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Il potere regolamentare è conferito alla Corte cost. dagli art.14 e 22 della legge ordinaria n.87/1953,che disciplina l'esercizio delle sue funzioni e nella quale essi trovano fondamento,a differenza dei regolamenti parlamentari il cui fondamento è da rinvenire nella Cost. A tale legge rinvia però l'art.137 Cost. perché stabilisca "le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte",ne consegue che i regolamenti sono ad essa gerarchicamente subordinati. A meno che non si voglia ricollegare i regolamenti della Corte cost. direttamente alla Cost. ,con il conseguente venir meno della gerarchia e la sua sostituzione con quello della separazione delle competenze e riconoscere loro la natura di fonte primaria,ma non quella di atto avente forza di legge (ordin.572/1992 Corte cost.).
L'art.14 della l.87/1953 dispone che "la Corte può disciplinare l'esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza assoluta dei suoi membri" e sottoposto all'obbligo di pubblicazione;con specifico riferimento ai giudizi dinanzi alla corte,è prescritto (art.22) che "norme integrative possono essere stabilite dalla Corte nel suo regolamento". Ne risulta un evidente parallelismo tra il potere della Corte di disciplinare l'esercizio delle proprie funzioni,in genere,e il potere di ciascuna Camera di darsi il proprio regolamento ;tra il potere della Corte di dettare norme integrative,relative ai procedimenti,e quello riconosciuto alle Camere di integrare la normazione cost. sul procedimento legislativo,con la differenza che,mentre le norme integrative della prima sono tali rispetto alla disciplina dei procedimenti già posta,oltre che da fonti formalmente cost. ,dalla legge ordinaria, quelle delle seconde,invece,integrano le norme cost.
Dunque il punto differenziale di maggior rilievo è che i regolamenti delle Camere sono fondati direttamente su disposizioni espresse della Cost. ,di guisa che per essi può affermarsi una riserva di competenza,cost. garantita;mentre il potere regol. della Corte appare basato su disposizioni di legge ordinaria,ma la dottrina tende a rintracciare un fondamento cost. della autonomia normativa della Corte stessa,attribuendo alle disposizioni della l.87/53 funzione meramente dichiarativa. Si rinviene un'analogia nella prescrizione della maggioranza assoluta per la deliberazione dei regolamenti di entrambi gli organi.
In prima istanza si può ritenere che i regolamenti della Corte siano tali in senso tecnico ,ossia istituiti dalla legge,e quindi subordinati alle norme legislative,potendo però essere assimilati a regol. indipendenti stante la lacunosità in materia della disciplina di fonte legislativa.Inoltre una più attenta analisi dell'art.137 Cost. indurrebbe piuttosto a ritenere la parità di forza dei regolamenti della Corte rispetto alla legge ordinaria,gli uni e l'altra autorizzati a disciplinare la stessa materia,ritenendo il fenomeno come una preferenza in favore dei primi.
Il referendum abrogativo(o popolare) è disciplinato non solo dall'art.75Cost. ma anche dagli artt.27-40 l.352/1970.L'art.75 dispone che il referendum è indetto(dal Pres della Rep.:art.87Cost.) per la deliberazione da parte del corpo elettorale del-l'abrogazione totale oparziale,di una legge o un atto avente valore di legge,quando lo richiedano 500 mila elettori o 5 consigli regionali.A norma del comma II,al referendum abrogativo sono posti dei limiti:non è ammesso per le leggi tributarie e di bilancio,di amnistia e di indulto,di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali.Inoltre dopo aver dettato le regole circa le titolarità del diritto di partecipare al referendum,che spetta agli elettori per la camera dei deputati,circa le validità della consultazione popolare,per la quale si richiede la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto,e quanto all'approvazione della proposta referendaria,che si ritiene avvenuta se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.,l'art.75 al Vcomma rinvia alla legge ordinaria la determi-nazione delle modalità d'attuazione del referendum.
Tale attuazione è intervenuta molto tempo dopo l'entrata in vigore della Cost.del '48 con l'approvazione della legge 352 del 1970 ,anno in cui venne approvato lo statuto dei lavoratori,in cui si istituirono le regioni(legge281/70).Storicamente,l'approvazione della legge sul divorzio nello stesso 1970 provocò la necessità di dare attuazione all'istituto referendario per verificare se la volontà parlamentare e quella popolare non fossero in discrasia.
Sotto il profilo procedimentale la legge 352/70 dispone,all'art.28,che le richieste di referendum devono essere depositate in ciascun anno dal 1° gennaio al 30 settembre,mediante la presentazione alla cancelleria della Corte di cassazione di tutti i fogli contenenti e dei certificati elettorali dei sottoscrittori entro 3 mesi dalla data del timbro apposto sui fogli medesimi a cura delle segreterie comunali e delle cancellerie degli uffici giudiziari;nel caso di richiesta di referendum da parte di non meno di 5 cons. reg.,essa deve essere approvata con il voto della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati a ciascuna regione(art.30);inoltre non può essere depositata richiesta di ref nell'anno ante-riore alla scadenza di una delle due Camere e nei 6 mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime.
Con la legge 352 è stato istituito l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione (composto,ex art.12,da 3 pres.di sez. e 3 consigl.di ciascuna sez.)il quale effettua,a norma dell'art.32,un controllo di mera legittimità.Tale controllo consiste non solo nel verificare,ad esempio,il numero dei sottoscrittori e la loro legittima abilitazione all'autenticazione delle richieste depositate,ma soprattutto nell'accertare che l'atto,che si intende sottoporre a referendum,abbia forza di legge,come prescrive l'art.75Cost..e che non sia stato abrogato.In quest'ultimo caso l'Ufficio dichiara,a norma art.39,che le operazioni relative non hanno più corso.La Corte cost. con sent.68/1978,ha dichiarato l'illegittimità dell'art.39,limitatamente alla parte in cui non prevede che ove l'abrogazione delle leggi sottoposte a referendum venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia,che non modifichi né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente, né i contenuti normativi essenziali dei singli precetti,il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative. Ciò avviene qualora il Parlamento approvi una nuova legge conte-nente modifiche di pura forma alla legge od alle disposizioni abrogate.Con questa sentenza la Corte ha voluto arginare la tendenza degli organi legisl.ad eludere il ricorso al referendum,dopo la presentazione della richiesta,apportando alla legge che ne formava oggetto modificazioni meramente formali,per impedire la consultazione popolare.
