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Unità Didattica 8 - IL QUATTROCENTO

letteratura



Unità Didattica 8


IL QUATTROCENTO


PREMESSA.

La letteratura del 1400 è congiunta a quella del 1500 ed è abbastanza diversa da quella del Medioevo. Questa epoca che comprende il XV e XVI sec viene indicato con il termine di Rinascimento. Gli autori principali scrivono all'inizio del 1500.Il 1400 invece è un secolo che non offre grandi letterati e opere in Italia , ma vengono poste le basi per questo nuovo genere di letteratura.

TERMINI: UMANESIMO E RINASCIMENTO.

Per indicare la letteratura del XV sec fino al 1530 circa (perché nel 1527 ci fu il sacco di Roma e pose fine all'arte rinascimentale ) la critica ha utilizzato due termini: Umanesimo e Rinascimento. Sono in parte sinonimi e indicano il fenomeno culturale che, preparato in Italia da Petrarca, padre dell'Umanesimo, nel corso del 1400 e del primo trentennio del 1500 , abbracciò tutte le arti. Si tratta di un fenomeno culturale vasto che nacque a Firenze alla fine 111b13b del 1300 con l'opera di alcuni grandi artisti(Brunelleschi, Masaccio, Donatello) , coinvolse molti centri italiani tra cui Roma e raggiunse il suo apice alla fine del 1400 a Roma con l'opera di altri tre artisti: Michelangelo, Raffaello e Leonardo. La cultura umanistica-rinascimentale nacque in Italia e si espanse in tutta Europa.



La parola Umanesimo deriva da humanae litterae  e da humanitas, cioè dagli studi umanistici, letterali del mondo classico che vengono ritenuti fondamentali per la formazione culturale dell'uomo. La critica indica con Umanesimo prevalentemente un movimento culturale dell'inizio del 1400 che modificò in modo radicale la cultura del Medioevo. La parola Rinascimento deriva da rinascita della cultura classica dopo il Medioevo, il recupero dell'arte classica. I critica per Rinascimento intendono un periodo della civiltà europea dal XV al XVI sec; il concetto di Rinascimento è più ampio rispetto al concetto di Umanesimo. Il concetto di Umanesimo fu masso a punto dal critico tedesco Burchkardt che scrisse un libro nel 1860 dal titolo "La civiltà del Rinascimento in Italia". Mentre il termine Medioevo è stato inventato a posteriori, i termini Umanesimo e Rinascimento nacquero in quel periodo.


CARATTERISTICHE DI FONDO DELLA CIVILTA' UMANISTICO- RINASCIMENTALE.

A) Il Classicismo: rapporto con l'antichità.

L'epoca rinascimentale è classicista perché si vogliono imitare i modelli classici. Si sviluppa il concetto fondamentale di ogni civiltà classica : la MIMESIS, imitazione principalmente della natura, forma più perfetta d'arte, delle opere classiche, considerate l'apice della bellezza. Nel Rinascimento si vogliono imitare i classici. Gli altri concetti sono la ricerca di una bellezza assoluta intesa come proporzione, armonia di una singola parte  e di una parte per tutto, l'equilibrio, la regola, tutti canoni che nel Medioevo non erano seguiti. Anche nel corso del Medioevo la cultura classica era stata molto apprezzata, ma cambia il modo di rapportarsi a tale cultura. Il Medioevo si rapportava alla classicità in modo morale , l'Umanesimo invece si rapporta in modo filologico e storico, il modo di Petrarca. Si è convinti che con i classici si possa instaurare un vero e proprio colloquio basato sulla lettura dei testi. I classici vengono considerati modelli non solo dal punto di vista estetico e formale, ma anche dal punto di vista morale. Si ritiene che la cultura classica sia educativa. Alcuni autori attuarono una imitazione dei classici, invece altri intrapresero una vera e propria emulazione, una gara con i testi classici.

B)  Una nuova concezione dell'uomo e del mondo.

La civiltà medievale poneva al centro del mondo Dio (visione teocentrica). Gli umanisti pongono al centro di tutto l'uomo (visione antropocentrica); tutto viene rapportato all'uomo che è faber fortunae suae, cioè artefice del proprio destino ( Terenzio). Il Rinascimento non è un'epoca pagana perché si colloca all'interno della tradizione cristiana. Gli umanisti erano tutti religiosi, non mettevano in discussione la religione, però nelle loro opere mettono da parte la visione religiosa: Dio c'è ma non c'entra con la cultura. Questo concetto preparò il terreno alle riforme del 1500. L'uomo viene così rivalutato come individuo aldilà di un significato escatologico, viene valutato in senso storico.

