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Strumenti di rendicontazione sociale - Il bilancio sociale: cenni preliminari

economia



Strumenti di rendicontazione sociale


Il bilancio sociale: cenni preliminari.

In un mondo in cui i rapporti sociali sono in continua evoluzione, dove la cultura dell'apparenza e della comunicazione conquistano ruoli primari, un numero sempre maggiore di imprese acquista consapevolezza del fatto che per affrontare con successo le sfide dell'oggi nella conquista del domani devono attuare politiche di attenzione verso la società tutta. Cresce progressivamente la consapevolezza della funzione che l'impresa svolge nel campo sociale.

L'impresa si autopercepisce come soggetto che sta nella società Questa consapevolezza di partecipare alla vita sociale e di svolgere un ruolo attivo nelle interazioni con le diverse entità che compongono le comunità, nasce anche da una volontà di confronto sul territorio. Un'efficace immagine metaforica è quella della rete nella quale sono interconnessi disparati soggetti: il nodo-impresa costituisce un punto attraverso il quale transitano scambi di diverso genere. Nella rete l'impresa immette input economici, tecnologici ma spesso anche culturali, di attenzione verso l'ambiente, socializzanti e morali. La vera sfida dell'impresa dell'oggi è in primo luogo la capacità di instaurare relazioni permanenti con gli altri nodi della rete, in seconda battuta quella di capire i cambiamenti che avvengono nel sistema-rete. L'azienda che vuole rimanere punto di snodo focale dovrà curare maggiormente la comunicazione e differenziare gli scambi che non possono più limitarsi alle relazioni con i soggetti con cui tradizionalmente si confrontava (ad esempio i fornitori o i dipendenti), ma interagire con la società intera.



La conseguenza è che la componente economica si fonde con forza nella componente sociale. Non si parla più di dualismo tra ciò che riguarda la società e gli interessi particolari di un'organizzazione. Il rapporto che si instaura tra economia e territorio passa dalla indifferenza ad una consapevole reciprocità: entrambi apportano qualcosa all'altro con vantaggio per entrambe.

La funzione dello Stato quale principale erogatore di benessere sociale si restringe a favore di altre figure. Il declino della sfera pubblica nel Welfare State favorisce e dà impulso al ruolo delle imprese nonprofit quali soggetti emergenti nello svolgere un ruolo sociale; però anche le imprese orientate al profitto guadagnano nuovi ruoli come attori sociali, consapevoli della loro responsabilità e soprattutto delle opportunità che si possono dispiegare davanti a loro.

Il fattore etico assume un ruolo centrale nell'ambito dell'impresa. Oggi non è più sufficiente offrire un bene o un servizio di qualità ad un prezzo concorrenziale; il consumatore/utente richiede alle aziende informazioni sempre più dettagliare riguardo alla provenienza, al rispetto delle normative, alla trasparenza dei processi. Ne sono esempio i molteplici marchi di garanzia sviluppati nel nord Europa e nati per offrire una qualità globale del prodotto. Anche il successo di beni ecocompatibili proposti dalla grande distribuzione confermano questa tendenza. La business ethic diviene un fattore strategico nei processi di programmazione all'interno delle imprese; una qualità, un plusvalore che apporta efficacia alla competizione aziendale.

In questo contesto, la comunicazione aziendale è sempre più destinata a superare il circuito riduttivo della comunicazione parcellizzata. Le varie attività informative tendono infatti ad essere realizzate e controllate in un'ottica di comunicazione integrale, dove non esiste più una serie di comunicazioni indipendenti tra loro e utilizzate solo in determinati momenti. Pensiamo ai rapporti approssimati e spesso schizofrenici delle imprese con i cosiddetti gruppi di pressione quali media, associazioni, comitati di cittadini, clienti, concorrenti, istituzioni pubbliche. Senza una programmazione appropriata della comunicazione integrale, l'immagine della singola impresa rischia di depauperarsi e soprattutto di lasciare ad altri un prolifico rapporto con il territorio. Ranghieri individua, nell'ambito della comunicazione d'impresa, i seguenti comportamenti:

- comunicazione di reazione, quando l'impresa si trova a dover gestire una 141f57b serie di pressioni provenienti dall'esterno che la obbligano a replicare. Si tratta di una risposta d'emergenza e spesso con risultati contrastanti;

- comunicazione di risposta, nel caso in cui l'azienda sia obbligata a dover rendere conto del proprio operato alle istituzioni. Questo tipo di comunicazione non avviene in situazioni critiche, fornisce solo risposte a chi gliele pone e non riesce a sanare gli eventuali conflitti presenti;

- comunicazione preventiva/propositiva, dove l'impresa, volontariamente e senza l'intervento di fattori esterni di pressione, attua una comunicazione rivolta ai diversi pubblici con lo scopo di informare e di promuoversi.

Il Bilancio Sociale, come vedremo, lavora proprio sulla comunicazione propositiva dell'impresa, convinto che chi comunica:

beneficia di un migliore rapporto con gli stakeholder;

riduce i conflitti esterni ed interni all'azienda;

ottiene, nel medio-lungo periodo, una riduzione dei costi;

si crea un'immagine più favorevole.

La funzione comunicativa si realizza attraverso diverse modalità: presentando agli stakeholder una serie di informazioni sull'attività dell'azienda, mettendosi a disposizione dei clienti, consumatori e utenti per eventuali richieste o critiche, aumentando in generale la trasparenza dell'impresa. Questi comportamenti prevedono una periodicità nella proposizione dell'informazione che varia in base ai destinatari e all'organizzazione dell'azienda. La ciclicità nel comunicare è importante per definire la serietà dell'impresa ed il mezzo principe è la pubblicazione annuale del Bilancio Sociale. Da quanto detto, si capisce già come esso si sostanzi non soltanto in uno strumento di comunicazione per l'interno e per l'esterno, ma anche in un processo di "orientamento strategico finalizzato al miglioramento continuo della cultura d'impresa".[1]

Il motivo, che sottende alla predisposizione e pubblicazione del bilancio sociale, è che l'incremento delle informazioni in quantità e qualità che l'impresa decide di trasmettere rende anche il tradizionale strumento del bilancio economico finanziario insufficiente. I bilanci ordinari, seppur arricchiti con dati e note collaterali, manifestano appieno i loro limiti. Oggi è necessario soddisfare la crescente domanda di informazioni anche sui riflessi sociali che derivano dall'attività svolta. Si avverte ormai la necessità di individuare nuovi strumenti che si adattino meglio alle esigenze particolari della comunicazione.

Le imprese prendono quindi progressivamente coscienza del fatto che la valutazione delle loro performance non è sufficientemente illustrata dal bilancio economico-finanziario. Il bilancio ordinario è lo strumento pubblico che relaziona sull'andamento delle imprese: queste informazioni però si riferiscono prettamente alla sfera dell'impresa e dicono poco sul complesso mondo che la circonda. Lo scopo primario della contabilità ordinaria è quello di riferire nel modo più chiaro possibile l'utile di competenza del periodo amministrativo ed il capitale netto di funzionamento ad esso strettamente legato. Il quadro che offre il bilancio economico è quindi orientato alla misurazione dell'utile e a fornire essenzialmente valutazioni market-oriented. Il riferimento principe del bilancio ordinario è dunque il mercato. In questo sistema aziendale che raccoglie informazioni provenienti da rilevazioni contabili non vengono prese in considerazione fenomeni come i rapporti con le forze di lavoro, la qualità della vita, le relazioni con l'ambiente interno ed esterno. Ci sono beni e risorse che l'impresa utilizza e che mai verranno indicate nel bilancio di esercizio. Il livello di soddisfazione degli azionisti, dei soci, dei lavoratori, dei differenti pubblici, viene espresso solo in termini economici ma non si dice nulla sulla partecipazione diretta o indiretta al governo finanziario dell'impresa, sulla stabilità dei loro investimenti e più in generale su tutte le attese di ordine sociale e psicologico. Né tantomeno il bilancio d'esercizio si presta a simili valutazioni: se infatti si cercasse di includere in esso anche i costi e i benefici sociali, le sue capacità segnaletiche sarebbero fortemente compromesse. Questo perché non si arriverebbe a determinare correttamente né il reddito d'esercizio, né l'utilità sociale, la quale richiede sovente un insieme di valutazioni sostanzialmente differenti da quelle market-oriented. In ogni caso non va assolutamente trascurata, anche in questo campo, la centralità del bilancio d'esercizio: in esso infatti si trovano anche alcuni dati interessanti sui rapporti con i diversi stakeholder. Per esempio, l'esigenza di imputare correttamente i costi-ricavi d'esercizio in base alla loro competenza economica, rende necessario inserire nel prospetto del bilancio d'esercizio gli accantonamenti a fondi spese e/o rischi come conseguenza di possibili penalità future connesse alle conseguenze ambientali dell'attività dell'impresa. Ed ancora si pensi a quei dati che non emergono chiaramente dal bilancio d'esercizio, ma che da questo derivano (vogliamo, in particolar modo, far riferimento al calcolo del valore aggiunto e alla sua distribuzione). In definitiva, pur riconoscendo la necessità di affiancare al bilancio d'esercizio strumenti integrativi di valutazione della performance globale d'impresa, non bisogna dimenticare l'importanza che riveste, anche in questo contesto, la contabilità ordinaria.


4.2. Cosa si intende per bilancio sociale?

Non è agevole proporre una definizione univoca ed assoluta di bilancio sociale, perché condizionata dalla dimensione spazio-temporale, dagli scopi conoscitivi perseguiti e dai destinatari. Il bilancio sociale è uno strumento che si caratterizza, dunque, per una varietà di applicazioni e di altrettante denominazioni , derivanti da motivazioni e da usi differenziati, quali:

Bilancio di responsabilità sociale: enfatizza il processo di costruzione della politica nei confronti degli stakeholder;

Rapporto sociale: riporta i principali risultati e attività realizzate dall'impresa, rispetto alla propria missione e ai diversi portatori di interesse;

Bilancio sociale: indica una contabilità parallela e integrativa a quella ordinaria;

Bilancio sociale cooperativo: integra la programmazione e la contabilità economica e sociale nelle organizzazioni aventi finalità istituzionali di carattere sociale.

