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I PRIMI PASSI DELLA LETTERATURA VOLGARE

letteratura italiana



I PRIMI PASSI DELLA LETTERATURA VOLGARE


Primi secoli del Medioevo_ CULTURA ECCLESISTICA in lingua latina domina in Europa. I chierici, tuttavia, costituiscono una ristretta elìte al di sotto dei quali vi è un mondo popolare in continua evoluzione non conosce né il latino classico, né il latino usato nelle corti e dagli uomini di chiesa, ma si esprime solo nel latino parlato.


Cultura ufficiale della chiesa VS cultura orale popolare




I padri della chiesa danno il via    cultura in lingua romanza (V-X sec)

alla letteratura mediolatina non ha prodotto autonomamente   testi scritti.



seconda metà XI sec_ In Francia si sviluppano le LINGUE ROMANZE d'oltralpe:

  1. lingua d'oil;
  2. lingua d'oc.

In Italia, la produzione italiana si limita ad alcuni documenti non letterari (=sotterranea vitalità del volgare) + testi letterari di San Francesco d'Assisi.


XII-XIII sec._ matura un uso del volgare con una finalità letteraria ben precisa.


ITALIA CENTRALE: attiva nell'elaborazione dei testi in volgare nelle abbazie benedettine. Queste ultime hanno il duplice merito di aver conservato la cultura latina e di essersi avvicinate alla realtà popolare.


XII sec._i chierici, per diffondere la morale cristiana, fornivano componimenti letterari destinati alla recitazione ad attori e giullari. Erano testi di contenuto religioso adatti ad essere compresi da un pubblico non colto.


RITMI: successione di versi senza una schema metrico fisso e raggruppate in lasse di diversa lunghezza, ciascuna caratterizzata dal prevalere di una sola rima o assonanza.



Carattere descrivono le nuove testimoniano l'influenza della

religioso realtà comunali poesia provenzale sul volgare italiano



AUTORI-TESTI


  1. "Indovinello veronese"

Testo scoperto nel 1924 da Luigi Schiapparelli in un codice delle biblioteca capitolare di Verona contenente testi liturgici, ed è databile tra la fine dell'VIII secolo e l'inizio del IX. Dall'analisi linguistica è emerso che il breve scritto fu redatto in uno scriptorium veronese da un copista o da un chierico. La matrice dell'indovinello, pertanto, appare colta, come dimostra la consapevole adozione in genere risalente alla tradizione latina altomedievale, quello degli aenigmata (=enigmi), del quale si riprende lo schema metrico: una coppia di esametri ritmici caudati. Rappresenta la più antica testimonianza scritta in volgare italiano che viene utilizzato in contrapposizione al latino.

Il breve indovinello ritrae, dietro le immagini proprie dell'enigma, l'attività faticosa del copista, che nell'atto della scrittura viene paragonato a un contadino.

Vi è una netta distinzione:

  • primi due versi: scritti in volgare;
  • ultimo rigo: scritto in latino.


Testimonia una fase di transizione dal latino al volgare vero e proprio.


  1. "Iscrizione di San Clemente"

E' fra i primi esempi della poesia in volgare in ambito religioso.

1804-1100 si trova in uno degli affreschi della cappella sotterranea della basilica di San Clemente a Roma.

Tono popolaresco e le immagini raccontano un miracolo del santo: Sisinnio, un ricco pagano, ha mandato i suoi servi, a catturare e ad uccidere San Clemente, convinto che il santo gli abbia sottratto la moglie convertitasi al cristianesimo. Miracolosamente, al posto del corpo, essi si trovarono a trasportare una pesante colonna, mentre il santo, ormai libero, li ammonisce.

Accanto ai vari personaggi vi sono le iscrizioni che riportano le loro battuta: quelle di Sisinnio e dei servi in volgare romanesco e quelle del santo in latino tratte da un testo agiografico anteriore al VI secolo.


Venne definita il primo fumetto della storia della cultura grafica occidentale e usa il volgare in funzione artistica, per creare un effetto di contrasto fra il realismo comico delle battute dei personaggi pagani e la solennità della frase latina del santo.


SCENA DI VITA QUOTIDIANA: un padrone si rivolge ai propri servi con durezza.


Il volgare, in un ambiente dove ormai si usava il latino, doveva creare un effetto comico, così come accade per il dialetto.


  1. SAN FRANCESCO: Tra l' XI e il XII secolo, si svilupparono vari movimenti spirituali di ritorno alla povertà evangelica, assunta come regola di vita. Francesco e Domenico di Guzman, tra altri, scelgono di vivere poveri tra i poveri, e la presenza efficace dei loro ordini di mendicanti nelle nuove società europee provocherà anche una diffusa reazione politica contro le ingiustizie sociali, contro l'usura e gli effetti egativi dell'economia e contro il rapporto padrone-schiavo del feudalesimo.

La Regola di San Francesco fu bullata da papa Onorio III nel 1223 e in tal modo resa stabile e sottratta dal pericolo d'interpretazioni variabili e incontrollate. I francescani conobbero così un grande successo e si diedero un'organizzazione precisa e robusta. Essi abitavano nei grandi conventi delle città europee predicando e insegnando. Dopo il (anno in cui morì San Francesco) si rese più evidente la frattura fra due ali dell'ordine che proponevano interpretazioni contrapposte: per alcuni (gli spirituali) la povertà doveva essere assoluta, per altri (i conventuali) doveva essere più limitata.


"Cantico di Frate Sole"


Non è il primo scritto in volgare italiano con finalità letterarie, ma è il primo di maggior rilievo storico ed artistico primo testo poetico della letteratura italiana.


La stesura del canto viene collocata nel 1224, ma i vv. 23-26 e 27-33 sono collocati in anni diversi.


Non vi è uno schema metrico preciso, ma si tratta piuttosto di una prosa ritmica composta da gruppi di versi, da due e cinque ciascuno.


RAPPORTO POSITIVO CON IL MONDO: Dio rappresenta per l'uomo un mistero, per tanto egli non è degno di nominarlo.; può solo lodare il suo creato sia per la sua intrinseca be 656d37g llezza, sia perché porta significatione dell'artefice.


L'uomo deve dimostrarsi meritevole di appartenere all'armonia dell'universo, di conformarsi alla legge di Dio, accettando la sofferenza e la morte come realtà proprie del mondo improntato dalla volontà divina.


HUMILTATE: l'umiltà per San Francesco è un principio di base per la sua "Regola", cioè della spiritualità dei francescani. E' un concetto con cui si riconosce l'immensità del creato, lodando Dio per le sue creature ed adeguandosi alle circostanze della vita che possono essere negative o positive, ma in entrambi i casi fanno sempre parte della volontà divina.


IL SIGNIFICATO_ La preposizione PER di Laudato si' può essere interpretato in diversi modi:

  • a causa di_ valore casuale, Francesco ringrazia Dio come artefice del mondo;
  • da tutte le tue creature_ complemento d'agente;
  • attraverso_ si sottolinea il rapporto di mediazione tra uomo e Dio svolto dall'Universo.

MODELLI: Francesco si ispira soprattutto alla tradizione dei Salmi, che facevano parte del patrimonio culturale sia del popolo, sia delle classi più colte. La struttura sintattica appare dunque lineare con rarissime inversioni.



  1. ANGELA DA FOLIGNO:

) entra già adulta nel terzo rodine francescano, quello dei laici di ambo i sessi. E' una scrittrice mistica italiana, fa parte di quella schiera di donne semianalfabete o istruite di cui si tramanda che godettero dell'unione con Dio: un'esperienza ineffabile e spesso in odore di eresia, in quanto non mediata dalla Sacre Scritture e, indipendente dalla mediazione ecclesiastica.


"Memoriale di Frate Arnaldo", cap. VII

Angela detta la propria autobiografia in volgare a frate Arnaldo, suo direttore spirituale che stende il memoriale in latino.


Nel passo il contatto con Cristo è descritto in termini concreti e sensuali di un rapporto amoroso, ma per Angela l'assimilazione dell'esperienza mistica all'impeto sessuale non ha niente di scandaloso, poiché amore è sinonimo di conoscenza.

Nel testo emerge l'incapacità di esprimere a parole l'esperienza mistica.


La visione con gli occhi dell'anima è la visione intellettuale e intuitiva della divinità e permette di vedere più chiaramente di quanto si può vedere con gli occhi del corpo.



IACOPONE DA TODI

Nato tra il 1230 e il , e secondo la tradizione la morte drammatica della moglie lo induce ad entrare nell'ordine francescano, dove si schiera con le correnti più rigorose degli spirituali.

Dopo la rinuncia di papa Celestino V è fiero oppositore di Bonifacio VIII nel 1298 è imprigionato e costretto nel carcere all'isolamento.

1306 muore. Scrisse 90 componimenti informa di ballata in forma di ballata sacra e lauda, destinati originariamente ad essere cantati all'interno dei conventi francescani.