C) La nuova figura dell'intellettuale e la nuova organizzazione della cultura.

Durante il Medioevo l'intellettuale partecipava alla vita politica; un esempio è Dante.

Petrarca aveva inaugurato una nuova figura di intellettuale, meno impegnato, dedito alla letteratura come otium. Nell'Umanesimo i primi umanisti sono ancora impegnati nella vita politica fino al 1430. A partire dal 1440, invece, cominciano a diventare uomini di corte, cioè stipendiati dalla corte. Per indicarli si utilizza il termine "letterati". In questo periodo le Corti avevano sostituito i Comuni. Questo porta a conseguenze importanti:

Si diffonde il Mecenatismo. La parola "mecenatismo deriva da Mecenate, ministro della cultura di Augusto a Roma; era un protettore dei poeti. Il Mecenatismo è la politica culturale dei potenti che attuavano attraverso forme di finanziamento (oggi = sponsor). Nel 1400 e nel 1500 tutti i grandi Signori attuavano questa politica ottenendo un ritorno di immagine presso la città.

Nascono i Centri di Cultura. Nel Medioevo erano prima i monasteri, poi le università. Nell'Umanesimo sono le Accademie (dal greco "akademia"), gestite dalle Corti e dove solo pochi letterati trovavano spazio; erano luoghi d'"élite", di dotti, dove si praticava un sapere raffinato. La più famosa è l'ACCADEMIA NEOPLATONICA di Marsilio Ficino, fondata nel 1462 a Careggi presso Firenze.

Nasce un netto distacco della cultura fra piazza e palazzo. Mentre la letteratura medioevale era diffusa anche tra il popolo, quella rinascimentale attua un distacco fra il popolo e le corti, che durerà per quattro secoli fino al 1800.

Nasce la letteratura encomiastica. I Signori proteggevano i letterati ma in cambio chiedevano di essere elogiati nelle loro opere. Nasce così la figura del letterato di professione, che vive a spese della Corte e produce opere per la Corte. Gli uomini della Corte diventano interessati alla cultura; collezionano opere d'arte, in particolare quelle classiche. I sovrani si interessano alla vita culturale della Corte: organizzano feste e spettacoli. La dimensione ludica è molto sviluppata.

D)   L'invenzione della stampa.

Nel 1400 fu inventata la stampa a caratteri mobili da un orafo tedesco di nome Guttenberg, che stampò come primo libro la Bibbia. Questa scoperta influenzò molto la cultura e pose fine al lavoro degli amanuensi. La più famosa stamperia era quella di Aldo Manuzio a Venezia, che il formato in ottavo. I libri pubblicati prima del 1500 vengono chiamati "incunabili" (nella culla della stampa). La scoperta della stampa, all'inizio, non provocò una maggiore diffusione dei libri, perché erano molto costosi, più di quelli scritti a mano, e solo le Corti potevano comprarli. L'influenza positiva ci fu perché si riuscì a migliorare la qualità degli scritti: c'erano meno errori. I libri stampati venivano ideati per la lettura e quindi fu inventata la punteggiatura.

E)    La situazione linguistica.

Alla fine del Medioevo prevaleva il volgare come lingua letteraria; già con Petrarca ritorna il latino come lingua di prosa. Gli Umanisti fino al 1450 scrivono in prosa in latino; abbiamo un ritorno del latino come lingua usata nella stesura dei trattati. Questo per due motivi:

ci si voleva riallacciare al mondo classico;

si voleva trovare una lingua sovranazionale.

Il latino utilizzato dagli umanisti è diverso da quello medioevale perché è un latino ricalcato dal mondo classico con precisione filologica e si ispira a due modelli del mondo classico: la prosa di Cicerone e Quintiliano.

La prosa classica veniva imitata e questo portò alla conseguenza che la lingua diventò sempre più un organismo morto, non arricchito né dall'uso, né dalla qualità.

Nella seconda metà del 1400 il fenomeno si esaurì e si ritornò al volgare.

L'Umanesimo è infatti suddiviso in due parti: quello in latino (prima parte del 1400) e quello in volgare (seconda parte del 1400).

Molti furono gli intellettuali dell'Umanesimo, come Lorenzo Valla, Poggio Bracciolini, Flavio Biondo; tutti loro scrissero prevalentemente trattati in latino.

Il "trattato" si afferma molto come genere letterario perché forte è la preoccupazione teorica e la volontà evolutiva di questi autori.








