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La spazio come oggetto della rappresentazione

letteratura italiana




Ogni testo, soprattutto se di tipo narrativo, è organizzato secondo assi spaziali e temporali, tanto che è possibile ipotizzare l'esistenza di una relazione precisa tra la concezione spazio-temporale di un autore o di un epoca e le caratteristiche formali di un'Opera: è quello ch 626d36g e il critico russo Michail Bachtin ha chiamato "cronotopo"

Nel corso dell'Ottocento, inoltre lo spazio diventa sempre più spesso anche il tema della rappresentazione e non solamente la sua condizione: lo si può verificare con facilità nelle arti figurative (dove il paesaggio conquista una autonomia sempre maggiore), nella narrativa (si pensi al romanzo realista) e, con caratteri del tutto peculiari, anche la poesia.

Nella lirica ottocentesca, tanto in quella di tipo classicistico (nella letteratura il termine ha due significati : a) il culto di alcuni autori greci e latini in funzione normativa e prescrittiva come nel Rinascimento o nel Neoclassicismo ottocentesco; b) l'imitazione di scrittori diversi ritenuti esemplari in un dato periodo e rispondenti a determinate caratteristiche estetiche come l'equilibrio, chiarezza, linearità.) quanto in quella di tipo romantico, ciò che si deve cercare non è però una rappresentazione dettagliata e realistica dello spazio esterno, ma piuttosto il modo in cui lo spazio esterno diventa simbolo e allegoria di qualcos'altro. Ma mentre nei romantici il paesaggio si caratterizza come "paesaggio-stato d'animo" e il soggetto cerca un accordo con la natura, in Leopardi, la cui poetica raccoglie rielaborandola l'eredità del classicismo, accade esattamente l'opposto.



In Leopardi si dà sempre un conflitto tra soggetto e natura che rende sempre possibile trovare in quest'ultima  un'immagine della bellezza e dell'armonia: per tale motivo, anche se Leopardi fa uso del linguaggio più alto della tradizione lirica, il paesaggio nei Canti sottintende sempre una dimensione critica e ragionativa, diventa il punto di partenza per una riflessione filosofica esercitata con gli strumenti della poesia.



ESTERNO

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

E questa siepe, che da tanta parte

Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

Spazi di là da quella, e sovrumani

Silenzi e profondissima quiete

Io nel pensier mi fingo; ove per poco

Il cor non si spaura. E come il vento

Odo stormir tra queste piante, io quello

Infinito silenzio a questa voce

Vo comparando: e mi sovvien l'eterno.

E le morte stagioni e la presente

E viva, e il suon di lei. Così tra questa

Immensità s'annega il pensiero mio:

E il naufragar m'è dolce in questo mare


 
INFINITO






SIEPE SIEPE






ESTERNO

INFINITO





Nei quindici endecasillabi de "l'Idillio" , Leopardi ci dà un esempio di scrittura liricamente concentrata e ricca di immagini che non si risolve però nella manifestazione di uno stato d'animo o in uno sfogo lirico, ma che al contrario, rivela una struttura di pensiero densa e articolata"

Si osserva innanzitutto la concretezza delle immagini: la presenza della siepe che impedendo la vista di ciò che sta al di là di essa, mette in moto il processo immaginativo e fantastico. E' cioè dal finito e dalla sua limitatezza (il colle, la siepe) che inizia la riflessione sull'Infinito e sull'Illimitato.

Nella rappresentazione dello spazio, svolge un  ruolo centrale il senso della vista. Due parole, in particolare, appartengono a quest'area semantica [ guardo, mirando]

Un ruolo importante ha, dopo il senso della vista, quello dell'udito. Anche in questo caso c'è un oscillazione tra questi elementi concreti del paesaggio ed elementi astratti del pensiero. Nel testo cinque parole fanno parte di questa sfera di significati e rinviano alla dimensione uditiva dell'esperienza. [silenzi, odo, silenzio, voce, suon]. Ma ancora più importante della qualità degli elementi descritti (o immaginati) è la loro posizione in rapporto a chi dice io. Leopardi si serve di uno strumento strettamente linguistico per designare questo rapporto. Questo strumento è la deissi, cioè l'uso di parti del discorso in cui il significato diventa esplicito solo in rapporto al luogo dell'enunciazione; in questo caso si tratta dei dimostrativi che sono presenti nel testo in maniera quasi ossessiva. Piegando ad effetti espressivi e poetici uno strumento linguistico così comune e proprio del parlato, come il pronome dimostrativo, Leopardi crea quella continua oscillazione tra finito e infinito che, per i primi dieci versi, mantiene in un equilibrio dinamico la poesia. E sempre grazie ai dimostrativi viene effettuata, negli ultimi cinque versi, la fusione tra riferimenti spaziali concreti e coordinate mentali ed astratte. [questa immensità, questo mare].

