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FRANCESCO MASTRIANI
Francesco Mastriani è un personaggio che per gli anni in cui è vissuto e ha iniziato a lavorare, sfugge alle collocazioni canoniche.
Egli nacque nel 1819 e morì nel 1891. la sua esistenza, perciò, si snoda nell'arco di quasi tutto l'Ottocento.
La prima parte della sua produzione è considerata romanzesco-sentimentale e, per questo, si colloca tra la letteratura del tardo Romanticismo. La produzione più matura del Mastriani, invece, è stata da alcuni considerata precorritrice del Verismo.
Il Mastriani, a differenza di Matilde Serao che per molto tempo sfugge ad una vera e propria scolarizzazione, può contare su di una solida base culturale. Indeciso se scegliere tra la facoltà di Medicina e quella di Giurisprudenza, il Mastriani deciderà infine di dedicarsi alla scrittura. Giovanissimo, scrive saggi di costume e articoli culturali, politici e sociali. Ben presto, però, si rende conto che questa sua prima produzione non gli permette di guadagnar 333e42d e. Conoscitore delle lingue straniere moderne, il Mastriani può facilmente avere accesso alle opere di letterati stranieri senza aspettare che queste vengano tradotte italiano (Dickens, Balzac).
La sua formazione scolastica e extrascolastica lo rende un letterato dedito anche alla cultura enciclopedica.
Egli inizia la sua attività scrivendo articoli di giornale, ma ben presto mostra anche una certa propensione per l'attività teatrale. Questa sua apertura si colloca lungo la logica di intrattenimento della letteratura, che è tipica di quest'autore. Il Mastriani trovava interessante il fatto che tramite il teatro l'opera letteraria si offrisse al pubblico, tutto il pubblico, senza la mediazione della scrittura e della letteratura stessa.
Dal 1848 in poi il suo estro viene calamitato dal romanzo, poiché egli credeva che questo genere letterario avesse maggiore presa sul pubblico.
I primi romanzi del Mastriani (Sott'altro cielo - La cieca di Sorrento; eegli è anche considerato il capostipite del romanzo giallo in Italia con l'opera Il Mio cadavere) hanno carattere patetico - romanzesco. Sono storie intrecciate, le cui protagoniste sono spesso figure femminili perseguitate, maltrattate o addirittura incarcerate; nel carcere le donne di questi romanzi sovente danno alla luce dei bambini dai quali vengono separate e che rivedono una volta scontata la loro pena. Le trame dei romanzi del Mastriani sono ricche di motivi che hanno facile presa sul pubblico, che era desideroso di commuoversi e partecipare.
Imboccate, quindi, queste strade tematiche, Francesco Mastriani ottiene un discreto successo e inizia a pubblicare i suoi romanzi a puntate sui giornali, prima di pubblicarli in volumi. Questa sua collaborazione con i giornali diventa un vero e proprio doppio lavoro, che egli continuerà a svolgere per tutto la vita. Nella sua autobiografia, redatta dal figlio Filippo, egli è ricordato come colui che girava sempre con la sua boccettina d'inchiostro. Tale immagine non si riferisce solo all'ispirazione "quotidiana" dell'autore, ma anche al fatto che le puntate dei suoi romanzi seguivano l'uscita del giornale e quindi egli era costretto a scrivere secondo le scadenze della rivista. Tramite le uscite sul giornale, il Mastriani aveva la possibilità di ascoltare il pubblico ed è per questo che spesso si trovò a dover far "resuscitare" un personaggio, la cui morte aveva dispiaciuto troppo il pubblico. Questo è ciò che accede, ad esempio, ne I Misteri di Napoli. Il romanzo è incentrato su di un giovane che si innamora perdutamente di una ragazza, tanto che desidera sposarla. La ragazza purtroppo però è molto povera e non ha dote. Per questo motivo il padre del giovane non acconsente al matrimonio e allontana il figlio. Abbandonata la ragazza si ammala gravemente. Rientrato a Napoli e venuto a conoscenza dello stato di salute della sua amata, il giovane la sposa sul letto di morte. Il pubblico dovette essere molto dispiaciuto di questa morte, tanto che il Mastriani è costretto a proseguire il romanzo e a scivolare nell'inverosimiglianza per compiacerlo. Egli narra infatti che qualche anno più tardi il giovane, innamoratosi di un'altra ragazza decide di sposarla. Quando si stanno per celebrare le nozze appare sulla soglia della chiesa quello che tutti credono essere un fantasma, ma che in realtà è la prima moglie del giovane (Bettina). Questa, al cimitero, al momento della sepoltura, si era risvegliata ma aveva esitato a ripresentarsi.
