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La funzione finanziaria e i circuiti gestionali nelle aziende non profit

economia



La funzione finanziaria e i circuiti gestionali nelle aziende non profit



Par.4.1: Il ruolo della funzione finanziaria

Obiettivo principale di un'azienda non profit è quello di produrre utilità sociale per un numero sempre maggiore di beneficiari. Il processo di realizzazione di tale obiettivo si passa attraverso una serie di attività che, come nelle imprese commerciali, portano alla produzione e distribuzione di ricchez 919j96j za, ma in questo contesto essa assume la forma dell'utilità sociale.. Le aziende non profit, però, distribuiscono tale ricchezza ai soggetti beneficiari della propria azione e non ai soci come avviene nelle imprese commerciali. Questo vuol che l'essenza dell'azienda non profit, così come quella delle imprese commerciali, sta nell'essere un centro organizzato di produzione sistematica strumentale ai fini del fondatore. La realtà appare, però, decisamente diversa; le organizzazioni non profit, che formano il terzo settore italiano, per motivi precedentemente esaminati, assomigliano ben poco a ciò che la dottrina definisce azienda. Caratteristica comune tra queste organizzazioni è la mancanza di durata, o meglio di funzionalità economica poiché giuridicamente continuano ad esistere per molto tempo, e l'autonomia sia decisionale che finanziaria che hanno troppo spesso trasformato le non profit in un'estensione della pubblica amministrazione. Il management della maggior parte delle organizzazioni non profit ha sempre fatto riferimento ad una gestione basata su una logica di ripartizione dei fondi raccolti per lo più presso lo Stato e gli enti locali. Tale gestione è stata, inoltre, caratterizzata da una continua sottovalutazione degli aspetti economici ma soprattutto finanziari. Occorre dire che quest'ultimo fenomeno ha trovato un grande riscontro anche nelle imprese commerciali, soprattutto tra le piccole e medie imprese; già dagli anni '70, però, si assiste ad un processo di finanziarizzazione dell'economia. Le organizzazioni non profit, seppure giustamente convinte della priorità sociale della loro azione, appaiono restie a comprendere la loro natura di aziende e pertanto di centri di produzione duraturi ed autonomi. I processi decisionali e i circuiti gestionali che ne derivano, oltre ad essere limitati sia per la base informativa di supporto che per aspetti gestionali trattati, sono espressione di un approccio passivo nei confronti dell'ambiente e dei sistemi con i quali l'azienda interagisce. Questo vuol dire che nella ricerca dell'utilità sociale ben poco viene fatto per garantire quelle condizioni di durata ed autonomia che sono alla base di un progetto sociale, che per sua natura richiede un periodo di tempo medio lungo per essere realizzato. Nei capitoli precedenti si è avuto modo di descrivere ed apprezzare i contenuti ed i vantaggi di un processo di rivalutazione del ruolo della funzione finanziaria nella gestione delle aziende non profit. Tutto ciò che si è detto, però, per far sì che le organizzazioni non profit pensino ed agiscano da azienda non profit, deve trovare concreta realizzazione in una ridefinizione dei processi decisionali e dei circuiti gestionali. Come detto, la funzione finanziaria entra sia a livello strategico che a livello operativo. Nel primo, essa diviene indispensabile supporto del management nel processo decisionali e di definizione della missione, dei fini, delle strategie e dell'interazione con l'ambiente. Nel secondo, la funzione finanziaria è dotata di potere decisionale autonomo, ma legato all'indirizzo strategico, e supporta il management nel mantenimento delle condizioni di sviluppo e di equilibrio monetario e finanziario. A questo punto occorre fare delle considerazioni su come il processo decisionale e i circuiti gestionali debbano modificarsi così da meglio realizzare tutte le potenzialità della funzione finanziaria.