Inoltre all'Ufficio centrale è stato riconosciuto anche un potere di correzione del quesito referendario da riprodurre nella parte interna delle schede di votazione,attraverso la modifica dell'art.32 della l.352/70 da parte dell'art.1 della l.171/95,al fine di rendere il quesito stesso più comprensibile agli elettori.
Entro il 15 dicembre ,l'Ufficio centrale decide,con ordinanza,sulla legittimità di tutte le richieste depositate e le trasmette alla Corte cost. alla quale è demandato il giudizio di ammissibilità del referendum(art.2,legge cost.1/1953),ossia accertare se la legge o l'atto avente forza di legge rispetto al quale è stato richiesto il referendum rientri o meno fra quelle per le quali tale strumento abrogativo è escluso.
Inizialmente una interpretazione restrittiva del comma II dell'art.75Cost.,espressa dalla Corte nella sent.10/1972,assunse come unici criteri di ammissibilità solo i limiti espressi dall'art. cost. suddetto,ossia le leggi di tributarie e di bilancio,di amnistia e di indulto, e di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali.
Invece con la sent.16/1978 la Corte cost. ha riconosciuto che da una verifica sistematica delle disposizioni cost. emergevano limiti impliciti,dedotti dallo stesso art.75.
Innanzitutto la Corte ha dichiarato l'inammissibilità delle richieste referendarie che riguardino la Cost.,le leggi di revisione cost. e le altre leggi cost.,previste all'art.138Cost.Infatti a ritenere ammissibile l'abrogazione referendaria per tali leggi si opererebbe una modifica surrettizia dello stesso art.138,in quanto il procedimento di revisione cost. è riservato al Parlamento e la volontà popolare può essere chiamata ad esprimersi,mediante referendum solamente per la mera approvazione o non approvazione del testo deliberato dalle camere.
Con la predetta sent.16/1978 sono state altresì giudicate sottratte a referendum anche le leggi ordinarie atipiche,ossia leggi che presentano delle varianti dal punto di vista procedimentale o della forza rispetto normale tipologia legislativa,ad esempio a leggi a passiva rinforzata e perciò insuscettibili di essere abrogate o modificate da semplici leggi ordinarie.
Inoltre la Corte ha attribuito un'interpretazione estensiva al limite espresso contenuto nell'art.75,secondo il quale sono sottratte a referendum le leggi di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali,escludendo anche le leggi che contengono l'ordine di esecuzione dei trattati stessi,desumibile dal riferimento dell'art.75, all'abrogazione di una legge o di un atto avente valore di legge.
Sempre attraverso tale impostazione interpretativa dell'art.75 conclude ad escludere dalla sottoponibilità a referendum anche i regolamenti quali fonti di grado inferiore.Sono da escludersi anche i regol. parlamentari in quanto espressione di una autonomia delle Camere guarentigiata costituz.
Altro limite tacito desumibile sia dalla collocazione topografica dell'art.75 nel testo cost., tra le disposizioni sulla formazione delle leggi statali,sia dall'art.123Cost.prescrivente che gli statuti debbano contenere norme disciplinanti il referendum su leggi ed atti amministrativi della Regione,è che il referendum non possa avere ad oggetto se non leggi dello Stato,con esclusione dunque delle leggi regionali.
Nella stessa sentenza ed in altre,emesse in un arco di tempo che va dal 78 al 2000,la corte ha individuato ulteriori ragioni di inammissibilità della richiesta ref.:
1)quando concerne disposizioni legisl. a contenuto cost.vincolato in quanto contengono
l'unica necessaria disciplina attuativa nella modalità conforme alla norma cost ,di guisa che la loro abrogazione si tradurrebbe in violazione di quest'ultima.
2)quando contiene oggetti non omogenei, privi di quella razionale unitarietà ed univo-cità,come nel caso della richiesta di abrogare l'intero codice militare di pace e 97 artt.del codice penale).Infatti la Corte ha affermato che "assenza di manifesta e chiara alternativa(quest'ultima tratta dall'intrinseca struttura dell'istituto referendario che non comporta soluzioni intermedie)impedisce che il voto dei cittadini si renda con quella consapevolezza della scelta" e ne viola pertanto la libertà di coscienza(principio espresso dall'art.48).Tale criterio dell'omogeneità è stato esteso dalla Corte alla normativa che divenga oggetto della richiesta ref.,in relazione all'utilizzo della tecnica,ormai invalsa, del ritaglio anche di singole parole delle disposizioni.Nella sent.2/99 è stata dichiarata l'ammissibilità di tale tecnica purché essa si limiti a modificare contenuti già presenti nel testo legislativo e non costruisca,attraverso la manipolazione del testo originario,una nuova normativa.
Al contrario è stata dichiarata l'ammissibilità dei referendum elettorali.Sebbene l'Assem-blea cost. avesse approvato il divieto di ammettere in materia elettorale la consultazione popolare,il Comitato di redazione la espunse,dunque la Corte ha ritenuto che il limite alla sua cognizione delle disposizioni cost. debba rinvenirsi nella pubblicazione della Cost.,non ritenendo pertanto escluso dalla sottoposizione a ref. le questioni elettorali.
Per quanto riguarda il procedimento,la Corte fissa il giorno della deliberazione sull'ammissibilità del referendum non oltre il 20 gennaio dell'anno successivo a quello in cui è stata pronunciata l'ordinanza dell'Ufficio,mentre decide con sentenza da pubblicarsi entro il 10 febbraio(a norma legge cost.1/53).
Ricevuta comunicazione della sentenza il Pres. Della Rep.su deliberazione del Cons. Ministri,indice con decreto il referendum,che fissa la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno.