"O Iubelo del core"

Il titolo allude all'ebbrezza che l'unione mistica con Dio procura, quella che per Angela era "Gioia suprema indicibile".

La ripetizione del termine iubelo/iubel denuncia le difficoltà di rendere verbalmente quest'esperienza esorbitate rispetto alle normali facoltà umane; ma, nonostante la difficoltà di esprimerla in parole, la dolcezza dell'esperienza mistica non può rimanere nell'interiorità, perciò il grido rimane l'unico modo per esprimere questo sentimento smisurato senza vergogna.


TEMA DELLA DERISIONE: emerge nella terza strofa ed è diffuso in letteratura medievale. Qui la derisione altrui, deriva dal discorso, enfatico e privo di ritegno, intorno all'amore di cui il soggetto sente il calore.


METAFORA amore-fuoco


Atteggiamento razionale nascondere il proprio stato;

VS

Esaltazione mistica induce al grido.


TEMA DELLA "SANTA FOLLIA"= accomuna chi vive l'esperienza mistica, il mondo esterno invece reputa folle chi è preso dall'ardore per l'amore divino.



"Donna del Paradiso"


  • Livello metrico: Lauda drammatica, strutturata secondo le forme della ballata sacra, composta da quartine di versi settenari rimati.

SCELTE LINGUISTICHE: La lauda presenta l'alternanza di due fondamentali registri linguistici.

    1. sermo cotidianus caratterizza l'umanità di Maria e di Cristo (si pensi a forme verbali come «stuta», v. 86, o «lagni», v. 92). Significativi, in particolare, i sostantivi che connotano il rapporto madre-figlio: oltre alla disperata ripetizione del vocativo «figlio» da parte di Maria, spicca il «mamma» con cui ripetutamente Cristo si rivolge alla Madonna (vv. 84, 92, 104), variante intima e affettuosa del più solenne «mate» (presente a v. 108, quando Cristo detta a Giovanni una sorta di testamento spirituale), ma soprattutto parola etimologicamente connessa con l'area semantica dell'allattamento, e quindi con la fisicità del rapporto madre-figlio; quella stessa fisicità cui si riferisce anche Maria quando, rivolta al figlio, si definisce per sineddoche come il «petto o' si lattato» (v. 47).
    2. evidenti richiami evangelici: È il lessico con cui si esprime il Popolo chiamato in causa da Pilato. Va però notato che, nei versi recitati dal Popolo e dal Nunzio, è abbondantemente presente anche il lessico realistico di impronta popolare.
    3. echi provenzali: riscontrabili nel linguaggio di Maria (si pensi al sostantivo «deporto» del v. 77 o all'aggettivo «vermiglio» del v. 116), il cui sentimento di amore materno si esprime del resto in forme umanissime, che sconfinano lessicalmente nell'area dell'amor profano.

  • Livello tematico:

  • La dimensione teatrale del testo e la "Passione della Vergine"

La lauda racconta gli ultimi, drammatici momenti della vita di Cristo e si caratterizza per il fatto che l'attenzione, anziché sulla sofferenza di Gesù, è focalizzata su quella della Madonna. Attingendo ai Vangeli, ad alcuni testi latini che avevano già messo in primo piano la sofferenza della Vergine, a rappresentazioni sacre diffuse nel XII secolo in Italia settentrionale e centrale, Jacopone mette in scena una sorta di Passione della Vergine. L'impostazione teatrale di questo testo - con tutta evidenza differente da quelli fin qui antologizzati - si inserisce nella tradizione della lauda perugina, che si orientava, piuttosto che verso l'ascetismo o il misticismo, nella direzione di una divulgazione del Vangelo e di una umanizzazione dei temi religiosi. La lauda perugina era affidata alla recitazione di alcuni solisti e di un coro, e costituisce un passo importante verso quello spettacolo che nel Quattrocento avrebbe preso il nome di "sacra rappresentazione". Le caratteristiche tematiche della lauda perugina contribuiscono a spiegare uno dei dati più significativi di questa lauda: il fatto cioè che la passione della Vergine risulti, in gran parte, una passione profondamente umana; che Maria appaia, più che come «donna de Paradiso», anzitutto come una madre disperata; che si mostri spesso ignara delle implicazioni teologiche della sofferenza del figlio.


  • L'incomunicabilità tra Maria ed i vari interlocutori

Le prime venti strofe che seguono alla ripresa (e cioè i vv. 4-83) hanno funzione prettamente diegetica. La narrazione è affidata in gran parte al Nunzio, che esorta Maria a correre ai piedi della croce e interviene successivamente (vv. 64-75) a descrivere i particolari della crocifissione in maniera fortemente realistica. A fronte di questo racconto stanno le invocazioni della Madonna, che - inutilmente - cerca di chiamare in causa vari interlocutori. Dapprima viene invocato l'aiuto della Maddalena (vv. 16-19), che però tace; all'invocazione rivolta a Pilato (vv. 24-27) risponde implicitamente, in modo ostile, la folla, il cui Crucifige sancisce la scelta in favore di Barabba. Nessun effetto ottiene neanche l'invocazione al Popolo (vv. 32-35). Allora Maria invoca ripetutamente il figlio, con significativi riferimenti alla fisicità del legame (v. 47, vv. 60-63). Infine, in mancanza di una risposta, Maria chiama come sua interlocutrice la croce, ribadendo la propria umanissima ma inascoltata protesta sull'innocenza di Gesù (v. 55). Si è detto prima che la Passione di Cristo diviene qui Passione della Vergine; ma si potrebbe osservare che, prima ancora che alla Passione, il personaggio di Maria rimanda al dogma della Incarnazione: la Madonna è madre e in nome di questo legame invoca su di sé tutte le sofferenze del figlio.


  • Il dialogo tra la Madre ed il Figlio

A tale dialogo sono dedicate sette strofe. Si tratta, anche stavolta, di un dialogo segnato da una forte incomunicabilità. La voce di Cristo che scende dall'alto della croce appartiene a una dimensione soprannaturale, molto diversa da quella di Maria. Dapprima egli rimprovera affettuosamente la madre per essersi recata in quel luogo; poi le ricorda il suo dovere di rimanere a fianco degli apostoli; infine, di fronte al disperato «voglio teco morire» del v. 97, la affida all'apostolo Giovanni. Non è certo casuale che Cristo pronunci esattamente tre battute, come non era casuale il fatto che il racconto della crocifissione fosse anch'esso contenuto in tre strofe (vv. 64-75): si tratta di riferimenti impliciti alla Trinità e quindi alla natura divina di Gesù. Maria invece rimane umanissima perfino quando chiama in causa il mistero della Trinità: la triplice invocazione del v. 89 («figlio, pat'e mmarito»), trasferisce infatti lo Spirito Santo in una dimensione quotidiana e familiare (tanto che il verso può tranquillamente interpretarsi come l'affermazione che, per una madre, il proprio figlio è tutto).

Il piano soprannaturale su cui si muove Cristo e quello umano di Maria si intersecano tuttavia nell'uso di una parola, il vocativo «mamma», ripetuto per tre volte da Cristo.


  • Il corruptus

Il lamento funebre, interrotto al v. 83, ricomincia nell'ultima parte della lauda e si protrae fino alla fine. La scena drammatica cede il posto all'elegia, con un crescendo patetico affidato in gran parte all'iterazione del vocativo «figlio». Abbiamo già detto che la Passione rappresentata nella lauda, più ancora che quella di Cristo, sembra essere quella della Vergine. È vero che in questi ultimi versi la figura di Maria attinge a momenti di parziale consapevolezza delle implicazioni teologiche del destino del Figlio (vv. 130-131, ma lo stesso era già accaduto al v. 19); più significativa ci sembra però l'invocazione dei versi che chiudono la lauda (vv. 132-135): Maria infatti torna a invocare la propria morte insieme a quella di Cristo, rifacendosi al tema già svolto ai vv. 100-104. Il parallelismo tra le due quartine è tutt'altro che casuale, ed è confermato da precisi richiami di ordine formale (si pensi al ritorno dell'infinito con funzione esclamativa «trovarse», vv. 102 e 134; o all'uso di participi o aggettivi con forte connotazione espressionistica, come «affocato» di v. 103, «abraccecate» e «impiccato» dei vv. 134-135). In sostanza Maria non esce dalla propria dimensione semplicemente umana; e il lamento con cui si chiude la lauda costituisce una conferma della sostanziale incomunicabilità tra il piano umano e il piano divino.




LA POESIA TROBADORICA


Inizi XII secolo sorge nella Francia meridionale (Civiltà Occitanica = Provenza, e Aquitania) il movimento trabadorico in lingua d'oc.


TROVATORI (< trobar = comporre in musica): sono i primi ad avere una coscienza di sé come letterati.


  • Figura della DONNA: nei confronti di essa il poeta si pone in totale sottomissione.

Trasposizione sul piano sentimentale dell'atto di vassallaggio che lega il feudatario al suo padrone.