Par.4.2: La funzione finanziaria nei processi decisionali

La realtà del terzo settore mostra un gran numero di organizzazioni non profit gestite secondo una logica di ripartizione dei fondi. Questa è il frutto di un atteggiamento passivo dell'organizzazione nei confronti dell'ambiente di riferimento; ovvero il management non è in grado di controllare e prevedere ciò che accade intorno a sé, per cui è costretto ad attendere gli eventi e cercare di portare più acqua possibile al proprio mulino. I processi decisionali si rivelano relativamente semplici: i dirigenti prendono atto della situazione esistente e si cerca la soluzione migliore che possa consentire all'organizzazione di durare un altro anno. Viene esclusa qualsiasi forma di perseguimento delle condizioni di durata e autonomia, le quali anzi vengono barattate per un finanziamento o per la concessione in comodato gratuito di un immobile da parte della Pubblica Amministrazione. Quando si esamina la possibilità di un nuovo programma o progetto sociale, oppure la necessità di una riorganizzazione di quelli esistenti, normalmente si inizia col discutere sulle disponibilità finanziarie per l'anno in corso, in qualche caso, sulla possibilità che qualche fonte di finanziamento venga anticipatamente rinnovata per l'anno successivo, oppure su come cambiare i progetti per assecondare i criteri di una particolare legge. Questo porta a due importanti conseguenze: l'attività di finanziamento diversa da quella rivolta alla Pubblica Amministrazione è completamente separata dall'attività di utilizzo dei fondi raccolti; i progetti non rispondono alle esigenze dei beneficiari ma alle lacune gestionali dell'organizzazione. Per quanto riguarda il primo punto risulta evidente come, attraverso una logica di ripartizione dei fondi, i progetti risultino particolarmente precari poiché il loro controllo non è nelle mani del management. La stessa cosa si può dire per quei progetti finanziati dalla Pubblica Amministrazione: in questo caso oltre a dipendere dalla preoccupante puntualità nei pagamenti della Pubblica Amministrazione si perde anche l'autonomia operativa poiché bisogna assecondare i criteri stabiliti dalle varie leggi. Alla base di questa miopia da parte del management si possono addurre i più svariati motivi quali ad esempio: aspetti finanziari quale fonte di contaminazione; soggetti promotori per la maggior parte estranei al mondo manageriale; fondi in qualche modo legati alla causa senza necessità di attività di promozione e comunicazione; dotazione iniziale di ricchezza che illude sul futuro. Appare evidente che in questo contesto è difficile parlare di azienda non profit per come viene inteso questo concetto in dottrina. Tutto ciò che si è detto nei capitoli precedenti riguardo la funzione finanziaria deve ora trovare concreta applicazione all'interno dei processi decisionali, i quali, pertanto, dovranno essere soggetti ad una profonda riorganizzazione sia sotto l'aspetto logico che operativo. La prima conseguenza del processo di rivalutazione del ruolo della funzione finanziaria è l'abbandono della logica di ripartizione dei fondi per passare ad un approccio proattivo nei confronti dell'ambiente di riferimento. Questo vuol dire che l'azienda non profit smette di attendere gli eventi per iniziare a studiarne il passato, il presente e le alternative dinamiche evolutive. Nasce, quindi, il primo fabbisogno fondamentale per l'azienda non profit: l'informazione. Il management attraverso l'informazione riguardante ogni aspetto della realtà che può in qualche modo influire sulla propria attività, e la sua corretta analisi riesce ad incrementare significativamente il controllo sul proprio futuro. Si inizia a parlare di strategia, ovvero di scelte attinenti all'interazione tra l'azienda e l'ambiente di riferimento. Definire una strategia vuol dire predeterminare le linee evolutive dell'azienda in base ai presumibili scenari futuri e ciò porta al perseguimento delle condizioni di durata e autonomia. L'informazione nasce da attività di raccolta ed elaborazione dati (CED) e di reporting, così che il management possa sempre contare su una base informativa attendibile e tempestiva. Occorre, però, precisare che tali attività non sono distaccate dalle altre, ma anzi sono all'interno di qualunque attività esercitata dall'azienda; si può discutere sulla soluzione strutturale a tale problema, ma ciò che conta è che all'interno delle aziende non profit si prenda coscienza dell'importanza che oggi assume l'informazione. Un'implicazione altrettanto importante, che deriva dallo sviluppo della funzione finanziaria, è una nuova metodologia di analisi delle alternative di programma. Il punto di partenza non è più dato dalla disponibilità finanziaria corrente dell'azienda che andrà poi distribuita tra i vari programmi. L'analisi ha le sue basi nella definizione della missione e delle strategia, entrambe supportate da un esame prospettico delle presumibili dinamiche della capacità finanziaria dell'azienda. Quest'ultima è l'espressione delle potenzialità finanziarie dell'azienda in relazione alle proprie capacità e alle dinamiche ambientali. Entrano in gioco i nuovi concetti di diversificazione delle fonti, di fund raising, di finanziamento quale parte di un processo di supporto continuo e duraturo all'azienda. L'attività di finanziamento non è più separata da quella di utilizzo dei fondi, così come i programmi sociali rispondono alle esigenze dei beneficiari e non più alle lacune gestionali. Ecco, quindi, che la logica di ripartizione dei fondi cede il passo alla determinazione dei fabbisogni finanziari e alle modalità più opportune per il loro soddisfacimento; da una gestione basata sulla sopravvivenza si passa ad una gestione e controllo degli eventi entrambi anticipati e a una politica di sviluppo indirizzata lungo linee guida derivanti da un razionale processo decisionale. L'organizzazione non profit diventa azienda e segue la strada dell'efficienza strumentale all'efficacia. Per entrare ancora più nello specifico basta fare riferimento alla scelta tra più alternative di programmi sociali o alla riorganizzazione di quelli esistenti. Le attività informative del management mettono quest'ultimo in grado di procedere: a piani di fattibilità sociale così da restare coerenti alla propria missione; a piani di fattibilità economica così da realizzare concretamente le strategie prescelte; a piani di fattibilità finanziaria così da garantire autonomia e durata delle iniziative. Anche qui si può discutere se sviluppare all'interno della struttura aziendale le competenze necessarie o se rivolgersi a soggetti specializzati; ciò che preme sottolineare è la necessità da parte delle aziende non profit di prender coscienza dell'importanza di tali capacità. La rivalutazione del ruolo della funzione finanziaria rende il processo decisionale un mezzo a disposizione del management per incrementare in modo significativo il controllo sul futuro della propria azienda.