L'abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge mediante referendum è dichiarata mediante decreto del Pres.della Rep., esso è pubblicato nella Gazz. E inserito nella Raccolta uff. L'abrogazione ha effetto a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione,l'entrate in vigore può essere ritardata per un termine non sup.a 60 giorni.Nel caso dell'anticipato scioglimento delle Camere,il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all'atto della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto del Pres. Della rep.di indizione dei comizi elettorali per l'elezione delle nuove camere o una di esse. I termini del procedimento per il ref. riprendono a decorrere dal 365° giorno successivo alla data della elezione.
Il referendum abrogativo è inserito tra le fonti normative ,muovendo da considerazioni attinenti alla natura del potere esercitato ed agli effetti ad esso ricollegati.Dato che il ref. ex art.75 è espressamente definito di abrogazione,è sorta la questione che si incentra sul punto se possa considerarsi fonte un atto ,la cui funzione normativa è unidirezionale,ovvero in linguaggio kelseniano, una legislazione negativa.Infatti il referendum ha solamente una capacità abrogativa,essendo costituz. inidoneo a produrre altre forme di mutamento normativo.Al contrario le fonti si caratterizzerebbero per la loro efficacia innovativa del diritto oggettivo,mentre la capacità abrogativa è bensì un effetto.Tuttavia anche la mera abrogazione può avere riflessi modificativi del significato di altre norme dell'ordinamento,dunque il ref. abrogativo va annoverato tra le fonti perché anche l'abrogazione non è "non disporre" ma "disporre diversamente" e costituisce pertanto esercizio di potestà normativa,rendendo incerta la linea di confine tra disporre in positivo e disporre in negativo.
Contenuto Regolamenti parlamentari
1)disciplina del procedimento legislativo
2)organizzazione interna di ciascuna Camera(Presidente,Ufficio di Presidenza,dei Gruppi, delle Giunte,delle Commissioni)
3)disciplina dei lavori di ciascuna camera
4)disciplina dei principi che regolano il rapporto con il personale (disciplina completa mediante regolamenti ad hoc)
Per tali regolamenti è riconosciuto il principio dell'autodichia, cioè la cosiddetta giustizia domestica,in virtù del quale essi non sono assoggettati al controllo giurisdizionale,né della Corte cost. né del giudice comune.La sottrazione degli atti delle Camere a tale controllo è stato confermato dalla sent.184/81 della stessa Corte c.
Collocazione dei regolamenti nel sistema delle fonti
Se ai regol.parlamentari fosse riconosciuta la forza della legge(ossia se l'atto è dotato di forza attiva capace di innovare alle norme del diritto oggettivo o la forza passiva di resistere alle innovazioni introdotte da atti che non siano leggi o altri atti cui cost. è riconosciuta forza di legge),essi dovrebbero essere soggetti al sindacato della Corte cost. e verrebbe meno il principio dell'autodichia. Però il rapporto fra legge e regolamenti parlamentari non può essere costruito sul criterio della sostituibilità e quindi su quello gerarchico, ma su quello della separazione delle competenze dal quale ne consegue che i regolamenti parlam.sono subordinati solo alla Cost..
Le conclusioni dipendono dalla nozione di forza di legge:
1)se essa assume il proprio significato in relazione alla Cost.,ossia hanno forza di legge tutti gli atti ad essa direttamente subordinati,allora i regol.parl. sono atti con forza di legge;
2)se si assume il significato tradizionale,ossia hanno forza di legge tutti gli atti che possono essere modificati solamente da leggi o da atti ad essa equiparati,non potendo ammettersi per i regol. il criterio della sostituibilità,ma solo quello della separazione delle competenze,essi non hanno forza di legge.
La Corte cost. ha eluso la risoluzione di tale dilemma attraverso l'affermazione del principio della guarentigia,ossia la tutela delle Camere dal controllo giurisdizionale,affermando di conseguenza la legittimità dell'autodichia e ritenendo inammissibile un assoggettamento al suo sindacato di tali organi,i quali godono di una posizione costituzionale d'indipendenza.
La Corte può avere cognizione dei regolamenti solamente
a)in sede di conflitto d'attribuzione(esorbitanza dei poteri di un organo rispetto a quelli riconosciutigli,con invasione dell'altrui sfera di competenza).
b)qualora il regol. diventi parametro,ossia norma interposta in un giudizio di legittimità cost.
Regolamento Corte cost. estese regole valide peri regol. parlamentari,la stessa Corte ha riconosciuto per se stessa il principio dell'autodichia e quello della competenza.
Regolamento Presidenza della Repubblica
Il fondamento dei regol. della Pres. Della Rep.va rinvenuto negli artt.3,comma III,e 4 commaI,della legge 1077/1948,a norma dei quali,rispettivamente,spetta al Pres.della Rep. l'approvazione del regol.interno della Pres. E stabilire con suo decreto lo stato giuridico ed economico e gli organici del personale addetto alla Pres.
Nel sistema delle fonti assume lo stesso rango dei regol. governativi,non viene ad esso riconosciuto il principio dell'autodichia,è assoggettato al controllo giurisdizionale,secondo anche una conferma della Corte di cassazione.
Fonti e norme nell'unità del sistema
L'ordinamento giuridico statale,nel suo aspetto normativo (diritto oggettivo)risulta costitui-to da una molteplicità di norme prodotte in tempi diversi da fonti diverse.Dunque è essen-ziale al concetto stesso di fonte il principio della sua inesauribilità,per la stessa ragione per la quale il diritto oggettivo non si risolve in uno statico complesso di norme immutabili,ma è organismo in fieri,in continuo divenire,sintesi di jus conditum e jus codendum.Il mutarsi delle norme avviene in aderenza a quello delle esigenze sociali,entro l'unità dinamica dell'ordinamento normativo nella sua dimensione temporale.
L'ineusaribilità delle fonti implica che le norme incessantemente prodotte possano diver-gere e confliggere tra loro,sia per la molteplicità temporale delle fonti sia per quella qualita-tiva:la possibilità di norme confliggenti aumenta,specie se i tipi diversi di fonti abbiano idoneità a creare diritto sulle stesse materie,cioè siano concorrenti.
