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Alle radici del fair trade: il mutamento dei valori

economia



Alle radici del fair trade: il mutamento dei valori

Lo studio relativo alle origini del commercio equo richiede una contestualizzazione del fenomeno a partire dalla più vasta area dell'economia sociale, nei suoi aspetti relativi alla solidarietà internazionale e alla sperimentazione di forme di economia "alternativa".

Il campo di ind 111c26b agine verte principalmente intorno alla riflessione sulla ricomposizione dei rapporti tra economia e società.

Le critiche al "culto" della crescita e del prodotto interno lordo, espresse dai movimenti sociali emergenti, testimoniarono a partire dagli anni Settanta l'avvento di una generale crisi dei valori, che metteva in discussione il consenso alle strutture socio-economiche vigenti. Le rivendicazioni avanzate dai gruppi di contestazione, al di là della frammentarietà e complessità delle voci di protesta, implicavano il riconoscimento di un disagio diffuso nei confronti della "società economica"[1], cioè della lotta contro la scarsità come principio strutturante della società. La denuncia degli effetti distorti del progresso e della questione ambientale, i temi della crescita zero, dell'irruzione della vita privata nella politica e viceversa, le aspirazioni all'emancipazione e all'autonomia anticonformista conquistarono uno spazio crescente e destinato a sconvolgere gli equilibri sociali esistenti.



Si trattava, in ultima analisi, del graduale passaggio dalla "civiltà materialista" alla società postmoderna, le cui ripercussioni coinvolsero la sfera dell'identità personale e di gruppo.

Il principio della responsabilizzazione dell'individuo, unito alla crisi delle forme tradizionali di identificazione politica, comportò la ridefinizione della posizione del singolo nella

società, in un contesto caratterizzato dalla complessità delle problematiche relative alle strutture sociali, politiche ed economiche.

I valori postmaterialisti implicavano una nuova attenzione alla qualità della vita, in antitesi con il dogma della crescita

quantitativa; ciò significava fare propria una concezione della politica economica che mettesse in primo piano la dimensione della partecipazione alle varie sfere della vita sociale, la salvaguardia dell'ambiente e la questione dei rapporti fra i sessi.

E' in questo periodo, d'altra parte, che si affermano nuovi soggetti collettivi che portano alla cristallizzazione dei movimenti ecologista, femminista e pacifista.

Le forme di lotta attuate da questi soggetti si caratterizzarono per elementi fortemente innovativi rispetto a quelle tradizionali. Piuttosto che l'impronta marxista, è da cercarsi in essi il segno di un socialismo di sapore ottocentesco. Il cambiamento, infatti, era inteso non tanto come presa del potere, quanto come mutamento introdotto nella società gradualmente e a partire da un fitto reticolo associativo e istituzionale, costruito direttamente dalla società civile. Si trattava della strategia della "crescita dal basso", da realizzarsi attraverso la spontaneità e la creatività dei movimenti negli interstizi della società, non occupati dalle grandi logiche dominanti. Trasformare il mondo significava, allora, attuare cambiamenti nella vita quotidiana, che rivestissero il ruolo di esempi e che fossero tali da determinare l'avvio di un circolo virtuoso.



E' in questo orizzonte che si colloca la matrice culturale del movimento del fair trade, ispirato all'idea che il cambiamento debba procedere dall'interno della società, inserendosi per gradi nei punti nevralgici del sistema, per poi diffondersi a macchia d'olio.

Esperienze come quella del commercio equo e dell'economia solidale acquistano valore in quanto tentativi di ricomposizione dei legami sociali e di sperimentazione di forme di economia "alternativa", cioè basata su principi differenti dal puro calcolo utilitaristico. Il proliferare negli ultimi decenni di attività finalizzate al miglioramento della qualità della vita testimonia non solo l'esistenza nella società di un settore consapevole e attivo nella resistenza all'appiattimento socio-culturale, ma anche l'efficacia e il valore pratico delle organizzazioni nate da tali esperienze.



Laville, [1998]






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