Par4.3: La funzione finanziaria nei circuiti gestionali

Come appena visto, la rivalutazione della funzione finanziaria ha una notevole influenza sui processi decisionali aziendali; questo, però, avviene non perché la funzione finanziaria si presenta più razionale rispetto alle altre, ma per meglio realizzare il potenziale insito nella funzione stessa. Oltre ai processi decisionali, all'interno dell'azienda non profit vengono coinvolti anche i circuiti gestionali. Questi, nelle imprese commerciali, vengono suddivisi in cicli di investimento e cicli operativi in base, rispettivamente, ad impieghi in fattori a fecondità ripetuta e a impieghi in fattori a fecondità semplice1. I fattori a fecondità ripetuta partecipano a più cicli di produzione e consentono un recupero dei capitali investiti dilazionato nel tempo. Nelle aziende non profit il concetto di immobilizzazioni, come si è già avuto modo di vedere, è diverso; esse, infatti, anche se partecipano a più cicli di produzione non consentono un recupero dei capitali poiché la fonte di copertura dei costi non è data dalla vendita della produzione. Sarebbe più opportuno parlare in questo caso di cicli strutturali, cioè di formazione e evoluzione della struttura produttiva dell'azienda. In base ai dati presentati precedentemente sul terzo settore, le spese in capitale fisso non superano il 7% del totale; tale dato, oltre ad essere frutto di una produzione per lo più labor intensive, è anche dovuto ad un'incapacità delle aziende non profit ad affrontare certi tipi di spese che richiedono gestioni lungimiranti che non possono prescindere da valutazioni economiche e finanziarie. Lo sviluppo di una funzione finanziaria permette di definire i cicli strutturali in maniera più razionale. Essa, infatti, permette di legare gli aspetti strategici, gli aspetti dimensionali e gli aspetti finanziari in termini di capacità e supporto nel lungo periodo. Non è difficile vedere nella realtà aziende non profit che non riescono a sfruttare in pieno immobili avuti in comodato gratuito, perché magari pur di cogliere l'occasione si stravolge l'assetto dell'azienda. Nel caso in cui si decide di utilizzare un certo immobile, un'analisi finanziaria del progetto e delle capacità dell'azienda può indirizzare sulla scelta di un mutuo, dell'affitto, dell'acquisto attraverso una specifica raccolta. Può capitare che subentrino problemi che a prima vista spingono verso una soluzione drastica, come una frettolosa cessione dell'immobile e un conseguente ridimensionamento del progetto; una valutazione finanziaria può, invece, dare una soluzione che mantenga l'integrità sociale del progetto, come ad esempio un'operazione di lease back che consente di utilizzare la liquidità ottenuta per riorganizzare la struttura finanziaria e investire in attività di fund raising. Nei cicli strutturali le valutazioni di ordine finanziario assumono una notevole importanza; è qui che si creano le condizioni di durata e autonomia. Indipendentemente dall'organo aziendale che verrà delegato, tale ordine di valutazioni non deve essere trascurato; per cui sia in sede di pianificazione che di programmazione la funzione finanziaria affianca quella sociale. Nel momento in cui si decide di puntare su un immobile o su un certo tipo di struttura, occorre sapere che l'utilità sociale può essere assecondata finanziariamente attraverso varie modalità e che eventuali successivi problemi possono presentare più di una soluzione. Nelle aziende non profit c'è un momento in cui si può parlare di investimento, nel senso finanziario del termine: la struttura delle fonti di finanziamento. Raccolta fondi, sponsorizzazioni, attività di supporto, redditi da capitale sono tra le fonti non pubbliche più comuni e che arrivano a coprire fino al 40% delle entrate. Queste, però, sono anche