Ma se le antinomie sono possibili,esse devono essere composte e risolte,affinché l'ordinamento sia coerente ed unitario e non coacervo informe di norme tra loro contra-stanti,ossia si afferma il postulato dell'unità del sistema:sia unità dinamico-formale, nel sen-so che di esso fanno parte integrante solo norme poste dagli atti e fatti a ciò autorizzati dal-le norme cost. sulla produzione giuridica,sia unità materiale,nel senso che non devono coesistere norme regolanti un medesimo oggetto in senso contrastante.
Al fine della risoluzione delle antinomie sono stati apprestati nel nostro ordinamento tre criteri cronologico gerarchico della competenza
E' soprattutto in sede di applicazione giurisdizionale del diritto oggettivo che si esplica la funzione dei criteri prescritti per la risoluzione delle antinomie.Infatti all'atto di trarre dall'ordinamento la concreta qualificazione giuridica di concrete situazioni della vita reale,si rende indispensabile accertare quale sia la norma validamente vigente applicabile al caso:essa,per il principio di certezza riconosciuto nel nostro ordin.,deve essere solamente una.Dunque tale fase di attuazione giurisdizionale del diritto implica necessariamente il momento dell' interpretazione rivolta a determinare l'esatto significato delle disposizioni e delle norme,nei loro rapporti reciproci e nella connessione con le altre che costituiscono l'ordinamento.
Anche se la norma validamente applicabile deve essere una sola ed avere un solo significato,è possibile che si abbiano diverse e discordanti ricostruzioni dell'unità dell'ordinamento,quindi si manifestino diverse possibili risoluzioni delle antinomie,in funzione del diverso significato attribuibile alle varie norme.Tale varietà di interpretazioni si contrappone al postulato per il quale una soltanto si presume essere quella vera,dandosi la prevalenza all'interpretazione compiuta dagli appositi organi giurisdizionali,ed in ultima istanza a quella fatta propria dalla Corte di cassazione (cfr.art.111Cost.;Crisafulli p.210).
Il criterio cronologico:inizio e cessazione della vigenza delle norme.
L'obbligatorietà delle norme del diritto oggettivo è condizionata dall'entrata in vigore della fonte, quando quest'ultima si sia perfezionata in tutti i suoi elementi costitutivi e sia in grado di esplicare la propria efficacia innovativa del diritto soggettivo.
L'inizio dell'obbligatorietà delle norme può non coincidere con quello della fonte,poiché quello delle prime potrebbe essere espressamente posticipato o subordinato a particolari condizioni;l'obbligatorietà delle norme si esplica efficacia qualificatoria delle situazioni e dei rapporti della vita reale,ossia con la loro applicabilità.
Il criterio cronologico si fonda sul principio secondo il quale lex posterior derogat priori,ossia l'applicabilità della norma successiva,il cui sopravvento nell'ordinamento produce l'effetto dell'abrogazione della norma preesistente.Tale criterio è valido non solo quando nell'ordinamento vi sia una sola fonte abilitata alla produzione normativa,ma anche quando lo siano una pluralità di fonti purché equiparate tra loro,quindi non gerarchicamente ordinate,e dotate della medesima competenza.
Con l'abrogazione si ottiene l'eliminazione delle antinomie,che altrimenti scaturirebbero dal rinnovarsi nel tempo dei fatti di produzione giuridica.Se così non fosse,la fonte anterio-re,precludendo ogni ulteriore diversa normazione sulle materie da essa regolate,limiterebbe la potenzialità innovativa che identicamente caratterizza tutte le fonti appartenenti ad un medesimo tipo. L'entrata in vigore di nuove norme e l'abrogazione di norme precedenti possono vedersi come due aspetti di uno stesso fenomeno.
La possibilità dell'effetto abrogativo viene ricondotta alla "inesauribilità" che caratterizza il concetto di fonte.
L'abrogazione comporta la non applicabilità della norma preesistente dal momento dell'entrata in vigore della norma successiva,ovvero il principio per cui l'abrogazione opera ex nunc (dal momento in cui ha inizio l'efficacia delle nuove norme) che si ricava dal-l'art.11 disp.prel.cod.civ.,a norma del quale"La legge non dispone che per l'avvenire :essa non ha effetto retroattivo".Ciò significa che le norme abrogate seguitano ad essere applica-bili e quindi obbligatorie,a fatti e rapporti sorti durante la loro vigenza, mentre essa non è applicabile a quelli intercorsi successivamente all'avvenuta abrogazione. Quest'ultima segna l'estremo limite cronologico dell'efficacia della legge,ma non incide sulla sua legittimità.
La regola dell'abrogazione non si applica quando la legge anteriore sia speciale od eccezionale e quella successiva,invece,generale(legi speciali per generalem non derogatur). Il principio della irretroattività della norma non è un principio formalmente costituziona- lizzato,se non per le norme penali ex art.25Cost.(Nessuno può essere punito se non in for-za di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso),ma viene ugualmente ritenuto uno dei principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato(in questo senso si è pronunciata la Corte sent.23/78 e 3/1980),in quanto desunto dalla connessione delle norme della legislazione vigente,dunque mediante un atto interpretativo.
L'abrogazione può essere di tre tipi,che si rinvengono nell'art.15 disp.prel.cod.civ.:
1)Espressa,quando sia il legislatore a dichiarare esplicitamente nell'atto sopravvenuto l'abrogazione di una norma preesistente;
2)Tacita,quando vi sia incompatibilità oggettiva tra le nuove norme e le precedenti;
3)Rinnovamento della materia,cioè quando si verifichi l'impossibilità della sopravvivenza di qualsiasi norma precedente su una materia che venga posteriormente regolata ex novo ed integralmente da una fonte successiva.Anche quest'ultima è una forma di incompa-tibilità,sebbene non tute le singole norme anteriori debbano essere in puntuale contrasto con le norme sopravvenute.
Altri modi di cessazione della vigenza delle norme.Sospensione e deroga.
1)Leggi temporanee:la cessazione dell'obbligatorietà delle norme avviene allo scadere del termine,espressamente o implicitamente prefissato;
2)Decadenza ex tunc dei decreti-legge per mancata conversione non riconducibile al fenomeno dell'abrogazione,ma deve configurarsi come effetto di una condizione risolutiva operante ipso jure,ossia in forza delle disposizioni dell'art.77Cost.
