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La disciplina della Concorrenza e la nozione di aiuto

politica



"La disciplina della Concorrenza e la nozione di aiuto"




1. Il concetto di aiuto ai sensi dell'articolo 87/1 del Trattato di Amsterdam.


La normativa sugli aiuti di Stato si apre con l'art.87, par.1, il quale introduce una disposizione a carattere generale o di principio:

"sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forme che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".

Già ad una prima lettura, dunque, si evince chiara­mente dal dettato normativo che la nozione di aiuto pre­senta una struttura complessa, articolata in una pluralità di elementi, ciascuno dei quali assume un'autonoma portata sul piano giuridico.

Ovviamente, l'elemento centrale, il fulcro stesso della nozione, è costituito dalla concessione di un " aiuto" ; le mi­sure che rientrano nella sfera delineata dalla norma debbono quindi, anzitutto, poter essere qualificate come tali. Che cosa debba intendersi con questa espressione non è precisato nè dal trattato nè dal diritto derivato, anzi, la definizione di tale concetto solleva una serie di questioni interpretative, anche complesse.

Su un piano generale, può certo dirsi che l'"aiuto" va essenzialmente identificato in un trasferimento netto di ri­sorse, e dunque nell'attribuzione (a titolo gratuito) di un vantaggio economicamente apprezzabile, conseguito da determinate imprese in virtù di un intervento pubblico. Ma la nozione con­templata dall'art. 87, n. 1, non si esaurisce in quest'unico aspetto; la norma prescrive invero che le misure di cui trattasi, oltre ad essere degli" aiuti " nel senso suindicato, ri­spondano tassativamente ad altre quattro condizioni:



essere" concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse stat­ali "

" favorire talune imprese o talune produzioni " ;

" falsare la concorrenza " (o quanto meno minacciare di falsarla);

incidere" sugli scambi tra Stati membri " .

Volendo procedere ad una classificazione sistematica delle condizioni suenuciate, si può schematicamente rilevare che la condizione sub (1) inerisce all' origine degli aiuti: in base alla norma, questi devono essere riconducibili, o me­glio, imputabili, allo Stato, direttamente o indirettamente; e ciò, come si evince dal dettato normativo, in virtù della na­tura pubblica del soggetto erogatore e/o delle risorse impe­gnate.

La condizione sub (2) attiene viceversa ai destinatari, o beneficiari, dell' aiuto. Questi ultimi devono svolgere attività di impresa ai sensi della disciplina comunitaria della concor­renza; inoltre, gli interventi che li riguardano debbono pre­sentare un certo grado di specificità (o selettività), nel senso che devono consistere in misure che attribuiscono vantaggi a taluni operatori all'interno del sistema economico e non in misure che, ancorchè potenzialmente vantaggiose per le im­prese, rientrano nel novero delle misure generali di politica economica e sociale adottate dagli Stati membri nell'eserci­zio delle loro prerogative di governo del sistema stesso.

Le condizioni sub (3) e (4), infine, riguardano gli effetti dell'aiuto sul mercato, effetti che devono tradursi in una distorsione, anche solo potenziale, della concorrenza e degli scambi all'interno della Comunità.

Ciò posto, va ancora rilevato - prima di procedere al­l' esame del concetto di" aiuto " in senso stretto - che la previsione, nell'art. 87, n.1, di una fattispecie articolata in una pluralità di elementi, positivamente individuati, va ri­condotta ad una precisa scelta normativa. Gli autori del trattato erano invero ben consapevoli della rilevanza e del­l'incisività del regime prefigurato dagli articoli 87 e ss.: un regime che era evidentemente destinato ad assicurare il con­trollo comunitario di un vasto novero di interventi nazio­nali, su un orizzonte ben più vasto di quello, settorialmente limitato, coperto dal trattato CECA. Di qui la necessità di una previsione normativa che garantisse certezza circa l'estensione della sfera di applicazione della relativa disci­plina e che conciliasse due esigenze: da un lato, evitare che gli Stati membri, in mancanza di chiare indicazioni testuali, cercassero di far prevalere un'interpretazione restrittiva della nozione di aiuto e, di conseguenza, delle relative re­gole; dall'altro, far si che il regime medesimo fosse applicato soltanto in relazione ad ipotesi per cui fosse effettivamente giustificato, con esclusione, quindi, di altre forme di inter­vento pubblico nell'economia da farsi rientrare, semmai, nell'ambito di diverse, meno rigorose, disposizioni del trat­tato.

L' art. 92, par . 1, del Trattato CEE, al contrario di quanto si registra nella normativa CECA sugli aiuti di Stato, che attraverso l' art. 4 lettera c) sancisce l'incompatibilità con il mercato comune delle «sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi», ha quale riferimento solamente un generico richiamo a «gli aiuti concessi dagli Stati». Proprio perchè generica, la formula consente di far rientrare nel­la nozione di «aiuti di Stato» una gamma vastissima 353f59d di differenti tipolo­gie.

In effetti una elencazione precisa ed esaustiva di cosa sia da conside­rare aiuto sarebbe stata estremamente difficile.

Può essere dunque considerato aiuto di Stato «ogni meccanismo tale da assicurare ad una specifica impresa, o ad un determinato settore, un vantaggio od un beneficio gratuito la cui provenienza od i cui costi siano sopportati dal settore pubblico».

Attraverso questa definizione, del tutto coerente con la prassi della Commissione1, si è in primo luo­go inteso spostare l'attenzione dalle finalità cui l'aiuto è rivolto dalle cause che lo motivano, sull'effetto che ne deriva. Per la normativa comu­nitaria, infatti, non è rilevante nè il motivo per cui sono istituiti gli aiuti, nè la forma in cui si manifestano, quanto il loro effetto.

In secondo luogo, si è voluto superare il concetto, troppo limitativo, di sovvenzione per abbracciare tutti gli «interventi i quali, in varie for­me, alleviino gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti».

