di difendere i pellegrini nei loro viaggi in Terrasanta. Organizzazione religiosa e militare, rapidamente estesasi sia in tutta Europa che nei territori orientali, era indipendente dalle autorità politiche locali e dal controllo della Chiesa, mantenendo, nel contempo, rapporti anche con le popolazioni mussulmane. Ben presto, l'Ordine acquisì una straordinaria potenza economica per i preziosi bottini di guerra conquistati e per i doni ricevuti, entrando in aperta concorrenza con i Lombardi nelle attività economiche, favoriti dalla loro espansione territoriale e dalle loro favorevoli condizioni di indipendenza. Le numerose Case del Tempio, sparse per tutta Europa, ricevevano numerosi depositi che alimentavano operazioni di prestito e di trasferimento di somme anche ingenti, rigorosamente riportati su registri garantiti dal segreto professionale, tipico della banca moderna. I più importanti regnanti erano clienti dei Templari, unitamente alla Chiesa che aveva aperto numerosi conti nelle diverse sedi dell'Ordine. Le enormi ricchezze raccolte finirono con il suscitare l'invidia e la collera dei principi. Se il cardinali Vitri affermava:" Ciascuno di voi professa di non avere nulla, ma in comune volete avere tutto", Filippo il Bello procedette all'arresto di tutti i Templari, presenti nel regno francese, nel 1307, ed alla confisca dei loro beni, contribuendo alla sparizione dell'Ordine.

Dopo i Templari, altri due ordini cavallereschi esercitarono attività finanziarie: i Fratelli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme (conosciuti anche come l'Ordine dei Cavalieri di Malta) e i Cavalieri Teutonici, che derivavano dagli Ospitalieri le regole di carità e dai Templari la disciplina militare.


La geografia bancaria dell'Europa medioevale


Gli ordini cavallereschi non furono i soli ad approfittare dell'esaurimento delle finanze, pubbliche e private, conseguente alle Crociate. La Chiesa non si affidò solo ai Templari la gestione dei diversi tributi provenienti da ogni parte d'Europa, ma anche i maggiori commercianti italiani, in virtù delle loro ramificazioni territoriale e delle loro indubbie capacità finanziarie, furono incaricati di gestire la riscossione degli affari temporali della Chiesa e di percepire le decime imposte per le Crociate.

La presenza di commercianti, abili tanto nelle attività mercantili che in quelle finanziarie, costituisce una caratteristica dell'Europa medievale, soprattutto lungo le coste del Mediterraneo e del Mare del Nord, le due aree geografiche fortemente dinamiche. Tra questi due poli, le grandi fiere commerciali e le arre più "industrializzate" contribuirono ad una relativa unificazione dei metodi bancari e di raffinati strumenti creditizi. Le maggiori città italiane - Pisa, Genova, Venezia, Firenze e Siena - divennero sedi bancarie per eccellenza espandendo per tutta Europa le loro succursali, non senza correre rischi di notevole portata che per alcune si tradussero in disastrosi fallimenti.

A nord dell'Europa, nella regione Anseatica, troviamo l'altro polo bancario-finanziario, legato allo straordinario sviluppo dell'industria tessile, dovuto ai consumi di lusso. Le numerose ed importanti fiere europee, situate in Francia ed in Italia, conobbero forme di pagamento e di trasferimento di fondi assai sofisticate: lo sconto, la cambiale, la lettera di pagamento, il cambio, la contabilità a partita doppia, nacquero e si svilupparono in questa realtà fortemente dinamica ed innovativa nelle tecniche bancarie.




Lo sviluppo della banca in età moderna


Durante il Cinquecento si assiste ad una pressione congiunta di mutamenti politici, economici e religiosi. A seguito di queste trasformazioni, appare un nuovo tipo di banchiere che, alla tradizionale prudenza, unisce un nuovo spirito imprenditoriale legato al profitto, sintomo delle profonde aspirazioni insite nell'età del Rinascimento: la ragione e il bisogno di espansione. In campo finanziario viene a determinarsi l'esigenza di specializzarsi nelle sole operazioni finanziarie e, per la prima volta, l'utilizzo del denaro si distacca dal suo àmbito naturale - il commercio - per diventare un'attività del tutto indipendente dai traffici mercantili. Tuttavia, il mercante-banchiere rinascimentale tende a riunire in sé una varia molteplicità di attività: commercio, banca, manifattura, cambio, finanza e speculazione.

La Riforma, inoltre,  legittima l'accumulo di ricchezza e favorisce la nascita del capitalismo che presuppone l'emancipazione di tutto il sistema creditizio dalla condanna canonica dell'usura. Calvino giungerà a considerare la moneta come una qualsiasi merce, sconfessando il divieto della Chiesa cattolica. Il calvinismo, in tal modo, consente una forte accelerazione di tutte le attività finanziarie gestite dalle maggiori case bancarie europee, sia cattoliche che protestanti.

La direzione degli investimenti non è solo rappresentata dalle attività mercantili ed imprenditoriali; i prestiti agli Stati, in un periodo di scontri tra grandi potenze - Francia e Spagna in modo particolare - mettono in evidenza il ruolo politico del denaro e la sua importanza nel determinare gli equilibri tra Stati diversi.  L'utilizzo del denaro come strumento di pressione politica è chiaramente evidente nella parole della lettera che Jacob Fugger scrisse a Carlo V dopo la sua elezione ad imperatore:" È conosciuto e chiaro come il giorno che senza il mio aiuto vostra Maestà non avrebbe mai ottenuto la corona dei Romani. In ciò io non ho difeso i miei interessi, perché se avessi voluto separarmi dalla Casa d'Austria e fare affari con la Francia, avrei acquisito molto denaro e molte ricchezze, come mi erano stati promessi".

Il mondo bancario dell'età moderna aveva, però, diversi modelli: accanto ai grandi banchieri come i Fugger, troviamo i Monti di Pietà, i Banchi pubblici e le Banche d'Affari, che provenivano dalla tradizione medioevale.

Nei secoli XVII e XVIII, allo sviluppo economico e sociale degli Stati nazionali, corrisponde un forte dinamismo bancario che si esplicita attraverso la creazione di grandi banche statali: nel 1609 nasce la Banca di Amsterdam, nel 1619 la Banca di Amburgo, nel 1694 la Banca di Inghilterra.

A questo punto, è necessario rivolgere l'attenzione allo sviluppo dei sistemi bancari dei paesi più rappresentativi.





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