Inoltre, si riscontrano numerosi modi (soprattutto formali, ma non sostanziali) di chiamare il bilancio sociale, sia a livello internazionale:[6]

Social audit;

Social accounting;

Social balance;

Ethical auditing;

Ethical budget;

Intellectual capital;

sia a livello nazionale:[7]

Bilancio sociale;

Bilancio ambientale;

Rapporto sociale;[8]

Rendiconto sociale.

E' opportuno, a questo punto, soffermarsi brevemente sui concetti di "bilancio" e "sociale". Per quanto concerne quest'ultimo termine, si è già vista la possibilità di distinguere fra due differenti accezioni: "sociale" e "societale".[9] per quanto riguarda invece il primo vocabolo, è opportuno analizzare il suo significato sotto due differenti aspetti:

da un punto di vista più propriamente tecnico, esso esprime una "condizione di equilibrio o di uguaglianza rappresentata da valori monetari di diretta derivazione contabile";

in senso figurativo invece, il termine bilancio acquista il significato di "confronto fra aspetti favorevoli e sfavorevoli, positivi e negativi, utili e dannosi di una qualsiasi attività o fatto anche naturale".

Sotto il primo aspetto, ossia sul piano tecnico, il bilancio sociale non ha né la forma, né il contenuto del bilancio d'esercizio: eventuali valori tratti dalla contabilità ordinaria non potrebbero infatti dare luogo ad un risultato netto, ossia un risultato ottenuto per differenza tra i valori attribuiti al complesso dei vantaggi e degli svantaggi sociali derivanti dall'attività aziendale. La possibilità di giungere alla determinazione di un risultato netto, è infatti preclusa dalla impossibilità pratica di individuare e quantificare tutti gli effetti sociali immediati e soprattutto mediati dell'attività d'impresa. In concreto risulterà alquanto problematico stabilire ad esempio gli effetti che il consumo di materie prime non rinnovabili, come il petrolio o il carbone, determinerà sulle generazioni future. Tutt'al più si potrà cercare di individuare e quantificare i riflessi immediati che un simile comportamento produce sulla popolazione attuale. Ed ancora: quali saranno i vantaggi derivanti dall'istallazione di una centrale di riciclaggio? Anche in questo caso bisogna distinguere tra vantaggi immediati e mediati, ossia tra vantaggi presenti e vantaggi futuri. Saranno ancora una volta questi ultimi a determinare i maggiori problemi di quantificazione. In ragione di quanto detto si capisce dunque che, per evitare di andare incontro a valutazioni poco attendibili o addirittura per evitare di sconfinare nell'arbitrio, è opportuno limitarsi a considerare solo gli effetti immediati derivanti da esternalità positive o negative; e questo non per l'estranietà dal calcolo degli effetti mediati, ma solo per la complessità di tale valutazione. Bisogna in definitiva evitare di porre in essere inutili forzature.

In virtù di quanto affermato si capisce come il termine "bilancio sociale" venga utilizzato sovente in modo improprio, e per questo sarebbe più opportuno parlare di "rapporto" o "resoconto sociale". In ogni caso ciò non preclude la possibilità di far riferimento al concetto di "bilancio", purché però tale termine venga inteso in senso ampio, ossia nella accezione figurativa di cui abbiamo precedentemente detto.

Dopo questo indispensabile preambolo, è possibile passare in rassegna diverse definizioni di bilancio sociale, nel tentativo di individuare quella più appropriata. In prima approssimazione è possibile qualificare il bilancio sociale come "quell'insieme di valutazioni, indici ed osservazioni verbali che riguardano in qualche modo gli effetti dell'azione dell'impresa sui diversi componenti della società civile".[13] Si tratta quindi di "un modello, a consuntivo, di rendicontazione sulle quantità e sulle qualità di relazione tra l'impresa ed i gruppi di riferimento rappresentativi dell'intera collettività, mirante a delineare un quadro omogeneo, puntuale, completo e trasparente della complessa interdipendenza tra i fattori economici e quelli socio-politici connaturati e conseguenti alle scelte fatte".

Per bilancio sociale dovrebbe quindi intendersi, secondo la definizione secondo noi più completa, "il complesso dei documenti contabili e non che, insieme ai bilanci tradizionali, abbia come scopo di offrire informazioni quali-quantitative sulle operazioni svolte dall'impresa per effetto delle finalità sociali che essa si assunta".[16] Da questa definizione del Matacena, si evince come il bilancio sociale sia uno strumento integrativo, e non sostitutivo, di comunicazione e valutazione dell'aspetto sociale dell'attività aziendale: "esso si collega al bilancio d'esercizio e ne amplia le informazioni". Ciò è molto importante perché il fatto di partire dai dati della contabilità ordinaria riduce notevolmente il rischio che il bilancio sociale si concretizzi in un documento autoreferenziale, in una sorta di "libro delle buone intenzioni". Se così fosse, infatti, esso perderebbe di attendibilità e significatività nei confronti di tutti gli stakeholder, in quanto verrebbero messi in evidenza gli aspetti positivi e nascosti quelli negativi. D'altronde viene spesso trascurato un aspetto molto importante: ovvero come vi possa essere, senza compromettere l'obiettività e la veridicità del bilancio sociale, una positiva utilizzazione dei dati negativi. Questo potrà avvenire mettendo in luce i miglioramenti compiuti tra un esercizio e un altro. La credibilità del bilancio sociale è quindi un requisito indispensabile. Prendere come base di partenza il bilancio d'esercizio è sicuramente un aspetto molto importante; ma non basta. E' infatti necessario che vi sia una precisa volontà dell'impresa a:

pubblicare dati e informazioni che non mirino esclusivamente ad abbellire la propria immagine;

precisare le metodologie di valutazione e di esposizione seguite, anche attraverso l'indicazione del modello che viene preso come base per la costruzione del bilancio sociale;

sottoporre il proprio bilancio sociale ad un controllo esterno da parte di persone realmente indipendenti.

Il bilancio sociale, se si rispettano le suddette condizioni, si presenta come uno strumento dalle enormi potenzialità; tuttavia bisogna fare attenzione: non tutti i documenti che trattano aspetti sociali dell'attività d'impresa possono all'unisono essere definiti bilanci sociali. Vanno considerati tali solo quelli "che hanno un contenuto minimo definito, che vengono redatti nel rispetto di determinate procedure, che contengono anche dati quantitativi di derivazione contabile esposti in forma bilanciante".[19] In base a ciò, pur non volendo togliere efficacia alle definizioni terminologiche proposte in questo paragrafo, vogliamo sottolineare come esse risultino per lo più generiche e non dicano nulla circa la struttura, il contenuto e i principi cardine del bilancio sociale. A nostro avviso infatti soltanto riferendoci in maniera concreta ai caratteri salienti del bilancio sociale, sarà possibile definirlo correttamente. Ciò verrà fatto allorquando presenteremo una proposta concreta ed in particolare quella del GBS ( Gruppo di studio per il Bilancio Sociale).


4.2.1. Caratteristiche.

Il bilancio sociale si contraddistingue per essere uno strumento semplice, completo e flessibile che mira a diffondere i principi cardine della cultura d'impresa, conformemente a criteri di:[21]

chiarezza di linguaggio;

completezza;

tempestività;

comparabilità.

L'impresa ha cioè necessità di affiancare al bilancio di esercizio - che come più volte ripetuto rimane il documento principale dell'impresa - un ulteriore strumento che estenda i dati della contabilità ordinaria, informando i diversi pubblici su qual è il suo apporto nei confronti della comunità con cui entra in contatto. Sotto questo aspetto il bilancio sociale risulta essere:

una relazione volontaria che mette in evidenza la missione dell'impresa, l'impegno nei confronti dei suoi uomini e della comunità di appartenenza, nonché l'impegno verso l'ambiente e la sicurezza;

uno strumento che dimostra come il fine dell'impresa non è solo quello prettamente economico, ma anche quello di creare ricchezza per la comunità nel rispetto delle norme e dei valori che contraddistinguo quest'ultima;

un investimento che, facendo leva sulla responsabilità di un soggetto economico che si trova in sintonia con il contesto sociale, crea valore per l'azienda.

Addentrandoci più nel concreto, andiamo ora a vedere quali sono le caratteristiche essenziali che dovrebbero contraddistinguere ogni tipo di bilancio sociale, anticipando in questo modo una parte delle conclusioni contenute nella proposta del GBS.

Innanzitutto la forma del bilancio sociale è libera, purché però ciò non incida sul contenuto minimo delle informazioni che è da considerarsi quale limite inderogabile al di sotto del quale, come detto, il documento non può più essere chiamato bilancio.[23]

Non esistono nemmeno particolari forme di pubblicità a cui deve essere sottoposto il bilancio sociale; tuttavia occorre metterlo a disposizione di chi abbia interesse a conoscerlo. Ed inoltre esso deve essere redatto periodicamente, con cadenza annuale, e deve riferirsi all'intero esercizio sociale. In particolare, visto che il bilancio sociale si basa in maniera significativa su una parte dei dati provenienti dalla contabilità ordinaria, la sua redazione dovrà essere successiva o al massimo contemporanea a quella del bilancio esercizio. Questo perché, ovviamente, una sua stesura anticipata avverrebbe senza i necessari riscontri.

Il bilancio sociale deve altresì essere realizzato rispettando determinati principi generali o postulati; alcuni dei quali sono comuni al bilancio d'esercizio, mentre altri sono specifici del bilancio sociale.

Rientrano in quest'ultima categoria:[25]

l'esplicitazione dell'identità aziendale, tendente a far conoscere ai terzi: gli interessi aziendali, i modi in cui questi vengono percepiti da chi ha responsabilità di governo, i soggetti a cui sono affidate queste responsabilità e le relative modalità di affidamento, gli obiettivi perseguiti, nonché i legami esistenti tra valori dichiarati, politiche e scelte compiute;

il processo seguito per la formazione del bilancio sociale;

l'identificazione di tutti gli stakeholder;

l'inclusione, ossia la necessità di dare voce agli stakeholder, indicando le modalità investigative che a tal fine verranno adottate;

la verificabilità delle informazioni

Sono invece comuni al bilancio d'esercizio, anche se acquistano una valenza particolare in quanto sono pur sempre riferiti al bilancio sociale, i seguenti postulati:[26] trasparenza, completezza, neutralità, competenza, prudenza, rilevanza e significatività, comparabilità, periodicità, attendibilità, conformità, omogeneità e criterio del costo.