3)Sospensione:ha un carattere intrinsecamente provvisorio e temporaneo,in quanto non abrogano le preesistenti norme rispetto a cui dispongono diversamente,ma solo ne sospendono l'efficacia obbligatoria e quindi l'applicabilità per un determinato periodo al termine del quale riprendono ad esplicare la propria efficacia.(Esempi:leggi di amnistia ed indulto,leggi temporanee,decreti legge).
4)Deroga:è un fenomeno legato all'abrogazione,ma si distingue da essa perché si ha quan-do una norma intervenga a fare eccezione ad una preesistente disciplina,sottraendole particolari fattispecie normative peer assoggettarle ad una diversa disciplina.
Tipologie:a)deroga contestuale o simultaneamente disposta,come avviene nei casi di norme transitorie che accompagnano la disciplina di certe materie;
b)deroga disposta da norma posteriore ,sia da fonti equiparate che da fonti subordinate.
Tali fonti devono essere specificatamente autorizzate da norme di legge con particolare riferimento a singole determinate norme preesistenti.Nella seconda ipotesi le norme derogate sono o diventano dispositive(cioè non impongono un dovere di osservanza e quindi possono essere derogate) o suppletive(integrative),quali provvedimenti concreti e puntuali facoltizzati a derogare per singoli casi a norme di legge.
Qualora a disporre diversamente rispetto a norme generali anteriori siano norme di fonti equiparate,potrà aversi vera abrogazione parziale,come pure la sospensione delle prime. La seconda si verificherà,ove la c.d. deroga abbia carattere temporaneo;la prima invece ove abbia carattere permanente e definitivo,perché limitare la fattispecie originaria di una norma per sottrarle una classe,astrattamente prevista,di ipotesi che altrimenti vi rientrereb-bero,significa abrogarla parzialmente
Per quanto riguarda il rapporto fra leggi ordinarie e disposizioni comunitarie diret-tamente applicabili negli Stati membri esisterebbe un'altra forma di cessazione della potenzialità esplicativa della legge,diversa dall'abrogazione e dalla deroga,che si realizzerebbe nell'ipotesi d'intervento di un atto normativo delle Comunità europee in materia ad essa devoluta ma per l'innanzi regolata con la legge nazionale(vedi appunti sulle fonti comunitarie).
Eliminazione delle norme.
L'eliminazione è conseguente ad una dichiarazione di invalidità pronunciata dagli organi ad hoc specificatamente competenti,il c.d. effetto di annullamento.
L'annullamento dei regol. riconosciuti legittimi avviene ad opera degli organi della giurisdizione amministrativa,mentre è la Corte cost. a dichiarare l'illegittimità cost.di leggi e atti aventi forza di legge o di det. loro norme,così come previsto dagli artt.134 e 136 Cost.,ne consegue che tali norme verranno espunte dall'ordinamento.
Differenze con l'effetto di abrogazione:
a)opera retroattivamente,nel senso che impedisce l'applicazione delle norme dichiarate invalide anche alle situazioni e ai rapporti intervenuti quando erano in vigore,cui invece sarebbero applicabili ove ne fosse invece venuta in essere l'abrogazione ex nunc;
b)presuppone necessariamente un vizio delle norme (o della fonte)e cioè la loro invalidità,mentre l'abrogazione può essere liberamente disposta dal legislatore e comunque deriva semplicemente dalla oggettiva incompatibilità tra le nuove norme e le precedenti;
c)l'effetto di annullamento consegue ad un'apposita pronuncia dell'organo a ciò competente,mentre l'effetto abrogativo si produce automaticamente e può essere dichiarato caso per caso dal giudice comune.
Incidenza sul criterio cronologico del criterio gerarchico e del criterio della competenza.
La cessazione dell'efficacia delle norme,conseguente all'effetto di annullamento,si connette ai criteri di gerarchia e della competenza,in concorrenza e in correzione del criterio cronologico,per la risoluzione delle antinomie.
L'istituto dell'abrogazione serve ad eliminare le antinomie derivanti dal succedersi nel tempo di norme poste da fonti omogenee.
L'annullamento serve ad eliminare le antinomie scaturanti dall'operare di fonti eterogenee (appartenenti a tipi e specie e tra loro diverse).
L'applicabilità del criterio della lex posterior incontra un limite non superabili nelle ipotesi in cui ricorra o rapporto di gerarchia ovvero separazione di competenze.
Criterio gerarchico:quando le fonti abilitate alla produzione giuridica sono ordinate gerarchicamente dalla fonte sulla produzione(Cost.),ossia sono differenziate per il grado di capacità innovativa del diritto a ciascuna riconosciuto,non è la fonte successiva nel tempo a dover ricevere applicazione,bensì quella posta in posizione gerarchicamente superiore,e la risoluzione delle antinomie verrà applicando le norme prodotte da quest'ultima e disapplicando, invece, quelle,con esse contrastanti,di fonti subordinate,previa però la loro eliminazione secondo lo schema dell'effetto di annullamento;
(la norma applicata è quella prodotta dalla fonte gerarchicamente superiore ancorché precedente,non viene adottato il criterio cronologico qualora la norma successiva sia prodotta da una fonte gerarchicamente subordinata).
Si avrà dunque invalidità delle nuove norme confliggenti con quelle per l'innanzi in vigore,attraverso il sindacato della Corte cost.
Dal criterio gerarchico al criterio della competenza
Il criterio gerarchico presuppone che le norme costituenti il diritto oggettivo siano distribuite su piani diversi di sopra e sottoordinazione:di guisa che le norme di grado superiore prevalgono su quelle di grado inferiore,le quali ne sono condizionate nella loro validità,non potendo dunque contrastarvi.Tale stratificazione normativa è conseguenza della differente forza formale riconosciuta dall'ordinamento alle loro fonti rispettive.