Secondo la biografia del figlio Filippo, il Mastriani scrisse 900 pezzi e 114 romanzi, alcuni dei quali molto lunghi (1400 pagine). Le trame dei suoi romanzi sono spesso ripetitive (sono presenti in abbondanza fughe, tradimenti e riconoscimenti) e la lunghezza dei suoi scritti porta il Mastriani a dover riepilogare la vicenda più di una volta.
Lo scrivere in maniera costante per i giornali comporta nella produzione letteraria di questo autore una scarsa revisione e molte incongruenze. Per rendere meglio l'idea possiamo confrontare il lavoro del Mastriani, talvolta considerato un lavoro "di mercato", economico, più che personale.
Alessandro Manzoni inizia a scrivere il suo capolavoro I Promessi Sposi nel 1820-21. Completa la prima stesura, dal titolo Fermo e Lucia, nel 1825; revisiona il testo e lo pubblica nel 1825-6. Scontento del risultato sia da un punto di vista linguistico che tematico, il Manzoni lima il suo romanzo parola per parola e lo ripubblica nel 1840.
Il Mastriani invece scriveva a profusione, aggiungendo materia sulla materia, perché grazie ad essa guadagnava.
Questo aspetto della sua produzione ha portato molti critici a collocarlo nell'ambito della letteratura popolare e d'appendice, che nella letteratura a grandi lettere.
A causa della popolarità di cui godeva, il Mastriani è stato considerato interessante dalla critica che si è dedicata al suo studio a più riprese. Alla critica odierna deve essere sembrata un po' ingiusta la sua marginale collocazione e la sua produzione è considerata di intenzione naturalistica. Il Mastriani spesso denunzia, infatti, il degrado, lo stato di miseria e di umiliazione della città di Napoli: la sua ampia produzione narrativa, di cui trame e personaggi sono fantasiosi, è collocata su di uno sfondo realistico.
Il Palermo, studioso napoletano che si è dedicato all'analisi della letteratura meridionale, ha individuato un gruppo di opere di questo autore che gli garantirebbero l'entrata nel "vestibolo della letteratura". Si tratta della cosiddetta Trilogia Socialista, composta dai romanzi I Vermi, Le Ombre e I Misteri di Napoli. Queste tre opere in particolare, infatti, denunziano la gravissima situazione di degrado della città di Napoli offrendo un'ampia casistica delle situazioni umane più drammatiche.
I VERMI
Il romanzo presenta le figure di loschi malavitosi e affronta il perverso e il malvagio con un fine educativo. L'opera si presenta, infatti, come un aiuto alle persone, affinché evitino di trovarsi in situazioni pericolose. Essa sfugge alla struttura tipica del romanzo: ha una struttura dissonante, consta per lo più di capitoli autonomi legati tra di loro da un motivo legante. Tra i temi trattati spicca il problema dell'omosessualità, che il Mastriani sostiene si sviluppi in carcere, e quello del sesso come mezzo di corruzione politica. La letteratura in questo caso coinvolge ed educa mettendo in guardia il popolo e i governanti.
Generalmente questo genere di romanzi del Mastriani si muovono su due strade che si intersecano: il SAGGIO (storico, di costume, di politica) e la NARRATIVA.
LE OMBRE
Il titolo è emblematico poiché esso si riferisce alla prostitute, donne che secondo il Mastriani vorrebbero scomparire nell'ombra. Il romanzo si inoltra nel mondo femminile ed in particolare fa perno sulla situazione delle donne nelle classi più povere. In alcune parti l'opera descrive il lavoro femminile ed in particolare quello nelle Filandre, dove le donne erano costrette a lavorare anche 12 ore per ricevere paghe modestissime. Questo intenso sfruttamento delle donne le costringe molto spesso a prostituirsi.
Il romanzo fornisce in più punti precise indicazioni cronologiche e dati statistici reali. Esso ha la costruzione tipica del romanzo storico poiché è costituito da una storia portante attorno alla quale si snodano altre vicende.
Il Mastriani, scrittore attento, mentre mostra la sua modernità denunziando abusi e situazioni aberranti, si rivela tradizionalista in alcuni passi, quando considera la donna un essere comunque subordinato all'autorità dell'uomo, sia esso il padre o il marito.