Per quanto concerne invece le modalità di redazione del bilancio sociale, è possibile scegliere tra le seguenti possibilità:

Redazione interna: una struttura interna all'azienda raccoglie e coordina le informazioni rappresentative dell'attività svolta, in seguito le elabora e le confronta con il top management, eventualmente coinvolge anche altre parti aziendali;

Redazione interna-esterna: un gruppo di lavoro o un singolo responsabile, interno all'impresa, predispone il bilancio sociale, avvalendosi del contributo formativo ed il supporto tecnico di un consulente esterno;

Redazione esterna: ad una società di consulenza è affidata interamente la raccolta, l'analisi e l'elaborazione delle informazioni e dei documenti messi a disposizione dall'impresa; il risultato ottenuto viene sottoposto al vaglio del top management.

Senza alcuna pretesa di essere esaustivi e accennando a concetti di cui si dirà successivamente, appare inoltre opportuno accennare ai contenuti sui quali il bilancio sociale dovrebbe rendicontare; si tratta in particolare dei seguenti aspetti:[28]

Valore aggiunto prodotto.

Valore aggiunto distribuito.[29]

Condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti.

Impatto sull'ambiente naturale, paesaggistico e artistico.

Rapporti con i consumatori.

Portatori di handicap di vario tipo.

Minoranze etniche.

Rispetto dei diritti dell'uomo.

Rispetto dei minori.

Uguaglianza e pari opportunità sessuale.

Trattamento delle emarginazioni.

Comportamenti corretti nelle pratiche affari e nel rapporto con i pubblici poteri.

Impatto socio-economico-culturale sulla comunità circostante, anche in termini di know-how professionale.

Occorre sottolineare, infine, l'assenza di precise direttive del legislatore che orientino verso la rendicontazione della dimensione sociale delle imprese; di conseguenza, l'intera informazione sociale è abbandonata alla discrezionalità dell'azienda, con l'eventuale rischio di manipolare la comunicazione per esaltare le esternalità positive e occultare quelle negative.

Il bilancio sociale non deve, però, svilire in un mero documento divulgativo e sporadico di marketing e pubbliche relazioni, ma diventare uno strumento continuativo di rendicontazione, controllo ed orientamento strategico, sicuramente più efficace e meno superficiale.

Nonostante non esista un obbligo di legge per la redazione del bilancio sociale, il D.lgs. n. 460 del 1997 [30], per gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche di fondi, introduce a fianco del bilancio contabile un apposito e separato rendiconto, anche nella forma della relazione illustrativa, che pubblicizzi le attività sociali svolte; una sorta di preludio ad un bilancio sociale vero e proprio.


Funzioni e finalità.


Dalla ricognizione delle esperienze nazionali ed internazionali si evincono alcuni omogenei obiettivi conoscitivi del bilancio sociale, che permettono di stabilirne il ruolo esercitato all'interno del sistema informativo e della più complessiva strategia di comunicazione aziendale.

Secondo Viviani e Petrolati il bilancio sociale assume, singolarmente o congiuntamente, le seguenti funzioni:

Funzione di informazione: l'impresa impiega il bilancio sociale per rilevare e comunicare agli stakeholder preferenziali (valutati come strategici) l'effetto sociale della propria attività.

Funzione di gestione: l'impresa attraverso il bilancio sociale realizza la gestione del rapporto intrattenuto con gli stakeholder preferenziali, svolgendo una funzione di amministrazione e di gestione aziendale, oltre a quella di comunicazione.

Funzione di organizzazione: il bilancio sociale, esplicitando il senso dell'attività svolta e migliorando gli aspetti partecipativi, rappresenta una leva organizzativa per rafforzare la cultura interna dell'impresa (learning organization).

Funzione di concertazione: il bilancio sociale serve per comporre e coordinare i molteplici e multiformi interessi degli interlocutori dell'impresa mediante un processo di continua ed interattiva negoziazione e mediazione, in modo da garantirsi consenso e legittimazione.

Funzione di verifica istituzionale: il bilancio sociale è un sistema per verificare e misurare la coerenza tra missione istituzionale ed attività gestionale.

Funzione di strategia: il bilancio sociale costituisce la base elaborativa per la realizzazione della strategia economica e sociale dell'impresa.

Funzione di programmazione e controllo: il bilancio sociale è uno strumento di pianificazione, di programmazione e di controllo dell'attività sociale complessiva dell'impresa rispetto alle classi di stakeholder.

Dall'analisi dei ruoli esercitabili dal bilancio sociale emerge una considerazione: quanto maggiore è la consapevolezza della responsabilità sociale d'impresa, tanto più consistenti sono i contenuti e più complesse le funzioni del bilancio sociale.

Fra tutte le funzioni menzionate, quelle di informazione e di gestione sono le fondamentali; è infatti da esse che discendono progressivamente tutte le altre.

La funzione informativa è quella che riveste una maggiore importanza, anche se ovviamente non potrà essere la sola in quanto "l'informazione non è mai fine a se stessa, ma è sempre strumentale".[31] Quand'anche infatti il bilancio sociale venisse redatto al solo fine di informare i vari stakeholder, esso assolverebbe anche alla funzione gestionale, perché si porrebbero le basi per migliorare i rapporti con i diversi interlocutori sociali, consentendo così un'utilizzazione più razionale delle risorse disponibili.

Quando si parla invece di funzione gestionale, si fa riferimento al fatto che la gestione globale dell'impresa, di qualunque genere sia, profit, nonprofit o pubblica, implica l'utilizzo razionale delle risorse di cui essa dispone, mantenendo così una minore staticità nell'ambito decisionale che evita traumi legati all'evolversi del mercato dei beni e dei servizi. La gestione complessiva di tutte le ricchezze che l'impresa dispone è facilitata dall'implementazione del Bilancio Sociale. Quest'ultimo permette di testare il clima sociale in cui l'azienda opera e intesse relazioni di vario tipo.

Gestire l'ambiente sociale vuol dire:[33]

comprendere i rapporti con i clienti, le relazioni con i concorrenti, i rapporti con i gruppi di pressione esterna (associazioni, media, comitati, istituzioni) ed interna (sindacati, gruppi autonomi organizzati di lavoratori) all'azienda.

Scegliere gli obiettivi sociali ed integrarli nel piano strategico. Tutto ciò si sostanzia nella individuazione dei risultati sociali da perseguire, nella verifica della loro compatibilità con quelli economici e nella loro traduzione in termini quantitativi.

Monitorare e quantificare le relazioni con i diversi stakeholder nel tempo, valutando le azioni ed i cambiamenti significativi avvenuti. A tal fine sarà opportuno procedere alla predisposizione di un "budget sociale". Esso fa si che il top-management possa seguire la realizzazione degli obiettivi sociali, verificarne l'attuazione, prendere coscienza di eventuali scostamenti e disporre di conseguenza adeguate azioni correttive.

Passiamo adesso ad analizzare le possibili finalità del bilancio sociale. Esso è un documento redatto per uno scopo esplicito, dietro al quale se ne possono celare altri impliciti; premessa questa osservazione, si passa a presentare una classificazione orientativa delle motivazioni primarie sottese alla redazione del bilancio sociale:

- Pubbliche relazioni: l'impresa attua pratiche informativo-contabili per migliorare l'immagine presso il pubblico, trascurando la completezza, la significatività e l'attendibilità dei dati espressi, sacrificati per ottenere il risultato precostituito di un'organizzazione "corretta e pulita". Tuttavia questa finalità può determinare due tipi di effetti positivi, e cioè:

a)  spingere alla raccolta di dati e alla elaborazione di documenti che comunque abbiano una loro utilità intrinseca;

b)  spingere l'impresa a implementare questa "ricerca di una buona immagine" come un obiettivo intermedio di un documento redatto anche per altre finalità più neutrali.

- Strategie sociali verso gli stakeholder: il bilancio sociale serve per verificare i risultati raggiunti in rapporto agli interlocutori ritenuti più influenti, il cui peso relativo è valutato tramite la "mappatura degli stakeholder". Il pericolo è quello di evidenziare soprattutto dati ed informazioni che riguardano gli interlocutori più influenti, trascurando così gli altri.[35]

- Difesa documentata: spesso i bilanci sociali si propongono come presentazione di dati necessari per difendere l'impresa dagli attacchi e dalle accuse provenienti da gruppi di pressione organizzati (ad esempio associazioni ecologiche o di consumatori). In questo caso bisognerà presentare anche risultati negativi, mostrando però al contempo i correttivi posti in essere e dichiarandosi disponibili ad un controllo esterno più stringente. Non si tratta, come nel caso delle pubbliche relazioni, di rispondere ad una generica esigenza di miglioramento dell'immagine, bensì occorre render conto di uno specifico atto d'accusa. E questo vincolo preclude nella sostanza la possibilità di redigere un documento "neutrale" che sia ugualmente accettato da tutti gli stakeholder.

- Difesa anti-regolamentazione: in alcuni casi le imprese pubblicano informazioni sui loro risultati, allargando la propria consapevolezza sugli aspetti sociali, per prevenire eventuali interventi diretti della pubblica autorità nella loro sfera d'azione. La differenza con la difesa documentata è che qui l'impresa svolge un ruolo proattivo e di iniziativa dinamica, anticipando delle richieste che sarebbero state avanzate da quegli stakeholder che sono in grado di incidere sulla regolamentazione pubblica.

- Valutazione della ricchezza prodotta e/o distribuita: questo scopo del bilancio sociale è collegato al documento contenente il calcolo del valore aggiunto (ricchezza creata dall'attività aziendale) e la sua distribuzione, che deriva da un processo di riclassificazione del conto economico.[36] Al momento ci basti sapere che il valore aggiunto non rappresenta un tipo di bilancio sociale , bensì uno stadio fondamentale della sua costruzione.

- Miglioramento delle relazioni industriali: questo fine si riscontra soprattutto nei Paesi dove sulle organizzazioni dei lavoratori dipendenti gravano responsabilità di ordine politico-sociale (si veda a titolo esemplificativo l'esperienza francese).

- Valutazione complessiva del contributo quantitativo dell'impresa: le imprese redigono un bilancio socio-economico completo, comprensivo delle valutazioni dei costi-benefici e delle attività-passività sociali.

- Valutazione globale dell'impresa: ai costi-benefici sociali ed economici del bilancio socio-economico suddetto si aggiungono rilevazioni sul piano qualitativo.