fonti che richiedono un impiego finanziario iniziale, dal quale si cerca di ottenere il massimo rendimento possibile. Qui la funzione finanziaria assume un ruolo determinante; ogni fonte ha delle caratteristiche proprie di continuità, controllo, quantità, capacità evolutiva. Ognuna di esse inoltre presenta delle specifiche caratteristiche riguardo l'investimento iniziale: una campagna di raccolta fondi richiede un impegno diverso rispetto ad un'attività di supporto. In base alle strategie prescelte dal management, che comunque tengono conto della capacità finanziaria dell'azienda, si procede ad un'attenta analisi quantitativa e qualitativa delle diverse fonti. Tale analisi, però, non deriva da un impegno estemporaneo; essa è frutto di una continua attività di controllo e monitoraggio effettuata attraverso un reporting affidabile e attendibile. Senza questa base informativa, continuamente aggiornata, non sarebbe possibile supportare il processo decisionale strategico con la capacità finanziaria dell'azienda. La vera e propria forma di investimento si ha, quindi, nel processo di definizione della struttura finanziaria, nel quale trovano spazio i tipici strumenti di analisi e reporting finanziario.

Per quanto riguarda i cicli operativi occorre subito notare come qui la funzione finanziaria si avvalga di un autonomo, ma comunque coordinato, potere decisionale. La gestione in senso stretto può essere vista come la realizzazione delle strategie decise a fronte di una realtà che può anche presentarsi diversa rispetto a quanto preventivato. Il management si trova a dover interagire con altri sistemi, quali l'ambiente esterno, gli interlocutori istituzionali, la struttura interna. Il poter disporre di un'attività pianificata senz'altro facilita il compito del management, ma di certo non lo rende semplice. In questa fase l'azienda non profit pone in atto veri propri atti economici come gli acquisti, fornitura dei servizi, operazioni di raccolta ed altri ancora dai quali scaturiscono gli aspetti finanziari. Questi ultimi hanno una traiettoria orizzontale rispetto alla struttura aziendale poiché tutto, nell'azienda non profit, ha una valenza finanziaria strumentale all'efficienza e all'efficacia: gli acquisti, i volontari, condizioni di favore, la promozione, la qualità del servizio ecc. Il management si trova a dover rispettare e mantenere le condizioni di equilibrio monetario programmate; crediti, debiti, flussi, sono grandezze che devono essere monitorate continuamente, compensate l'una con le altre. A questo livello i tempi informativi e decisionali si accorciano notevolmente; il management deve essere in grado di avere una soluzione di riserva nel momento in cui si verifichi una variazione a quanto prestabilito o un evento straordinario. Sorge la necessità di una base informativa che consenta una gestione anticipata degli eventi così da riuscire a rispondere a più alternative. La gestione corrente dovrebbe essere affiancata da una continua predisposizione di budget di cassa a scorrimento mensile, prospetti di cassa mensili, a budget economici suddivisi per interlocutori istituzionali, predisposizione di strumenti finanziari alternativi; questi ultimi possono differire per velocità di attivazione, costo, garanzie, durata, rinnovabilità.  Tutto questo dipende naturalmente dalla complessità della gestione; in aziende estremamente dinamiche, magari perché diversificate, può essere necessario un controllo settimanale; in altre invece si può far riferimento a rapporti mensili. Anche nella gestione corrente occorre un approccio proattivo, ovvero anticipato e tendente ad influenzare gli eventi. Appare necessaria la creazione di un centro di responsabilità per il cash management che mantenga costantemente l'azienda in condizioni di equilibrio e solvibilità.