I MISTERI DI NAPOLI
Il romanzo fu pubblicato a puntate sulla rivista "Le colonne". In esso si affronta il confronto tra l'aristocrazia e la borghesia napoletane e la povera gente. Come sappiamo il Mastriani prediligeva storie dalle tinte forti, capaci di coinvolgere i lettori. È per questo che in questo romanzo egli offre una visione estremamente manichea dei personaggi: ai buoni, che sono tali dall'inizio alla fine, è destinata la grazie; ai cattivi la punizione. E i cattivi, oltre ad essere malvagi verso persone estranee, lo sono anche verso i membri della loro stessa famiglia (una sorta di "cannibalismo"). Nell'opera sono descritte due tra le più grandi piaghe napoletane: la camorra e il brigantaggio. Il Mastriani in esso non nasconde la sua conoscenza degli scrittore stranieri e dichiara di aver preso spunto da Balzac per questo suo romanzo.
Nel romanzo è presente una parte che potremmo definire "saggistica", in cui l'autore fa riferimento alla letteratura sulla camorra e sul brigantaggio con lo scopo di appassionare, ma anche e soprattutto di istruire il lettore. L'opera, come altre dell'autore, è ricca di digressioni contenenti brani informativi: una particolarmente interessante è quella che si inserisce quando un aristocratico sta per partire per Capri e che tratta proprio dell'origine e della storia della splendida isola. Tali brani informativi erano fondamentali per alcuni lettori, che desideravano istruirsi e che potevano trovare nei romanzi di questo autore una sorta di enciclopedia del sapere, riguardante anche le malattie e delle malformazioni, ad esempio.
Partendo dalla delinquenza Mastriani presenta i bassifondi napoletani, discutendo su lacune malformazioni del cranio che, secondo lui, farebbero sviluppare negli individui una sorta di inclinazione al male.
Le famiglie protagoniste della vicenda sono gli aristocratici Massatelli e gli Onesi, onesti contadini. Intorno a loro si muovono una miriade di altri personaggi, tanto che alcuni critici hanno considerato l'opera "Il Romanzo dei Romanzi".
L'opera presenta anche un interessante vocabolario sul gergo camorristico che, per aderenza al realismo, l'autore riporta privo di glosse. Tuttavia, anche se non traduce direttamente le tessere gergali, l'autore spesso le spiega dettagliatamente.
Altro tema che trova spazio nell'opera è quello della monacazione forzata: una delle eredi dei Massatelli è rinchiusa in convento perché innamorata e lì muore di dolore.
SCELTE ONOMASTICHE NEL ROMANZO
Fin dall'apertura il romanzo ci immette in una scena di violenza poiché descrive una serie di omicidi che si susseguono in una sequenza quasi cinematografica. L'ambiente in cui si svolgono le scene è descritto in maniera così fedele e accurata che sarebbe possibile tracciare una carta topografica della città. La precisione in tali descrizioni, in particolare in quella del borgo di S. Antonio dove è ambientata la prima scena, è un modo per autenticare i fatti narrati.
I primi due personaggi del racconto, Masto e Cecatiello, sono presentati attraverso le loro fattezze fisiche e i loro soprannomi. Il Mastriani chiarisce l'importanza di questi soprannomi, di cui spiega il significato "ai lettori borghesi" nel romanzo, poiché questi sono talvolta, secondo lui, più caratterizzanti dei nomi e dei cognomi. Di uno stesso personaggio possiamo trovare spesso più di un soprannome, dovuti ai rapporti e alle caratteristiche che altri personaggi intavolano o vedono in esso (Masto). L'aribitrarietà del nome da assegnare ad un proprio personaggio è un problema importante, significativo che si pone ad uno scrittore. Esistono nomi allusivi, nomi destino o nomi contro destini. Ne I Misteri di Napoli i soprannomi più frequenti derivano:
Dalle fattezze fisiche dei personaggi: Nasone, Guercio, Carpecata (parola dialettale che indica un essere umano sfigurato), Luparegliu (termine che indica un essere sciupato);
Dal carattere dei personaggi: Indemoniata, Scaglietta, Cecagnuolo;
Dal comportamento o dalle abitudini domestiche dei personaggi: Sciasciariello;
Dall'abbigliamento indossato dai personaggi: Sciarpa;
Derivanti da nomi di animali: Soricio, Bruco;
Dai mestieri svolti dai personaggi: U Sapunaru.
Mastriani da molta importanza a questo genere di nominazione e molte volte spiega in maniera dettagliata il motivo di questo o di quell'altro soprannome; è il caso questo di Sacco di Fiori, soprannome di Carmela Cannuolo, donna ritenuta rispettabilissima nel quartiere, soprannominata così dalla "paranza", cioè la camorra, per alcuni cappuccini che usava porre sul capo e che somigliavano ai sacchi in cui si usava porre la farina.