LA POSIZIONE PRIVILEGIATA DELL'UOMO: PICO DELLA MIRANDOLA

Fu un umanista emiliano famoso per la sua memoria e per i suoi interessi in molte discipline. Entrò in contatto con il neo-platonismo fiorentino e ne fu influenzato.

Il brano è tratto dall'opera "Oratio de Hominis Dignitate"; è una pagina famosa considerata il manifesto dell'Umanesimo, perché si parla dell'uomo come vertice della creazione. Pico è cristiano, ma la sua novità è che Dio ha creato l'uomo senza farlo condizionare dalla natura, cioè la natura non determina il carattere dell'uomo.

Secondo Pico, l'uomo è libero e in questa libertà sta la dignità dell'uomo. L'uomo può osservare l'universo attorno a sé perché ne è al centro; l'uomo ha infinite potenzialità.

Egli trova il suo appagamento non nelle cose ultraterrene, ma nella realizzazione dei suoi desideri; ha in comune con Dio l'essere artefice del proprio destino.


LA CULTURA MEDICEO-LAURENZIANA.

Durante il 1400, si svilupparono in Italia molte Signorie, che alla fine del secolo divennero vere e proprie Corti. Tutte queste intrapresero una cultura di tipo mecenatistico, come gli Sforza a Milano con Leonardo da Vinci, gli Estensi a Ferrara, i Gonzaga a Mantova, i Montefeltro a Urbino, i Papi Nicolò V e Pio II a Roma.

Di tutte queste Corti, la città principale fu Firenze, definita la culla dell'Umanesimo.

Qui l'Umanesimo nacque all'inizio del 1400 con il concorso per la porta bronzea del Battistero, a cui parteciparono Brunelleschi e Ghiberti. Il potere a Firenze fu gestito prima da Cosimo De' Medici, famoso banchiere, poi, dal 1469 al 1492, da Lorenzo il Magnifico: questo periodo ha una cultura chiamata appunto mediceo-laurenziana.

Lorenzo fu un grande sovrano politico e anche un grande mecenate, ospitò artisti come Botticelli e Michelangelo e fu lui stesso un letterato.

Il carattere fondamentale di questa cultura è il neo-platonismo. La cultura è molto dotta, elevata ed ha anche componenti popolari, perché si rivolgeva al popolo; si organizzavano feste e giochi: è una cultura che si pone a metà tra la cultura dotta neo-platonica e quella popolare.


LA LIRICA.

Nel 1400 la lirica segue le indicazioni del Petrarca, non è molto innovativa.

Benedetto Croce disse che il 1400 fu un secolo senza poesia, perché ci fu sì una lirica, ma non originale. Non ci sono né autori, né opere di particolare spicco; c'è una produzione copiosa, ma senza risultati eccellenti.

La poesia del 1400 cambia anche le sue finalità: non è più impegnata moralmente, ma diventa una poesia d'occasione, di corte, il cui scopo è il diletto.

Le tematiche trattate sono riprese da Petrarca e da autori classici, ma svuotate dal loro contenuto filosofico. Abbiamo due esempi:

Poesia di Bacco: scritta da Lorenzo il Magnifico, è una canzone molto famosa, fatta per essere accompagnata dalla musica e appartiene ai Canti Carnascialeschi, composti per le feste di Carnevale come accompagnamento ai carri. In questo caso, è il carro di Bacco e Arianna. E' un componimento di ottonari intercalati da un ritornello che si ripete. Il tema di fondo è il contrasto tra la fugacità della vita, l'incertezza del domani e l'invito al piacere. Di fronte a questa precarietà, Lorenzo il Magnifico lancia un messaggio edonistico, un invito a godersi la vita. La poesia ha un ritmo facile, piano, perché è indirizzata a un pubblico popolare; c'è una ripresa del "CARPE-DIEM" di Orazio, ma in senso edonistico.

Poesia di Poliziano: è una ballata di endecasillabi, musicata con un ritornello; è una ballata di maggio. Il poeta si trova in un giardino, locus amenus, luogo che porta gioia e tranquillità. La serenità della scena è rotta da un turbamento: il tempo scorre, la vita è fragile e vela di malinconia anche i momenti più belli. Poliziano invita a cogliere la rosa, invita a godere la vita nella sua stagione migliore. Il contenuto di fondo è l'esaltazione della vita. La poesia è leggiadra e musicale.
































AGNOLO POLIZIANO

Poliziano è uno pseudonimo che assunse il poeta che in realtà si chiamava Ambrogini, e cambiò il suo nome perché era nativo di Montepulciano.