Par.4.4: Aspetti procedurali e organizzativi

Le implicazioni della funzione finanziaria su processi decisionali e circuiti gestionali non possono non estendersi anche agli aspetti procedurali e organizzativi. Riguardo i primi occorre segnalare come la necessaria forte interazione tra azienda non profit e interlocutori istituzionali e la sua finalità sociale richiedano un processo decisionale rapido e non standardizzato. La rapidità attiene ad un processo decisionale che possa contare su una larga base informativa alla cui costruzione e aggiornamento partecipano tutti i membri della struttura; attiene, inoltre, ad un processo decisionale decentrato ma equilibrato, che deleghi responsabilità lì dove fondamentali sono le capacità e la velocità d'azione, come nel cash management. Un controllo continuo della struttura e degli obiettivi, sempre in funzione delle necessità dell'azienda così da non appesantire la gestione, rende più fluido il processo decisionale. Ciò che differenzia le aziende non profit dalla Pubblica Amministrazione, nonostante il possibile sovrapporsi di campi di attività, è la mancanza da parte delle prime dell'obbligo della parità di trattamento. Questo va inteso nel senso che le aziende non profit sono più portate alla personalizzazione del servizio. E' una particolarità molto importante perché elimina quelle regole burocratiche che stanno alla base della standardizzazione del servizio e che apre le porte a procedure più snelle e a responsabilità decentrata. La personalizzazione, infatti, nasce da una stretta interazione tra beneficiari e livelli operativi ai quali è demandato il compito di soddisfare i diversi bisogni espressi nel modo più opportuno, sempre però rientrando nell'indirizzo generale dell'azienda. Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi si fa spesso riferimento a quanto sta accadendo nelle imprese commerciali. Qui le nuove teorie si basano su strutture più snelle, a carattere meno gerarchico e più funzionale; sempre si parla di reti di imprese o costellazioni portando le questioni organizzative a livello di gruppo. Così come in altre aree anche qui le aziende non profit sono un po' in ritardo. All'interno di esse, il continuo sottovalutare aspetti di gestione quali quelli economici, finanziari, di fund raising, di social marketing ecc. porta di conseguenza a delle forme di organizzazione limitate dal punto di vista di presidio di determinate responsabilità. Sui vari schemi organizzativi proposti dalla teoria si può discutere; la natura delle organizzazioni non profit fa pendere l'ago verso quelle strutture poco gerarchiche e che si sviluppano trasversalmente; ma preme ancora sottolineare la necessità di presidiare certe aree di responsabilità, le quali comunque continuano ad esistere ma sfuggono al controllo del management andando a ledere le condizioni di autonomia e durata. Questa capacità di presidio è a monte rispetto alle valutazioni circa lo sviluppo interno o in outsourcing delle funzioni. Anche nel terzo settore gli aspetti organizzativi iniziano ad essere portati a livello di gruppo; si parla infatti di gruppi formati da una fondazione, un'organizzazione di volontariato e di cooperative sociali. Sfruttando le caratteristiche giuridiche ed economiche, la prima ricopre il ruolo di centrale finanziaria, la quale finanzia   l'organizzazione di volontariato che distribuisce gratuitamente, attraverso l'opera di volontari, i prodotti acquistati presso le cooperative sociali. Queste ultime, oltre supportare l'organizzazione di volontariato, provvedono all'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. E' una soluzione che va approfondita e adattata caso per caso, poiché effettivi vantaggi si hanno nel caso di grandi dimensioni e gestioni abbastanza complesse come ad esempio nelle aziende multiprogetto; queste sono due caratteristiche non molto diffuse nel terzo settore italiano.




Cfr.: Colombi F., op. cit.




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