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Il decadentismo europeo

letteratura



Il decadentismo europeo


1857: appaiono in Francia due opere eccezionali, che suscitano scandalo:

Les fleurs du mal di Baudelaire

Madame Bovary di Flaubert

Lo spirito radicalmente negativo delle nuove forme artistiche presenta molti punti di contatto con la cultura romantica: esse però incarnano un culto dell'arte molto più estremo e distruttivo, concentrato sulla solitudine e la libertà dell'artista. Lo stesso termine decadentismo esclude l'idea di un legame troppo stretto col romanticismo e sottolinea la novità di contenuti e forme che rompono esplicitamente con tutta la tradizione dell'arte e della cultura occidentale, r 858b13i egistrando la "decadenza" di un'intera civiltà.

La nuova poesia francese invita a rompere gli equilibri e le gerarchie tradizionali, svela l'ambiguo fascino del brutto, del deforme, dell'artificiale, dissolve ogni legame tra la bellezza e la morale e si immerge nelle più varie forme della corruzione, del male, dell'allucinazione



Si spezza ogni razionalità della parola: essa può cercare un nesso strettissimo con la musica, evocare sensazioni e realtà segrete, inseguire l'inconoscibile che giace al di là dell'apparenza delle cose. La natura appare percorsa da corrispondenze segrete, di cui la poesia deve ritrovare le tracce e gli echi, avvalendosi in primo luogo dello strumento dell'analogia.

Tendenza verso l'espressione difficile e oscura: il discorso del poeta tende ad abbandonare i generi tradizionali e a chiudersi nell'ambito della lirica. Avvio della disintegrazione della base della metrica, il verso, con la nuova esperienza del verso libero.


Huysmans, À rebours


Estetismo: accomuna gran parte delle posizioni definibili come decadenti. È una componente essenziale di molte esperienze inglesi, da quelle dei preraffaelliti a quella di autori come Wilde.


La Scapigliatura


Le tendenze critiche e negative della nuova arte europea arrivano in Italia con notevole ritardo, a causa dell'impegno dei nostri intellettuali nella lotta per l'unità, dell'arretratezza del nostro sviluppo borghese e capitalistico, della mancanza di precedenti esperienze di Romanticismo estremistico.

Nei primi anni successivi all'unità, un tentativo di uscire dai limiti provinciali della nostra letteratura si deve ad un gruppo di scrittori prevalentemente operanti a Milano, i quali erano animati da uno spirito di ribellione contro la cultura tradizionale e il buonsenso borghese Scapigliatura: tutte le forme di ribellione agli equilibri culturali dominanti in Italia negli anni 1860/70.

Caratteristiche del movimento:

Lotta contro il moderatismo del Romanticismo italiano cercano di recuperare gli aspetti più negativi ed estremi della tradizione romantica, si scagliano contro il provincialismo della cultura risorgimentale e contro la politica conservatrice e moralista impostasi dopo l'unità

La realtà non è più vista come un processo organico e coerente, orientato verso uno sviluppo progressivo, ma come un ammasso disordinato di fenomeni, frantumata e contraddittoria, insediata dal male e dal caos.

L'osservazione del nuovo mondo cittadino, nel suo sviluppo, si intreccia alla rivelazione del fantastico, all'emergere di casi strani, bizzarri, inquietanti.

Negazione del valore tradizionale della bellezza, rivendicando scandalosamente il legame del bello con l'orrendo

Gli scapigliati consumavano spesso le loro esistenze in esperienze nuove e sconcertanti, vivendo alla giornata, minati dall'alcol e dalle malattie. Impressionando i benpensanti, essi mostravano cinicamente la "miseria della poesia" la forza eversiva dell'arte sta proprio in questa sua inessenzialità.

Esponenti della Scapigliatura:

Cletto Arrighi

Iginio Ugo Tarchetti

Emilio Praga

Arrigo Boito


La narrativa naturalista


Seconda metà dell'800, Francia: la narrativa realista guarda alla realtà sociale elaborando un metodo rigoroso che si basa sui fatti, su un'analisi delle condizioni ambientali e psicologiche che agiscono sui personaggi, e rifiuta ogni ingerenza del narratore nelle vicende narrate. Si vuole una narrazione oggettiva Naturalismo.

La scrittura naturalistica si basa sulla convinzione che un linguaggio diretto sia in grado di offrire un'immagine credibile della realtà; essa mira quindi a concentrare l'interesse sulla materia della narrazione, più che sulle sue forme.