La nozione di aiuto che si è ritenuto di adottare comporta la preci­sazione che i «costi siano sopportati dal settore pubblico». Con ciò si è in­teso sottolineare come la nozione di aiuto possa comprendere anche comportamenti passivi dello Stato, dai quali derivi, per talune imprese, un beneficio cui corrisponda un «mancato introito» per lo Stato.

Numerose definizioni della nozione di aiuto sono state proposte in dottrina.

Per Dashwood e Sharpe2 «sussidio è un pagamento che influenza in maniera diretta i prezzi relativi nello specifico settore commerciale e, come tale può prendere sia fa forma di contributi ai produttori o ai con­sumatori sia la remissione di oneri dovuti». In proposito va rilevata: -la confusione terminologica tra aiuto e sussidio - che, se concesso in ma­niera non discriminatoria, un aiuto ai consumatori non avvantaggia «ta­lune imprese o talune produzioni»; - va ugualmente rilevato che viene at­tribuito troppo rilievo al fattore prezzo.

Anche la definizione data da Reichenbach, Lehner e Meiklejohn, per la quale costituiscono aiuti «tutte le forme di trasferimenti specifici dal settore pubblico che vanno direttamente o indirettamente a vantag­gio delle imprese, per i quali lo Stato non ottiene un corrispettivo equiva­lente e che sono erogati al fine di modificare il risultato delle forze di mercato, non risulta del tutto soddisfacente. In primo luogo, il riferi­mento ai «trasferimenti è tale da risultare limitativo. In numerosi casi pratici, si è considerato «aiuto» un atto comportante un «mancato in­troito» e non un trasferimento.

Per Ennio Triggiani «l'aiuto può qualificarsi giuridicamente come un beneficio di qualsiasi natura che - attribuito direttamente od indiret­tamente da un' autorità pubblica a specifiche imprese nazionali pubbliche o private - alteri l'equilibrio legalmente predisposto nei rapporti com­merciali tra due o più Stati causando un danno rilevante sull'economia di un particolare settore produttivo o merceologico». Tralasciando il fatto che, in base alla definizione richiamata, non sarebbero aiuti quelli diretti ad interi settori produttivi tanto più che l'autore fa esclusivamente riferi­mento a specifiche imprese, la definizione è tale da suscitare alcune per­plessità. La prima, deriva dalla constatazione che vi è evidente confusio­ne tra la nozione di aiuto e quella di aiuto incompatibile con il mercato comune.

Per Triggiani infatti, aiuti sarebbero esclusivamente quelli ca­paci di alterare gli scambi tra Stati membri. In effetti vanno considerati come aiuti anche quelli che, per le loro ridotte dimensioni, per il fatto di non investire beni oggetto di scambi intracomunitari, non sono tali da alterare i flussi commerciali. Si tratta di aiuti che non avendo le caratteri­stiche di cui all' art. 87, par. 1, non sono vietati dalle norme comunitarie.

La seconda perplessità sorge dal fatto che, in base alla definizione del Triggiani, gli aiuti sembrerebbero istituiti col fine di causare «un danno ri­levante sull'economia» quando lo Stato spende i propri soldi al fine di sus­sidiare i propri settori produttivi o merceologici e realizzare quello che considera essere il «bene comune». In effetti, azioni progettate a livello na­zionale possono entrare in conflitto con scelte adottate in altri Paesi od a livello comunitario e quindi, alla fine, possono dimostrarsi dannosi, ma è anche vero che, attraverso il sistema di aiuti regionali, alla ricerca e ad altri settori, passano iniziative positive e, tra queste, anche numerose politiche comunitarie. Va infine rilevato che è stato predisposto un particolare procedimento attraverso il quale può venir concessa agli aiuti di Stato una esenzione. L 'esame effettuato ai fini della concessione dell'esenzione comporta proprio la valutazione dell'aiu­to nella prospettiva dell'interesse comunitario.

Ciò che comunque si evince con un certo margine di certezza, così anche dalla prassi applicativa della Commissione europea, è che la formulazione dell'art.87, par.1 permette un'interpretazione estremamente ampia della nozione di aiuto.



2. Il concetto di aiuto nella giurisprudenza della Corte di Giustizia


L'analisi del significato dei concetti di "sovvenzione" ed "aiuto" è stata svolta per la prima volta dalla Corte nella sentenza Steenkolenmij­nen1 . Vero è che la pro­nuncia si riferiva non all'art. 87, n. 1, bensì alla norma cor­rispondente del trattato CECA, l'art. 4, lett. c). Nondi­meno, non v'è ragione di dubitare che le affermazioni enun­ciate dalla Corte siano riferibili anche al diverso contesto del trattato di Roma. Il ragionamento sviluppato dalla Corte è volto infatti a stabilire quale sia il significato che si deve riconoscere ai termini di " sovvenzione" ed " aiuto " nell'am­bito di un sistema normativo destinato a realizzare l'integra­zione economica. Ora, sebbene il trattato CE preveda per gli aiuti un regime materiale diverso da quello istituito dal trattato CECA, l'obiettivo di fondo delle due normative re­sta sostanzialmente lo stesso, essendo entrambe dirette a preservare il processo di integrazione dalle distorsioni risul­tanti da iniziative di sostegno pubblico alle imprese. È lecito quindi ritenere che i due regimi, perseguendo lo stesso obiettivo, abbiano egualmente ad oggetto misure sostanzial­mente identiche e nella natura e nelle caratteristiche essen­ziali.

Ciò precisato, può segnalarsi come nella pronuncia Steenkolenmijnen la Corte abbia anzitutto esaminato il si­gnificato letterale dei due termini in questione. Al riguardo, si rileva che " nella terminologia corrente una sovvenzione è una prestazione in denaro o in natura concessa per sostenere un'impresa indipendentemente da quanto i clienti di questa pagano per i beni o i servizi da essa prodotti " ; il concetto di " aiuto " , per contro, assume un significato più comprensivo del precedente " dato che esso vale a designare non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche degli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa e che di conseguenza, senza essere delle sovvenzioni senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti ".