Le ultime due finalità riguardano bilanci sociali suggestivi e alquanto impegnativi, ma in concreto difficilmente realizzabili e presentabili dunque solo come modelli teorici.

L'analisi degli scopi per cui i bilanci sociali vengono redatti porta a evidenziare la necessità di soddisfare uno scopo primario e fondamentale, ossia quello di fornire informazioni trasparenti e controllabili circa l'impatto che l'attività d'impresa determina sui vari interlocutori sociali. In conclusione possiamo affermare che la difficoltà maggiore consiste nel realizzare, all'interno del bilancio sociale, un equilibrio armonico tra i differenti scopi particolari conformemente al concetto di accountability, cioè di resa dei conti verso la società nel suo complesso, senza particolari stakeholder privilegiati.


4.2.3. Tipologie.

Il reporting sociale può assumere una varietà di strutture:

format esclusivamente narrativo (narrative disclosure);

prospetti di sintesi redatti secondo le sequenze contabili tradizionali e con valutazioni monetizzate;

prospetti di sintesi redatti secondo sequenze contabili non tradizionali e con valutazioni non monetarie;

struttura ibrida rispetto alle forme precedenti.

Si osserva, così, che la rendicontazione sociale presenta una molteplicità di forme e contenuti, che va da una semplice esposizione descrittiva (forma qualitativa) ad un'ambiziosa contabilizzazione analitica degli aspetti sociali coinvolti nell'attività d'impresa (forma quantitativa).

Blake distingue sei tipologie di bilancio sociale:

- The social balance sheet and income statement: impiega convenzionali procedure contabili e rileva i costi economici dell'impatto sociale; si tratta generalmente di un documento interno, valutato dal management e presentato agli azionisti;

- The social performance audit: verifica esterna di alcune informazioni selezionate (impatto ambientale, occupazione di categorie protette);

- The micro macro social indicator audit: sviluppa un indice di qualità della vita attraverso le valutazioni quantitative sulle performance dell'impresa;

- The costituency group attitudes audit: analizza le attese degli stakeholder coinvolti;

- The social program management audit: misura, valuta e comunica l'impatto sociale dei programmi aziendali;

- The governement mandated audit: informa il referente istituzionale (Stato, Enti Locali) sulle politiche e sulle attività dell'impresa in determinate aree (inquinamento, sicurezza sul lavoro, ecc.).

Zadek e Raynard, invece, analizzando i casi più recenti di bilancio sociale in Europa e Stati Uniti, individuano tre tipi di approcci:

Social Accounting [37]: in una prima fase si definiscono i parametri e lo scopo del processo, si esplicitano i valori e gli obiettivi dell'organizzazione, si identificano gli stakeholder e la loro relazione con l'organizzazione, si considerano i modi di consultazione per ogni categoria di stakeholder, si decide il processo di auditing e si nomina un auditor. Successivamente si avvia il processo di consultazione degli stakeholder e si stabiliscono gli indicatori. Infine si analizzano i dati raccolti, da cui si ottiene un risultato finale, sottoposto ad un audit esterno.

Ethical Accounting Statement [38]: valuta la conformità dell'organizzazione ai valori che condivide coi suoi stakeholder e che sono definiti tramite un processo di scambio informativo (uso di questionari anonimi). Tale modello non ricorre ad alcuna forma di certificazione da parte di soggetti esterni.

Social Statement [39]: una persona viene incaricata di rendicontare le attività dell'impresa che interessano di più agli azionisti e di valutarne e certificarne le performance. Questo sistema non consente una contabilità sociale sistematica e non si presta alla comparabilità.

I modelli suddetti, confrontati tra loro, presentano somiglianze e differenze (come si può osservare dalla tabella 4.2.3.), in funzione di nove principi enunciati dallo stesso Zadek:

prospettiva multistakeholder (coinvolgimento);

completezza, nel senso di estensione;

regolarità e sviluppo;

benchmarking esterno (comparabilità);

esplicitazione degli obiettivi futuri;

contabilità sociale strutturata (sistema integrato);

verifica da parte di organi esterni (verificabilità);

presenza di audit di gruppo;

pubblicazione della contabilità sociale (comunicazione).


TABELLA 4.2.3. I modelli di bilancio sociale a confronto.


Social

Ethical

Social

PRINCIPI

Audit

Accounting

Statement



Statement


Prospettiva multistakeholder

SI

SI

SI

Completezza

SI

SI

NO

Regolarità e sviluppo

SI

SI

SI

Benchmarking esterno

SI

NO

NO

Esplicitazione degli obiettivi futuri

SI

SI

NO

Contabilità sociale strutturata

SI

SI

NO

Verificabilità

SI

NO

SI

Presenza di audit group

SI

NO

NO

Pubblicazione della contabilità sociale

SI

SI

NO


Passiamo adesso ad esaminare, più nel dettaglio e secondo un ordine crescente di complessità, una serie di modelli di rendicontazione sociale (non si parla di modelli di bilancio sociale perché non tutti possiedono i requisiti minimi che ci consentono di poter parlare di bilancio sociale).

Un primo modello di estrema semplicità è quello definito a spese sociali in cui si elenca l'ammontare dei costi che l'impresa ha sostenuto in ogni attività sociale. I limiti di questo modello sono:[40]

scarsa credibilità

incompletezza informativa, dato che non è sufficiente considerare soltanto i costi sociali, ma anche altri aspetti;

mancanza di precisione e di chiarezza, dato anche che alti costi non significano necessariamente elevati benefici.

Un secondo modello è rappresentato dall'inventario sociale. In questo caso si ha semplicemente la presentazione delle azioni sociali dell'impresa, ricorrendo a dati di spesa, statistiche, indici, tabelle, grafici e considerazione verbali; non si ha però il ricorso a schemi uniformi di voci e i dati non sono collegati fra di loro. Sebbene questo modello risulti più completo rispetto a quello precedente, vi sono comunque dei limiti, e cioè:

disomogeneità dei dati: ciò che rende alquanto problematica la possibilità di effettuare confronti;

difficoltà a valutare l'efficienza sociale dell'impresa;

rischio di focalizzare troppo l'attenzione sulla quantità delle informazioni, trascurando la qualità delle stesse.

In definitiva questo modello rischia di essere considerato dagli interlocutori sociali un semplice esercizio di pubbliche relazioni.

Un altro modello è invece quello denominato analisi di programmi ed obiettivi sociali.

Si tratta di uno strumento che può proficuamente collegarsi ad un uso strategico interno-direzionale. Il caso più interessante da prendere in considerazione è quello del "process audit" di Bauer e Fenn: l'idea base è quella di porre in essere una proposta di lavoro graduale che possa garantire un adeguato sfruttamento della curva di apprendimento ("learning curve") del management. Le quattro principali operazioni del "process audit" sono:

valutazione delle circostanze in cui ogni programma sociale viene realizzato e predisposto;

esplicitazione degli obiettivi del programma, che non necessariamente andranno pubblicati in un bilancio;

individuazione delle strade che si intendono seguire per raggiungere gli obiettivi prestabiliti;

Precisazione di come e con quali operazioni tutto ciò sarà possibile.

Questo modello "direzionale" consente altresì di verificare in via riservata qual è il comportamento dell'impresa nei confronti degli stakeholder più influenti, senza per questo rischiare di danneggiare l'immagine aziendale. In questo modo si potrà capire dove è necessario intervenire tramite azioni correttive, onde prevenire potenziali e future sanzioni derivanti da una mutata legislazione. È opportuno infine sottolineare come l'analisi per programmi non si ricollega alla finalità delle pubbliche relazioni, mentre può essere utile sia per la difesa documentata (qualora gli obiettivi vengano costruiti in base alle accuse a cui bisogna rispondere), sia per la difesa anti regolamentazione (evidenziando i risultati raggiunti attraverso specifiche azioni aziendali in aree dove potrebbe entrare lo Stato).

Un ulteriore tipo molto diffuso di rendicontazione sociale è rappresentato dagli indicatori sociali. Si tratta di una serie di dati che descrivono le condizioni di uno o più stakeholder, attraverso indici di prestazione che vengano fissati dall'esterno e resi uniformi per le imprese di ugual natura e dimensione. Esempi di indicatori sociali potrebbero essere: lo stipendio mensile medio, il tasso di assenteismo, l'indice di gravità e di frequenza degli infortuni sul lavoro, il rapporto tra spese in formazione del personale e totale delle spese per il personale, ecc.. Ci troviamo di fronte ad un modello particolarmente interessante, perché, a differenza di quelli esaminati in precedenza, consente quella obiettività, comparabilità e verificabilità dei dati che dovrebbe costituire la base di un qualsiasi modello di rendicontazione sociale. Pur tuttavia è possibile individuare alcuni svantaggi, quali:

l'impossibilità di giungere ad un risultato unitario dell'azione aziendale;

la frequente difficoltà di effettuare comparazioni interaziendali, qualora le imprese utilizzino indicatori differenti;

il rischio che alcune categorie di interlocutori sociali siano destinatarie di informazioni poco chiare e significative.

I modelli che finora sono stati analizzati, non fanno ricorso a delle valutazioni di tipo monetario. A questo punto della trattazione risulta quindi necessario soffermarsi su quelli che sono stati definiti come bilanci socio-economici, la cui importanza deriva dal fatto di poter determinare un risultato complessivo senza dover isolare aspetti particolari dell'attività aziendale e anzi dandone una valutazione globale. Si tratta dei seguenti modelli:

Conto economico a Valore Aggiunto

Conto del Surplus

Analisi costi-benefici

Per quanto concerne il conto economico a valore aggiunto (V.A.) e il conto del surplus, si rimanda, per una trattazione analitica, al paragrafo successivo. Per ora basti sapere che questi modelli, i quali risultano strettamente interdipendenti fra di loro, rappresentano una specie di sottoclasse semplificata del modello costi-benefici. In pratica si tende ad identificare il benessere sociale con il valore aggiunto prodotto e distribuito, mettendo altresì in risalto (nel conto del surplus) le variazioni del V.A. dovute a scostamenti di prezzo e/o volume.

Per quanto attiene invece all'analisi costi-benefici, ci troviamo di fronte al modello probabilmente più interessante ma che purtroppo incontra sistematicamente dei problemi. Si tratta di una "contrapposizione contabile tra costi e ricavi sociali da cui si ricerca un risultato periodico, che confluisce anche in uno stato patrimoniale sociale". In sostanza si vuole pervenire ad un "surplus/deficit sociale di un particolare progetto dell'azienda o ancor meglio dell'intera impresa".