Negli anni '60 Emile Zola dà, col romanzo Thérèse Raquin, una rappresentazione analitica e scabrosa della vita di un personaggio femminile. Più tardi egli definirà il metodo narrativo naturalistico, che segue da vicino gli orientamenti della scienza positivistica e mira a sviluppare la narrazione per via sperimentale. Il naturalismo di Zola ha un'impronta laica, democratica e progressista, e mira ad un miglioramento delle condizioni di vita.


GIOVANNI VERGA


La strada del verismo

Verismo: nuovo sguardo alla realtà siciliana e ricerca di una narrazione oggettiva, da cui sia allontanata ogni traccia dei sentimenti dell'autore.

Verga tenta di rappresentare, per la prima volta, il mondo contadino siciliano con la novella Nedda (1874).

Il canone dell'impersonalità si lega strettamente alla necessità di guardare al mondo dei contadini e dei pescatori da una certa distanza, perché solo in questo modo si può dare forma alla verità di quel mondo.

V. inserisce questa dimensione narrativa nella propria visione globale dell'esistenza (di matrice positivistica), che si riassume nell'ideazione di un ciclo di cinque romanzi, I Vinti. Con esso, egli si propone di seguire la lotta per la vita nelle diverse classi sociali, dalle più basse alle più alte. Lo scrittore si pone come osservatore, che si interessa (senza giudicare) dei vinti, cioè di quanti vengono travolti dalla "fiumana" del movimento sociale.

Fantasticheria (1879): sotto forma di un discorso rivolto ad un'elegante signora che ha soggiornato con l'autore per 48 ore nel borgo di pescatori di Aci Trezza, V. offre uno scorcio sul mondo poi rappresentato ne I Malavoglia. Egli sottolinea così tutta l'incommensurabilità tra il mondo alto e quello dei "poveri diavoli". Al turbine di una realtà in continua trasformazione, si oppone la forza di "quei sentimenti miti, semplici, che si succedono di generazione in generazione".



Verga novelliere: "Vita dei campi"

Raccolta di novelle del 1880, tra cui Rosso Malpelo, Fantasticheria, Cavalleria rusticana. Descrivono un mondo rimasto a lungo fuori della storia, che appare regolato da una "fatale necessità", la quale impone rapporti fatti di cose, di crude esigenze materiali. La vita della campagna siciliana si rivela attraverso i suoi ritmi sempre uguali, la costrizione della miseria e del lavoro più ingrato, l'ostilità della natura, la violenza reciproca tra gli uomini. Nell'adesione dei suoi personaggi alla natura immobile e alle tradizioni arcaiche V. scorge una profonda autenticità, la capacità di accettare fino in fondo la durezza della lotta per la vita. La nozione dell'impersonalità e la poetica della "distanza" servono a mettere in evidenza l'alterità dei personaggi.

La narrazione viene da una voce popolare, che racconta i fatti dall'interno. Dialogo incalzante.

Sovrapporsi di tensione tragica e di interventi sarcastici.


I Malavoglia

Pubblicato a Milano presso l'editore Treves nel 1881, costituisce la prima tappa del ciclo dei Vinti.

V. vuole offrire del mondo dei contadini e dei pescatori di Aci Trezza un'immagine ricca ed intensa, calandosi all'interno dei suoi valori arcaici; la partecipazione al destino dei personaggi esclude comunque una diretta partecipazione dell'autore.

Canone dell'impersonalità.

Narratore popolare.

Punto di vista collettivo (le vicende dei Malavoglia sono sempre pubbliche).

Il dialogo si affida alle ripetizioni tipiche dell'epica e della letteratura popolare: uso di formule, proverbi, nomignoli, allusioni a realtà e valori considerati assoluti e da tutti condivisi.

Il "coro" è sempre pronto a riconoscere che tutto ciò che accade è giusto, è come deve essere, e quindi a considerare le vittime come colpevoli di quanto loro accade

La sventura dei Malavoglia prende avvio dalle prime novità che la formazione dello Stato unitario hanno portato nel loro mondo. Nel romanzo sono numerose le situazioni in cui quel mondo immobile, rimasto sempre chiuso in se stesso, entra in un rapporto rovinoso e distruttivo col nuovo mondo borghese. Coloro che tentano di confrontarsi col divenire del mondo storico sono destinati alla sconfitta.


Mastro-don Gesualdo

Il secondo romanzo del ciclo dei Vinti apparve a Milano presso l'editore Treves nel 1889.

Sparisce la voce del narratore popolare e la narrazione sembra fondarsi su un'ottica totalmente oggettiva, porsi come secca registrazione della violenza della realtà.

I rapporti tra i personaggi emergono dall'incalzare dei dialoghi, che diventano strumenti micidiali con cui i personaggi si maltrattano reciprocamente.