Una volta delineato, in chiave descrittiva, il contenuto essenziale dei due concetti, la Corte approfondisce la sua analisi sottolineando che le definizioni enunciate risultano in sintonia con la funzione propria della normativa sugli aiuti nell'ambito del trattato. Nella pronuncia si precisa infatti che la disciplina degli aiuti tende a realizzare due elementi essenziali del mercato comune, vale a dire " la ripartizione più razionale della produzione al livello di produttività più elevato " (sancito dall'art. 2 del trattato CECA) e l'instaura­zione " di condizioni normali di concorrenza " (prevista dal­l' art. 5, n. 4, del trattato medesimo). Ora, secondo la Corte, tali esigenze sono pienamente soddisfatte qualora i termini di " sovvenzione " ed " aiuto " vengano intesi nel loro signi­ficato corrente; l'interpretazione coincidente con il signifi­cato letterale permette invero di applicare la disciplina co­munitaria ad ogni intervento pubblico che allevii i costi dell'impresa e che abbia pertanto l'effetto di turbare la concor­renza e l'allocazione delle risorse all'interno della Comunità.

L 'orientamento delineato nella pronuncia Steenkolen­mijen è stato poi costantemente ribadito, e in certa misura puntualizzato, dalla giurisprudenza successiva. Si è così ve­nuto formando progressivamente, in relazione al concetto di "aiuto ", un indirizzo interpretativo chiaro e ben consoli­dato. Un indirizzo che, in sintesi, può essere rappresentato nei termini seguenti:

in primo luogo, le misure di aiuto Sono state definite esclusivamente in base agli effetti economici che producono sul funzionamento del mercato2;

in secondo luogo, tali effetti sono stati individuati nell'at­tribuzione a determinati operatori di un vantaggio, o di un beneficio, economicamente apprezzabile ;

in terzo luogo, infine, è stata messa in luce come questa concezione sia assolutamente coerente con la funzione pro­pria del regime degli aiuti; regime che, nel quadro comples­sivo del trattato, mira appunto a prevenire le distorsioni provocate dagli Stati mediante, non già la frapposizione di ostacoli alle importazioni o esportazioni (ostacoli soggetti ad altre disposizioni del trattato), bensì mediante l'erogazione a determinate imprese di benefici economici .



3. Aiuti compatibili ex se.


Risultano sottratte di pieno diritto al divieto di cui all'art. 87, pri­mo par ., alcune categorie di aiuti di Stato i cui effetti sono stati conside­rati, dai fondatori delle Comunità europee, non distorsivi della concor­renza. Le categorie sono elencate, in maniera tassativa, nel par. 2 dell' art. 87 del Trattato, per il quale:

«sono compatibili con il mercato comune

a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condi­zione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'ori­gine dei prodotti,

b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità natu­rali oppure da altri eventi eccezionali,

c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repub­blica Federale di Germania che risentano della divisione della Ger­mania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi provocati da tale divisione».

L 'uso del presente indicativo nella dizione «sono compatibili con il mercato comune» non lascia dubbi sul fatto che gli aiuti elencati siano compatibili de jure con il mercato comune. L 'affermazione trova ulte­riore conferma se si confronta la disposizione richiamata con quella espressa al successivo paragrafo dello stesso articolo dove viene invece affermato che gli aiuti di seguito elencati «possono considerarsi compati­bili con il mercato comune».

Gli aiuti di cui al par. 2 sono dunque considerati compatibili con il mercato comune di pieno diritto, indipendentemente dai loro possibili effetti sulle condizioni della concorrenza e sugli scambi intracomunitari anche se in pratica gli aiuti di cui all' art. 87, par. 2, non hanno effetti distorsivi della concorrenza.

La Commissione non ha alcun potere discrezionale nella valutazio­ne degli aiuti di cui al secondo par. dell' art. 87. Tale circostanza comun­que non esime gli Stati membri dall'onere di notificarli alla Commissio­ne la quale resta competente a verificare che i requisiti tecnici degli aiuti siano effettivamente coincidenti con le disposizioni di cui all' art. 92, par.2 e che gli Stati Membri non ne facciano una applicazione abusiva.

Riscontrato che gli aiuti notificati rientrano nell'ambito di applica­zione dell' art. 87, par. 2, la Commissione è tenuta a riconoscerne la compatibilità con il mercato comune . Nel caso in cui la Commissione ometta di riconoscere l'applicabilità dell' art. 87, par. 2, ed apra la proce­dura precontenziosa ex art. 88, par. 2, primo periodo, qualsiasi persona fisi­ca o giuridica direttamente interessata, uno Stato membro o il Consiglio, possono adire la Corte di giustizia ai sensi dell' art. 173 per far dichiara­re che la Commissione ha violato, con il suo comportamento, il Trat­tato.

Caratteristica fondamentale delle misure di aiuto considerate all' art. 87, par. 2, è la loro proporzionalità: vanno considerate compati­bili con il mercato comune in quanto necessarie a porre rimedio ad un evento imprevedibile e di straordinaria gravità; non possono in alcun modo legittimare sistemi di sussidi che per la loro intensità, o per la loro durata si rivelino sproporzionati ai danni subiti.

