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POLICY E DECISION - MAKING - La politica del consenso

politica



POLICY E DECISION - MAKING



2.1. Premessa.


Il vertice di Washington del 23-25 aprile 1999 ha rappresentato dunque il secondo punto di svolta nella storia dell'Alleanza Atlantica. Tutti gli sforzi che si sono fatti (e che si stanno ancora facendo) per ristrutturare l'organizzazione e per renderla più efficiente non sono andati tuttavia a modificare le strutture di vertice e l'apparato decisionale.


Il North Atlantic Council (NAC) rimane dunque l'organo supremo dell'Alleanza, ed alla sua testa siede sempre il Segretario Generale, che guida anche il Segretariato Generale della NATO. Ed è proprio al NAC 757e46h che spetta tracciare le linee politiche per le principali decisioni. Al Military Committee è affidata la politica militare, pur essendo sempre coadiuvato dal lavoro dei comandi regionali - SACEUR, SACLANT - ed il neonato Gruppo di pianificazione regionale per il Nord America.41




Viene infine riaffermato il principio dell'indivisibilità della sicurezza collettiva. Nessun membro dell'Alleanza dovrà far fronte uti singulus ad eventuali sfide alla sua sicurezza. Questo, ben inteso, mai rinunciando al diritto di attendere ai propri obblighi nazionali e pur continuando a detenere i diritti esclusivi sulla politica per la propria difesa. Ma è solo attraverso uno sforzo collettivo che è consentito servirsi dei propri mezzi e delle proprie risorse militari.



2.2. La politica del consenso.42


Seguendo le indicazioni della documentazione ufficiale, ed in particolare del già citato NATO Handbook la formulazione delle politiche dell'Alleanza spetterebbe a tutti i governi membri, ciascuno di essi costantemente e completamente informato sulle politiche, sulle intenzioni e sugli orientamenti di tutti gli altri. Appare chiaro quanto sia necessaria una continuata e regolare consultazione politica, per concordare una linea operativa conforme agli orientamenti nazionali di tutti i Paesi membri. Tale consultazione avviene principalmente all'interno del NAC: il Segretario Generale gioca un ruolo essenziale nelle sue riunioni, essendone il principale interlocutore, costantemente in contatto con i singoli governi.


Per ciò che concerne più da vicino le consultazioni politiche, non è previsto alcun limite di competenza. La consultazione può articolarsi secondo diversi livelli:

- un livello base, che contempla il semplice scambio di informazioni e pareri;

- un livello superiore, che prevede la comunicazione di azioni o decisioni già prese (o sul punto di essere prese) dai vari governi, e di particolare importanza per i loro alleati.

Si discute, pertanto, sia per raggiungere il consenso unanime di tutti i membri sulle policies da adottare, sia sulle azioni da intraprendere in parallelo.43 Bisogna ricordare che in seno al NAC sono altresì previste riunioni straordinarie per discutere questioni di particolare urgenza e rilevanza.


Infine, consultazioni regolari hanno luogo anche in altri contesti, quali l'Euro - Atlantic Partnership Council, il NATO - Russia Permanent Joint Council, la NATO - Ukraine Commission ed il Mediterranean Cooperation Group, nelle rispettive materie di competenza.


2.2.1. Il Joint Decision - Making.44


Il NATO Handbook parla esplicitamente di un joint decision - making process, tramite il quale le decisioni prese all'unanimità dal NAC riuscirebbero a salvaguardare la volontà di ogni singolo Paese membro. Cercando così di eliminare ogni voce di dissenso, verrebbe enormemente semplificato l'intero sistema, consentendo azioni più rapide e incisive (se le circostanze le richiedessero).


Come comportarsi, però, in caso di dissenso? Il manuale parla di "efforts to reconcile differences between them,(.), in order that joint actions may be backed by the full force of decision to which all the member governments subscrive".45 In pratica, una volta presa una decisione, essa rappresenterebbe la volontà di tutti i membri di perseguire un dato obiettivo.


Si può inquadrare l'evoluzione del processo decisionale all'interno del processo storico dell'Alleanza Atlantica. La Francia, membro fondatore nel 1949, scelse di uscire dalla struttura militare integrata nel 1966, sotto la presidenza De Gaulle. Analoga scelta fece il governo spagnolo, membro da soli quattro anni, nel 1986, rispettando il volere della nazione, espresso tramite referendum. Anche l'Islanda, non possedendo forze militari, non è partecipe della struttura militare integrata, se non tramite un civile.