Gli schemi da seguire sono sostanzialmente quelli di Estes e di Linowes.

Cominciamo con l'esaminare il primo: Estes individua innanzitutto una serie di benefici e costi sociali; raffrontando le due categorie si otterrà il surplus o il deficit sociale netto. In particolare verrà seguito lo schema seguente:[49]

Benefici sociali

Prodotti e servizi forniti

Pagamenti ad altri elementi della società: impiego fornito (salari e stipendi), pagamenti per beni e altri servizi, imposte e tasse pagate, contributi, dividendi e interessi pagati, altri pagamenti, benefici addizionali ai dipendenti

Miglioramenti ambientali

Altri benefici

Totale benefici sociali

Costi sociali

Beni e servizi acquistati

Lavoro e servizi usati

Malattie e infortuni del lavoro

Servizi pubblici utilizzati

Altre risorse usate

Danno ambientale (inquinamento atmosferico, delle acque, acustico, rifiuti prodotti, altri danni ambientali)

Pagamenti ricevuti da altri elementi della società

Altri costi

Totale costi sociali

Surplus o deficit sociale netto

Come è possibile notare "i benefici sociali costituiscono le spese che hanno un impatto positivo in campo sociale e che vengono sopportate dall'impresa. I costi sociali, invece, indicano il danno subito o le spese sostenute dalla società per effetto dell'attività aziendale". Il problema di fondo di questo tipo di approccio riguarda la difficoltà di esprimere monetariamente i costi e i benefici sociali, come ad esempio nel caso dell'inquinamento ambientale. Per cercare di risolvere questo problema Estes ha individuato delle tecniche particolari, che comunque presentano dei limiti applicativi. Esse sono:

Inchieste, che consentono di stabilire qual è il prezzo che le persone pagherebbero per evitare l'inquinamento o, alternativamente, la somma per la quale sarebbero disposti a subirlo.

Analisi economiche e/o statistiche. In questo caso il costo dell'inquinamento, ad esempio dell'acqua, potrà essere stimato in base al quantitativo di pesci uccisi ed al loro correlativo valore di mercato.

Avoidance cost, ossia il costo sostenuto dall'impresa per prevenire il danno che si vuole valutare. Per esempio il costo di acquisto di misure di sicurezza per prevenire incidenti sul lavoro potrà essere adoperato per valutare il corso sociale degli infortuni. Si tratta però di un criterio poco valido, perché in molti casi dei danni particolarmente gravi potranno essere evitati attraverso una spesa minima.

Restoration cost, ossia il costo che bisogna sostenere per far fronte al danno procurato. Anche in questo caso vale la critica fatta per il criterio precedente.

Surrogate valuation. In questo caso si procede alla valutazione di un bene o fenomeno strettamente collegato a quello preso in considerazione.

Appraisals. Si ricorre ad una perizia eseguita da tecnici specialistici per valutare correttamente costi e ricavi sociali.

Questo breve elenco delle tecniche di risoluzione dei problemi valutativi, mette ancor più in evidenza le difficoltà pratiche che si incontrano allorquando si vuole procedere ad una valutazione monetaria di beni, fenomeni o eventi che non hanno un proprio mercato. Una applicazione alquanto interessante dell'approccio appena proposto è quella realizzata dalla ABT (società di consulenza statunitense) negli anni '70: ci troviamo di fronte a un vero e proprio bilancio social-finanziario, costituito da un conto economico e da uno stato patrimoniale sociale, volto ad evidenziare un reddito e un capitale di natura sociale.

Lo schema di Linowes prevede, invece, una distinzione fra le seguenti tre aree di base:[52]

rapporti con le persone

rapporti con l'ambiente

relazioni con il prodotto

In ognuna di queste aree si effettua una contrapposizione fra i contributi positivi (improvements) e i contributi negativi (detriments). I primi consistono in spese sociali sostenute volontariamente dall'impresa; i secondi rappresentano invece dei costi che avrebbero potuto avere una rilevanza sociale, ma che non sono stati sostenuti dall'impresa. In questa maniera si perviene ad un surplus/deficit per le tre aree considerate.

Il modello proposto da Linowes determina il sorgere di due problemi:[53] in primo luogo vi è un forte connotato di soggettività allorquando bisogna decidere quali voci includere fra i contributi negativi; in secondo luogo l'approccio in questione focalizza interamente l'attenzione sulle spese che l'azienda ha o non ha sostenuto, non fornendo alcuna indicazione circa i costi e i benefici imposti dall'impresa alla società.

Da quanto esaminato in questo paragrafo, si può già scorgere l'opportunità di redigere e pubblicare un bilancio sociale "composito", in cui figurano elementi estrapolati dai diversi tipi di modelli proposti.

Per completezza di trattazione, ma non per condivisione dell'indirizzo dottrinale, ci accingiamo infine ad esaminare l'approccio di quella parte della dottrina (Cassandro, Terzani) secondo cui i risvolti sociali dell'attività d'impresa possono essere trattati adeguatamente nell'ambito dello stesso bilancio d'esercizio (e quindi al suo interno), mediante una opportuna riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico (si opera in pratica una sorta di passaggio da un bilancio soggettivo ad un bilancio oggettivo). Cassandro, sottolineando la funzione dell'impresa come "centro produttore e distributore di ricchezza", afferma che tale funzione non si esaurisce con la remunerazione del capitale conferito (reddito d'impresa), ma si identifica con la ricchezza aggiuntiva creata, il cosiddetto reddito sociale.

Il reddito sociale costituisce il risultato di sintesi del bilancio sociale e si ottiene dalla sommatoria delle remunerazioni dei soggetti che partecipano direttamente o meno all'attività dell'impresa; dunque esso si desume da una ricomposizione delle quantità economiche contenute nel bilancio ordinario, che necessariamente dovrà essere attendibile e chiaro. Di seguito presentiamo lo schema suggerito da Cassandro:[54]







CONTO ECONOMICO











SITUAZIONE PATRIMONIALE





4.3. Il Valore Aggiunto come categoria analitica di base

Il calcolo del valore aggiunto e la sua distribuzione costituiscono la parte contabile del bilancio sociale, in cui si procede alla riclassificazione dei dati quantitativo-monetari derivanti dal bilancio di esercizio e, in special modo, dal conto economico.[55]

Per comprendere appieno il significato del valore aggiunto appare opportuno riferirsi ad un qualsiasi processo produttivo. L'impresa, allorquando deve procedere alla produzione di una merce, acquisisce materie prime e semilavorati dai propri fornitori, ossia si procura i cosiddetti "input" del processo produttivo. Gli "output" che usciranno da questo processo, e che saranno destinati alla vendita, avranno un valore di mercato superiore a quello delle materie prime e dei semilavorati utilizzati per la fabbricazione del prodotto finito.[56] La differenza tra i valori di output e di input è chiamata valore aggiunto e corrisponde alla trasformazione tecnica di un bene. Tale trasformazione può riguardare i seguenti aspetti:

la natura del bene, per mezzo di processi meccanici, chimici o fisici;

la forma del bene, attraverso processi di assemblaggio o confezionamento;

la disponibilità del bene nel tempo e nello spazio, mediante il trasporto e la consegna nei tempi richiesti dal mercato.

In linea di principio il valore aggiunto è un concetto applicabile anche all'erogazione di servizi e beni immateriali e in generale a qualsiasi attività umana in grado di accrescere la soddisfazione di un qualsiasi attore sociale; in questo caso, però, diviene problematica l'individuazione di indicatori quantitativi capaci di rilevare concetti soggettivi come i livelli di soddisfazione.[58]

In definitiva possiamo definire il valore aggiunto come il valore creato esclusivamente per mezzo delle attività dell'impresa e dei suoi dipendenti; per l'impresa, agente trasformatore, il valore aggiunto è ciò che essa addiziona ai beni e servizi consumati dopo l'acquisto sul mercato. Dal punto di vista della sua distribuzione esso rappresenta un flusso di beni e servizi che affluiscono ai salariati, allo Stato, ai capitalisti (soci e finanziatori terzi), dopo che viene stabilita la parte che permane nell'impresa sotto forma di autofinanziamento da ammortamento e da utili accantonati.

Passiamo adesso ad esaminare il procedimento che ci consente di capire in concreto come si arriva alla determinazione del valore aggiunto. Il nostro discorso deve inevitabilmente prendere le mosse da quello che viene definito come principio di equivalenza: ossia deve esservi equivalenza tra "valore della produzione futura e valore attuale dei fattori, misurati in uno stesso periodo di tempo". A tal fine il valore della produzione futura va attualizzato, onde rendere omogenee le due grandezze: lo scopo viene raggiunto deducendo da quest'ultima il costo di trasporto nel tempo, il cosiddetto interesse reale. Alla domanda, quindi, quanta ricchezza si dovrà al massimo spendere per l'acquisto dei fattori produttivi, si può rispondere sostenendo che occorrerebbe spendere complessivamente "il valore attualizzato della futura ricchezza ottenibile dal processo produttivo". Il problema è che il principio di equivalenza verrà applicato solo parzialmente, in quanto il prezzo dei fattori è determinato sul mercato in base alla legge della domanda e dell'offerta, che dunque creerà delle "distorsioni" rispetto ad una applicazione uniforme di tale principio. Bisogna altresì considerare un ulteriore problema: il confronto su cui si basa il principio di equivalenza, avviene tra un valore certo (quello dei fattori produttivi) e un valore futuro che, pur essendo reso omogeneo tramite il processo di attualizzazione, mantiene il suo carattere di incertezza. Ciò comporta che il valore della produzione futura che si otterrà a posteriori, potrà essere anche assai diverso da quello previsto. Anche perché bisogna considerare che il valore economico-monetario di una determinata produzione dipende sempre dall'esistenza di una domanda effettiva. Se infatti l'impresa produce un dato bene che però non ottiene alcun riscontro da parte del mercato, avremo un accantonamento del bene in questione e quindi il flusso di ricchezza che esso incorpora sarà potenziale e non effettivo. Questo ci fa capire come la domanda effettiva può essere misurata solo ex post e quindi non può essere preventivata.