La forza ad esse attribuita si esplica ad un tempo come forza attiva(ossia la capacità di in-novare al diritto oggettivo, immettendo norle ad un determinato livello,nonché di abrogare norme preesistenti di quel medesimo livello o di uno subordinato)e come forza pas-siva,ossia la capacità delle norme prodotte di resistere al sopravvento di fonti successive.
Nello stato moderno,a costituzione flessibile,la legge formale era fonte a competenza illi-mitata e sovrastante su ogni altra,abrogando qualunque norma anteriormente prodotta.
L'introduzione di una forma legale costituzionale,secondo l'espressione kelseniana, distinta e superiore alla forma legale ordinaria,cioè di un sistema a costituzione rigida,ha comportato la complicazione del sistema delle fonti,in virtù della capacità dell'atto costitu-zionale di creare fonti ulteriori o di predisporre differenziazioni nella tipologia delle leggi.
La comune subordinazione di tutte le fonti,e quindi della stessa legge formale,alla costituzione rigida può implicare che al criterio gerarchico si affianchi il criterio della competenza.Infatti quando esiste una pluralità di fonti parallele, a ciascun tipo essendo riservata una determinata materia,non può essere applicato né il criterio cronologico né quello gerarchico,poiché manca la possibilità di un valido concorso,sui medesimi oggetti,delle norme dell'una e dell'altra fonte,ma il criterio della competenza,ossia l'applicabilità delle norme poste solamente dalla fonte riconosciuta competente ad avere valida incidenza in un determinato ambito ad essa riservato.Ciò comporta che la stessa legge formale incontri limiti di materia che si esplica in rapporto di separazione nei confronti delle fonti esclusivamente autorizzate a regolare gli oggetti che sono ad essa sottratti.
La distinzione delle competenze si fonda su un criterio composito,orizzontale e verticale, ad integrare il quale concorrono il territorio,i contenuti normativi o i modi di disciplina,su tali oggetti rispettivamente consentiti a ciascun ordine di fonti.
Esempi: a) regol. parlamentari, fonti formalmente differenziate,che escludono dall'ambito materiale riservatogli la competenza di qualsiasi altra fonte che non abbia grado cost.
b)rapporto leggi statali e leggi regionali,anche se in riferimento alla legislazione regionale concorrente o bipartita esiste tra le due fonti e sulle medesime materie concorso possi-bile,ma vincolato,alla legge spettando di porre e modificare i principi,alla legge regionale dettare la disciplina di dettaglio,nei limiti dei principi.
c)fonti rinforzate.
Ogni ordinamento determina le proprie fonti,che si possono designare fonti legali ,e quali sono le norme che,entrando a a farne parte,perché da quelle prodotte,devono considerarsi norme giuridiche.
Le fonti legali del diritto sono quegli atti o fatti che sono qualificati come fonti (non tutto il diritto effettivo è sorto in forme e modi legali,ma anche per l'ope-rare ineliminabile in qualsiasi esperienza giuridica di fonti extra ordinem.
Fonti di produzione:atti e fatti abilitati dall'ordinamento a creare diritto ogget-tivo,perciò normativi,con riferimento alla produzione e modificazione di nor-me costitutive del diritto (autorizzate a costituirlo e incessantemente ad innovarlo).
Il concetto di fonte postula quello di norma:tra l'idea di fonte e l'idea di norma sussiste una correlazione logica necessaria:la prima implica un riferimento alla seconda,in quanto le norme del diritto sono l'effetto giuridico dell'operare della fonte.
Tutto quello che è disposto dalle fonti è diritto,concorrendo a formare parte integrante dell'ordinamento normativo.
Fonti di cognizione:atti e fatti che non pongono norme,ma si limitano ad agevolare la conoscenza di norme già poste da altre fonti.
In contrapposizione alle fonti di produzione,esse sono atti scritti,formati da pubbliche autorità,ma privi di contenuto normativo ed esclusivamente volti al fine di realizzare condizioni di conoscibilità del diritto oggettivo vigente.
Alle fonti di cognizione non può essere attribuito un valore giuridico univoco,poiché esse possono essere sia un mezzo di conoscenza privilegiato (che ricorre per la Raccolta ufficiale degli atti normativi della Rep. e per la Gaz-zetta ufficiale-testo unico D.P.R.1092/1985),sia come mezzo di conoscenza mero ma autorevole(che ricorre per le Raccolte degli usi generali del comm.).
Pubblicazione in Raccolta e in Gazzetta degli atti normativi statali:non realiz-za la figura tipica delle fonti di cognizione,giacché,essendo necessaria affinché gli atti stessi entrino in vigore,concorre,come fase ulteriore,alla stessa pro-duzione delle norme.La pubblicazione necessaria delle leggi segue la dispo-sizioni già compiutamente formate,ma precede le norme che,soltanto dopo che sia intervenuta,ne scaturiscono,a differenza di quanto avviene per le altre f.di cognizione,le quali invece presuppongono vigenti ed operanti le norme, oltre che formate.Ciò avviene per le pubblicazioni meramente notiziali:come nel caso delle leggi regionali,che entrano in vigore 15 giorni dopo la pubblica-zione nel Bollettino ufficiale della Regione,ma devono anche essere pubbli-cate nella Gazzetta ufficiale( pubblicazione necessaria,la prima,che precede e condiziona l'obbligatorietà delle norme, notiziale, la seconda,che è fonte di cognizione pura e semplice.
Interpretazione degli atti fonte
L'interpretazione e l'integrazione degli atti-fonte e delle disposizioni in essi contenute sono differenti da quelle valevoli per gli altri atti giuridici,perché solo i primi concorrono a formare l'ordinamento normativo,nella sua oggettività,con-tinuità storica e tendenziale sistematicità.
