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Consideriamo il caso in cui un'azienda oltre che a rigenerare il capitale investito in fattori a fecondità ripetuta, riesca anche ad autogenerare nuove risorse.
Tali risorse in quanto destinate id 353h79d ealmente a coprire i costi futuri presunti, nonché il consumo dei fattori a fecondità ripetuta, per la loro natura restano a disposizione dell'economia del sistema per periodi di tempo limitati (c.d. autofinanziamento temporaneo).
Uno dei possibili impieghi delle risorse liberate sta nell'acquisto di fattori a fecondità ripetuta : con tale forma di investimento è possibile ottenere la crescita dimensionale dell'impresa senza che si debba ricorrere a fonti di finanziamento esterne.
Il fenomeno in questione, indicato in dottrina come "Effetto Lohmann-Ruchti", presuppone che l'azienda sia sempre in pareggio e che tutte le risorse finanziarie disponibili vengano reinvestite in fattori a fecondità ripetuta.
Occorre chiedersi se l'effetto Lohmann-Ruchti è ottenibile anche se l'azienda è in perdita e in che misura. Più precisamente: se l'azienda è in grado di rigenerare il capitale investito in fattori a fecondità ripetuta ma non è in grado di autogenerare nuovo capitale per far fronte ai costi futuri presunti beneficierà di tale effetto? E in che misura?
L'esistenza di tale beneficio dipende, oltre che dal momento in cui si avranno le effettive uscite finanziarie rispetto al momento di insorgenza del rischio, soprattutto dal rapporto esistente tra ammortamento (tasso di capitalizzazione) e tra costi futuri presunti.
Se il tasso di capitalizzazione dell'impresa ha un "peso relativo" più elevato di quello di rischiosità, l'azienda potrà espandersi, in quanto i flussi finanziari netti risulteranno pur sempre positivi, viceversa nel caso in cui il tasso di rischiosità sia preponderante.
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