Ecco che quello che per il principio di equivalenza è un uguaglianza a priori fra due grandezze identiche, con il bilancio diviene a posteriori una "misurazione contabile della differenza, che potrà essere positiva (surplus) o negativa (deficit), tra i due membri dell'uguaglianza, ossia tra ammontare monetario della produzione e ammontare monetario della remunerazione dei fattori".[64] Questa differenza si calcola mediante l'equazione del bilancio, che a sua volta trova sistemazione nell'ambito del conto economico.

Riassumiamo brevemente i passaggi mediante i quali si giunge alla suddetta identità contabile e susseguentemente alla determinazione del valore aggiunto. Innanzitutto indichiamo con Rt (ricavo) il valore della produzione al tempo t intesa in senso potenziale; tale grandezza sarà data dalla valorizzazione ex ante della quantità Qt al prezzo Pt, cioè:[65]

Rt = Qt * Pt

A questo punto, ricollegandoci a quanto detto precedentemente riguardo alla domanda effettiva, bisogna fare attenzione a distinguere l'ammontare economico della produzione (il ricavo, R) dall'ammontare monetario-finanziario (il fatturato, F), visto che è quest'ultima grandezza soltanto a tenere conto della domanda effettiva, a differenza della prima che invece esprime una ricchezza potenziale. Da ciò si deduce che per la stessa quantità (Q) di produzione le due grandezze possono risultare discordanti (in sostanza avremo che: R >= F, ed in particolare si avrà uguaglianza allorché tutta la produzione intesa in senso economico-potenziale si incontra con la domanda effettiva e viene da questa accettata per mezzo di un effettivo atto d'acquisto). Si capisce dunque abbastanza facilmente come la differenza tra valore economico potenziale (Rt) e valore monetario (Ft) rappresenta l'ammontare dei prodotti invenduti, ossia le cosiddette rimanenze iniziali (RIP, riferite al periodo t-1) e rimanenze finali (RFP), le quali esprimono valori economici (potenziali) e non finanziari. Avremo dunque che la ricchezza prodotta nel periodo t è data dalla seguente espressione:

Rt = Ft + RFPt - RIPt

Bisogna altresì considerare che parecchie imprese producono in proprio talune attrezzature necessarie per la produzione finale; si tratta di beni strumentali che però non assumono un valore monetario di mercato in quanto non sono oggetto di scambio. Conseguentemente esse assumeranno un valore economico mediato, che andrà opportunamente stimato; indicando così con PI la produzione interna, abbiamo che:

Rt = Ft + (RFPt - RIPt) + PIt

Infine, a questa espressione, occorre sommare un'altra grandezza; si tratta dei ricavi vari (RV) che non sono compresi nel fatturato (ad esempio cessioni in affitto):[68]

Rt = Ft + (RFPt - RIPt) +PIt + RVt

In questo modo otteniamo l'espressione della valorizzazione economica a posteriori della ricchezza prodotta; tuttavia per conseguire tale ricchezza ne sarà stata impiegata dell'altra. Innanzitutto saranno stati acquistati, al fine della loro immissione nel processo produttivo, fattori quali materie prime, energia, materiali, ecc..

Indichiamo con CE la ricchezza complessivamente acquistata dall'esterno e utilizzata nel processo produttivo nel periodo t; altresì prendiamo in considerazione le rimanenze di materiali, sia quelle iniziali (RMI, riferite al periodo t-1), che quelle finali (RMF).

Indicando con CTt il costo totale variabile (che comprende il costo dei fattori acquisiti dall'esterno, sia di quelli che hanno una utilizzazione effettiva, sia di quelli che hanno carattere di scorta), avremo:[69]

CTt = CEt + RMIt - RMFt

La differenza fra Rt e CTt esprime quella grandezza economica di grande importanza che è il valore aggiunto. Oltre a questo procedimento diretto, esiste anche un processo indiretto di determinazione del valore aggiunto, dato semplicemente dalla sommatoria delle differenti remunerazioni (salari, stipendi e oneri accessori; ammortamento; interessi passivi e oneri finanziari vari; dividendi; imposte e tasse; liberalità).

E' possibile predisporre due distinti prospetti del valore aggiunto, uno strutturato secondo l'ottica della produzione, l'altro secondo quella della distribuzione.[70]

Il calcolo del valore aggiunto rappresenta un essenziale "ponte" di collegamento tra il bilancio d'esercizio ed il bilancio sociale, che consente, tramite il prospetto di ripartizione, di ampliare e completare l'informativa verso i vari interlocutori sociali.

Molteplici sono dunque i vantaggi che scaturiscono dall'implementazione del valore aggiunto, internamente al bilancio sociale. Elenchiamoli brevemente:

richiamiamo innanzitutto quanto affermato da Morley, secondo cui "pochi lavoratori si dicono essere entusiasti della massimizzazione dei profitti, che è una ricompensa di qualcun altro e, perciò, un conto dei profitti ha poco interesse o valore motivazionale per i dipendenti". Il valore aggiunto colmerebbe invece questa lacuna, configurando l'impresa come un "gruppo in azione o entità centrata";[71]

è possibile evidenziare il livello della nuova ricchezza prodotta e soprattutto della sua distribuzione, utilizzando dati già rilevati in contabilità ordinaria e sostenendo quindi bassi costi di preparazione;[72]

il valore aggiunto può rappresentare la base per la costruzione della politica salariale interna, nonché per predisporre sistemi retributivi ad incentivo fondati per l'appunto sul valore aggiunto;[73]

è possibile operare confronti interindustriali ed interaziendali;[74]

il valore aggiunto rappresenta un "indicatore della dimensione, dell'importanza e del grado di elasticità dell'impresa".[75] Con riferimento all'elasticità, un'impresa, ad esempio, a basso valore aggiunto, è maggiormente soggetta a degli "scontri distribuzionali"; ossia la parte di V.A. destinata ad azionisti, dipendenti, Stato, ecc. risulta essere fortemente condizionata da eventuali e brusche variazioni del prezzo di determinati fattori produttivi;

il management, nel tentativo di massimizzazione del valore aggiunto, si sentirà responsabile nei confronti di un più ampio insieme di soggetti. Sotto questo aspetto tale grandezza si rivela un utile strumento interno;[77]

Dopo aver visto quali sono i vantaggi connessi al V.A., cerchiamo di vedere quali possono essere i suoi limiti:

in primo luogo risultano eccessivamente coinvolti certe categorie di interlocutori che rivestono un ruolo alquanto marginale nell'impresa; si pensi ad una banca temporaneamente creditrice di una modesta somma a breve termine;[78]

in secondo luogo vengono del tutto trascurati alcuni importanti stakeholder, come dei fornitori o clienti strategici;[79]

il concetto di valore aggiunto prende in considerazione l'ipotesi di un "mercato perfetto";questo perché è sufficiente che un'impresa detenga una posizione monopolistica per far si che il suo valore aggiunto sia in parte fittizio, dato che essa potrà corrispondere elevati salari e profitti soltanto perché scarica su terzi i suoi costi.[80]

Da quanto detto si comprende come il valore aggiunto rappresenti una grandezza di enorme utilità, ma che pur tuttavia presenta delle lacune che vanno adeguatamente colmate mediante ulteriori prospetti integrativi; costituisce in pratica solo una parte su cui dovrebbe articolarsi il bilancio sociale.

Le potenzialità informative del valore aggiunto possono comunque essere moltiplicate con la predisposizione di opportuni indici che, confrontando tale grandezza economica con altri valori desunti dal conto economico e dallo stato patrimoniale oppure con dati quantitativi extracontabili di carattere sociale, permettono di interpretare in ottica sociale il tradizionale bilancio d'esercizio.

Nonostante l'utilità di siffatti indicatori, occorre tenere conto anche dei loro limiti, quali:

a)  Il valore aggiunto talvolta viene inteso come parametro strettamente correlato alla dimensione dell'azienda, perdendo la sua attendibilità;

b)  L'applicazione meccanica degli indici basati sul valore aggiunto rischia di inficiarne le potenzialità informative;

c)  Una gestione improntata alla massimizzazione del valore aggiunto risulta fuorviante, poiché il valore aggiunto è comunque un dato della gestione economica e non della gestione sociale.

Dopo questa premessa si passa alla rassegna degli indici basati sul valore aggiunto, divisi nelle seguenti categorie:

Rapporti di efficienza economica esprimono l'attitudine dell'azienda a generare valore aggiunto, inteso come ricchezza distribuibile.

VAGN Efficienza e grado di integrazione verticale

VPP

VAGN Grado di autonomia dai contributi pubblici

RD

RD Quota di ricchezza distribuita

VPP

Dove:

VAGN = Valore Aggiunto Globale Netto

VPP = Valore Produzione del Periodo

RD = Ricchezza Distribuita

Rapporti di composizione delle remunerazioni esprimono in termini percentuali il peso esercitato dai singoli stakeholder nei confronti dell'azienda.

Ricchezza distribuita al singolo stakeholder

RD

3. Rapporti di composizione del valore globale della produzione rappresentano la struttura del costo intermedio e del VPP, come il coefficiente di incidenza degli elementi finanziari e straordinari di reddito.

Elementi finanziari e straordinari di reddito

VAGN




Rapporti di efficienza tecnica esprimono la produttività dei diversi fattori in termini di valore aggiunto.

VPP

Ricchezza distribuita ai dipendenti  

Attitudine della ricchezza distribuita ai dipendenti a generare valore della produzione


Come più volte sottolineato, la valenza sociale del valore aggiunto deriva dal fatto che esso illustra le forme di distribuzione della ricchezza; ciò però avviene senza soffermarsi sulle ragioni sottese al processo di distribuzione.

Per questo motivo occorre esaminare la variazione del valore aggiunto, causata da scostamenti di prezzo e/o di volume, nel cosiddetto Conto del Surplus (tabella 4.3.), che consente una migliore conoscenza del processo di produzione/distribuzione della ricchezza, limitandosi ai valori espressi dal mercato. Attraverso questa "contabilità dell'incremento" è possibile determinare come aumenta la produttività e come l'eventuale eccedenza si riflette, mediante la sua distribuzione, sui diversi stakeholder.


TABELLA 4.3. Conto del surplus.