Altrettanto interessante è la scelta del nome di Cecatiello, Serafino Ioiena o Iommeo. Consapevole dell'importanza delle sue scelte onomastiche, il Mastriani scegliere per quest'uomo un nome contro destino ed aggiunge che "quell'obbrobrio" aveva avuto il buongusto, per così dire, di cancellare il proprio nome di battesimo. In una delle frequenti interruzioni del romanzo, il Mastriani riflette su come si potrebbe ben operare la scelta del nome di un bambino se si potesse conoscerne il destino. Il nome di Cecatiello è certamente, abbiamo detto, un nome contro destino: i serafini sono creature angeliche e il termine Ioiena indica in napoletano la giuggiola, un frutto dal sapore dolciastro ed è spesso utilizzato come epiteto affettuoso.
Non meno importante è il nome della figlia di Cecatiello, Marta. Marta è una fanciulla non bellissima, anche se il Mastriani sottolinea che ha dei capelli splendidi, ma è estremamente dolce e gentile. Il suo è un nome destino: il suono della parola Marta consuona con la parola morte ( e infatti tragico sarà il destino della ragazza); inoltre esso potrebbe derivare da bertuccia, passando per Martuccia collocandosi così alle brutte fattezze di Cecatiello che era spesso descritto come una scimmia; infine, potrebbe ricollegarsi alla figura di Marta, sorella di Lazaro, ed indicherebbe così una creatura dolce e buona.
Riflettendo ancora sul destino che un nome porta con sé, il Mastriani in un passo del suo romanzo, osserva che spesso i nomi dei personaggi legati alla malavita inizino con la lettera C, come camorra.
LA LINGUA
Nonostante il Mastriani dia spazio alle tessere gergali la lingua che utilizza, in accordo con la sua formazione, è una lingua aulica, grammaticalmente corretta: egli conserva, ad esempio, alcune forme dell'imperfetto con la V.
COLLOCAZIONE DEL MASTRIANI
Come abbiamo già detto, la collocazione della letteratura di Francesco Mastriani è spesso fonte di disaccordo per gli studiosi. In genere, comunque, è prevalsa per lui l'etichetta, squalificante, di Romanziere d'Appendice. Forse solo il Petronio ha dato cittadinanza letteraria a questa letteratura considerata "minore".
Tra le varie polemiche che si sono accese intorno alla collocazione di questo letterato, particolarmente interessante è quella riguardante una polemica circa la sua collocazione nell'ambito del Naturalismo e del Verismo, cioè in fenomeni letterari non d'appendice.
La produzione del Mastriani può essere collocata nell'ambito del Naturalismo e del Verismo?
Lo stesso Mastriani, in un dialogo con il De Sanctis che aveva attribuito il merito della genesi del Naturalismo al francese Zola, appare risentito dal fatto che il suo contributo "realistico" non sia stato menzionato.
Alcuni studiosi sostengono che il Mastriani non ha del tutto torto: egli ha infatti guardato alla realtà per scrivere le sue opere, soffermandosi soprattutto sulle condizioni del proletariato e del sottoproletariato cittadino tuttavia è anche vero che il Mastriani si fa personaggio nelle sue opere, interviene e guida il lettore in più punti. Ciò fa si che il romanzo non sia totalmente impersonale: egli non rende invisibile la sua mano di scrittore. C'è da sottolineare, inoltre, che sono oggetto di narrativa per Mastriani anche fatti completamente inventati: questa ricchezza di aspetti e sfaccettature che ha questo autore ne rendono complicata la collocazione.
Un'altra osservazione importante da fare e che, gli autori la cui poetica aderisce completamente al Naturalismo e al Verismo, si impongono scelte linguistiche che spesso portano alla liquidazione del linguaggio letterario tradizionale. È vero hce il Mastriani contribuisce all'ammodernamento del linguaggio letterario tramite l'introduzione in più punti di tessere gergali, ma è altrettanto vero che la sua lingua è un ibrido, un compromesso che risente ancora forte mentente di un taglio letterario. A differenza della lingua verista, la lingua di Mastriani appare un composto un po' indigesto, perché nelle sue pagine compaiono moltissime dissonanze linguistiche. Ciò che Mastriani non realizza, è l'italiano medio confezionato da Verga per la descrizione dei suoi pescatori di Aci Trezza.
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