Le norme prodotte dalle fonti legali si estraniano dai fatti puntuali e dai momenti soggettivi da cui scaturiscono,per integrarsi in una loro superiore unità;
la volontà della legge è volontà obiettiva,astratta ipostatizzata,il significato della quale si determina in funzione del tutto,ossia dell'intero ordinamento di cui le norme entrano a far parte.Da ciò scaturisce la preminenza nell'interpretazione del criterio sistematico.Inoltre si ricorre all'analogia e ai principi,sino a quelli più generali che informano l'intero ordinamento,quando si tratta di trovare la norma regolatrice di un caso non specificamente disciplinato da una precisa disposizione. Dunque si accoglie il principio dell'autointegrazione dell'ordinamento normativo,desunto dall'art.12 delle disp.prel.sulla legge in gen.a norma del quale: "se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione,si ha riguardo alle disp. che regolano casi simili o materie analoghe;se il caso rimane ancora dubbio,si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato". Le c.d. lacune sono sempre colmabili dall'interprete,senza esulare dal diritto positivo vigente,per garantire la certezza del diritto stesso.
Criteri sostanziali per la det.delle fonti:Generalità ed astrattezza
Fonti-atto:gli elementi che sono idonei a rivelare l'assunzione di atti appartenenti ad un certo tipo tra le fonti del diritto sono quelli che consentono di riconoscere l'attribuzione ai soggetti ed organi dai quali promanano del potere di creare diritto oggettivo o di innovare al diritto esistente.
Se non sono prestabilite forme esclusive caratterizzanti gli atti di esercizio di tale potere,ovvero suscettibili di differenziare esteriormente fatti positivamente qualificati come normativi,è necessario ricorrere a criteri sostanziali,perché concernenti la natura del potere esplicabile(se si tratta di fonti atto) e degli effetti giuridici ricollegati al venire in essere di determinati fatti.
Si tratta dunque di ricostruire i concetti di fonte normativa e di norma giuridica.
Il concetto di norma giridica come generale ed astratta:nella sua forma pura, pre-cetto avente ad oggetto una classe di situazioni assunte come possibili e pertanto suscettibile di infinita applicazione(generale ed astratta nel senso della ripeti-bilità-dunque connotato essenziale anche delle norme nascenti dalla consuetu-dine,fonte primigenia del diritto).
Lo schema della norma viene tradotto nei termini ipotetici "se c'è A,ci deve esse-re B",implicandone generalità nell'ordine temporale,essendovi la conseguenza doverosa ricollegata ad una astratta ipotesi.
La generalità è una caratteristica delle norme del diritto oggettivo,poiché quest'ultimo è ordinamento,che non è concepibile senza un certo grado di stabilità e permanenza nel tempo;né è sufficiente per formare un ordinamento una serie di precetti esaurientesi una tantum,che sarebbero inidonei ad oggettivarsi, distanccandosi dai fatti o atti dai quali derivano.
L'ipoteticità della norma,non deve confondersi con l'esistenza della situazione regolata: tutte la norme sorgono per far fronte a situazioni storicamente reali,o almeno previste come probabili,e sono dunque rivolte a soddisfare esigenze sociali determinate.La norma è sempre in grado di concretizzarsi nei singoli casi dell'esperienza reale,vale a dire che contiene potenzialmente in sé tutti gli infiniti precetti a questi di volta in volta applicabili.
L'impersonalità è un requisito di validità della norma:anche la disposizione che regola una serie indefinita di situazioni in cui può venire a trovarsi un soggetto individualmente deter-
-minato è generale ed astratta, nel senso della ripetibilità, iò che conta è che il precetto abbia ad oggetto una classe di azioni e situazioni pur se il soggetto sia una singola persona fisica o giuridica.
Il criterio della novità:caratterizza le fonti e le norme del diritto,rendendole riconoscibili:fatti e atti che sono idonei ad innovare all'ordinamento normativo.
Novità deve intendersi come criterio relazionale:in rapporto cioè con norme e disposi-zioni che sono costitutive del diritto oggettivo.Innovative saranno quelle disposizioni che sostituiscano,modifichino od integrino preesistenti norme dell'ordinamento.
Norma e provvedimento
La Costituzione,di impronta spiccatamente garantista,ha rafforzato la differenziazione fondamentale tra il previo disporre,in generale e in astratto per tutti i possibili casi futuri,e il concreto provvedere,nei singoli casi particolari,in attuazione o sulla base ed entro i limiti di norme antecedentemente poste.
E' questa la prima e più sicura garanzia delle libertà individuali:le riserve di legge e il principio di legalità
Non ricorre il carattere d'innovatività nella determinazione egli effetti giuridici per l'innanzi solo astrattamente previsti:non sono fonti,ma provvedimenti amministrativi, quelli che applicano ed eseguono,con differenti gradi di discrezionalità,norme vigenti,anche se nei confronti di una pluralità di soggetti indeterminati,in quanto non integrano la disciplina in vigore.Infatti ricorrendo al criterio teleologico si riscontra che il fine a cui il relativo potere del provvedimento è preordinato non è la regolazione astratta di rapporti giuridici,e non è,dunque di creare nuovo diritto,ma solo di far fronte a bisogni pubblici concreti.
Riserva di legge e principio di legalità
Si ha riserva di legge quando una norma cost. attribuisce una determinata materia alla sola legge formaleo ad atti equiparati,con ciò sottraendola alla disciplina ad opera di altre fonti,a quella subordinate.
La riserva è definita assoluta quando comporta l'esclusione dalla materia che ne forma oggetto,oltre che della normazione regolamentare(eccezione regol.di mera esecuzione)anche di concreti provvedimenti discrezionali del potere esecutivo.
Tale riserva è posta dagli artt.13,14,15,in tema di libertà personale,domiciliare e di corrispondenza;è data dall'art.25,laddove stabilisce il principio che "nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso",e dall'art.95ult.c.,dov'è stabilito che "la legge provvede all'ordinamento della Pres. Del Cons. e det. Il numero,le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri".
La riserva è definita relativa quando si richiede soltanto che la legge detti una disciplina di principio,regolando gli aspetti essenziali della materia,in modo da circoscrivere la discrezionalità delle autorità amministrative nell'esercizio dei poteri (normativi e di concreta amministr.)ad esse attribuiti dalla legge stessa.
In linea generale tale istituto intende assolvere,nel suo significato originario,ad una funzione di garanzia dei diritti individuali(ovvero delle situazioni soggettive riconosciute dalla norma cost.ai soggetti sottoposti al potere statale)nonché di istituti istituzionalmente tutelati, esprimentesi in una formula organizzativa.