IMPIEGHI DEL SURPLUS. Ripartito tra:

Clienti per ribasso prezzi di vendita

Fornitori per rialzo prezzi di acquisto

Lavoratori per aumento tasso di remunerazione

Stato e collettività per aumento imposte e/o riduzione sovvenzioni

Finanziatori per aumento del tasso di remunerazione

Proprietari per aumento utili ripartiti

Totale surplus ripartito

Surplus al sistema-impresa

Surplus Globale

FONTI DEL SURPLUS. Derivante da:

Incremento di produzione generato dall'impresa

Clienti per rialzo prezzi di vendita

Fornitori per ribasso prezzi di acquisto

Lavoratori per diminuzione del tasso di remunerazione

Stato e collettività per riduzione imposte e/o aumento sovvenzioni

Finanziatori per riduzione del tasso di remunerazione

Proprietari per riduzione utili ripartiti

= Surplus Globale

Il modello in questione non va considerato soltanto come un rendiconto a consuntivo ma anche come strumento di previsione e di controllo, dimostrandosi così particolarmente utile ai fini delle decisioni strategiche. In particolare l'impresa potrà fissare il livello di surplus che intende ottenere nonché le modalità di distribuzione ritenute più adeguate. Il conto del surplus rappresenta dunque un documento di notevole importanza per la contabilità sociale, anche se vi sono dei limiti ad esso connaturati. In primo luogo non tiene conto degli oneri figurativi; vengono poi trascurati i cosiddetti fattori "fuori mercato", che invece hanno una notevole valenza sociale (acqua, aria, ecc.); ed infine si tratta di un modello basato esclusivamente su una visione di tipo reddituale, che quindi trascura l'elemento capitale.


4.4. La proposta del GBS.[85]

Il GBS (Gruppo di Studio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale) ha voluto definire le caratteristiche di uno strumento di rendicontazione sociale tale da consentire alle imprese di perseguire, attraverso una strategia di comunicazione diffusa e trasparente, quel consenso e quella legittimazione sociale che costituiscono la premessa per il raggiungimento degli obiettivi di tipo reddituale e competitivo. Ci soffermeremo in primo luogo (A) sui principi di redazione del bilancio sociale, per poi passare (B) ad analizzarne la struttura e il contenuto. Va inoltre premesso, come già sottolineato nel paragrafo 4.2., che si può parlare di bilancio sociale soltanto quando questo presenta un contenuto minimo predefinito, rispondente ai principi, alla struttura e al contenuto di seguito descritti.

A)    Principi di redazione del bilancio sociale.

Il processo di formazione del bilancio sociale deve basarsi sul rispetto di determinati principi, i quali sono ordinati, secondo i loro contenuti, in modo gerarchico nelle due tipologie seguenti:

etico-comportamentale, in riferimento ai primi sei principi;

contabile-amministrativo, relativamente agli altri principi.

I principi di redazione sono i seguenti:

Responsabilità: le categorie di stakeholder a cui si rivolge l'azienda devono essere chiaramente identificabili.

Identificazione: completezza di informazione relativamente alla proprietà e al governo dell'azienda.

Trasparenza: il procedimento di rilevazione, riclassificazione e formazione dei dati deve risultare sufficientemente comprensibile.

Inclusione:occorre dare voce a tutti gli stakeholder.

Coerenza: vi deve essere una descrizione esplicita della conformità delle politiche e delle scelte del management ai valori dichiarati.

Neutralità: il bilancio sociale deve presentare le caratteristiche di imparzialità e di indipendenza rispetto ad interessi di parte o a particolari coalizioni.

Competenza di periodo: gli effetti sociali vanno rilevati nei momenti in cui si manifestano e non in quello della loro manifestazione finanziaria.

Prudenza: gli effetti sociali sia positivi che negativi vanno presentati in modo obiettivo senza sopravvalutare quella che è la realtà aziendale.

Comparabilità: i bilanci devono essere strutturati in maniera tale da consentire confronti intertemporali ed interaziendali.

Comprensibilità, chiarezza ed intelligibilità delle informazioni contenute nel bilancio sociale.

Periodicità e ricorrenza: il bilancio sociale, essendo complementare al bilancio di esercizio, deve corrispondere al periodo amministrativo di quest'ultimo.

Omogeneità: tutte le espressioni quantitative monetarie vanno espresse nell'unica moneta di conto.

Utilità: le notizie di cui si compone il bilancio sociale devono essere solamente quelle utili a soddisfare le aspettative degli stakeholder in termini di attendibilità e completezza.

Significatività e rilevanza: occorre valutare solo l'impatto effettivo che gli avvenimenti determinano sulla realtà circostante; eventuali stime o valutazioni soggettive debbono fondarsi su ipotesi esplicite e congruenti.

Verificabilità dell'informazione, anche attraverso la ricostruzione del processo di raccolta e rendicontazione dei dati.

Attendibilità e fedele rappresentazione: le informazioni di cui consta il bilancio sociale devono essere attendibili; a tal fine l'informazione deve rappresentare il proprio oggetto in moto completo e veritiero, con prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali.

Autonomia delle terze parti che eventualmente fossero incaricate di realizzare parti specifiche del bilancio sociale o di esprimere giudizi sulla qualità dello stesso.

B)    Struttura e contenuti del bilancio sociale.

Il bilancio sociale consta di tre diverse parti, che sono:

l'identità aziendale

la produzione e distribuzione del valore aggiunto

la relazione sociale.

Esaminiamole distintamente.

Per quanto concerne l'identità aziendale, essa implica l'esplicitazione dell'assetto istituzionale, dei valori di riferimento, della missione, delle strategie e delle politiche.

Esplicitare l'assetto istituzionale significa rendere possibile, da parte di chi legge, l'identificazione di elementi quali l'assetto proprietario, l'evoluzione della governance, nonché la dimensione, la collocazione sul mercato e l'assetto organizzativo dell'azienda.

Per quanto concerne invece i valori di riferimento, è necessario esplicitare i principi etici, gli orientamenti valoriali e i codici deontologici effettivamente seguiti dall'azienda. Al fine di assicurare significatività al sistema valoriale, è opportuno uniformarsi ai seguenti criteri formali:

Prescrittività: i valori affermati devono costituire la guida effettiva del comportamento aziendale;

Osservanza: i valori vanno concretamente rispettati ed osservati;

Stabilità: i valori devono essere cogenti per un periodo di tempo significativo;

Generalità: i valori devono permeare tutte le relazioni intercorrenti tra l'azienda e i suoi stakeholder;

Imparzialità: i valori devono essere applicati in modo imparziale fra tutte le categorie di stakeholder; qualora siano riferiti ad una categoria soltanto, dovranno essere applicati in modo imparziale fra tutti i soggetti che la compongono;

Universalizzabilità: i valori non devono essere oggetto di una applicazione particolareggiata, bensì devono essere considerati validi in tutti i casi analoghi.

Attraverso la missione, è necessario invece descrivere le principali finalità che l'azienda vuole perseguire in campo economico e sociale. La missione è, in estrema sintesi, l'identità e la "filosofia" dell'organizzazione;

La costruzione della stessa presuppone il massimo coinvolgimento di tutti gli interessati e prende avvio dalla raccolta del materiale sulla storia (ciò che si è), sulla visione (ciò che si vorrebbe diventare) e sul contesto di riferimento (sfondo valoriale).

Dopodiché, si procede alla definizione della missione in termini di scopo, di attività, di valori fondamentali ed eventualmente di visione.

La dichiarazione di missione consta indicativamente di cinque sezioni, rappresentative delle varie relazioni intrattenute da ogni organizzazione:

Interessi prevalenti o costitutivi;

Relazioni interne;

Relazioni di mercato;

Relazioni con l'ambiente sociale ed ambientale;

Specificità e personalità dell'organizzazione.

Passando poi alle strategie, sarà opportuno illustrare gli obiettivi a medio lungo-termine perseguiti dall'azienda, nonché le scelte che essa intende adottare per realizzarvi.

Infine attraverso le politiche sarà necessario rappresentare gli obiettivi a breve termine e le scelte di indirizzo e di intervento adottate.

Passiamo adesso ad esaminare la seconda parte di cui si compone il bilancio sociale, ossia la produzione e distribuzione del valore aggiunto. Il valore aggiunto è stato già ampiamente trattato nel paragrafo precedente; adesso, dopo qualche breve considerazione preliminare, appare opportuno soffermarsi sul prospetto di determinazione e, soprattutto, di distribuzione del valore aggiunto.

Premettiamo subito che il valore aggiunto può avere una dimensione al netto o al lordo degli ammortamenti; la dimensione al lordo associa alla nuova ricchezza prodotta i flussi di graduale reintegrazione dei costi dei fattori produttivi durevoli. In questo caso gli ammortamenti - in sede di ripartizione - vanno attribuiti alla remunerazione dell'azienda.

Bisogna altresì considerare che il valore aggiunto può assumere differenti configurazioni in base al livello di aggregazione dei componenti reddituali; abbiamo così:

Valore aggiunto caratteristico (V.A.C.)

Valore aggiunto ordinario (V.A.O.)

Valore aggiunto globale (V.A.G.)

La configurazione a cui si farà riferimento, è quella del Valore Aggiunto Globale, che può essere considerato sia al lordo che al netto degli ammortamenti.






