Se quindi nella prima parte della poesia, l'Infinito era collocato nella lontananza e nella pura astrazione, negli ultimi cinque diventa qualcosa di concreto e di vicino, al pari della siepe e del colle. Se cioè nei primi dieci versi il finito [odo, mirando, guardo] è ciò che si guarda e si sente e l'Infinito [ mi fingo, vo comparando] ciò che può essere solo immaginato o espresso da un paragone, dalla metà del decimo verso (esattamente dopo la pausa dei due punti) si realizza la sintesi. L'elemento di confine (la siepe) viene oltrepassato dall'immaginazione e l'immensità diventa questa immensità; il mare metaforico in cui il pensiero sprofonda è definito dall'io poetante questo mare. Vediamo più da vicino come avviene questo processo dialettico. Il concetto di infinito iniziale è richiamato dal testo mediante quattro parole-chiave. [sovrumani, interminati, infinito, immensità]. La parola "immensità" nel penultimo verso ha una connotazione molto particolare: non rinvia solamente all'Opera di spazio, ma anche a quella di tempo. E' l'idea stessa di infinito spaziale, anzi, a richiamare per analogia , al verso 10, quella di infinito temporale: l'eterno, il tempo passato e il ciclo interminabile delle stagioni. Questo riconoscimento inatteso dei segnali dell'infinito spazio-temporale nel mondo fisico e reale produce piacere. Non è però il uro e semplice abbandono dei sensi a creare la sensazione di piacevolezza, ma l'idea di infinito generata dall'elaborazione delle percezioni materiali, visive e uditive. L'immagine finale è quella del naufragio : il naufragio del pensiero , delle facoltà razionali ; è l'unica metafora presente nel testo e non casualmente compare solo adesso, quando la razionalità deve dichiarare la propria inadeguatezza. Ciò che non può essere espresso dai concetti può essere invece suggerito attraverso la metafora. Ad essa, per di più, si associa la figura dell'ossimoro. Il "naufragare" è infatti "dolce". La sensazione di sconfitta si accompagna indefinitamente e ambiguamente ad una sensazione di piacere.




Pur essendo modernissimo per struttura e impianto psicologico, l'Infinito di Leopardi si fonda tuttavia sulla poetica settecentesca del sensismo, legata alla riflessione sull'arte degli illuministi. E' questa la base del pensiero filosofico di Leopardi e il cronotopo de "l'Infinito" è radicato in questa concezione del mondo. "il corpo" è "l'uomo" scrive Leopardi nello Zibaldone, dunque il "corpo pensa" , è materia pesante. La causa dell'infelicità umana è individuata nel rapporto tra il bisogno di essere felice e le possibilità di soddisfacimento oggettivo. L'uomo aspira cioè al piacere, ma il piacer desiderato è sempre superiore al piacere effettivamente conseguito. Il desiderio è anzi in se stesso illimitato, e perciò destinato a non essere soddisfatto. Deluso dagli insufficienti appagamenti reali, l'uomo ne cerca di illusori, sperando sempre di raggiungere la felicità nel futuro, oppure accontentandosi di raggiungerla solo nell'immaginazione. L'idea di spazio che deriva da qesta concezione filosofica e che informa la poesia è dunque la seguente: da un lato lo spazio è il luogo concreto che stimola le sensazioni e da dove ha inizio la conoscenza: dall'altro esso è una costruzione mentale basata su queste stesse percezioni: è come abbiamo visto, l'idea di infinito che prima provoca sconforto e poi piacere. Non c'è nessuna prospettiva di tipo idealistico o trascendente; l'intero testo è invece radicato nel sensismo settecentesco e svolge una polemica implicita contro l' Idealismo e le idee romantiche.






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