Il fascino e il prestigio della donna ispirano un ideale di vita che si esprime in un luogo chiuso ed esclusivo opposto al mondo popolare: è la corte feudale con donne colte e raffinate, cavalieri e intellettuali.


_tema sentimentale;

  • SCELTE TEMATICHE _tema politico;

_tema morale.


_ trobar clus = elaborato ed ermetico.

  • SCELTE DI STILE

_trobar leu = aperto e lineare.


TEMA CENTRALE: esperienza amorosa adulterina e non corrisposta.

I poeti provenzali impronteranno tutta la produzione poetica successiva nei vari paesi europei e contribuiranno a creare l'immaginario del romanzo cortese cavalleresco.


CARATTERISTICHE GENERALI


Nasce una cultura mondana fondata su:

  • Le virtù laiche = la magnanimità e la generosità dei signori;

ANTICLERICALE

  • L'amore passione che si sottrae ai dettami della chiesa. 

Infatti la Chiesa appariva come incapace di rispondere sul piano culturale a una visione laica e liebra dei sentimenti e delle relazioni sociali.


Sorgeranno nuovi movimenti religiosi (valdese e cataro) che la Chiesa metterà al bando con l'accusa di eresia, fino a indire la crociata albigese.


LE RIME: poesia accompagnata da strumenti musicali come l'arpa e la viella.

Sistema delle rime è vario:

  • Coblas unissonans: tutti le strofe usano lo stesso schema rimico;
  • Coblas doblas: insieme di rime comune a due strofe consecutive;
  • Coblas capfinidas: stessa parola all'inizio e alla fine della strofa.

   FIN'AMOR: concetto attorno al quale si muove l'immaginario poetico medievale. L'amante che si muove al di fuori dei confini coniugali ha un proprio codice di comportamento che si fonda  sul culto di:

Virtù: valor;

Onore: pretz;

Fervore: jovenz.


Amore;

TEMI dei TROVATORI

Cruda realtà circostante.


FORMA E STILE:

  1. trobar leu: poesia facile e chiara;
  2. trobar ric: poesia ricca di parole rare, ricercate con largo impiego dell'allitterazione;
  3. trobar clus: poesia ricercata fino a diventare oscura e comprensibile solo a pochi.


TROVATORI TROVIERI


Durante i secoli XII e XIII, a seguito della crociata contro gli albigesi, molti escono dai confini della Provenza per essere accolti nelle corti europee (Francia del nord, Germania, Italia settentrionale, Inghilterra).


Nascerà quindi una nuova scuola di trovieri che scriveranno alla maniera dei trovatori, solo in altre lingue e aggiungendo, a seconda delle tradizioni locali, altre tematiche o nuove varianti.

Il più famoso troviere in Italia è Sordello da Goito.



LA SCUOLA SICILIANA


XIII secolo_ molti fuggono in Italia a seguito della crociata contro gli albigesi indetta da Innocenzo III nel 1209.


La Sicilia di Federico II di Svevia ha un importante ruolo di promozione della cultura.

Federico II:

si interessa allo studio delle discipline scientifiche e filosofiche, ereditate dalla cultura araba;

promuove il latino e l'ars dictandi (la retorica, l'arte del comporre);

scrive un trattato sulla caccia col falcone;

dà impulso alla scuola di retorica di Capua e a quella medica di Salerno;

fonda l'università di Napoli.


Scuola siciliana: si può parlare di "scuola" in quanto si riscontra una comunanza di temi e di stili, riconducibile alla presenza del caposcuola Iacopo da Lentini.


Legami indubbi;

Lirica provenzale

Distanze: _non vi sono poeti di professione, ma dilettanti che ritengono la poesia un'attività svincolata dal ruolo pubblico e professionale;

_ il genere si distacca dalla musica: natura più letteraria, testi di lettura.


TEMI:

Abbandono del tema politico, di cronaca o dell'esperienza personale;

FIN'AMOR: amor fino (=perfetto), e la sua fenomenologia attingendo dal repertorio cortese;

Mondo della natura: per esaltare, tramite similitudini, lo splendore dell'amata.

DONNA = DOMINA: associazione donna-signore e amante-vassallo, per esaltare il senso di devozione e inferiorità dell'uomo verso la sua donna.

Maggiore attenzione all'interiorità e all'analisi delle conseguenze della vicenda amorosa nell'individuo.


STRUTTURE METRICHE:

CANZONE;

CANZONETTA;

SONETTO.


LINGUA: livello alto, curata sotto il profilo lessicale e ricca di artifici retorici. Alla base vi è il volgare siciliano, fortemente influenzato dal periodare latino.



AUTORI - TESTI


JACOPO DA LENTINI


) Funzionario imperiale della corte di Federico II di Svevia, viene riconosciuto come caposcuola della lirica siciliana.

Il canzoniere di Jacopo da Lentini risulta oggi composto da trentotto liriche, fra le quali si trovano realizzate tutte le possibilità stilistiche espresse dalla scuola siciliana:

  • La canzone di argomento sublime;
  • La canzonetta con temi narrativi e spesso dialogati;
  • Il sonetto (da lui inventato) dedicato a disquisizioni teoriche, morali e filosofiche.

7. "Meravigliosamente"

Canzonetta con stanze I-II capfinidas, e l'ultima strofa ha la funzione di congedo.


TEMA DEL FENHEDOR: innamorato timido e incapace di confessare all'amata i propri sentimenti, che tuttavia si rivela all'esterno attraverso una sintomatologia ben precisa (sospiri, sguardi, pianti).


I motivi provenzali non vengono ripresi meccanicamente, ma vengono rielaborati attraverso una chiave di lettura più interiorizzata e collegata all'esperienza psicologica e sentimentale del poeta-amante.


Desiderio di contemplare la donna amata;

AMORE VS VERGOGNA VS

Vergogna di rilevare tale passione.



Interiorizzazione del sentimento


Metafore del fuoco  ritratto amata dipinto nel cuore dell'innamorato


Canzonetta tono colloquiale, meno sostenuto, sintassi lineare, stile "medio" inserire nella lirica un breve sviluppo narrativo.


La DONNA assume caratteri quasi ultraterreni, salvifici Stilnovo.



8. "Io m'ag[g]io posto in core a Dio servire"


Armonica chiarezza sintattica e metrica: le due terzine e le due quartine si concludono infatti con un punto, creando un preciso parallelo tra la partizione strofica e le pause sintattiche.


PARADISO

OGGETTI DEL DESIDERIO

DONNA

L a pia intenzione paradisiaca si contamina di una sfumatura irriverente, poiché il poeta dice che non esiste la gioia di Dio senza l'amata. Nelle due terzine pare comunque voler rimediare all'azzardo: specifica che il suo intento non è voler commettere un peccato con la donna, ma è solo di continuare a contemplarla.


TOPOS capelli biondi e espressione lieta della donna.



RINALDO D'AQUINO


Poche notizie pervenuteci su di lui: forse appartiene alla stessa famiglia del filosofo San Tommaso D'Aquino, ma la sua identificazione col Reginaldus, fratello del filosofo e figura di grande rilievo alla corte di Federico II appare incerta.


9. "Già mai non mi conforto"


SOFFERENZA della giovane donna: tema centrale della canzonetta. Il lamento è espresso sotto forma di monologo, è animato da una spontaneità e semplicità di sentimenti che ben si adattano al tono popolareggiante della canzonetta.


Mutazioni psicologiche della protagonista:

  1. momenti di intenso scoraggiamento;
  2. invocazioni accorate a Dio e all'imperatore affinché proteggano l'amato in guerra.

Cronologicamente collocabile tra il 1227 e il , al tempo della sesta crociata, ma ciò non è molto accettabile in quanto il tema su cui si basa il componimento è un topos tradizionale della letteratura di carattere popolareggiante.


Piacque per:

  • Sincerità;
  • Immediatezza;
  • Legame con la situazione storica;
  • Intesa come la crociata contro la dimensione filosofica e astratta di tanti testi siciliani..


BONAGGIUNTA ORBICCIANI


(Lucca circa - circa) fu un poeta appartenente alla scuola toscana.

Bonagiunta Orbicciani,chiamato anche Urbicciani o Bonaggiunta degli Orbicciani, esercitò forse la professione di notaio. Fu un poeta italiano, attivo nella seconda metà del XIII secolo, si ispirò più direttamente ai modi della poesia "siciliana", mediando la sua influenza nell'ambiente toscano. Fu tra coloro che più efficacemente importarono in Toscana le forme poetiche provenzaleggianti della scuola siciliana e soprattutto quella di Jacopo da Lentini.


10. "Voi, ch'avete mutata la mainera"


Questo sonetto polemizza contro la stile poetico nuovo di Guinizzelli, colpevole di aver abbandonato la tradizione lirica amorosa dei trovatori e dei siciliani, ricorrendo poi a un linguaggio complesso e poco chiaro.