In quest'ultimo caso la riserva di legge è una specie del più ampio genere delle riserve di competenza,nel sistema cost.esistono altre tipologie di riserva:
di legge costituzionale,a garantire la rigidità della Cost. formale e la presenza di istituti a questa coessenziali;
di legge di assemblea,esclusione cioè di certe legge dall'approvazione in sede di commissione,rivolta ad assicurare la piena e totale partecipazione di tutti i membri di ciascuna delle Camere alla pubblica discussione e deli-berazione di determinate leggi,ritenute di importanza politica qualificante;
di regolamento parlamentare rivolta a garant. l'indipendenza delle Camere;
di statuto e legge regionale
Riserva relativa:ravvisata nell'art.23,a termini del quale "nessuna prestazione personale e patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge;
negli artt.41,42,44,in tema di liberta dell'iniziativa economica privata,di prorietà e di espropriazione di proprietà.
L'originaria funzione garantista dei diritti di libertà della riserva di legge affonda le sue radici nelle ideologie del liberalismo democratico ottocentesco, muovendo dal concetto politico della legge,strumento di autogoverno della collettività e quindi supremo mezzo di tutela delle libertà,perché ogni limitazione stabilita con legge si tradurrebbe in una sorta di autolimitazione indirettamente consentita dai soggetti interessati a mezzo dei loro rappresentanti.
La riserva di legge esige che la legge regoli essa stessa, in tutto o in parte,ma comunque in modo sufficientemente preciso da limitare la discrezionalità amministrativa,le materie che ne sono oggetto;dunque essa pone un vincolo di contenuto alla stessa legge formale.
La riserva postula l'intervento della legge,che deve in ogni caso interporsi tra la norma cost.,istituente la riserva,e il concreto provvedimento o la norma regolamentare.
La classificazione delle riserve in assolute e relative è frutto esclusivo dell'ela-borazione dottrinale e della giurisprudenza della Corte,mediante l'interpreta-zione dei principi del sistema e della connessione logica tra le diverse norme cost.
Attraverso tale elaborazione,è stato attenuato l'eccessivo rigore del testo cost. nel quale sono numerose le riserve di legge(l'obbligo del ricorso alla legge for-male è in contrasto con le esigenze della società contemporanea e con l'interven-tismo in materia economica.che è assunto tra le componenti fondamentali della cost.).E' stato dunque posto(enucleando le riserve relative,ampliando quelle assolute,nel senso di comprendervi anche gli atti equiparati)l'accento sul momento organizzativo che su quello garantista,poiché sono inclusi anche atti con forza di legge che promanano dal Governo,e non dal Parlam.,anche se da questo condizionati.
Il principio di legalità,con particolare riferimento all'azione amministrativa,è che l'esplicazione dell'autorità trovi il proprio fondamento positivo,oltre che il proprio limite negativo,in una previa norma,che di solito si ritiene posta da legge formale o da atto ad essa equiparato.Dunque tale principio è il limite al potere esecutivo,e più ampliamente ai pubblici poteri diversi dal potere legislativo.
Il principio di legalità si differenzia dalla riserva di legge in quanto vi sia rigidità costituzionale garantita dal sindacato sulle leggi;laddove invece è accolto il prin-cipio dell'onnipotenza della legge e vi sia perciò costituzione flessibile o non sia ammesso comunque un sindacato sulle leggi,le riserve(come ogni altro vincolo)si stemperano, confondendosi nel mero principio di legalità.
Anche essendovi rigidità cost. garantita dal sindacato sulle leggi,riserve relative e principio di legalità tendono ad identificarsi ,quest'ultimo inteso in senso sostanziale,anziché implicante semplicemente l'esigenza di previa norma attributiva di potere (legalità formale).
Le riserve relative si differenzieranno per elementi quantitativi,per una maggiore determinatezza della disciplina,che deve essere dettata dalla legge,rispetto a quella considerata sufficiente affinché sia rispettato il principio di legalità.
L'atto,le disposizioni,le norme
Le fonti atto si caratterizzano, differenziandosi dalle fonti fatto,per il modo come le rispettive fattispecie sono positivamente regolate da norme sulle fonti:quali atti volontari,cioè riferibili a soggetti determinati e da questi posti in essere nell'esercizio di un potere ad essi attribuito.Sono atti-dichiarazioni,perché esprimenti nel loro contenuto le modificazioni giuridiche che sono rivolti a produrre:c'è dunque volontà dell'atto e volontà (di conseguire determinati risultati) espressa dall'atto e in esso racchiusa,ma obiettivizzata.
Inoltre tali fonti,in quanto promanano da soggetti posti in posizioni di supremazia,sono atti imperativi,che si impongono obbligatoriamente ai soggetti dell'ordinamento cui sono rivolti. L'attributo dell'imperatività conferisce generalità all'atto,perché operante nei confronti di tutti i soggetti dell'ordinamento,e quindi attinente alla modalità dell'efficacia giuridica ad esso riconnessa.
L'imputazione degli atti fonte ai soggetti cui è dato il potere di porli in essere,e imputazione delle norme si disgiungono,perché nell'ordinamento normativo fanno parte sia norme derivanti da atti statali,sia derivanti da atti di altri soggetti(Regioni,Prov.,Com.)e quelle desumibili da fonti fatto
Le norme devono essere distinte dalle disposizioni:quest'ultime costituiscono il contenuto dell'atto ma ad aversi disposizioni giuridicamente significanti spesso si richiede il concorso di una pluralità di formulazioni linguistiche,anche topograficamente distinte nel testo dell'atto normativo,oppure è possibile che all'interno di una sola proposizione grammaticale e sintatticamente unitaria(estrinsecantesi in un comma o in un articolo,siano formulate una pluralità di disposizioni.
Le norme non si configurano come elemento dell'atto,ma come effetto,quali entità distaccate dalla loro fonte(dall'atto che le ha poste),con un proprio significato,che può in varia misura divergere da quello originariamente espresso dalle rispettive disposizioni, singolarmente considerate,poiché esso si determina in funzione dell'ordinamento com-plessivo,mediante l'interpretazione.
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