Per quanto concerne gli aiuti definiti nella prima categoria, «gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori», va rilevato che, indi­pendentemente dalla previsione di cui all' art. 87, par. 2, lettera a), la normativa sugli aiuti di Stato è tale da apparire non applicabile. «Gli aiuti a carattere sociale conces­si ai singoli consumatori» non favoriscono per definizione alcuna impresa alcuna produzione ma i singoli consumatori. Con l'espressione «singoli consumatori» vanno ovviamente intesi i consumatori finali e non quanti, nell'ambito dell'esercizio di una impresa o professione, uti­lizzino quei beni, per produrre altri beni o sul piano professionale. Anche la precisazione per cui tali aiuti debbono esser «accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti», non risulta innovativa del regime del Trattato, in quanto ripetitiva del principio ge­nerale di non discriminazione di cui all' art. 7 del Trattato.

Un esempio pratico di aiuto a carattere sociale, che rientra nell'am­bito di applicazione del par. 2, lettera a), può essere quello della forni­tura di prestazioni di servizi (es. trasporti) a tassi ridotti per le catego­rie di utenti «più deboli» quali gli anziani od i più giovani. Da rilevare, però, l'esigenza di un presupposto: è necessario che l'aiuto presenti caratteristiche di selettività, altrimenti diverrebbe un puro e semplice «aiuto al consumo». Non è stato infatti considerato rientrante nel cam­po di applicazione dell' art. 87, par. 2, lettera a), un abbuono di due franchi per ettolitro di latte alimentare fornito ai consumatori degli ag­glomerati urbani trattandosi di un aiuto in rapporto alla quantità di latte smerciato.1

Anche per quanto concerne le misure agevolative di cui alla lettera b), cioè «gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità na­turali oppure da altri eventi eccezionali», va rilevato che, a rigor di logi­ca, non dovrebbero esser considerate capaci di alterare il gioco della concorrenza in quanto finalizzate a ristabilire la situazione antecedente la calamità o l' evento eccezionale. Va comunque precisato che, nel mo­mento stesso in cui l'aiuto ecceda la finalità di compensare i danni subiti, l'art. 87, par. 1, diventa nuovamente applicabile e gli aiuti possono es­sere dichiarati incompatibili con il mercato unico.

Il fatto che l'aiuto non deve eccedere la finalità di compensare il danno subito evidenzia le esigenze di misurabilità sia del danno sia dell'aiuto. Meccanismi di aiuto quali le agevolazioni fiscali sono general­mente visti con scarso favore proprio per la difficoltà di computarne gli effetti. Gli aiuti concedibili, proprio perchè destinati ad ovviare danni derivanti da una situazione contingente, dovranno essere concessi tempestivamente2, avere una durata limitata, non essere applicabili in as­senza della calamità .

Resta da definire cosa debba essere inteso per «calamità naturali» ed «eventi eccezionali». Sono da considerare «calamità nazionali» terremo­ti, alluvioni, inondazioni, incendi, epidemie animali, siccità, ed altri fenomeni naturali di straordinaria gravità. Più incerta sembra essere la categoria degli «eventi eccezionali» in cui vanno comunque ricomprese le guerre e le insurrezioni interne. Per quanto suscettibili di arrecare gra­vi danni alle economie nazionali, altri fenomeni quali gli scioperi non sembra possano rientrare nella nozione di «eventi eccezionali». Si tratta infatti di situazioni normali nelle democrazie occidentali, quando non costituiscono addirittura diritti costituzionalmente garantiti.

Non rientrano nel dispositivo dell 'art. 87, par. 2, lettera b ), misure di tipo preventivo quali le assicurazioni.

Come evidenziato dalla Commissione la Decisione «Copertura rischi ai produttori di mele e pere"4, tali misure potrebbero rientrare invece nei casi previsti dall' art. 87, par. 3, lettere a) e c).

La terza categoria prevista dall' art. 87, secondo par., e cioè «gli aiu­ti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica Federale di Germania che risentano della divisione della Germania", riferita essenzialmente alla Città di Berlino ed ai territori della linea di demarca­zione tra la Germania Ovest e la Germania Est, è sostanzialmente ve­nuta meno dopo la avvenuta riunificazione tra le due parti della Ger­mania. Non sembra infatti che gli aiuti alla riunificazione possano rien­trare nella terza categoria dell' art. 87, par. 2.

Resta il fatto che:

gli aiuti già concessi potranno continuare ad essere erogati;

gli aiuti ai nuovi Lander potranno beneficiare delle disposizioni di deroga di cui all' art. 87, par. 3, lettera a) e c).


4. Aiuti che possono considerarsi compatibili.


In base all' art. 87, par. 3, del Trattato, alcuni tipi di aiuto «possono considerarsi compatibili con il mercato comune».

Dalla formulazione, è deducibile che la fattispecie di cui all'art. 87, par. 3, è profondamente diversa da quella delineata nel par. precedente: nel caso del par. 2, si è chiaramente di fronte ad una categoria di aiuti compatibile de jure con il sistema comunitario; nel caso di cui al par. 3, la dichiarazione di compatibilità può essere pronunciata soltanto a se­guito di una valutazione discrezionale.

La possibilità di dichiarare compatibili con il sistema previsto dal Trattato aiuti, anche se suscettibili di distorcere il gioco della concorren­za, ha dato flessibilità alla normativa ed ha conferito alla Commissione la facoltà di portare avanti una vera e propria «politica di concorrenza». La politica di concorrenza si è col tempo articolata nella disciplina di tre categorie di aiuti: su base regionale; a carattere settoriale; orizzontali.

Attraverso la possibilità di concedere esenzioni ad hoc, si è inteso contemperare due esigenze: la tendenza degli Stati a sostenere, attraver­so la concessione di aiuti, lo sviluppo di settori economici o di aree re­gionali, e ad impedire la chiusura di aziende e la conseguente soppressio­ne di posti di lavoro; il raggiungimento dell'obiettivo della Commissio­ne, di assecondare una migliore allocazione delle risorse ed una maggio­re divisione del lavoro a livello internazionale. Va rilevato al riguardo che, «in particolare, le deroghe si possono concedere soltanto se fa Com­missione ha potuto accertare che, in mancanza degli aiuti, la dinamica del mercato non possa costituire un sufficiente incentivo per gli eventuali beneficiari ad agire per il raggiungimento degli obiettivi prefissi»1.