Al tono polemico subentra un tono sarcastico, con cui il poeta difende l'antica "maniera" contro le pretese del nuovo gusto.


LA POLEMICA

  • Accusa Guinizzelli (e i suoi seguaci) di voler solo garantirsi fama personale, mentre i poeti siculo-toscani scrivevano per diletto;
  • Motivo del campanilismo: accusa Guinizzelli di scrivere in maniera oscura e incomprensibile, nonostante provengano dalla tradizione dotta dell'Università di Bologna;
  • Fa un'analisi psicologica più approfondita del tema dell'amore grazie agli strumenti speculativi della cultura universitaria.


  • Necessitano quindi un pubblico d'elìte, lettori più colti, non più il vasto pubblico borghese della società comunale.

FEDERICO II IMPERATORE


Federico II Hohenstaufen, o Federico I di Sicilia o di Svevia (Jesi26 dicembre  Fiorentino di Puglia13 dicembre  ), fu re di Sicilia, re di Gerusalemme, imperatore dei Romani, re d'Italia e re di Germania.

Popolarmente conosciuto con gli appellativi stupor mundi ("meraviglia del mondo") o puer Apuliae ("fanciullo di Puglia"), fu Sacro Romano Imperatore dal al . Appartenente alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen, fu inoltre re di Germania, re d'Italia, re di Borgogna, re di Gerusalemme e, col nome di Federico I, Re di Sicilia dal al .

Federico II era dotato di una personalità poliedrica e affascinante che, fin dalla sua epoca, ha polarizzato l'attenzione degli storici e del popolo, producendo anche una lunga serie di miti e leggende popolari, nel bene e nel male.

Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e di innovazione tecnologica e culturale, volte ad unificare le terre ed i popoli, fortemente contrastata dalla Chiesa. Egli stesso apprezzabile letterato, fu convinto protettore di artisti e studiosi.


11."Re Federigo"


Canzone similare sia per temi che per impostazione linguistica a quella di Rinaldo D'Aquino, solo che non si tratta più di un monologo, bensì di un dialogo tra la giovane donna costretta a lasciare l'amante e quest'ultimo in partenza per la Toscana.


Federico è stato uno dei primi ad adottare forme popolari versetto.

In questo poema convenzionale la situazione della lirica cavalleresca si trasforma Il poeta non elargisce un umile omaggio su una fredda e severa maestra.

La domina parla, prega, e piange, come una vera donna di carne e sangue.


Le forme esterne, inoltre, con un metro rapide, un'elegante e semplice struttura rivelano i motivi della poesia popolare nella loro interezza.



ENZO RE


Molto bello e intelligente, fu nominato re di Sardegna dal padre. Il papa Gregorio IX, che aveva la giurisdizione dell'Isola, scomunicò per questa nomina Federico II e iniziò così una lunga serie di battaglie che Re Enzo fronteggiò da protagonista e per cui venne anch'egli scomunicato.

Soprannominato il Falconetto per la grazia e il valore, amava, come il padre, la falconeria, e aveva numerosi interessi culturali.

Durante l'ultima battaglia, il 26 maggio a Fossalta, fu catturato e imprigionato a Bologna nel palazzo oggi in piazza Nettuno. Malgrado fosse costretto alla prigionia, gli fu concessa una vita abbastanza agiata, allietata dalla poesia e dalle dame.

Morì nella città emiliana il 14 marzo 1272.


12."Libro siciliano"


Questa strofa appartiene allo zibaldone di Re Enzo, finora rimasto introvabile, che egli chiamava appunto "Libro siciliano", nel quale l'aveva trascritta da un codice andato perduto.


Importante questa strofa conservata in siciliano antico, tra i pochi esempi della produzione poetica originale della scuola siciliana.


La sicilianità è vistosa: si notino le vocali finali -u e -i al posto delle -o ed -e toscane, la -u al posto della -o in inamuranza, le -i al posto di -e toscana, in posizione tonica. Benché sostanzialmente fedele all'originale, amo non è un tratto siciliano, bensì toscano.



PIER DELLE VIGNE


Nasce a Capua, intorno al 1190. Iniziò la sua carriera nel come notaio al servizio dell'imperatore Federico II. Nel divenne giudice della Magna Curia in qualità del quale gli vennero affidate diverse missioni diplomatiche.

Fu arrestato a Cremona nel febbraio del 1249. I motivi dell'arresto non sono mai stati chiariti e misteriosa rimane anche la morte avvenuta a Pisa o a San Miniato dove era detenuto e dove fu accecato per ordine di Federico II che forse sospettò un suo tradimento.

Pier della Vigna è noto soprattutto per essere citato nella Divina Commedia precisamente nel XIII canto dell'Inferno. Dante Alighieri, ponendolo nella selva dei suicidi, lo assolve dall'accusa di aver tradito l'imperatore.

Pier della Vigna è considerato il massimo esponente della prosa latina medievale; la sua opera più nota è l'Epistolario latino nel quale applica i precetti della retorica delle artes dictandi.



13. "Amore in cui disio ed ò speranza"


Esprime il tradizionale servitium feudale alla donna amata, con il tema caratteristico del languore per l'amore negato e della speranza per l'amore corrisposto.






SCUOLA SICULO-TOSCANA


La cultura poetica siciliana non sopravvive alla fine del dominio svevo nell'Italia meridionale in seguito alla battaglia di Benevento ( ).

La ricca esperienza poetica si trasferisce al nord, attecchendo soprattutto in Toscana, tanto che ancora oggi la linea poetica è definita siculo-toscana.


A differenza dei siciliani, però, i poeti di questa scuola non possono essere definiti "scuola" per la grande diversità che li caratterizza sia sul piano poetico, sia sul piano del linguaggio.


TEMI:

  • Amoroso
  • Politico;
  • Morale;
  • Cronachistico.

LINGUA: lo stile è alto, ma vi è la presenza di alcuni dialettalismi

Vengono introdotte per la prima volta la canzone di argomento politico e la ballata.



GUITTONE D'AREZZO:

ca. Personalità di maggior rilievo nelle liriche toscane.

Nelle sue Rime si possono distinguere tre filoni:

Politico: toni sdegnosi, sarcastici;

Amoroso: ispirato alla tradizione provenzale e siciliana;

Religioso: ballata e lauda, con cui traduce in una dimensione spirituale i principi etici e e civili di giustizia presenti nelle liriche politiche.


La sua produzione comprende 50 canzoni e 250 sonetti, 50 lettere morali ed edificanti , quasi tutte in prosa e scritte in volgare.


Trobar Clus: citazioni bibliche, artifici retorici, poetare denso ed ermetico.


Guittone d'Arezzo era molto vario nelle sue opere, ma anche complesso e irregolare. Ricco di retorica. Per questo Dante lo condanna di essere eccessivo nella retorica, povero di contenuti e poco severo nelle scelte linguistiche.


Guittone d'Arezzo a Bologna:

guittone apparteneva ai guelfi, ma a causa di contrasti politici lasciò la Toscana e andrò a vivere a Bologna, dove aderì ai cavalieri di Santa Maria. Questo segnò molto la sua vita, infatti lasciò moglie e figli per dedicarsi alla sua missione religiosa.


I componimenti e lo stile di guittone:

rimangono circa 300 componimenti poetici di Guittone che vedono il periodo della conversione e l'abbandono della lirica d'amore. Quest'ultima deriva in parte dai Siciliani in parte dai Provenzali, da qui acquisisce la tecnica del trobar clus. Le tematiche variano da situazioni di vita comunale a quelle di vita personale del poeta.


La canzone politica e civile:

l'originalità di Guittone d'Arezzo si rivela nella canzone politica e civile. Qui egli utilizza la tradizione provenzale del sirventese (componimenti poetici e musicali) e del planh (composizioni che hanno il tema del lamento per la morte di un personaggio). In queste opere rivela il suo interesse e partecipazione per la lotta politica.


14. "Ahi lasso, or è stagion de doler tanto"


LA STORIA: Nella canzone "Ahi lasso, or è stagion de doler tanto" Guittone testimonia la sua passione politica per aver assistito a Montaperti, il 4 settembre 1260, alla sconfitta dei Fiorentini guelfi da parte dei ghibellini di Firenze, alleatosi con quelli di Siena e di altre città ghibelline della Toscana, sotto la guida di Farinata degli Uberti e con l'aiuto delle truppe di re Manfredi, figlio Federico II. Il fatto destò molta emozione poiché, sul momento, sembrò che ciò avesse definitivamente rialzato le sorti del partito imperiale e prostrato la potenza del libero Comune fiorentino, ormai in mano dei Senesi e dei Tedeschi alleati.


SCHEMA METRICO: Questa canzone è composta di sei strofe e un congedo in endecasillabi e settenari: ogni stanza è costituita da una fronte che ha due piedi simmetrici (ABBA, CDDC) e da una sirma.