E' uno dei principali poeti del 1400, visse alla corte di Lorenzo il Magnifico e qui fu un intellettuale di corte strettamente legato alla famiglia De' Medici. Ebbe ottimi rapporti con essa fino al 1479, quando sorsero dei contrasti che lo portarono ad allontanarsi da Firenze e a vivere prima a Venezia, poi a Mantova, presso Francesco Gonzaga. Negli ultimi anni della sua vita tornò a Firenze, dove fu letterato.

Poliziano prese gli ordini fino a diventare cardinale, anche se le sue opere non hanno un contenuto religioso; è una scelta di comodo per garantirsi una rendita di denaro e per poter continuare a scrivere. Le sue opere si dividono in opere in latino e in volgare.

Fu un umanista e un filologo, infatti scrisse molte opere in latino a carattere filosofico e filologico. Dal punto di vista filosofico, si avvicinò al neo-platonismo di Marsilio Ficino, poi, quando si trasferì, si occupò degli studi aristotelici.

Le sue opere di filologia furono molto famose.


Stanze per la giostra di Giuliano De' Medici.

Le Stanze sono l'opera principale di Poliziano, scritte tra il 1475 e il 1478. Si tratta di un poemetto in ottave suddiviso in due libri. L'ottava è una strofa di otto versi endecasillabi che segue la rima AB AB AB CC. I primi sei versi sono alternati, gli ultimi baciati. Questo poemetto è un'opera encomiastica, scritta per elogiare Giuliano De' Medici e per onorare la sua vittoria in una giostra (=torneo militare).

L'opera è dedicata a Lorenzo il Magnifico ed è incompiuta perché durante la stesura morirono i due protagonisti: nel 1476 morì Simonetta Cattaneo; nel 1478 morì Giuliano durante la congiura dei Pazzi.

Le Stanze raccontano le vicende d'amore di Giuliano e Simonetta; il tema principale è amoroso; la loro vicenda viene trasportata in un luogo fantastico, mitico, lontano dal tempo e dalla storia. L'opera è una favola mitologica; il contenuto è idealizzato; nell'opera c'è una visione della vita che non corrisponde a quella reale.

La trama dell'opera è esile perché Poliziano non procede attraverso un racconto organico, ma per quadri e singole immagini: l'ottava di Poliziano è più descrittiva che narrativa. L'impianto narrativo è debole. L'opera è più vicina alla lirica che al poema ed è anche un'opera letteraria, perché Poliziano riprende le fonti classiche. Infatti, essendo un autore filologo, conosce molto bene la letteratura latina e medievale.

E' un'opera molto colta, raffinata, basata più sulla rielaborazione dei modelli che sul rapporto con la realtà. Dal punto di vista stilistico, l'opera è caratterizzata da musicalità, è facile, scorrevole, vuole essere colta e popolare. Il lessico è colto, ripreso dai classici e da Petrarca, ma viene arricchito anche con termini ed espressioni popolari. E' un'opera per iniziati, ma anche comprensibile. I valori celebrati sono quelli mediceo-laurenziani, cioè quelli tipici dell'Umanesimo: la funzione edonistica, l'esaltazione della gioia del vivere e della classicità.



Il protagonista del brano è IULIO, un pastore che non si cura dell'amore perché dedito alla caccia. Ma Amore lo fa innamorare della ninfa Simonetta e da cacciatore diventa cacciato. Il tema è la celebrazione della forza d'Amore che ingentilisce l'animo e rende Iulio raffinato. Questa è la funzione che all'amore attribuiva il neo-platonismo; l'amore non ha più nessuna implicazione religiosa. Simonetta è la sintesi del modello delle eroine antiche dei poemi classici, è una donna medievale e petrarchesca; rappresenta la bellezza che coincide con il bene. La novità è che per la prima volta si tratta di una donna reale.


Fabula di Orfeo

E' un'opera teatrale composta a Mantova da Poliziano nel 1480 per rappresentarla presso i Gonzaga, dove era ospitato. E' scritta alla fine della sua vita, quando ormai aveva litigato con i Medici, infatti dice che ha composto l'opera in un periodo di tumulti. Nell'opera viene meno l'equilibrio, l'armonia di cui erano espressione Le Stanze: domina il pessimismo. E' una fabula pastorale, cioè ambientata nel mondo dei pastori; Poliziano riprende questo genere dal mondo classico, però lo trasporta in teatro. L'opera è mitologica e riprende il mito di Orfeo. Orfeo era il simbolo della poesia; si era innamorato di una ninfa di nome Euridice, ma un pastore di nome Aristeo si innamorò di lei, la inseguì ma Euridice venne morsa da un serpente e morì. Orfeo va agli inferi da Plutone e gli chiede di poterla riportare in vita; ottiene questo cantando, ma a patto di non voltarsi per guardarla; Orfeo non resiste e la guarda. Egli quindi perde Euridice e viene straziato dalle Baccanti, che gli staccano la testa.