In forza dell' art. 87, par. 3, del Trattato, «possono considerarsi com­patibili con il mercato comune»:

«a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una gra­ve forma di sottoccupazione».

La disposizione di cui alla lettera a) conferisce alla Commissione un primo e fondamentale strumento di intervento nella politica regionale. La sua applicazione pratica viene però significativamente compressa per il fatto di essere subordinata alla verifica della sussistenza di un «tenore di vita [...] anormalmente basso» o dall'esistenza di «una grave forma di sottoccupazione».

«b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importan­te progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro».

Promuovere lo sviluppo e la cooperazione tra gli Stati membri, co­stituisce uno dei più importanti obiettivi fissati nel Trattato istitutivo della CEE. Proprio per questo le iniziative nazionali che operano nel senso di promuovere la cooperazione tra le industrie di differenti Paesi membri dell'Unione sono viste con favore.

Le disposizioni adottate in base alla lettera b) possono assumere un ambito «settoriale», se destinate a promuovere uno specifico settore o, alternativamente, «orizzontale» se coinvolgono più settori.

«c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di alcune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Tuttavia gli aiuti alle costruzioni navali esistenti alla data del primo gennaio 1957, in quanto determinati soltanto dall'assenza di una protezione doganale, sono progressivamente ridotti alle stesse condizioni che si applicano per l'abolizione dei dazi doganali, fatte salve le disposizioni del pre­sente Trattato relative alla politica commerciale comune nei confronti dei Paesi terzi.»

Il dispositivo di cui alla lettera c) conferisce alla Commissione pote­ri discrezionali molto ampi con riferimento all'applicabilità dell'esenzione ad aiuti di Stato a finalità regionale o settoriale. L' esame di quando siano applicabili le deroghe di cui alla lettera c) è stato articolato ratione materiae in due parti distinte relative, l'una, alla politica «regionale», l'altra alla politica «settoriale».

«d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della con­correnza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune».

Il dispositivo di cui alla lettera d), introdotto attraverso l' art. 18 del Trattato di Maastricht, conferisce alla Commissione poteri addizionali molto limitati. In effetti non sembra che gli aiuti alla cultura siano in grado di turbare il regime della concorrenza o il flusso degli scambi tra Stati membri.

«e) le altre categorie di aiuti determinate con Decisione del Consi­glio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Com­missione».

La disposizione richiamata, che fino all'entrata in vigore del Trattato di Maastricht costituiva la lettera d) dell' art. 92, par. 3, consente alla Co­munità di avvalersi di un ulteriore strumento per coordinare le politiche nazionali di intervento in settori in crisi oltre quello offerto dell' art. 92, par. 3, lettera c). In sostanza, si è inteso porre a disposizione degli organi comunitari uno strumento capace di colmare le eventuali lacune che, nell'incedere del tempo indispensabile per giungere ad un maggior grado di integrazione comunitaria, possano evidenziarsi nel sistema. Attraverso la disposizione di cui all' art. 92, par. 3, lettera e) posso­no essere determinate solamente norme generali e non possono essere emanate esenzioni individuali per singoli aiuti.

La differenza sostanziale tra le misure contemplate alla lettera c) e quelle contemplate alla lettera e), consiste nel fatto che le prime devono necessariamente contribuire «ad agevolare lo sviluppo» e dunque non possono consentire agli Stati di erogare «aiuti alla produzione», cosa che è invece possibile con riferimento alle misure di cui alla lettera e).

In effetti, le istituzioni comunitarie hanno fatto un utilizzo piutto­sto limitato delle facoltà di cui alla lettera e), limitandosi a dettare dispo­sizioni in campo agricolo e in quello della costruzione navale.

All'elencazione sopra riportata delle categorie di aiuto che possono essere dichiarate compatibili con il sistema previsto dal Trattato deve es­sere attribuito carattere esaustivo, non esemplificativo. Non si cono­scono infatti provvedimenti di esenzione della Commissione fondati su una base giuridica diversa da quella configurata attraverso le lettere a), b), c) e d) del par. 3 dell' art. 87. Va inoltre rilevato che è prassi della Commissione citare, nelle Decisioni comportanti il divieto di un aiuto di Stato, le ragioni per le quali viene ritenuto inapplicabile il terzo par. dell' art. 87. Allo stesso modo la Commissione, nel concedere una esen­zione all'applicabilità dell' art. 87, par. 1, fonda il proprio ragionamento su uno degli argomenti sopra citati. Nelle comunicazioni emesse dalla Commissione, infine, viene sempre esplicitata la base giuridica alla quale vie­ne fatto riferimento2. Va comunque rilevato che l'applicazione pratica del principio ha dato luogo ad una sottoarticolazione dei principi stabili­ti alle lettere a), b), c).



5. Forme e finalità dell'aiuto.


Partendo dalla premessa che l'elemento caratterizzante il concetto di aiuto è l'effetto e non la forma o l'obiettivo e che dunque ogni elencazione dei "tipi di aiuto"non può essere né completa né esaustiva occorre dunque essenzialmente considerare quali siano gli effetti economici che discendono da un de­terminato intervento statale. Nessuna rilevanza assume la "forma" dell'intervento medesimo. Ciò risulta dal testo stesso dell'art. 87, n. 1, che, come indicato, sancisce l'incompatibilità con il mercato comune degli aiuti con­cessi dagli Stati" sotto qualsiasi forma " . In ordine all' appli­cazione del regime in discorso non importa, quindi, che la misura adottata dallo Stato in favore dell'impresa sia una sovvenzione in senso stretto, vale a dire una prestazione in denaro o in natura. Ovvero un altro tipo di aiuto. In par­ticolare, è ben noto che il sostegno alle imprese può concre­tizzarsi sia in un'allocazione positiva di risorse (supporting subsidy) sia nella riduzione di oneri, di varia natura, normalmente gravanti sull'impresa (easing subsidy). In entrambi i casi, l'impatto economico della misura è identico: l'impresa fruisce di un beneficio che ne accresce la competitività ri­spetto agli altri operatori concorrenti .