TEMATICHE

  • La prima stanza, percorsa dalla disperata esclamazione "Ahi lasso" (v.1), esprime lo sconforto per la sconfitta di Firenze, che Guittone immagina condiviso da chiunque "ama Ragione" (v.2);
  • Nella fronte dominano i temi del dolore (primo piede: "doler" v.1) e della rovina (secondo piede: "morto.corrotto e pianto" v.4). Lo spunto per le metonimie del fiore ("Fior" v.5) e del leone vengono a Guittone dallo stemma fiorentino in cui compare un leone reggente uno scudo ornato del giglio;
  • La sirma riprende il tema della rovina menzionando le qualità perdute ("grandezza" v.9, "pregio" v.10, "valor" e "poder" v.11) e prosegue con due interrogative retoriche: la prima è introdotta da "Oh lasso", che riprende il primo verso, marcando maggiormente il tema della decadenza di Firenze; la seconda è un'apostrofe a Dio, il quale ha tollerato la sconfitta della giustizia e il trionfo del torto. Nella stanza vengono utilizzati più volte i termini "perire" (vv.7,10,15) e "crudele" (vv.7,13) per ribadire lo stato di sofferenza e di angoscia.

LO STILE: Il linguaggio utilizzato è il toscano letterario, caratterizzato da latinismi ("dia" v.12), francesismi ("ch'a certo" v.7, "e 'l pregio" v.10) e gallicismi.

Questa poesia, espressione di un genere alto, ripreso da altri autori della letteratura italiana (canzone politica ) è particolare sia per la metrica che per il livello elevato dello stile che per la presenza di figure retoriche. Bisogna notare innanzitutto a livello metrico alcuni dati che ne testimoniano la perizia retorica:

- tutte le stanze sono collegate dalla ripresa, realizzando perfettamente la tecnica delle "coblas capfinidas": "altezza/Altezza", vv.15,16;

- la tecnica della rima presenta una notevole varietà: rime ricche nelle quali si ha un'identità di suono ma diverso significato ("Ragione/guerigione", vv.2,3); rime univoche, con cui si ripete la stessa parola; rime equivoche con la ripetizione di una parola uguale per forma ma con significato diverso; rime siciliane.


Tutte queste tecniche hanno una grande rilevanza dal momento che contribuiscono a collegare tra loro sia le strofe che le argomentazioni e a dare maggiore risalto, grazie ad alcune parole-chiave, alla poesia stessa.

RAGIONE = usato nel significato di intelletto, giustizia serve a mettere in forte risalto l'atteggiamento di giustizia dei guelfi rispetto ai ghibellini.

PAROLE CHIAVE

VALORE = assume il significato di vigore, virtù, prestigio e serve a rafforzare il concetto sia dell'alto prestigio di cui godeva Firenze finché i suoi cittadini furono leali fra loro, sia la forza e la virtù che ora gli è stata strappata a causa della morte dei suoi abitanti più nobili, uccisi con dolore o crudelmente imprigionati.


FIGURE RETORICHE: ricorso a tecniche della tradizione retorica, che la cultura medievale aveva preso da quella classica. Vi troviamo, infatti, l'uso della enumerazione tramite il polisindeto, come l'interrogazione "Oh lasso, or quale dia/fu mai tanto crudel dannaggio audito?/Deo, com 'hailo sofrito,/deretto pèra e torto entri 'n altezza?" (vv.12-15); la figura etimologica, che consiste nella ripetizione della stessa radice in parole diverse ("sfiorata/Fiore" v.16); l'iperbato, che consiste nell'invertire l'ordine normale della frase contribuendo ad uno stile elevato ("Altezza tanta ella sfiorata Fiore/fo, mentre ver' se stessa era leale," vv.16-17; l'antifrasi, che è un artificio retorico tendente a rovesciare la situazione attuale, presentando come positivi tutti gli aspetti che sono invece negativi. Quest'ultima figura retorica si riscontra nella poesia politica in genere.


PASSIONE MORALE + PASSIONE POLITICA: la sua passione politica che diviene tutt'uno con la sua passione morale, esprimendo mirabilmente lo stile, la lingua, la metrica ed il contesto storico, culturale e politico del periodo.



15. "Con più m'allungo, più m'è prossimana"





LO STILNOVO


Il "dolce stil novo" si sviluppa nella fertile crocevia che nel 200 lega le città di Bologna e Firenze.


   BOLOGNA: importante ruolo intellettuale per la presenza dell'università e letterario per la fioritura del genere lirico. Legata alla presenza di poeti locali in lingua d'oc e della tradizione siciliana;

   FIRENZE: sede della classe borghese attiva e intraprendente, ricca, evoluta, colta. Afferma una nuova idea di nobiltà, non più legata al rango sociale, ma basata sulle qualità morali e intellettuali dell'individuo.


STILNOVO

 
SCUOLA: condivide un linguaggio lirico nuovo per forma e temi. Vi è poi un'intima trama di rapporti personali fra i poeti, fondata su affinità ideologiche, apertura a influssi reciproci, senza però rinunciare alla propria originalità Non è comunque una traumatica rottura con il passato.


NON SCUOLA: oggi lo Stilnovo non è considerato una "scuola" poiché si pone l'accento sulla radicale diversità fra le poetiche riunite sotto questa definizione, in particolare tra dante e Cavalcanti.


TEMI RIPRESI DALLA TRADIZIONE:

  • Gabbo: burla ai danni del poeta innamorato;
  • Devozione dell'uomo all'amata;
  • Sguardo tramite della passione.

TEMI SCOMPARSI:

  • Immagini bestiari;
  • Mondo marinaresco;
  • I "malparlieri";
  • La ricompensa d'amore.

LA "GENTILEZZA": Con Gentilezza si intende la nobiltà d'animo. Appare unita al tema dell'amore, poiché solo l'uomo dotato di un "cor gentile" può provare il sentimento dell'amore: la nobiltà non è più dunque legata alla stirpe, ma alle qualità umane.


Con lo stilnovo ci troviamo in un ambito sociale cittadino, dove si fronteggiano forze sociali differenti, e la poesia si rivolge ad un pubblico diverso da quello cortese: i destinatari appartengono ad un pubblico elitario.

L'amore diviene oggetto di un'acuta indagine di tipo filosofico e scientifico e i poeti si soffermano ad analizzare la fenomenologia del sentimento sulla base della propria esperienza autobiografica e della sua dimensione di principio assoluto cui il poeta tende a elevarsi spiritualmente.


LA DONNA

  • la figura femminile ha la funzione di fare da tramite tra l'uomo e la sfera divina. In questo modo la donna non assume più la valenza di una lode della bellezza femminile, ma diviene uno strumento vero e proprio di rinnovamento morale e spirituale per l'amante.
  • Donna = intelligenze angeliche. Essa facendosi intermediaria tra l'uomo e Dio, avvia quest'ultimo sulla strada della perfezione spirituale grazie alla sublimazione del sentimento amoroso.
  • La donna si muove sulla scena come una visione estatica, rivolge il suo saluto e lo sguardo, ma non colloquia più con l'amante ed è lodata non più per le sue virtù estetiche e mondane, ma per quelle spirituali: ella appare così smaterializzata, priva di quegli attributi fisici presenti nei componimenti della scuola siciliana.

AMORE E RELIGIONE: quest'antinomia aveva sdegnato la tradizione lirica precedente. Il sentimento amoroso appare invece ora come via privilegiata per l'elevazione spirituale.


FORMA:

  • Sintassi piana e lineare;
  • Scelta di una lingua cittadina come il fiorentino, ma colta e raffinata;
  • Rinuncia a forma plebee;
  • Limitato uso di artifici retorici;
  • Privilegiare canzone e sonetto e a praticare la ballata.




Richiedono un pubblico dal livello culturale elevato e, quindi, trasformano questa produzione in una letteratura d'elite.



GUIDO GUINIZZELLI


Guido Guinizzelli, il "padre" degli stilnovisti


Figura misteriosa: di Guido Guinizzelli non si conosce ne la data di nascita ne di morte con certezza, tuttavia egli occupa un posto importante nella lirica d'amore. La novità stilista di guinizzelli fu seguita sia dai guittoniani che dagli scrittori fiorentini che ne fecero il "padre" dello Stil novo.


Canzoniere di venti testi e pubblico ristretto: il canzoniere di Guinizzelli è composto da venti testi. Il nuovo stile deve essere avvenuto intorno agli ultimi anni di vita. Questa poetica abbandona la retorica per aspirare ad un linguaggio dolce e leggiadro. Ma alla limpidezza occorre un maggiore impegno strutturale e dottrinario, per questo egli viene accusato di intellettualismo poiché i lettori dovevano essere di cultura universitaria. La sua poesia non si rivolge più al pubblico borghese dei comuni, bensì ad una cerchia ristretta di aristocrazia intellettuale.

I temi:

  • L'identità di amore e di cuore nobile;
  • La figura della donna angelo;
  • Le lodi dell'amata.