Processo decisionale collettivo significa anche rispettare le scelte politiche, geografiche, militari e costituzionali di tutti i Paesi membri, secondo gli accordi. Una certa flessibilità viene tenuta dall'Alleanza, ad esempio, nei confronti di Norvegia e Danimarca che non consentono stanziamenti di forze straniere o di armi nucleari nel loro territorio.



2.3. Crisis Management.46


La gestione delle crisi (crisis management) rappresenta un aspetto fondamentale della politica dell'Alleanza. In seguito al crollo dell'Unione Sovietica, la necessità di far fronte a nuove sfide ha portato la NATO a rinforzarsi sotto tre aspetti:

- dialogo;

- cooperazione con gli altri membri;

- capacità di difesa collettiva.

La consultazione, fulcro attorno a cui ruota ogni decisione politica, è fondamentale anche nel Defence Planning Committee. Sono coinvolti nel crisis management anche altre strutture, quali il Policy Coordination Group, il Political Committee; il Military Committee e il Senior Civil Emergency Planning Committee.


Essa è diventata materia di studio e di cooperazione tra i Paesi aderenti alla PfP, in vista del grande contributo che essi possono fornire. Un importante ruolo in tale campo giocano, infine, il NATO - Russia Permanent Joint Council e la NATO - Ukraine Commission.



2.4. Defence Dimension.47


Procedendo nell'analisi della documentazione ufficiale, apprendiamo che la pianificazione per la difesa dell'Alleanza (defence dimension) opererebbe seguendo questi principi:

promuovere la collaborazione tra i Paesi membri in materia di interessi sia collettivi che individuali;

distribuire gli oneri e le responsabilità tra tutti;

contribuire congiuntamente al mantenimento di forze militari, atte a perseguire gli obiettivi e strategie della NATO.


In un panorama mondiale molto più composito che in passato, la diplomazia assume un ruolo ancora più centrale nel ricomporre le minacce alla sicurezza collettiva. Nonostante tali cambiamenti, non ha perso tuttavia la sua efficacia il principio della deterrenza, tale da rendere ancora oggi inopinabile un attacco condotto unilateralmente contro un membro della NATO.


Abbiamo, invece, assistito ad un allargamento dell'area coperta dalla "vigilanza" della NATO. L'entità e la composizione delle forze da mettere a disposizione dell'Alleanza vengono costantemente studiate e ridiscusse, seguendo procedure adottate collettivamente. Secondo il manuale, tali procedure assicurano che le decisioni vengano prese solo dopo aver esaminato le differenti possibilità economiche e finanziarie dei Paesi membri e nel rispetto delle posizioni assunte da ognuno di essi. Inoltre, i governi provvederebbero a scambiarsi informazioni e i rispettivi piani nazionali di difesa, essendo le rispettive autorità militari costantemente in contatto. In tal caso, sarebbe rafforzato l'assunto secondo il quale tutte le politiche dell'Alleanza derivino dal coordinamento di quelle di tutti i Paesi membri.


Il punto di partenza della nuova defence dimension fu l'adozione del Concetto Strategico del 1991, a Guerra Fredda conclusa. Tale documento è stato poi aggiornato a Washington, nel 1999.


Bisogna poi ricordare la Ministerial Guidance, su cui il manuale NATO si intrattiene a lungo, e che viene pubblicata ogni due anni. Essa è il prodotto di tutti i ministri della Difesa, e contiene istruzioni sui piani di difesa, in generale e sui piani di rafforzamento, in particolare. Una sezione separata di tale guida è dedicata alla politica di difesa dell'Unione dell'Europa Occidentale (UEO).


Il manuale menziona infine l'Annual Defence Review, nella quale ogni anno i Ministri della difesa comunicano le modifiche fatte e le nuove direttive per i piani di difesa.