Ne consegue che la tipologia degli aiuti può in pratica essere quanto mai variegata. Basti accennare a titolo esemplificativo che, come rilevato dalla commis­sione già nel 19631 , ricadono in linea di massima nell' ambito di applicazione degli artt. 87 e ss. , oltre alle sovvenzioni, altre forme di intervento pubblico quali, segnatamente, le esenzioni da imposte e tasse, le esenzioni da tasse parafi­scali, i bonifici di interesse, le garanzie di prestiti a condi­zioni particolarmente favorevoli, la cessione di edifici o di terreni a titolo gratuito od a condizioni particolarmente fa­vorevoli, la fornitura di beni o servizi a condizioni preferen­ziali, la copertura di perdite ed ogni ulteriore misura di ef­fetto analogo.

Sotto altro profilo, l'irrilevanza della forma implica che ai fini dell'applicazione degli artt. 87 e ss. non importa che l' aiuto sia stato istituito facendo ricorso ad una determinata base giuridica piuttosto che ad un' altra. Molto spesso l' allocazione di incentivi alle imprese trova la sua fonte in un atto di natura legislativa (e talvolta nella stessa legge di bilancio); così è, di norma, per i regimi di aiuti che hanno un' ampia portata materiale, sia che si tratti di aiuti generali sia che si tratti di regimi aventi una specifica finalità regio­nale o settoriale. Le misure legislative possono essere adottate anche a livello regionale; talora in via del tutto autonoma, altre volte nel quadro di cornici normative definite a livello nazionale.

È piuttosto raro peraltro che la legge preveda un'attribuzione automatica di benefici alle imprese. In genere, sul piano legislativo ci si limita piuttosto a stabilire le grandi linee dei programmi di incentivazione economica, definendo gli obiettivi generali dell' azione dei pubblici poteri, nonchè gli strumenti da utilizzare ed i principali parametri da pren­dere in considerazione in vista dell'allocazione degli aiuti. All'interno di questo quadro, spetta poi alla pubblica ammi­nistrazione procedere ad una valutazione in concreto e de­cidere, quindi, sulla base di un apprezzamento di carattere discrezionale, la concessione e le condizioni dell'aiuto; di­screzionalità che risulta poi particolarmente estesa nell'ipo­tesi in cui l'autorità amministrativa non si limiti a dare ese­cuzione a uno schema normativo predefinito, bensì, nel­l'esercizio delle proprie competenze, proceda autonoma­mente all'istituzione dell'aiuto. In tutti questi casi la base giuridica della misura di aiuto sarà evidentemente costituita oltre che eventualmente dalla legge, anche, o esclusiva­mente, dall'atto amministrativo adottato per l'istituzione dell'aiuto.

Può anche verificarsi tuttavia che l'erogazione di aiuti avvenga secondo modalità completamente diverse da quelle appena descritte. L' allocazione di benefici può talora aver luogo nel quadro di relazioni economiche che si instaurano fra determinate imprese ed altri soggetti, siano essi organi dello Stato, enti pubblici od anche soggetti privati sottopo­sti però al controllo dei pubblici poteri. È quanto avviene, ad esempio, qualora le imprese beneficino di condizioni pre­ferenziali nell'acquisizione della disponibilità di terreni o fabbricati, ovvero nella fornitura di energia o nell'accesso al credito; un analogo fenomeno si verifica altresì qualora lo Stato, direttamente o indirettamente, partecipi al capitale di società per azioni a condizioni o secondo modalità che non sarebbero accettabili da un investitore che si attenesse a normali criteri di economicità. Va segnalato come, in questi casi, l' aiuto possa trovare il suo fondamento, la sua base, non già in un regime normativo predefinito, bensì in un atto - che può assumere contenuto e configurazioni estremamente dif­ferenziate - posto in essere nel quadro di uno specifico rap­porto giuridico, di natura pubblica o privata, intercorrente fra l'impresa e lo Stato (od altri soggetti sottoposti al suo controllo).

Per quanto riguarda le finalità la centralità riconosciuta al criterio dell'effetto ai fini della qualificazione delle misure di aiuto comporta che, in ordine all'applicazione dell'art. 87, n. 1, nessuna rilevanza venga accordata non solo, come si è visto, alla forma delle misure in questione, ma anche allo scopo da queste perseguito, vale a dire alle ragioni che hanno indotto lo Stato ad intervenire a sostegno di determinate imprese. Tali scopi possono in realtà essere i più diversi. Gli aiuti, in quanto strumento di intervento nell'economia, sono sempre destinati alla realizzazione di determinati obiettivi di poli­tica economica o sociale, dal momento che, mediante la con­cessione di incentivi, lo Stato intende sempre influire sulle scelte delle imprese beneficiarie, provocando o favorendo delle modifiche quantitative o qualitative della domanda o dell'offerta. Così, ad esempio, la concessione di aiuti a finalità regionale è essenzialmente mirata ad incentivare la localizzazione degli investimenti nelle aree in ritardo econo­mico; gli aiuti ambientali sono destinati a facilitare l'intro­duzione di dispositivi industriali antinquinamento o la rea­lizzazione di prodotti meno nocivi per l'ambiente; gli aiuti energetici sono diretti ad incentivare il risparmio di energia o la riconversione di impianti verso forme energetiche alter­native; gli aiuti in favore dei lavoratori possono perseguire obiettivi di sviluppo o tutela dell'occupazione, ovvero di mi­glioramento dell'ambiente di lavoro; gli aiuti a settori indu­striali in crisi consentono di salvaguardare capacità produttive e livelli occupazionali per il tempo necessario a realiz­zare, con gradualità, i processi di aggiustamento richiesti dal mercato. In questo senso si può affermare che gli aiuti sono finalizzati al sostegno non tanto delle imprese in quanto tali, bensì di precisi comportamenti o scelte imprenditoriali; comportamenti e scelte che sono a loro volta ritenuti coe­renti con determinati obiettivi, genericamente definibili come obiettivi di politica economica e sociale. Ciò vale an­che - si badi - per gli aiuti che presentano un più marcato carattere assistenziale, quali le misure anticrisi o di salvataggio, dato che siffatti interventi consentono, almeno in linea di principio, di evitare che la coesione sociale possa venir compromessa da situazioni di crisi strutturale di taluni set­tori.