Tuttavia guinizzelli non viene inserito nella cerchia degli stilnovisti per alcune ragioni. Innanzitutto egli non partecipava all'ambiente culturale, era estraneo agli avanguardisti toscani e la sua concezione d'amore era più aperta e disponibile a sviluppi profani.



16. "Io voglio del ver la mia donna laudare"


L'incontro con la donna e il suo saluto sono l'occasione per poter lodare l'amata.

Stilnovistica è il collegamento tra le lodi fisiche e quelle spirituali. Qui si evidenziano le caratteristiche dello stil novo: la tradizione della lirica d'amore cortese e siciliana e la componente scritturale.


STRUTTURA LINEARE: semplicità festosa del motivo elogiativo struttura compostiva assai lineare.

Sintassi è paratattica.


Soggetto della lode Io iniziale: introduce la figura del poeta come soggetto esecutore della lode.

Oggetto della lode la donna, introdotta anch'essa subito.


Rosa-giglio donna

METAFORE

Stella che splende e pare donna

MOTIVO STILNOVISTA: la bellezza soprannaturale della donna.


TEMA DELLA NATURA: alle sfumature delicate della prima quartina (la rosa e il giglio, la tenue luce della stella del mattino) scendono nella seconda quartina colori più sgargianti esplodere dell'emozione: sono i colori della natura intera (acqua, cielo, fiori, pietre preziose).


L'INCEDERE E IL SALUTO: la seconda parte della poesia abbandona i paragoni naturali per descrivere gli effetti benefici dell'incedere e del saluto della donna, che sostituisce qui, come soggetto, il poeta. Il motivo del potere taumaturgico del saluto è tipicamente stilnovista.


La virtù salutifera della donna è da intendersi in senso spirituale: è la forza della conversione religiosa, operata nei confronti del generico Om ( = uomo).


17. "Al cor gentil rempaira sempre amore"


Si può considerare il manifesto del Dolce stil novo.

METRICA: Questa canzone è formata da sei stanze senza commiato, di dieci versi ciascuna secondo lo schema: ABAB (fronte) cDcEdE (sirma) La fronte è composta di due piedi eguali e presenta tutti endecasillabi; la sirma alterna endecasillabi e settenari. Le strofe sono legate l'un l' altra, tranne l' ultima, con l' artificio provenzale delle "coblas capfinidas", consistente nell' iniziare la strofe con la parola o la  radice della parola ricorrente come l' ultima o una delle ultime della stanza precedente. Da rilevare inoltre la frequenza di rime che si ripetono in stanze successive, di rime identiche e la presenza della rima tipicamente siciliana natura-'nnamora (vv 18-20).


I TOPOI:

La nobiltà va intesa in senso morale, cioè come virtù d'animo, e quindi individuale, e non in senso di prerogativa di nascita e cioè sociale, secondo la concezione aristocratica e feudale della nobiltà ;

L' imprescindibile condizione per l'esistenza dell'amore è la nobiltà spirituale (teoria della gentilezza );

L'amore consiste nell'esplicazione delle nostre inclinazioni o disposizioni virtuose, è cioè elevazione e sviluppo spirituale e soltanto l'uomo che è naturalmente predisposto al bene può assumere in sé l'amore (dottrina d'amore ) ;

La donna è un essere angelico, mezzo di elevazione morale dell'uomo.


ESPOSIZIONE DEI CONCETTI: Si noti che in questa canzone l'esposizione non ha un procedimento ragionativo, ma un calore ed un convincimento che quasi si trasforma in ardore di sentimento. Infatti in ogni stanza il pensiero del poeta si può considerare come un centro luminoso in cui ferve il suo spirito, facendo sì che si passi dall'una all'altra non per virtù dialettica e speculativa ma per improvvisi flash intuitivi. I concetti sono espressi come verità evidenti e perciò non sono dimostrati ma solo paragonati ad alte verità dell'ordine fisico e scientifico, anch'esse evidenti ma difficilmente dimostrabili. E' questo calore che dà alla poesia, il cui valore sarebbe altrimenti unicamente storico e culturale, carattere e pregio poetico.


STILE E RETORICA: merita particolare attenzione l'uso ripetuto e costante della tecnica dell'analogia. Ogni affermazione che riguarda il "cor gentil" è accompagnata da un paragone con fatti e elementi del mondo naturale, quali la "vertute" della "pietra preziosa"o addirittura a riferimenti a nozioni della scienza naturale contemporanea, come l'"adamas". In questo modo concetti astratti, tipo la gentilezza e l'amore, sono verificati sul piano filosofico e resi più vivaci su quello stilistico dal ricorso a paragoni naturali. Addirittura, con la quinta stanza, si passa a fare dei riferimenti, non più terreni, ma relativi al sovrannaturale, tirando in ballo Dio, gli angeli ed i cieli e qui cambia anche la tecnica, che diventa più articolata e complessa dal punto di vista concettuale. Nella sesta, poi, si passa ad una tecnica narrativo-drammatica. L'uso di queste particolari forme retoriche, come la similitudine, la continua ripetizione di parole, quali "amor", "cor gentile" eccetera, il chiasmo dei vv 3-4, il ricorso alle "coblas capfinidas", rendono questa canzone completamente nuova, molto diversa dalla tradizione precedente.



18. "Omo ch'è saggio non corre leggero"


E' la risposta al sonetto "Voi, ch'avete mutata la maniera" di Bonagiunta. I due sonetti rappresentano un esempio di "tenzone" ( < tenso, dal provenzale), cioè di dibattito fra poeti su questioni di carattere amoroso, morale o stilistico, in cui la risposta avviene spesso con lo stesso schema me trico e le stesse rime della proposta.


Questa tenzone dimostra come le "nuove rime" siano state immediatamente colte nel loro carattere fortemente innovativo all'interno del panorama poetico tradizionale.


Il sonetto di Guinizzelli pare piuttosto esclusivo e svincolato dalla querelle poetica suscitata da Bonagiunta.


Nella prima quartina vi è l'esortazione al saggio (cioè il poeta) di non procedere nel giudizio con leggerezza, ma di usare misura frecciata contro l'avversario, ritenuto incauto e superficiale.


Nella seconda quartina Guinizzelli taccia di "follia" colui che crede di possedere la verità, dimentico della virtù della misura e dell'umiltà intellettuale.


Alla fine il poeta suggella il sonetto con un verso che contiene un'allusione a quella che crede sia l'essenza della poesia vera: questa deve nascere da un severo controllo stilistico-espressivo, alieno alla spontaneità e all'immediatezza.



GUIDO CAVALCANTI


Vita: la nascita di Guido Cavalcanti è situata intorno al 1259 ma senza nessuna certezza. La casata dei Cavalcanti era tra le più potenti e nobili di Firenze. Guido si interessò molto alla vita politica fiorentina, ma la inimicizia con la famiglia dei Donati, in particolare con Corso Donati provocò numerosi disordini e i capi delle due fazioni, tra cui anche Guido, furono esiliati. Egli finì a Sarzana dove si ammalò probabilmente di malaria che fu la causa della sua morte.


Un tema unico: l'amore.

L'unico tema nelle poesie di Cavalcanti è l'amore. Egli riconosce nell'anima sensitiva la specificità dell'individuo. L'amore è l'esperienza più complessa dell'anima e pertanto l'unica in grado di esaltare l'identità individuale. E' rappresentato come una minaccia per la vita dell'individuo, il saluto non è più visto come una salvezza, ma come apportatore di distruzione.


Il canzoniere cavalncatiano:  il canzoniere di Cavalcante è formato da circa 50 componimenti . Le forme prevalenti sono il sonetto, la ballata e successivamente la canzone. Vi è tuttavia contraddizione tra forma e contenuto, infatti il poeta dichiara di essere costretto ad amare la passione che lo uccide.



19. "Voi che per li occhi mi passaste 'l core" Guido Cavalcanti

Nell'opera sono descritti gli effetti dell'amore della donna sul poeta. L'amore passa dagli occhi fino al cuore dove vi è incompatibilità tra amore e anima.

La struttura del sonetto accentua l'effetto di inesorabilità e l'atmosfera è cupa e drammatica.


CIRCOLARITA' DEL TESTO: i due versi conclusivi corrispondono simmetricamente a quelli iniziali. Entrambe le parti sono dedicate alla descrizione degli effetti devastanti dell'amore.


POTENZA DELLO SGUARDO della donna + immagine AMORE ARCIERE INFALLIBILE chiusura lirica, ricollegandosi ai versi iniziali.


PERSONIFICAZIONE DI AMORE: questi imperversa con la sua forza distruttrice nell'animo del poeta, annullandone le facoltà vitali ad eccezione della parola.


TEMA DELLA SUPERIORITA' E DELLA FORZA DIVINA DELL'AMORE: la donna, con la sua potenza creativa e distruttiva, è la manifestazione della mente divina della natura datrice di vita e di morte, gioia e sofferenza allo stesso tempo. Di fronte a ciò l'uomo rimane attonito.


