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ALTRI DOCUMENTI
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GIACOMO LEOPARDI
VITA: Giacomo
Leopardi nasce a Recanati nel 1798, dal conte Monaldo e Adelaide Antici. Nel
1803 l'amministrazione dei beni familiari è tolta al padre, che si ritira
quindi in una velleitaria attività di letterato dilettante, e passa nelle mani
della madre. L'atmosfera di casa Leopardi non è felice ed è caratterizzata
dall'indole della madre, severa, bigotta e povera d'affetti. Il giovane Giacomo
inizia nel 1807 gli studi con i fratelli Carlo e Paolina, inizia a comporre
piccoli componimenti poetici e cerca un proprio spazio autonomo all'interno di
un'educazione di chiaro stampo controriformistico. Tra il 1813 e il 1816 inizia
da solo lo studio del greco; si dedica a ricerche erudite e a varie indagini
filologiche sorprendentemente rigorose e precise. Politicamente sposa le idee
ultralegittimiste del padre. Nel 1817 pubblica sullo «Spettatore» l'Inno a
Nettuno, fingendo trattarsi della traduzione di un originale greco, e due
odi apocrife in greco, presentate come autentiche. Inizia la sua amicizia
epistolare con P 919h77j ietro Giordani ed inizia lo Zibaldone, il grande diario
intellettuale che continuerà sino al '32. Nel 1818 si conclude la sua
conversione politica che lo porta a diventare un patriota repubblicano e
democratico. Nel 1819 le cagionevoli condizioni di salute lo obbligano a
sospendere gli studi; tutto ciò è una spinta a chiarire la propria condizione
di solitudine, di noia, e a maturare il suo pessimismo ancora indeterminato. È
in questo periodo che scrive L'infinito e Alla luna. nel 1820
continuano le composizioni poetiche come, ad esempio, La sera del dì di
festa. Nel 1822 si reca a Roma, il primo viaggio fuori da Recanati: rimarrà
molto deluso. Nel 1823 ritorna a Recanati dove analizza la decadenza nazionale
e gli effetti nefasti della Restaurazione. Nel 1824 scrive la maggior parte
delle Operette morali e l'anno dopo parte per Milano, dove prende
contatto con l'editore Stella, e poi passa a Bologna. Nel 1827 si trasferisce a
Firenze dove conosce Alessandro Manzoni; i due non si capiranno, troppo diversa
è l'indole personale. Nel 1828, finiti i mezzi di sostentamento, dopo aver
composto A Silvia, è costretto a far ritorno a Recanati. Nel 1829
compone: Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il Sabato
del villaggio. Poco dopo aver concluso il Canto notturno, nel 1830,
torna a Firenze ed inizia l'amicizia con un esule napoletano: Antonio Ranieri.
Nell'aprile 1831, durante i moti dell'Italia centrale, escono i Canti
per l'editore Piatti. Nel 1833 Giacomo si trasferisce con il Ranieri a Napoli;
i due vivono in condizioni economiche estremamente precarie. Nel 1835 escono i Canti
per l'editore Starita di Napoli; vi compaiono nuove poesie tra cui Il
passero solitario e il cosiddetto ciclo di Aspasia (Il pensiero
dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia).
Muore, a 39 anni, nel
Epistolario
Storia dell'astronomia
Saggio sopra gli errori popolari degli antichi
Saggio di traduzione dell'Odissea
Traduzione del libro secondo della Eneide
Zibaldone
Operette morali (1827, prima ed.)
Paralipòmeni della Batracomiomachia (dal 1830)
Canti (1831, ed. Piatti, Firenze; molte poesie erano già state pubblicate anteriormente a partire del 1818)
Operette morali (1834, seconda ed.; 1835, terza ed.)
Canti (1835, ed. Starita, Napoli; edizione accresciuta)
Canti (ed. postuma curata da Antonio Ranieri a Firenze 1845)
Pensieri (postumi, 1845)
PENSIERI:
"Che fai tu, luna, in ciel? dimmi che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?"
[...]
Dimmi [...] a che vale
... la [...] vita,
... ove tende
Questo vagar mio breve"
"Abisso orrido, immenso,
[...]
È la vita mortale.
[...]
Se la vita è sventura,
Perché da noi si dura?
"...che vuol dir questa
Solitudine immensa?"
"Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale"
"...Oh te beato,
A cui fu vita il pianto! A noi le fasce
Cinse il fastidio; a noi presso la culla
Immoto siede, e su la tomba, il nulla"
"...dolor non sente
Chi di speranza è nudo?
"Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor"
"E tu [...]
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal"
"Che di quest'anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro"
"E il naufragar m'è dolce in questo mare"
"A te la speme
Nego [...] anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto"
"...tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia"
"E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l'etate
Del mio dolore"
"Nascemmo al pianto [...]
felicità non rise
Al viver nostro"
"...doloroso
Io vivo, e tal morrò"
"La vita all'uom non ha pregio nessuno"
"...ahi, ma nel petto,
Nell'imo petto, grave, salda, immota
Come colonna adamantina, siede
Noia immortale, incontro a cui non puote
Vigor di giovanezza, e non la crolla
Dolce parola di rosato labbro,
E non lo sguardo tenero, tremante,
Di due nere pupille, il caro sguardo,
La più degna del ciel cosa mortale"
"O natura, o natura.
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?"
"...la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m'avanza"
"Tanto alla morte incline
D'amor la disciplina"
"Or poserai per sempre,
Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
Ch'eterno io mi credei. Perì."
"Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo"
"Al gener nostro il fato
Non donò che il morire"
"Ma la vita mortal, poi che la bella
Giovinezza sparì, non si colora
D'altra luce giammai, né d'altra aurora.
Vedova è insino alla fine; ed alla notte
Che l'altre etadi oscura
Segno poser gli Dei la sepoltura"
"Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica"
"La mia inclinazione non è stata mai d'odiare gli uomini, ma di amarli"
"Nessun bene si può avere al mondo, che non sia accompagnato da mali della
stessa misura"
"La morte non è male: perché libera l'uomo da tutti i mali, e insieme coi beni
gli toglie i desiderii. La vecchiezza è male sommo: perché priva l'uomo di
tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti; e porta seco tutti i dolori.
Nondimeno gli uomini temono la morte, e desiderano la vecchiezza"
"Le cose che tu non vuoi che si sappia che tu abbi fatte, non solo non le
ridire, ma non le fare"
"Il mondo è simile alle donne: con verecondia e con riserbo da lui non si
ottiene nulla"
"Nessun maggior segno d'esser poco filosofo e poco savio, che voler savia e
filosofica tutta la vita"
"Gli uomini sono miseri per necessità, e risoluti di credersi miseri per accidente"
"Nessuna qualità umana è più intollerabile nella vita ordinaria, né in fatti
tolleratat meno, che l'intolleranza"
"L'uomo è condannato o a consumare la gioventù senza proposito, la quale è il
solo tempo di far frutto per l'età che viene, e di provvedere al proprio stato;
o a spenderla in procacciare godimenti a quella parte della sua vita, nella
quale egli non sarà più atto a godere"
"Gli uomini si vergognano, non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che
ricevono"
"Il mondo è, come le donne, di chi lo seduce, gode di lui, e lo calpesta"
"Nulla è più raro al mondo, che una persona abitualmente sopportabile"
"Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo"
"Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non
trapassarli"
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