Gesualdo è l'immagine della forza umana che accumula, che domina la realtà fisica. Ma la sua forza viene contaminata e piegata falla sottile vanità che lo induce a voler cambiare classe. Il suo eroismo economico ha le sue radici in valori arcaici, in una concezione dura e primigenia del lavoro e della lotta, non ha l'astrattezza e la freddezza tipiche dell'accumulazione capitalistica.

L'impassibile realismo di Verga delinea un'immagine assolutamente negativa della realtà sociale, mostra come nessun valore autentico sia praticabile in un mondo in cui domina il rancore di ogni uomo verso ogni altro uomo. A questo mondo tutto negativo, V. non contrappone alternative.



GABRIELE D'ANNUNZIO


Il romanzo della Roma bizantina: "Il Piacere"

Fu pubblicato nel 1889 dall'editore Treves di Milano. Al centro del romanzo c'è un personaggio di intellettuale, Andrea Sperelli, che per molti caratteri si identifica con l'autore, e del quale si descrivono le ambizioni, le contraddizioni, le idee e i gusti artistici. Gli ozi edonistici e le velleità culturali del bel mondo romano si innalzano a mito sociale, divengono segni di superiorità di carattere, di gusto, di ambiente. Sperelli è un aristocratico, educato dal padre a costruire la propria esistenza come un'opera d'arte. È dominato dalla passione dell'artificio e della finzione, che lo porta ad instaurare un rapporto distaccato e ambiguo con gli stessi oggetti che colleziona, con gli ambienti che frequenta, con le numerose donne cui è legato.

Il romanzo svolge a suo modo un'analisi critica delle deviazioni e delle contraddizioni in cui si sviluppa l'esteta decadente.

L'estetismo trova il suo trionfo nell'elencazione di oggetti artistici veri e fittizi kitsch.


Alcyone

Vuole costituire una tregua nell'ascensione eroica del poeta-vate e rappresentare un'immersione di trionfante sensualità nella gioia e nel calore dell'estate. È un'ampia serie di componimenti, organizzati in modo da percorrere l'intero ciclo della stagione. La gioia per il fisico sprofondarsi nel sole, nel mare, nelle forme vegetali, si amplifica sotto il segno del dio Pan e degli antichi miti della fertilità, del rigoglio, della metamorfosi.

Virtuosismo verbale la sottilissima sapienza sonora priva di peso la parola.

Dall'insieme del libro si ricava un'impressione di eccesso, di sovraccarico barocco, di ostinata ripetitività o di variazione infinita intorno ad una tematica in realtà assai semplice.


Il "Notturno" e l'ultimo D'Annunzio

Costretto a letto e privato della vista, nel 1916 egli comincia a scrivere una prosa di riflessione e di ricordo, che verrà pubblicata nel 1921 col titolo di Notturno.

Quest'opera svolge alla lettera un'originale esplorazione dell'ombra, partendo da una condizione di buio. La scrittura si basava su notazioni brevi e secche, su periodi concisi e sintetici. La concentrazione sul proprio io sollecita un flusso di sensazioni e ricordi che si affacciano nel buio: lo scrittore sembra costretto a fare i conti con dei fantasmi, a seguire visioni di morte.

La nuova frantumazione ed elementarità del linguaggio nascondono spesso una ruvida retorica militaresca, che sembra affermare l'ineluttabilità della distruzione e della morte, e prospettare come solo paesaggio umano degno di essere vissuto quello della guerra.


GIOVANNI PASCOLI


La nuova poesia di "Myricae"

Con questa raccolta si rivela una poesia nuova al suo stato semplice e puro, libera da incrostazioni ideologiche. Il titolo è spiegato da un'epigrafe, che adatta un verso di Virgilio, "piacciono gli arboscelli e le umili tamerici". L'autore si propone una poesia dedicata ai più semplici aspetti della vita della natura, ad un mondo campestre fatto di piccole cose.

Brevi componimenti. Grande varietà di metri. Il linguaggio si adatta in modo diretto alle piccole cose, basandosi su termini precisi, che aderiscono nel modo più minuto ai particolari di quell'umile realtà: nomi di piante, di uccelli, di attività agricole, di piccoli oggetti quotidiani, rimasti sempre estranei alla nostra tradizione poetica. Frequenza senza precedenti dell'onomatopea, di associazioni di immagini lontane, che hanno tra loro solo un rapporto di analogia.

Questo linguaggio dà vita a paesaggi naturali o a ritratti umani di estrema precisione, ma che non hanno nulla di realistico: tutto appare come abitato dal mistero. In quelli che potrebbero sembrare brevi quadretti campestri affiora una forza inquietante che avvicina le cose ai sensi del poeta. Le presenze umane sono soggetti indeterminati, che si confondono con la vitalità degli animali e delle piante.