ANNIENTAMENTO DEL POETA NELL'AMORE: l'uomo vive un'esperienza di totale annichilimento e la forza dell'intelletto a nulla serve, i cui strumenti di difesa (il giudizio della ragione, la capacità di discernere il bene dal male, l'autocontrollo), appaiono impegnati in una lotta impari rispetto alla violenza della passione.


RAPPRESENTAZIONE

DRAMMATICA DELL'AMORE







Il poeta può così oggettivare il suo mondo sentimentale e raccontare l'esperienza come del tutto svincolata da una dimensione autobiografica, fuori da ogni spazio e tempo: esse deve assumere un carattere universale ed assoluto, fissato da codici e convenzioni (concezione didascalica medievale).

 








POESIA COMICO-REALISTA


Questa corrente poetica si sviluppa in Toscana a partire dalla fine del 1200 contemporaneamente al Dolce Stil Novo.

La caratteristica principale è quella di avere l'intento preciso di opporsi alla poesia aristocratica, prendendo come bersaglio principale il Dolce Stil Novo, in particolare l'amor cortese.

La poesia comico - realistica è una poesia colta e chi la scrive fa parte dello stesso ambiente sociale a cui appartengono anche i dolcestilnovisti. A differenza del Dolce Stil Novo il linguaggio utilizzato è più semplice e facile da comprendere.


"COMICO" poesia è scritta in stile comico, come veniva allora chiamato lo stile umile in opposizione a quello elevato o tragico, alto e più nobile.

"REALISTA" aderente a quella che deve essere la vera realtà o quella che sembra la vera realtà della vita borghese, infatti, all'idealismo cortese degli stilnovisti questa poesia contrappone una rappresentazione più concreta della vita quotidiana.


La donna e l'amore sono presentati nell'aspetto sensuale: all'esaltazione della nobiltà d'animo si contrappone la ricchezza, il vino, la buona tavola, la vita gaudente e spensierata.

È la poesia che descrive la vita quotidiana della borghesia che ama le donne, il vino, i dadi, le taverne.

È una poesia scherzosa, a volte anche aspra, con spesso caricaturale. La rappresentazione dell'ambiente grossolano nel quale si svolge la vita quotidiana nel Comune.

Non mancano gli insulti contro le donne vecchie e brutte, gli attacchi contro i nemici, e reciproci scambi di insulti tra letterati.

Gli autori, tuttavia, non sono persone rozze o incolte e neppure così immediati e schietti come vogliono apparire ma seguono anche in questo caso le norme di un genere codificato che risale alla poesia goliardica medievale.  Lo dimostra il fatto che in questo tipo di poesia si cimenteranno anche poeti stilnovisti come Guinizzelli, Cavalcanti e Dante.

Il cosiddetto realismo degli scrittori significa quindi che prevale in loro, e in queste poesie, un gusto giocoso, della caricatura, della parodia, che riporta a una rappresentazione della realtà e dei rapporti umani povera da un punto di vista morale ma più reale.

È però importante la loro produzione dal punto di vista storico e culturale perché riflette gli aspetti del costume della vita del comune.

Quando questi poeti inoltre si descrivono come squallidi scialacquatori, dissipatori, persone moralmente e socialmente disadattate, se da un lato lo fanno per rispettare le regole tradizionali di questo genere poetico, dall'altro vogliono indicare forse una sorta di insofferenza nei confronti dell'alta cultura ufficiale che si sviluppa in questo periodo.

Tra i principali autori di questa poesia, oltre alla produzione minore dei già citati stilnovisti, ci sono sicuramente figure come il fiorentino Rustico Filippi e il senese Cecco Angiolieri.


C'è una visione edonista del mondo.


EDONE piacere fisico. I contro- valori di questi poeti sono:


v  Donna: strumento di piacere sessuale. Nei poeti scatta la satira nei confronti delle vecchie e delle brutte, le quali vengono descritte come vogliose ma che nessun uomo vuole soddisfare.

v  Taverna e dado: sono i simboli del gioco d'azzardo. Per giocare, però, bisognava avere molti soldi. Ha questo si lega il tema del lamento della povertà in quanto i poeti si lamentavano di non avere soldi a sufficienza; di questo incolpavano il proprio padre o entrambi i genitori definendoli avari

v  Antispirituale: c'è una forte opposizione nei confronti del tema della donna angelo. Il rapporto di coppia, per questi poeti, non è legato al mondo della fede.



Il primo esperimento per dimostrare che questi poeti erano colti è stato fatto dai Poeti Goliardi, i quali erano studenti dell'Università di Bologna. Si divertivano a scrivere poesie oscene in latino per poi farle circolare all'interno dell'Università stessa.



Temi affrontati

_ Amore sensuale e carnale, che affronta la donna in maniera opposta allo Stilnovismo, prendendo come oggetto del proprio poetare la popolana, rozza e apprezzata per la propria corporeità;

_ Amore contro natura, cioè quello omosessuale;

_ Deprecazione della sfortuna e della povertà;

_ Celebrazione del denaro come unico strumento di acquisizione dei piaceri della vita;

_ Rappresentazione di scene della vita quotidiana;

_ Celebrazione dei piaceri materiali come il mangiare e il bere;

_ Maledizioni scagliate contro nemici privati o donne vecchie e non attraenti.


A questi contenuti bassi si abbina uno stile basso, da un lessico corposo (cioè che fa riferimento a oggetti materiali) mescolato a termini aulici, una sintassi semplice ed elementare, talvolta volutamente disarticolata, similitudini e metafore volgari, gusto per l'iperbole (esagerazione), gusto per le affermazioni impossibili (Adunaton o Adynaton).

Cecco Angiolieri


Abbiamo scarse notizie sulla vita di Cecco Angiolieri. Nato a Siena poco dopo il 1260 e morto tra il e il . Sappiamo che fu persona rissosa, che dissipò tutto il patrimonio paterno e che morì nei debiti. L'immagine che emerge dalle notizie che sono giunte fino a noi è quella di un uomo insofferente e indisciplinato, irrequieto dedito a una vita dissipata. I temi della sua poesia sono lo specchio di questa sua vita.


Esalta:

  • La donna;
  • La taverna;
  • Il gioco d'azzardo;
  • Il dado;
  • La ricchezza come unica fonte di felicità.

Odia:

  • L'avversa fortuna che lo vuole sempre in bolletta;
  • I genitori, in particolar modo nei confronti del padre ricco e avaro che non si decide mai a morire e lo tiene sempre senza un soldo.

Descrive poi un amore nei confronti di una donna, Becchina, figlia di un lavoratore di cuoio, da lui descritta come avida di denaro e facile di costumi.

Se si seguisse pedissequamente la descrizione che fa di se stesso, sicuramente avremo la figura di un uomo cinico e cupo. In realtà la sua costruzione è prevalentemente di carattere letterario; Cecco Angiolieri è uno spirito bizzarro e vivace che fa delle sue passioni il pretesto di giochi poetici.

Anche nei sonetti, che sembrano riflettere i momenti reali della sua vita, si avverte un'esagerazione compiaciuta, il gusto della caricatura, il gusto di stupire e sbalordire con una comicità cruda e tagliente. È un letterato colto che sa dosare i suoi effetti e si riallaccia a una tradizione giocosa e burlesca viva in tutto il medioevo.

C'è una scelta di rifiutare le idealità cortesi. È una polemica letteraria incapace di suggerire nuovi ideali ma che indica una crisi di valori e un'insofferenza nei confronti della cultura esistente e denuncia l'esigenza di una cultura più vicina alla vera realtà. Cecco Angiolieri si abbandona a una visione del mondo lontana da riflessioni di carattere morale e religiosa.

Appartiene a quella schiera di poeti che trasformano in gioco il vivere terreno. Riflette un lato dello spirito umano scanzonato, disinteressato e allegro. Sa comporre giocando sulle antitesi, sui contrasti; ne nasce quindi un'intelligenza umoristica che il poeta sa abilmente racchiudere nel sonetto.



21. "S'i fossi foco"


Un insieme di contrasti per colpire l'uditorio, che esprimono il tentativo di smontare tutti i temi centrali e tutti i valori propri della sua epoca.


Vorrebbe essere:

fuoco per bruciare il mondo;

vento, per riempirlo di tempeste;

acqua, per annegarlo;

Dio per sprofondarlo;  Supreme autorità

Papa, per vivere allegramente; dell'epoca

Imperatore per tagliar la testa tutti;  

Morte per andare dal padre dalla madre;

Vita, fuggirebbe da sua madre e da suo padre.


Sono una serie di immagini apocalittiche, con cui evidenzia una forte vena demolitrice e distruttrice che si accanisce contro tutto e tutti. Poi conclude, per stemperare i toni, con una battuta comica a effetto: il tutto si stempera nel semplice desiderio di tener per sé le donne giovani e belle e di lasciar le vecchie e laide agli altri.