2.5. Osservazioni critiche.


Abbiamo analizzato sin qui l'organizzazione strutturale della Alleanza così come ci viene presentata dalla documentazione ufficiale. Tuttavia, appare quantomeno superficiale il giudizio secondo il quale nell'Alleanza Atlantica - una comunità di nazioni ugualmente libere - i voti vengano realmente contati, piuttosto che pesati. Sarebbe altresì chimerico pensare che diciannove Paesi sovrani possano trovarsi sempre d'accordo su tutti gli aspetti della loro politica di sicurezza e di difesa.48


A partire da queste considerazioni, altre domande sorgono spontanee. Ci si interroga, ad esempio, sui reali poteri in possesso dei rappresentanti permanenti nei differenti comitati della NATO, e in che misura seguano le istruzioni dei loro rispettivi governi; sui rapporti che intercorrano tra esperti militari e politici in seno agli organi decisionali; sul ruolo effettivo giocato dal gigante statunitense sul processo decisionale dell'Alleanza. E seguendo quali criteri le direttive impartite dai ministri vengono tradotte in piani militari, dalle autorità preposte a tal fine? Non è semplice dare risposte esaustive a queste domande. Tuttavia, si ipotizza che molte decisioni fondamentali siano prese al di sotto del livello governativo o parlamentare. Le cronache delle ultime decisioni prese in seno all'Alleanza lasciano trasparire una effettiva politica del fatto compiuto, piuttosto che la tanto ostentata strategia del consenso.


In occasione della guerra in Kosovo, i giornali hanno ripetutamente parlato di Clinton e del Pentagono quali referenti ultimi cui sottoporre proposte in vista di un'approvazione. E' ciò che è accaduto, ad esempio, in occasione di una proposta fatta dal Primo Ministro italiano D'Alema a Clinton, nel maggio 1999, e ignorata da quest'ultimo perché prevedeva una resa di Milosevic di fronte ad un ordine dell'ONU; Clinton aveva altri progetti, come sostiene Scalfari49 ne "la Repubblica", in quei giorni: "Clinton vuole che si pieghi ad un ordine della NATO".


Scalfari si è interrogato sulle possibilità che rimanevano ad un Paese dell'Alleanza contrario alle rivoluzioni americane: "Che cosa può fare un Paese della NATO che vorrebbe seguire una strada diversa proprio per realizzare le finalità che la guerra si proponeva ma che non riesce ad ottenere? Praticamente non può fare nulla salvo uscire dalla NATO, ma questa è un'ipotesi impensabile ed è superfluo qui spiegarne le ragioni. Cambiare le disposizioni militari in atto è impossibile, ci vorrebbe l'unanimità dei membri della NATO. Però una terza soluzione c'è: quel Paese può mettere il veto ad ulteriori modifiche peggiorative delle operazioni militari. Di fatto una sorta di veto è stato già messo al blocco navale in Adriatico. Un veto potrebbe essere messo all'invasione di terra senza l'approvazione dell'ONU (che, invece, è prevista nel piano D'Alema). Un veto potrebbe essere messo all'estensione dei bombardamenti alla popolazione civile". Da queste parole traspare, se non altro, una possibilità di far sentire la propria voce in seno all'Alleanza, nonostante il peso maggiore che alcuni voti hanno rispetto ad altri.


Gli europei intendono la nuova NATO come una struttura dove far sentire maggiormente la propria voce. Si parla in tal senso di "pilastro europeo" o di "europeizzazione dell'Alleanza",50 resisi necessari dalle circostanze. In effetti, il peso maggiore esercitato dal gigante americano è dato ormai per scontato. Menotti parla apertamente di "multilateralismo selettivo", come unica alternativa all'unilateralismo americano. In pratica ciò significherebbe che gli alleati atlantici potrebbero scegliere tra "partecipare direttamente ad interventi dettati da parametri americani (o anglo - americani), oppure restare in disparte e chiamarsi fuori (scegliendo al più un ruolo marginale di supporto)". Quali che siano le reali possibilità di scelta di un Paese membro non più in linea con la strategia della Alleanza, appare comunque chiaro quanto esse siano limitate.


Le difficoltà nel raggiungere il consenso e le tensioni all'interno dell'Alleanza sono andate crescendo parallelamente alle trasformazioni delle strutture implicate nel processo decisionale. Così Silvestri52 a proposito della guerra in Kosovo: "Le tensioni e i problemi creati dalla questione del Kosovo sono stati resi più evidenti dalla confusione e frammentazione della politica informativa dell'Alleanza, in cui è palese una latente divergenza di opinioni tra struttura militare e struttura civile, sia la tendenza degli Stati membri più importanti o più esposti a pronunciarsi liberamente, a partire dalle singole capitali, senza preoccuparsi troppo di ciò che si dice a Bruxelles. (...) Chi stabilisce le scelte politiche delle operazioni militari di gestione? In quale misura il Consiglio Atlantico è in grado di gestire e controllare la situazione con prontezza? L'impressione esterna che offre la NATO è quella dell'esistenza di una serie di catene di comando parallele e intersecantesi, che a volte coincidono e altre volte divergono significativamente". Ecco che torna sempre più di attualità la possibile riforma del sistema decisionale.


