LA COMMISSIONE EUROPEA
La Commissione per designazione
e per ruolo è sicuramente la meno democratica dei tre principali organismi
dell'UE. I commissari sono infatti
designati dai capi di governo degli stati membr 434b16e i: due commissari ciascuno
per gli stati grandi (Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania e Spagna), uno
ciascuno per gli altri, il presidente
ricadendo sulla quota dello stato di cui è cittadino. Dopo Amsterdam, il
presidente della Commissione, che viene designato per primo dal Consiglio, ha rivendicato il potere di
partecipare con i governi degli stati membri alla scelta degli altri
commissari. Dopo Maastricht, prima
il presidente e poi la
Commissione nel suo complesso debbono ricevere un voto di investitura espresso a maggioranza assoluta
dal Parlamento europeo. Questo voto segue la presentazione del programma
del presidente e audizioni con
contraddittorio dei singoli commissari. La commissione risulta quindi
essere un organismo tecnocratico che
poco si preoccupa di acquisire consenso. L'eurobarometro
dà alla Commissione una fiducia ancora minore che alla BCE, organismo che più tecnico non si può. I commissari sarebbero
obbligati ad agire in piena indipendenza e nell'interesse generale della
Comunità, in realtà i commissari sono per lo più stati o lo saranno, uomini di governo dei loro stati e sono
comunque, per la quasi totalità, uomini di partito. Una volta nominata dal
Consiglio e "fiduciata" dal Parlamento Europeo, la Commissione diventa,
anche se il Parlamento potrebbe sfiduciarla in corso d'opera, sostanzialmente irresponsabile. Bisogna
tenere conto che nel corso del mandato della Commissione, quasi sempre cambia
la composizione dei governi per cui i singoli commissari ed il presidente non
devono rendere conto del loro operato neanche a chi li ha nominati. E' evidente
che sta qui, in questa irresponsabilità politica complessiva, e in sostanza
completa della Commissione, la punta più elevata del deficit democratico
europeo. Infatti, l'organismo con le maggiori opportunità di proposta e di
azione, la Commissione
che, nel quadro degli indirizzi generali stabiliti dal Consiglio, esercita l'esclusiva dell'iniziativa
legislativa e può intervenire nei molti stadi dei molti percorsi
decisionali, è anche l'organismo meno collegato all'elettorato europeo o, con
termine ancora più enfatico, al popolo europeo. Appare evidente che il nodo da
sciogliere per la riforma democratica dell'Europa consiste proprio nelle
modalità di formazione, di funzionamento, e di responsabilizzazione della
Commissione Europea, dell'eventuale, potenziale governo dell'Europa. La Commissione possiede
il potere, che risulta molto importante, di iniziativa legislativa: ciò significa che sostanzialmente tutta o
quasi tutta la legislazione europea, norme,
direttive, regolamenti, politiche pubbliche, viene almeno formalmente iniziata
dalla Commissione. Al proposito, da un lato, la Commissione si avvale
di un grande e, secondo i critici, persino incontrollabile numero di comitati di esperti e di rappresentanti
nazionali, con conseguenze talvolta piuttosto negative sulla trasparenza
dei processi decisionali; dall'altro la Commissione cerca
di essere sensibile agli interessi e alle preferenze sia del Consiglio che del
Parlamento Europeo; infine, il Consiglio cerca a sua volta di controllarne
l'operato con un grande numero di suoi specifici comitati. Proprio perché per
statuto e per vocazione la
Commissione dovrebbe rappresentare, fatte salve le
inevitabili eccezioni, l'organismo più europeista dell'Unione, il suo compito
viene espletato con successo quando individua con precisione qual è il punto di
equilibrio più elevato conseguibile tanto nel Consiglio quanto nel Parlamento
Europeo. Per questo motivo la Commissione è potenzialmente il governo dell'Europa.
Nella pratica, invece, è un organismo che ha molti poteri di governo, ma che
deve condividerli.