Acqua fuoco vento

= serie di tre elementi in ordine di importanza.

Dio Papa imperatore


Acqua- fuoco- vento- morte: già presenti nel "Cantico di Frate Sole" di San Francesco.


GENITORI condannati come:

  • Abitanti del mondo;
  • Cristiani;
  • Sudditi dell'imperatore.

CHIAVE DI LETTURA: chiusura furbesca del sonetto i toni violenti dei primi  versi coinvolgono psicologicamente i lettori in un clima esasperato, tragico, per fare poi meglio esplodere la battuta finale, sulla base del deciso contrasto di comicità.


SFOGO, di un uomo stizzito contro sé e contro gli uomini tutti, che esagera per gioco il suo odio e furore tema antico, comune e sempre vivo, del sogno e della fantasia , dei "se" e dei "vorrei". Visto un tempo come lo sfogo di un poeta "maledetto", oggi lo si valuta come l'espressione artistica di un momento di malumore.


Becchina, amor vuole il falso tradito


Un dialogo vivacissimo e serrato tra il poeta e la donna amata.



l'amante che chiede perdono di un suo errore in tono quasi cortese.

 

feroce e implacabile, che si prende gioco di lui.

 
CECCO BECCHINA



PARODIA: Questa è una chiara parodia dei temi della poesia cortese, dell'amore umile e vassallatico dell'uomo nei confronti della donna.

TEMA DEL CONTRASTO: Esaspera all'interno del sonetto il anch'esso tipico della poesia del tempo.


Usa tutti i canoni della poesia provenzale nelle sue frasi a cui fa rispondere con risposte sferzanti e dure a lei. Lui dichiara amore e lei cerca semplicemente soldi.


23. "Tre cose solamente m'enno in grado"

In questo sonetto esprime quelli che sono i suoi ideali di vita:

Donne;

Taverna;

Gioco.

Questa per lui sarebbe la vera felicità ma sono cose che costano soldi e si lamenta di non poterseli procurare quando vorrebbe, a causa di un padre avaro. Per questo sogna che qualcuno dia un colpo di lancia al padre in modo da ucciderlo perché il padre lo mantiene così magro. E' talmente magro che anche un lungo viaggio non potrebbe farlo dimagrire di più. Il padre è così avaro che togliergli un soldo sarebbe più difficile anche la mattina di Pasqua quando tutti usano dare mance e fare carità. Sarebbe più facile fare catturare una gru ad una poiana [Una poiana è un animale capace di catturare piccole prede non certo un uccello grande come una gru].


È in un certo senso uno sfogo con comica esagerazione, per rendere allegra la risata che raccoglie alla fine. E' anche nello stesso tempo l'enunciazione della sua poetica.



RUSTICO FILIPPI


Rustico Filippi (noto anche come Rustico di Filippo; Firenze, fra il e il - Firenze, fra il e il ) è stato un poeta italiano.

Le note biografiche su di lui sono assai scarse. Di origini ghibelline, nato probabilmente da una famiglia di commercianti, appartenne al popolo di Santa Maria Novella e raggiunse una notevole fama tra i suoi contemporanei come dimostrano gli attestati di stima prodotti da Brunetto Latini (che gli dedicò il Favolello). Ebbe anche la nomea di misogino "Rusticus barbutus".


Il poeta è noto come iniziatore della poesia comico burlesca che avrà largo sviluppo nel XIV Secolo:ha lasciato ventinove sonetti aulici, di argomento amoroso, secondo la tradizione della scuola siciliana ed altrettanti comico-realistici, scritti in linguaggio con forte connotazione dialettale e gusto caricaturale, contro personaggi reali od immaginari.

Della sua produzione, perfettamente "bipartita", sono di maggiore interesse e importanza i sonetti comico-realistici. Spesso di difficilissima interpretazione, a causa di un lessico inventivo e ricco di allusioni oscene o criptiche.


24. "Quando Dio messer Messerino fece"


Grottesca e violenta caricatura del contemporaneo Albizzo de' Caponsacchi, detto dominus Messerinus.

Esso viene rappresentato con una mescolanza di tratti umani e animali.

ROVESCIAMENTO dei tratti curiali del ritratto cortese, o meglio, del tema della "creazione della madonna".


Si individuano corrispondenze lessicali precise che rendono conto del supposto doppio senso delle immagini messer Messerin: messere per antonomasia.

Suffisso -ino: per marcare la specializzazione sodomitica.


METAFORE

Gozzo scroto, ma non in senso erotico;

Cera vermiglia descrizione parte dal basso per culminare con la cera;

Vestimento penetrare;

Doti vocali del corvo uccello che non sa cantare;

Diritta bestia nel savere senno del membro virile (cioè senza cervello);


RICHIAMO AL MITO: richiama a un'ambientazione in contesto burlesco al mito di Zeusi, diffuso e variamente rivisitato nel Medioevo latino e romanzo. Il pittore Zeusi, per dipingere a Crotone, nel tempio di Giunone, la figura di Elena, si ispira alle più belle fanciulle della città, scegliendo di ognuna il dettaglio fisico che la fa eccellere sulle altre.

In questo sonetto, il Creatore invece, non avendo più molto da fare (massima irriverenza), assembla un po' a mò di puzzle bizzarro elementi del mondo animale per creare Messer Messerino.


Il sonetto inizia in tono alto, con riferimento al tema cortese della potenza di Dio manifestata nelle sue opere, ma già potenzialmente minato e contraddetto all'interno dall'antroponimo messer Messerino (soggetto poesia) e prosegue in tono basso, descrivendo le deformità del protagonista.

Si chiude con la ripresa iniziale dell'alternanza di affermazioni alte e basse.



PROSA DEL '200


Il duecento è caratterizzato da cronache in latino, basate sullo schema della storiografia medievale. Anche la storiografia toscana e fiorentina è quasi tutta in volgare, poiché qui la borghesia era ad uno stadio avanzato di sviluppo e la lingua conosce una maturità.


XII-XIII secolo_ la produzione narrativa dell'Occidente presenta stretti legami con quella orientale, grazie all'attività culturale di Federico II di Svevia in Sicilia e Alfonso X il Saggio in Spagna, che fecero giungere in Occidente storie della narrativa orientale.


Il Milione di Marco Polo:

Il Milione di Marco Polo venne probabilmente redatto in francese da Rustichello da Pisa, che era uno scrittore di avventure. È forse egli che diede l'alone avventuroso al libro. Il Milione viene considerato l'unico romanzo epico. Nel libro Marco Polo racconta del suo viaggio in oriente durato 24 anni con suo zio e suo padre. Qui racconta dettagliatamente tutto ciò che vede, in maniera oggettiva, ed è questa la novità.

[vedi allegato TRAMA].


Il Libro dei sette savi:

Raccolta anonima di 14 racconti esemplari (exempla), formatosi probabilmente in India e tradotta poi in persiano, arabo, greco ed ebraico.

Arriva in Europa ai tempi delle crociate e fu tradotta intorno al 1180 in latino da Giovanni di Altaselva, che la intitolò Dolopathos.

TRAMA: contiene la vicenda di un giovane principe, ingiustamente accusato dalla sua matrigna.

CORNICE: giustifica e tiene insieme le altre narrazioni. Ad essa è affidata la funzione didattica e morale della raccolta.

NOVELLE: dotate di autonomia narrativa.


Modo di organizzare il racconto tipicamente orientale.


Il Novellino:

Il Libro di novelle et di bel parlar gientile, sembra essere il suo titolo originale e solo nel 1500 è stato chiamato Il Novellino da Giovanni della Casa (autore del galateo). Rappresenta il risultato della narrazione dilettevole. L'opera è composta da novelle e venne scritto intorno alla fine del duecento. Non si sa se sia stato un unico autore a scriverlo, ma il gusto non era quello di un giullare.

Le novellette sono caratterizzate dalla brevitas, e il tema è di solito burlesco e grossolano.

Il linguaggio è semplice ed efficace poiché ha il fine di essere letto da un pubblico vasto.

E' dunque un insieme ibrido di testi che rispecchia la varietà di forme narrative che sono alla base del racconto occidentale.

 


Contiene:

  • Fabliaux
  • Racconti esemplari di origine orientale;
  • Biografie antiche;
  • Vidas


STRUTTURA DEL TESTO: Non presenta una cornice, ma un Prologo in cui sono presentate le finalità del narrare l'autore anonimo dichiara di raccontare novelle per offrire utili consigli a ben operare e per dilettare (Boccaccia trarrà spunto).


FEDERICO II: E' il protagonista di diversi racconti, in cui si rappresenta una corte palermitana ispirata allo sfarzo orientale, ma si narra dell'indipendenza dell'imperatore rispetto al potere papale e della sua amicizia col sultano d'Egitto.

Egli è descritto come un sultano magnanimo, circondato da una corte ricca e "magica".




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