Nel suo rapporto con le cose il poeta aspira a trovare una calda intimità, uno spazio chiuso e felice: lo rivela la frequenza delle figure del nido e della siepe (che separa dal mondo minaccioso e nemico). La poesia sembra quindi un modo per ritrovare il mondo dell'infanzia: ma proprio le immagini dell'infanzia richiamano la morte e le figure dei morti, che dominano tutto l'orizzonte di Myricae.


La poetica del fanciullino

Le idee di Pascoli sono radicate nella sua esperienza personale: egli non ha una mentalità speculativa e, più che sviluppare una vera e propria teoria, preferisce ricondurre la sua poesia ad un bisogno esistenziale di memoria e di rapporto con le cose. Il fanciullino (1897/1903): in questo saggio P. giustifica implicitamente l'attenzione prestata dalla sua poesia al mondo dell'infanzia, muovendo dalla constatazione che all'interno di ogni uomo vive un "fanciullino", capace di vedere "tutto come la per la prima volta". Il poeta è colui che sa dar voce a questo fanciullino.

Questa poetica suggerisce un modello poetico di impronta piccolo-borghese, opposto all'aggressività del superuomo dannunziano. Dietro il fanciullino c'è, infatti, il tentativo di dar voce a ciò che non riesce ad avere voce, di far parlare desideri assoluti ed inappagati, c'è il desiderio di fuggire dal presente e di regredire verso un passato prenatale.


I "Poemetti"

In questa raccolta (1897) il poeta vuole esaltare i valori autentici della vita campestre e fornire ai lettori un modello di resistenza al male che minaccia la società. La poesia è una sorta di rifugio, in calda intimità col mondo animale.

Numerosi poemetti si affacciano su ricordi inquietanti, su figure di morte, su sensazioni oscure: Digitale purpurea (1898), Suor Virginia (1900).


I "Canti di Castelvecchio"

La tematica erotica: Pascoli vive l'amore e il sesso come cose lontane, che annunciano vaghe felicità, ma che sono assolutamente negate alla sua diretta esperienza. In alcune poesie si intrecciano strettamente desideri, fascino dell'ignoto, velate fantasie sessuali, ossessione del divieto, tenerezza e dolcezza inappagate (Il gelsomino notturno, 1901).


Il Crepuscolarismo


Esperienze poetiche che svalutano la funzione del poeta, giudicandola marginale, non collimante con i grandi valori e disegni collettivi.

I nuovi poeti, di origine borghese o piccolo-borghese, riconoscono il carattere illusorio di ogni uso ufficiale, celebrativo, vitalistico della parola. Essi cercano un linguaggio che non falsifichi l'esperienza presente.

I poeti crepuscolari si rendono conto della crisi della poesia e dell'arte nel momento di maggiore accelerazione della modernità: essi rispondono a questa crisi non con una ribellione veemente, ma con una coerente scelta linguistica e porgendo attenzione a realtà dimesse, elementari.

Il crepuscolarismo non è un movimento o un gruppo compatto, ma un insieme di autori accomunati dal rifiuto dei clamori e delle ambizioni della poesia ufficiale e dalla non partecipazione alla battaglia intellettuale contemporanea. Rivoluzione stilistica: vengono definitivamente abbandonate le forme auliche e classicistiche. Il linguaggio della poesia non vuol essere ad un livello più alto di quello dell'esistenza e fa del comune parlato quotidiano una propria forza interna affermazione del verso libero.

I crepuscolari non discriminano tra cose poetiche e cose non poetiche, e non cercano in esse valenze segrete, ma scoprono la poesia di ciò che è usuale, comune, mediocre.


Guido Gozzano: i "Colloqui"

24 componimenti legati tra loro da una comune tematica e da un ritmo narrativo e colloquiale. La voce del poeta disegna un'ideale biografia intellettuale. Alla radice dei suoi versi c'è un fondo romantico, un desiderio di felicità e amore, di bellezza, di dolcezza, di contatto col mondo femminile.

La formazione di G. è stata segnata dal dannunzianesimo, poi scopre la presenza quotidiana della malattia, della delusione, dell'incomunicabilità amorosa, della menzogna e della malinconia, che lo spinge a guardare verso il passato passione per tutto ciò che si perde e si cancella.

Nessuna scelta risulta veramente definitiva e consolante per il poeta tutta la sua poesia si costruisce su un confronto. Nella lingua raggiunge grandi risultati piegando il linguaggio della tradizione più alta a toni da conversazione quotidiana.

Molto presente l'ironia.

I suoi componimenti più belli manifestano questo confronto tra patetismo e ironia.











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