Lo stesso Silvestri traccia tre possibili strade con altrettanti sbocchi. La prima prevede "una esaltazione del ruolo egemonico degli Stati Uniti". Questa soluzione è verosimilmente avversata dalla compagine europea, (che verrebbe deresponsabilizzata) poiché la renderebbe meno coesa, e sarebbe in contrasto col processo di integrazione in atto. La seconda ipotizza la "formazione di formule diverse di direttorio", sia all'interno che all'esterno dell'Alleanza (come il Gruppo di Contatto per la ex - Yugoslavia). Il processo di integrazione europea non sembra legare affatto con questa ipotesi , che prevede la creazione di eventuali strutture ad hoc, piuttosto che una struttura permanente. La terza ipotesi, infine, corregge il rapporto tra USA ed Unione Europea in senso più paritario, rafforzando strutture quali l'ESDI, ad esempio. Questo a discapito di quei Paesi non membri della Unione Europea con scarse possibilità di entrarne a far parte, quali Canada, Islanda, Norvegia e Turchia; della Danimarca, esterna all'UEO; di Austria, Finlandia, Irlanda e Svezia, esterna sia all'UEO che alla NATO. In occasione del vertice di Washington, dell'aprile 1999, si è optato per la terza di queste soluzioni, nonostante le difficoltà menzionate, perché più rispondente alle esigenze europee generali, dove la nuova solidarietà in campo difensivo andrà ad affiancare quella in ambito economico e monetario, già esistente.


Un rinnovato equilibrio all'interno della NATO dovrebbe altresì operare nel senso di una riforma del sistema dei comandi. A tal proposito, Silvestri parla di un'Alleanza ancora alla ricerca di un reale equilibrio politico militare. Il Nuovo Concetto Strategico, dell'aprile 1999, contiene "importanti precisazioni di tipo tecnico-militare (sulla organizzazione delle forze, sulla qualità necessaria, ecc.), ma è certamente carente e impreciso sul piano politico".53 Più oltre si mostra scettico riguardo alla democrazia decisionale all'interno dell'Alleanza. "Di fatto, invece, assistiamo ad una serie di iniziative americane, spesso non concordate con gli alleati, che pur se giustificate da ragioni di urgenza o da esigenze generali di sicurezza, mantengono al contrario gli europei fuori dalle decisioni".


Pare, comunque, evidente che per una effettiva riforma non si può prescindere da una contemporanea e sempre più marcata crescita del "polo europeo".55


Per dovere di cronaca, dobbiamo infine citare una corrente di pensiero di origine francese - tradizionalmente ostile a tutto ciò che ha origine americana - che sin dagli anni Quaranta ha sempre contestato e avversato operato, strutture e fini dell'Alleanza Atlantica. Risalendo agli anni della Guerra Fredda, alcuni giornalisti de "Le Monde Diplomatique" hanno avanzato dei dubbi sull'effettiva corrispondenza tra sistema legittimo e sistema reale di decisione all'interno della NATO.


Così Debray56 : "L'OTAN cristallise l'unification d'une Communanté sous direction américaine, mais les divers organismes de l'OTAN, dont la mise en oeuvre s'est opérée insensiblement, coup par coup, sans document ni discussion ouverte, n'ont fait l'objet d'aucun débat parlamentaire, et ils ne figurent pas dans le seul texte ratifié qu'est le Traité. (...) Même seu de miroir à l'interieur de l'Organization elle - même, où superstructures officielles et functions effectives ne correspondent".


Così Rudney57: "A priori, le système est tout a fait démocratique, chaque membre dètenant une voix une chaque décision qui nécessite l'unanimité. En realité, on ne vote pas: la dissension est circonvenue par une préparation assidue de la part du Sécretariat et des comités et par le principe du consensus interallié. (...) les allies s'accordent à l'avance sur ce qui les divise le moins. (...) l'avantage appartient au membre le plus puissant qui contrôle les structures et monopolise les reinseguements déterminant chaque décision. (...) les conflits n'existent plus dans le meilleur des mondes de l'OTAN ".