L'opera ha un significato simbolico perché Poliziano vuole celebrare la poesia che ha una funzione civilizzatrice, cioè ingentilisce gli animi. Nello stesso tempo la poesia viene sconfitta e questo significa che Poliziano comincia a dubitare del valore della poesia in coincidenza con i litigi con i De' Medici.

Poliziano anche con testi drammatici tende a non sottolinearne il dramma perché l'opera doveva divertire; c'è al massimo una malinconia.














IL POEMA CAVALLERESCO DEL 1400.

Il poema cavalleresco nacque nel XI e XII secolo in Francia con le Chansons De Geste e con la materia di Bretagna. Queste forme prendevano il nome di cantari; durante il Medioevo essi restarono una forma di letteratura popolare perché venivano cantati nelle piazze ed avevano genesi e destinazione popolari. Nel corso del Medioevo erano venuti a meno l'elemento religioso e quello epico, dove prevalevano elementi fantastici; erano storie inventate che prendevano libero spunto dalle storie reali.

Nel 1400 questo genere rinasce e fiorisce con una grande produzione fino ad arrivare all' Orlando Furioso di Ariosto nel 1500. Ci sono alcune differenze:

I poemi vengono scritti da letterati, non sono più testi orali, ma sono scritti, sono fatti per la letteratura, quindi sono molto più elaborati.

Il pubblico dei poemi è cortigiano; i poemi vengono prodotti e letti a corte. Hanno genesi e destinazione d'èlite.

Hanno carattere encomiastico; vengono commissionati per elogiare il signore.

I due principali poemi sono l'Orlando Innamorato di Boiardo e Il Morgante di Pulci: sono due opere molto diverse perché Il Morgante costituisce l'esito comico e sta a metà tra il poema popolare medievale e quello d'èlite rinascimentale, mentre l'Orlando Innamorato costituisce l'esito tragico e sarà l'antecedente dell'Orlando Furioso di Ariosto.


LUIGI PULCI

E' un autore fiorentino di famiglia nobile, ma si ridusse in miseria: doveva contemporaneamente lavorare e studiare. Nel 1461 entrò a far parte della corte dei Medici, diventando amico di Lorenzo; si trasferì a Porte e svolse anche impegni diplomatici per i Medici. Per loro scrisse Il Morgante, commissionato dalla madre di Lorenzo. I rapporti con i Medici si deteriorarono e Pulci si allontanò da loro e, nell'ultima parte della sua vita, ebbe fama di miscredente; per questo venne seppellito come un eretico.

Il Morgante è tratto dalla materia carolingia, è un poema in ottave. Il protagonista non è Orlando, ma Morgante, un musulmano convertito al Cristianesimo, diventato scudiero di Orlando. E' un gigante che vive in modo avventuroso, usando come strumento di battaglia il battacchio di una campana. Vive in modo materiale: grandi abbuffate, bevute, bòtte. L'altro protagonista è Margutte, un mezzo gigante, miscredente ed astuto. Insieme compiono molte avventure: Morgante muore per un morso di un granchio, Margutte muore di risate perché una scimmia gli aveva rubato gli stivali.

L'opera ha una forte componente popolare. La struttura del poema non è organica, l'intreccio è dispersivo, intricato e gli episodi sono isolati. I personaggi non sono approfonditi psicologicamente e sono statici. Dal punto di vista linguistico si ha una novità: Pulci è l'erede della poesia comico-realista e utilizza un linguaggio espressivo.

Mentre il linguaggio dei cantari medievali era standardizzato, Pulci ne utilizza uno molto differenziato. L'opera è costruita sulla parodia: Pulci vuole parodizzare il mondi Carlo Magno mettendolo in ridicolo e contrapponendo la materia al linguaggio; tende a ribaltare la serietà del mondo epico.

INCIPIT: fin dall'antichità i poemi cominciavano con l'invocazione alle Muse e, nel Medioevo, con l'invocazione ai Santi. Pulci invoca Dio e i Santi in maniera parodica. Nel proemio c'è una contaminazione di due registri stilistici: popolare e comico.




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