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EUGENIO MONTALE (1896-1981): VITA, PENSIERO E POETICA

letteratura italiana



EUGENIO MONTALE




VITA


Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896 e, come Ungaretti, è unanimemente considerato un poeta del Novecento, anzi uno fra i più importanti.

Il padre possiede una ditta di commercio mentre egli frequenta la scuola per ragionieri, coltivando parallelamente la passione per la musica, soprattutto per il canto. Nel 1915 partecipa alla guerra, sebbene fosse ideologicamente contrario al conflitto. Nell'estate del 1922 con 151d38b osce Anna degli Uberti, la sua prima donna, che canta nelle sue liriche col nome di "Annetta-Arletta". In seguito entra in contatto con i poeti liguri, con l'aiuto dei quali riesce a pubblicare le prime poesie, e col gruppo di Gobetti. Sulla rivista di questo gruppo pubblica il saggio Stile e tradizione, importante perché riassume la poetica montaliana - la quale si traduce nel bisogno di chiarezza e di semplicità.



Dopo aver omaggiato Svevo nella rivista L'esame, pubblica nel 1925 Ossi di seppia. Intanto firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Croce e nel 1927 si trasferisce a Firenze; lavora come redattore presso la casa editrice Benporad e per un periodo è direttore del gabinetto della rivista Diesseuse. Montale, non avendo la tessera del regime, non poteva ricoprire a quel tempo cariche pubbliche e per vivere si dà da fare con le traduzioni. Nel frattempo conosce la sua seconda donna, Irma Brandeis, che nelle liriche canta col nome di "Clizia". Pubblica la seconda raccolta, Le occasioni, e collabora con Vittorini per la produzione di un'antologia di autori americani.

Nel 1939 conosce la sua terza donna, Brusilla Tanzi, chiamata nelle poesie con l'appellativo "Mosca", che sposerà solo nel 1962. Esce intanto a Lugano, ma non in Italia, la terza raccolta Finis terrae, che confluirà ne La bufera e altro. Durante la persecuzione ospita Carlo Levi e Saba. Si iscrive al Cln (Comitato di liberazione nazionale) e al Partito d'azione. Nel 1948 si trasferisce a Milano, dove lavora come redattore per Il corriere della sera, ma si occupa anche di musica e di traduzioni. Escono intanto alcuni saggi critici e le altre raccolte, come Satura, Diario e Quaderno di quattro anni, tutte confluite in Tutte le poesie della Mondadori.

Montale muore nel 1981 a Milano, dopo essere stato ricoverato in una clinica.



PENSIERO E POETICA


Mentre Ungaretti privava il verso degli elementi superflui, arrivando alla parola pura che pretende di cogliere l'Assoluto, per Montale tutto ciò non è possibile, perché tra l'uomo e l'Assoluto c'è la realtà contingente e ineliminabile delle cose dalla quale non si possono ricavare risposte definitive.

Mentre Ungaretti seguiva l'"insegnamento" di D'Annunzio, Montale segue la scia lasciata da Pascoli, nel senso che il suo linguaggio è preciso e la sua è una poesia delle piccole cose. Per Montale però non è possibile praticare l'analogia perché la parola non allude ma indica con precisione.

Quella dell'uomo è, per Montale, una condizione difficile che non permette illusioni. Attraverso gli oggetti descritti nella sua poesia l'autore identifica la condizione dell'uomo, che risulta estraneo sia alla realtà che all'Assoluto. Infatti l'uomo moderno non riesce a capire né l'una né l'altra cosa: tutto ciò porta ad una paralisi conoscitiva e l'uomo rimane sbalordito di fronte ad una realtà che non riesce a conoscere a fondo. La poetica di Montale è quindi definita "del correlativo oggettivo": ogni oggetto è emblema di una condizione esistenziale. Montale usa quindi l'allegoria (l'emblema) e non la via dell'analogia.

Il "male di vivere" (v. poesia) si configura perciò come la condizione esistenziale per eccellenza dell'uomo moderno, che Montale non spiega ma incarna in alcuni elementi (quali, ad esempio, il rivo strozzato, l'accartocciarsi delle foglie e il cavallo stramazzato). Nell'omonima poesia - che nella prima strofa procede "dall'alto in basso", nel senso che parte dal male di vivere per poi arrivare alla realtà, mentre nella seconda "dal basso in alto" - risalta inoltre un forte contrasto fra il male che affligge l'uomo e "la divina indifferenza", la quale si configura come l'unica vera soluzione di fronte al male. Quest'indifferenza è chiarita da alcuni eloquenti esempi che rimandano ad immagini quali la freddezza di una statua, l'estraneità dai problemi umani e terreni di una nuvola e la libertà di un falco, tutti emblemi di una realtà e di una condizione umana. Di fronte a questa condizione l'uomo deve ritirarsi e osservare la realtà senza porsi problemi: è questo l'unico modo per sopportare il vuoto e l'aridità della condizione umana. La realtà, come già detto, è estranea all'uomo perché egli non riesce a capirla.

La facoltà più importante per il poeta rimane comunque la ragione, attraverso la quale egli cerca di intrecciare con la realtà delle cose qualche, seppur difficile, rapporto di compenetrazione.