D' altra parte, proprio perchè gli aiuti sono normal­mente finalizzati al perseguimento di precisi obiettivi, non si può poi ritenere che la valutazione di tali obiettivi possa in qualche modo incidere sulla qualificazione della natura delle misure di cui trattasi ai sensi dell'art. 87, n.1. Un criterio di qualificazione che accordasse rilevanza agli scopi dell'intervento pubblico, oltre che incerto nell'applicazione, sarebbe invero in contraddizione con la stessa ratio del re­gime prefigurato dal trattato. Ammettere che la portata del controllo comunitario possa in qualche modo dipendere dalla considerazione degli scopi perseguiti di volta in volta dai pubblici poteri non avrebbe altra conseguenza che quella di sottrarre al regime in discorso misure che pure sono ido­nee ad alterare le rispettive compatibili con il mercato comune proprio in base ai loro specifici obiettivi. Ad esempio, le finalità di sviluppo regio­nale, e le motivazioni di ordine economico-sociale che ne costituiscono il fondamento, trovano un espresso riconosci­mento nella deroga contemplata dall'art. 87, n. 3, lett. a) e c); analogamente, altre finalità, come la protezione dell'am­biente ovvero la promozione degli investimenti nella ricerca e sviluppo, sono state inquadrate nell' ambito della deroga di cui all'art. 87, n. 3, lett. b). Ciò indica chiaramente che mentre ai fini della qualificazione di una misura come aiuto contano gli effetti e non gli scopi perseguiti, questi ultimi ­insieme ad altri elementi, valgono a determinare se una misura, che è un aiuto ai sensi dell'art. 87, n. 1, possa o meno beneficiare di una delle deroghe previste dall'art. 87, nn. 2 e 3.

L'irrilevanza degli scopi dell'aiuto ai fini dell'applica­zione dell'art. 87, n. l, è   stata confermata dalla Corte nella ricordata sentenza Italia c. Commissione (causa173/73). La causa concerneva un provvedimento adottato dal governo italiano che disponeva uno sgravio degli oneri sociali per le imprese del settore tessile. Secondo il governo ricorrente tale misura avrebbe dovuto considerarsi sottratta al regime degli aiuti in quanto essenzialmente destinata a perseguire obiettivi di ordine sociale. La Corte tuttavia, dopo aver sot­tolineato che " l' art. 92 ha lo scopo di evitare che sugli scambi fra Stati membri incidano eventuali vantaggi con­cessi dalle pubbliche autorità, i quali, sotto varie forme, al­terino o rischino di alterare la concorrenza, favorendo de­terminate imprese o determinati prodotti " , ha statuito che "l'art. 92 non distingue gli interventi di cui trattasi a se­conda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti", su queste pre­messe la Corte ha quindi concluso che " di conseguenza ne il carattere fiscale, ne il fine sociale del provvedimento in que­stione sarebbero comunque sufficienti a sottrarlo all'applica­zione dell'art. 92". Inoltre, nella sentenza Denkavit, la Corte ha posto in evidenza il nesso che normalmente sussi­ste fra la concessione di un aiuto ed il perseguimento di obiettivi politico-sociali. Nella pronuncia - relativa ad un'ipotesi di restituzione di tasse percepite in violazione del diritto comunitario - la Corte ha precisato che la disposi­zione di cui all'art. 92 si riferisce "alla decisione unilaterale ed autonoma degli Stati membri, presa per il perseguimento di finalità economiche e sociali loro proprie, di fornire ri­sorse alle imprese o ad altri soggetti dell'ordinamento, o di procurare loro vantaggi destinati a favorire la realizzazione delle finalità economiche e sociali perseguite " . Si può per­tanto ritenere che la sussistenza di scopi politico-sociali costituisca un profilo inerente a qualsiasi misura di aiuto, ma che, perciò stesso, tale profilo non abbia alcun peso in ordine alla qualificazione delle misure rilevanti ex art.87 n.1.




La Commissione, nel controricorso nella vertenza" Philip Morris"( sentenza del 17 settembre 1980, " Philip Morris Holland Bv contro Commissione delle Comunità europee," Aiuto ad un produttore di sigarette", in causa 730/79), ha precisato che:" la nozione di aiuto comprende gli interventi che, in forme diverse, si presentano sotto l'aspetto di importi concessi per facilitare un investimento, importi che alleviano gli oneri normalmente a carico del bilancio dell'impresa interessata.

Alan Dashwood e Thomas Sharpe, "The Industry Acts 1972 and 1975 and European Community Law.PartI.

Sent. 23 febbraio 1961, Steenkolenmijnen, causa 30/59.