Lo stesso Rudney afferma che non vi è necessità alcuna di un consenso unanime, "mais plutôt l'absence d'objection à ce qui le président d'un comité a defini comme le sens de la réunion. Lorsque chaque interlocuteur a exprimè son opinion sur un sujet et qu'il ya eu débat sur la question du jour, le président demande parfois si ceux qui n'ont pas pris la parole souhaitent le faire, et propose ensuite un résumé. Il se peut qu'il demande alors à chaque pays en particulier de préciser s'il accepte ses conclusions; il se pent également qu'en absence d'objection, il close le débat. Les représentants des pays ont le droit d'exprimer, soit leur objection à toute ou partie de sa déclaration, soit leur approbation; le président modifiera son résumé selon les objections rencontrées, s'il pense qu'il peut, de cette façon, élargir le consensus ou obtenir un accord unanime". Da queste parole sembrerebbe che le decisioni si prendono più in assenza di obiezioni che in presenza di un consenso unanime.


Pur non avvalorando la sua tesi con prove tangibili, Rudney arriva a contrapporre due sistemi: il primo, legittimo, è quello ufficiale, descritto dai testi diplomatici; l'altro, reale, contempla l'intricato gioco di potere dell'Alleanza.





Le système légitime:

Consultation Consensus Unanimité

Et le système réel:

Conflit Débat Négotiation Conciliation

Positions conciliables

. FonteRudney


Dumoulin,59 in linea con le posizioni di Debray e Rudney, ritiene la posizione relativa dei diversi comitati nell'organigramma strutturale atlantico ben lontana dal corrispondere al livello di potere realmente esercitato. Sostiene, inoltre, che i grandi progetti nascano a Washington senza concertazione, nè coordinazione, ma imposti da un leader "qui informe, mais ne consulte jamais, si non pour la forme".


Dagli anni in cui furono fatte queste considerazioni, il quadro geo-politico euro-atlantico è profondamente cambiato. Il vertice di Rambouillet del febbraio 1999 - momento cruciale nell'iter decisionale che ha condotto la NATO ad impegnarsi in battaglia contro un Paese sovrano per la prima volta nei suoi 50 anni di vita - è stato (ed è tutt'ora) oggetto di studi e critiche; e c'è chi, come i già citati gauchisti,  ha avanzato accuse ingombranti.


Secondo Paul - Marie De La Gorce,60 i negoziati di Rambouillet altro non avrebbero fatto che riprendere "le projet américain conçu et rédigé par M. Hill", assistente, quest'ultimo, di Richard Holbrook, mediatore americano nella ex - Yugoslavia.


Concludiamo con Joxe,61 che parla ancor più esplicitamente di ingerenza americana: "Pourtant, les Etats - Unis cherchent à engendrer divers systémes de commandements et de responsabilités dans un réseau pragmatique dont ils seront les seuls dirigeants, et qui agira par influence organizationnelle plus que par décision politique".




Cfr. Sapienza, op. cit., 23.

NATO  Handbook, cap.7, Bruxelles, ed. 1998.

Cfr. Dumoulin, op. cit., 122-123.

NATO Handbook, ibidem.

NATO Handbook, ibidem.

NATO Handbook, ibidem.

NATO Handbook, ibidem.

Dumoulin, op. cit., 127.

Scalfari, Eugenio, Clinton: i colori della vittoria, "la Repubblica", 23 maggio 1999, 17, col. 4.

Menotti, op. cit., 125.

Menotti, ibidem.

Silvestri, op. cit., 113-115.

Silvestri, op. cit., 101.

Silvestri, ibidem.

Cfr. Silvestri, ibidem.

Debray, Régis, Les Empires contre l'Europe, Gellimard, Paris, 1985 (citato da Dumoulin, op. cit., 124).

Rudney, R., La grande soeur. Les Etats Unis et la politique de consultation au sein de l'OTAN, "Arès", CEDSI, Université de Grenoble, 1986, 82-83 (citato da Dumoulin, op. cit.,126-127).

Rudney, ibidem.

Dumoulin, ibidem.

De la Gorce, Paul - Marie, Historie secrète des négociations de Rambouillet, "Le Monde Diplomatique", maggio 1999.

Joxe, Alain, Menaces improvisées de l'OTAN, "Le Monde Diplomatique", luglio 1998.




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