Montale tenta infine di instaurare, nelle sue poesie, un rapporto di solidarietà col lettore, consapevole del fatto che entrambi - egli stesso e il suo interlocutore - si trovano nella medesima condizione di sofferenza, e stimola, in questo senso, un rapporto di compassione (dal latino "sentire assieme") che aiuti a sopportare meglio il male di vivere. Questa "sopportazione" e consapevolezza del dolore possono quindi essere riconducibili e giustificabili dal cosiddetto "stoicismo montaliano".



FORMA


Montale rifiuta le avanguardie e tenta di recuperare anzi la tradizione letteraria italiana, nella speranza di ancorarsi a qualcosa di solido.

Il ritorno alla tradizione avviene soprattutto nello stile. Il poeta usa la ragione come facoltà che metta ordine: si ha quindi una forma elaborata, che Montale conquista attraverso la ragione. Egli recupera inoltre i versi tradizionali, ovvero quelli regolari (a differenza di Ungaretti). Per quanto riguarda il lessico Montale usa una certa varietà lessicale (a differenza del monolinguismo ungarettiano).

Il recupero della tradizione non è però del tutto completo: ad esempio si ritrova ancora una certa libertà nella lunghezza delle strofe in quelli che in realtà dovrebbero essere sonetti oppure si hanno dei versi più lunghi del solito quando in realtà essi dovrebbero essere solamente dei semplici endecasillabi. Montale attua e tende quindi alla ricerca di un equilibrio che non viene però perfettamente raggiunto.



OPERE


Montale, sulla scia di molti suoi predecessori, riunisce e inserisce le sue liriche in diverse raccolte, che fa pubblicare man mano e che segnano ognuna importanti tappe per quanto riguarda l'evoluzione del pensiero e della poetica.

Ossi di seppia

Il titolo indica quello che rimane dopo che la natura ha levigato il pesce in questione (la seppia). La raccolta rappresenta quindi l'aridità e la povertà dell'ispirazione di Montale, al quale non rimane quindi altro che narrare delle piccole cose. L'autore cerca perciò uno spiraglio nella natura per trovare la verità; questa ricerca viene fatta anche attraverso la memoria, la quale riesce a trovare la verità nel recupero del passato.


Le occasioni

Le occasioni si configurano come eventi della vita che sono in grado di interrompere la monotonia dell'esistenza umana; essi fanno però sperare invano nella novità perché in realtà si rivelano illusori. Quest'interruzione della "routine", nelle poesie di Montale, avviene anche attraverso incontri e presenze di figure femminili (come Annetta-Arletta).


La bufera e altro

Il titolo della raccolta fa riferimento alla seconda Guerra Mondiale. In queste poesie si assiste ad un'accentuazione del pessimismo di Montale, secondo cui la guerra è un'esperienza di per sé tragica che viene comunque vissuta da egli come un avvenimento fra tanti della storia: essa è una vicenda di portata sconvolgente come lo sono state molte altre. La storia, inoltre, non dà insegnamenti e non concede all'uomo possibilità di cambiamento.


Satura

Il titolo - ed è questa la supposizione più accreditata - potrebbe richiamare il significato originario del termine latino, e rimandare cioè a quel piatto tipicamente romano e pieno di primizie che veniva offerto agli dei: la raccolta si configurerebbe così, in questo senso, come una miscellanea in cui troverebbe posto la realtà che distrugge l'uomo. Il titolo potrebbe però anche fare semplicemente riferimento alla parola "satira".

In queste poesie il male di vivere diventa un problema più complesso. Sintassi e simbologia si complicano e rendono le liriche di difficile comprensione.

La donna diventa tramite fra la realtà fenomenica (ovvero quella materiale delle cose) e quella metafisica: essa è quindi emblema di salvezza (e assume perciò lo stesso ruolo redentore e salvifico che Beatrice aveva per Dante). Come anche nelle precedenti raccolte le donne sono cantate o dopo la loro morte o in seguito alla loro scomparsa o allontanamento dalla vita del poeta (ad esempio Clizia viene cantata quand'è oramai lontana in America).

Tutta la produzione montaliana potrebbe essere letta e vista come un viaggio attraverso la scoperta della verità. In questo senso le prime tre raccolte si configurerebbero come "il diritto" di un'ipotetica medaglia - infatti in esse c'è ancora la speranza di trovare un varco di verità e di salvezza - mentre l'ultima come il rovescio. In Satura si assiste infatti ad un'analisi più pessimista delle precedenti dove l'elemento metafisico scompare e si allontana per lasciare posto alla ben più dura realtà concreta delle cose, realtà nella quale si ritrova la società frenetica dei consumi che ammazza l'uomo e lo stesso viver civile.

Montale arriva perfino al sarcasmo, usando prima la satira e l'ironia. Lo stile di questi componimenti è pertanto più complesso dei precedenti e in esso si ritrova la presenza di frasi aforistiche, spezzettate e sentenziose: lo stile è quindi disarmonico e dissonante.

Su questa linea proseguono il Diario del '71 e del '72 e Quaderno di quattro anni.





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