La centralità dell'effetto per la definizione del concetto di "aiuto"costituisce il filo conduttore della valutazione giurisprudenziale. Così nelle sentt. 2 luglio 1974, Italia c. Commissione, causa 173/73, 24 febbraio 1987, Deufil, causa 310/85, si puntualizza che l'art. 92 definisce gli interventi di cui trattasi "in funzione dei loro effetti"; in sent.22 marzo 1977, Steinke, causa 78/76 , si ribadisce che in ordine "all'applicazione dell'art.92 sono sostanzialmente gli effetti dell'aiuto nei confronti delle imprese o dei produttori beneficiari dello stesso che vanno presi in considerazione", nella sent. 10 ottobre 1978, Hansen, causa 148/77, si osserva che l'art.92, par.1, riguarda gli interventi pubblici "che possono avere l'effetto di falsare le condizioni normali degli scambi fra gli Stati membri".

Nella sentenza Deufil si rileva che la norma sugli aiuti ha" lo scopo di evitare che sugli scambi fra Stati membri incidano eventuali vantaggi concessi dalle pubbliche autorità, i quali, sotto varie forme, alterino o rischino di alterare la concorrenza, favorendo deterlninate imprese o determinati prodotti" .

Così la risposta dell'Interrogazione scritta n.° 112/70, presentata dall'On. Vredeling alla Commissione delle Comunità europee, del 3 giugno 1970.

Nella Decisione del 25 luglio 1990, n°91/175/CEE ,"relativa agli aiuti istituiti dalla legge italiana n.120/87 a favore di talune zone del Mezzogiorno colpite da calamità naturali", la Commissione ha precisato che, "in effetti, è opportuno sottolineare che, diversi anni dopo il terremoto, i territori delle regioni colpite dai sismi del novembre 1980 e febbraio 1981 non presentano più né la gravità né l'urgenza, ne la specificità necessarie per giustificare l'adozione di nuove misure straordinarie del tipo di quelle previste dalla Legge n.219/87".

Nella «comunicazione della Commissione ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 2 del Trattato CE, indirizzata agli altri Stati membri e agli altri interessati in merito ad un aiu­to concesso dalla regione Sardegna", «Riduzione dei canoni d'irrigazione" (in G.U.C.E. n. C 19, del 22/1/94, p. 4), l'Esecutivo CEE ha precisato che nella fattispecie che gli era stata prospettata «si tratta di misure che sono applicate anche in periodi caratterizzati da condizioni climatiche normali e non possono pertanto essere oggetto della deroga prevista dall'articolo 92, paragrafo 2, lettera b) del Trattato".

Decisione della Commissione n. 72/251/CEE, del 26 maggio 1972, «relativa alla concessione di un aiuto per la costitUzione di una riserva per la copertUra di rischi propri in materia di danni causati dalla grandine ai produttori di mele e pere dei Paesi Bassi» (in G.U.C.E. n. L 163, del 19/7/72, p. 19).


Così la Decisione della Commissione n. 93/133/CEE, del 4 novembre 1992, «con­cernente gli aiuti concessi dal Governo spagnolo all'impresa Merco (settore agroalimen­tare»>, «Merco 1», (in G.U.C.E. n. L 55, del 6/3/93, p. 54), p. 58, riprendendo la sostanza di una serie di pronunce precedenti:

- la Decisione della Commissione del 251uglio 1990, n. 92/329/CEE, «sull'aiuto conces­so dal Governo italiano a un produttore di lenti oftalmiche (Industrie Ottiche Riunite - IOR)" (in G.U.C.E. n. L 183, del 3/7/92, p. 30), punto VII, p. 34;

- la Decisione della Commissione del 28 maggio 1991, n. 91/500/CEE, «relativa a talune misure di aiuti adottate a beneficio delle imprese della Regione Friuli-Venezia Giulia" (in G.U.C.E. n. L 262, del 19/9/91, p. 29), p. 31, punto III.


Ad esempio:

- nella comunicazione disciplina comunitaria degli Aiuti di Stato alla ricerca e svilup­po» (in G.U.C.E. n. C 83, del1'II/4/86 p. 2) viene precisato, punto 3.2. che: qualsiasi aiuto che [...] risulti destinato a promuovere l'esecuzione di un importante progetto di comune interesse europeo può beneficiare della deroga di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera h»;che altri aiuti alla ricerca e sviluppo [...] possono beneficiare della dero­ga di cui all'articolo 93, paragrafo 3, lettera c»;

- nella lettera agli Stati membri 7 luglio 1980 inquadramento comunitario degli aiuti degli Stati a favore dell'ambiente» (pubblicata nel volume a cura della Commissione delle Comunità europee: Diritto della concorrenza nelle Comunità Europee; Volume Il: Regole applicabili agli aiuti di Stato, Lussemburgo 1990, p. 138), punto 4, vengono definiti: ci principi che la Commissione ha definito, sulla base delle deroghe di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera a) e c) [...]».


Nel luglio 1963, rispondendo ad una Interrogazione parlamentare, la Commissione elencò, a titolo esemplificativo, una lista di comporta­menti rientranti nella definizione di aiuto: «sovvenzioni; esenzioni da imposte e tasse; esenzione da tasse parafiscali; bonifici d'interessi; garan­zie di prestiti a condizioni particolarmente favorevoli; cessioni di edifici o di terreni a titolo gratuito o a condizioni particolarmente favorevoli; for­niture di beni o servizi a condizioni preferenziali; coperture di perdite; qualsiasi altra misura di effetto equivalente». A questa elencazione di aiuti «tipici» la prassi della Commissione e la giurisprudenza della Corte hanno aggiunto una serie di altri comportamenti che integrano la nozio­ne di aiuto. Tra essi: l'assicurazione statale dei rischi derivanti dalle va­riazioni della parità dei cambi; la garanzia dello Stato ad operazioni fi­nanziarie; prestiti ad interesse zero, a tassi particolarmente favorevoli, suscettibili di essere trasformati in sovvenzioni; rimborso dei costi in ca­so di successo; raccolta differita degli oneri fiscali o sociali; forniture a prezzo di costo; accesso privilegiato ai pubblici contratti; determinazio­ne in via autoritativa di prezzi e tariffe; cessione di imprese pubbliche ad un prezzo troppo basso.








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