Prospetto di determinazione del Valore Aggiunto

VALORE AGGIUNTO GLOBALE

A)    Valore della produzione

Ricavi delle vendite e delle prestazioni

- rettifiche di ricavo

Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti (e merci)[87]

Variazione dei lavori in corso su ordinazione

Altri ricavi e proventi

Ricavi della produzione tipica

Ricavi per produzioni atipiche

B)    Costi intermedi della produzione

6. Consumi di materie prime

Consumi di materie sussidiarie

Consumi di materie di consumo

Costi di acquisto di merci (o costo delle merci vendute)

7. Costi per servizi

8. Costi per godimento di beni di terzi

9. Accantonamenti per rischi

10. Altri accantonamenti

11. Oneri diversi di gestione


VALORE AGGIUNTO CARATTERISTICO LORDO


C) Componenti accessori e straordinari

12. +/- Saldo gestione accessoria

Ricavi accessori

- Costi accessori

13. +/- Saldo componenti straordinari

Ricavi straordinari

- Costi straordinari


VALORE AGGIUNTO GLOBALE LORDO


- Ammortamenti della gestione per gruppi omogenei di beni


VALORE AGGIUNTO GLOBALE NETTO


Prospetto di ripartizione del valore aggiunto

DISTRIBUZIONE DEL VALORE AGGIUNTO

A)    Remunerazione del personale

Personale non dipendente

Personale dipendente

a)  remunerazioni dirette[88]

b)  remunerazioni indirette

c)  quote di riparto del reddito


B) Remunerazione della Pubblica Amministrazione[89]

Imposte dirette

Imposte indirette

- sovvenzioni in conto esercizio


C)    Remunerazione del capitale di credito

Oneri per capitali a breve termine

Oneri per capitali a lungo termine (ulteriormente suddivisibili per classi di finanziatori)


D) Remunerazione del capitale di rischio

Dividendi (utili distribuiti alla proprietà)


E) Remunerazione dell'azienda

+/- Variazioni riserve

(Ammortamenti[90])


F) Liberalità esterne


VALORE AGGIUNTO GLOBALE NETTO




Oltre ai risultati economici, desumibili dal bilancio d'esercizio e dai prospetti del valore aggiunto, l'azienda determina a favore degli stakeholder delle altre utilità, le quali vanno adeguatamente identificate e descritte. Ciò verrà fatto all'interno della terza parte di cui si compone il bilancio sociale, ossia la relazione sociale. A tal fine sarà necessario avvalersi di misurazioni e comparazioni, resoconti narrativi, quadri descrittivi, tabelle, testimonianze e pareri, ecc.. La relazione sociale si compone a sua volta di sezioni fondamentali e sezioni integrative; fanno parte delle prime le seguenti sezioni:

identificazione degli stakeholder

principali assunti per categoria di stakeholder

L'identificazione degli stakeholder rappresenta il primo passo che dovrà essere compiuto dall'azienda; in linea generale occorre rendicontare le azioni e le relazioni con i seguenti interlocutori:[91]

A)    Personale.

B) Soci.

C)    Finanziatori.

D)    Clienti/utenti.

E) Fornitori.

F) Pubblica amministrazione.

G)    Collettività.

Andiamo adesso ad esaminare gli aspetti principali che occorre esplicitare per ogni categoria di stakeholder. Sono comuni alle relazioni con tutti gli stakeholder:


Linee politiche e risultati attesi coerenti ai valori di riferimento e alla missione.

Grado di soddisfazione/consenso.

Informazione e comunicazione.

Contenzioso e litigiosità.

Adesso invece elenchiamo gli aspetti previsti per ciascuna categoria di stakeholder:

A)    Personale

Composizione del personale.

Consistenza per età, sesso, livello di istruzione, qualifica, funzione, anzianità, provenienza territoriale, nazionalità e tipologia contrattuale.

Organizzazione del lavoro.

Turnover (per sesso, qualifica, età, nazionalità, motivi).

Attività sociali.

Politica delle assunzioni.

Politiche di pari opportunità.

Formazione e valorizzazione.

Sistema di remunerazione ed incentivazione.

Attività sanitaria e sicurezza sul lavoro.

Relazioni industriali.

B)    Soci

Ripartizione percentuale del capitale fra soci, distinti per natura giuridica e nazionalità.

Agevolazioni riservate ai soci.

Remunerazione del capitale investito.

Partecipazione dei soci al governo dell'azienda e tutela delle minoranze.

Investor relations.

C)    Finanziatori

Composizione, tipologia e caratteristiche dei finanziatori e dei finanziamenti.[92]

Rapporti con istituti di credito.

Investor relations

D)    Clienti/Utenti

Caratteristiche ed analisi della clientela e dei mercati serviti.

Sistemi di qualità.

Valutazione della soddisfazione dei clienti (customer satisfaction).

Condizioni negoziali.[93]

E) Fornitori

Caratteristiche ed analisi dei fornitori.[94]

Sistemi di qualità.

Condizioni negoziali.

Ricaduta sul territorio.

Rispetto degli standard omogenei nella catena di fornitura (ad esempio SA 8000).

F) Pubblica Amministrazione

Imposte sul reddito, tasse e contributi versati.

Contributi, agevolazioni fiscali e/o finanziamenti agevolati ricevuti suddivisi per area di destinazione.

Tariffe agevolate

Rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.

Norme interne e sistemi di controllo volti a garantire l'osservanza della legge.

G)    Collettività

INTERESSI DI NATURA SOCIALE

Descrizione degli apporti diretti al sociale in termini di arricchimento della qualità della vita nei diversi campi di intervento (istruzione, sport, sanità, cultura, ricerca, solidarietà sociale)

INTERESSI DI NATURA AMBIENTALE

Sistemi di gestione ambientale e di gestione del rischio.

Formazione ed educazione.

Indicatori di performance ambientali.

Utilizzo e consumo di energia e di materiale non riciclabile.


Rientrano invece nelle sezioni integrative:

Giudizi e opinioni degli stakeholder

Commenti e dichiarazioni dell'azienda, relativamente ai risultati sociali conseguiti e agli obiettivi per il successivo esercizio.

Miglioramento del bilancio sociale; in particolare andranno espressi i miglioramenti che si intendono apportare alla redazione del bilancio sociale.


Altri strumenti di rendicontazione sociale

Nei precedenti paragrafi abbiamo analizzato dettagliatamente quello che è lo strumento di rendicontazione sociale per eccellenza, ossia il bilancio sociale. Il nostro obiettivo è ora quello di esaminare in particolare altri due strumenti; si tratta del codice etico e del bilancio/rapporto ambientale. Il primo rappresenta, sotto certi aspetti, l'altra faccia del bilancio sociale; infatti dalla missione aziendale si diramano due attività concomitanti, una più generale (il bilancio sociale) indirizzata al controllo delle politiche d'impresa , l'altra (il codice etico) rivolta al controllo dei comportamenti individuali.[96] Per quanto concerne invece il bilancio/rapporto ambientale, si tratta di uno strumento che si occupa di una parte ben determinata dell'attività aziendale, utilizzando parametri specifici e seguendo delle linee guida definite da diverse organizzazioni internazionali, quali ad esempio: il CEFIC (Council of European Chemical Industry), il PERI (Public Enviromental Reporting Iniziative) e la FEEM (Fondazione ENI Enrico Mattei).


4.5.1. Il codice etico

In prima approssimazione, il codice etico[98] si definisce come la "carta d'identità costituzionale" dell'impresa, un documento che fissa i diritti e i doveri morali di ogni partecipante all'organizzazione imprenditoriale, tramite principi e norme di comportamento.

Si tratta di un valido strumento gestionale che, attraverso un'esplicita definizione delle responsabilità etico-sociali degli stakeholder, permette di evitare eventuali conflitti e problemi dell'impresa con i suoi interlocutori interni ed esterni, generando un clima di fiducia e di collaborazione reciproca e favorendo l'implementazione dell'etica. Il codice etico definisce in maniera esplicita gli impegni assunti dall'impresa in risposta alle attese degli stakeholder in tema di interessi fondamentali (qualità del servizio/prodotto; tutela della salute, dell'ambiente, della persona, ecc.). Si tratta di una sorta di "patto sociale" tra l'organizzazione stessa e i suoi interlocutori.

Secondo Barbé, i motivi che conducono all'adozione di un codice etico sono riconducibili a tre ordini di situazioni:

corruzione diffusa o crisi generale di immagine: il codice etico serve per sostenere la reputazione dell'organizzazione;

bisogno di identità e/o di nuova progettualità: nelle fasi di fondazione e di trasformazione dell'organizzazione, il codice etico è impiegato come strumento di riconoscimento interno od esterno della propria identità;

necessità di regolamentazione della concorrenza: il codice etico si configura come mezzo per innalzare il livello di qualità etica all'interno di un settore, fissando degli standard di comportamento.

Tale documento si caratterizza per un'estrema varietà di forme, estensioni e contenuti, onde per cui è possibile individuare tre livelli principali di complessità e completezza dei codici etici:[100]

1) Livello "di base", che è anche il primo in ordine cronologico: corrisponde alla enunciazione della "mission" o filosofia aziendale. Questa esprime i principi morali nei quali l'azienda crede, ovvero i suoi obblighi nei confronti delle varie categorie di stakeholder (interni ed esterni) e il suo modo di porsi nel mondo degli affari.

2) Livello intermedio, relativo al "credo" aziendale: si tratta di una serie di enunciazioni di carattere piuttosto ampio riguardo agli obiettivi aziendali nei confronti degli stakeholder, i principi morali cui l'azienda si ispira, gli obiettivi economici.

3) Livello più alto di complessità: è quello dei codici etici "in senso stretto", caratterizzati dal fatto di includere norme di condotta piuttosto specifiche che raccomandano o vietano determinati comportamenti al management, fungendo da guida nelle situazioni concrete più delicate.

Inoltre, i codici etici trovano applicazione in realtà organizzative molto diverse tra loro, tant'è che si possono classificare in funzione del tipo di organizzazione che li ha formulati:

codici etici di ordini professionali (deontologici);

codici etici quadro, di associazione o di categoria (valevoli per un intero settore);

codici etici di singole aziende.

In definitiva, non si riscontra un modello standard di codice etico, poiché il contenuto e la forma dipendono dai seguenti fattori:

a)  natura ed identità dell'organizzazione;

b)  settore di attività e ruolo assunto al suo interno;

c)  motivi sottesi all'adozione del codice etico.

Una spinta notevole all'adozione di codici aziendali fu determinata dagli scandali degli anni '70 negli U.S.A., che rivelarono una diffusa corruzione nel mondo imprenditoriale[101]. Adesso negli Stati Uniti, secondo una serie di norme emanate a partire dal 1991 in materia di azioni criminali da parte delle imprese, la redazione di un codice etico permette di provare la buona fede dell'azienda, ottenendo sconti sulle sanzioni. Questo è il principale motivo che ha indotto circa l'85% delle principali imprese a dotarsi di un codice etico.

Mentre dunque si assiste ad un forte proliferare di codici etici negli U.S.A., altrettanto non può dirsi per l'Europa e soprattutto per l'Italia, anche se è possibile constatare una crescente sensibilizzazione da parte delle nostre imprese;[103] In particolar modo la prima grande impresa a dotarsi di un codice etico è stata la F.I.A.T., nel 1993.

Per quanto attiene al contenuto dei codici etici, è importante sottolineare come la tematica dei diritti e dei doveri dei dipendenti è presente in quasi tutti i codici delle imprese europee, mentre nella realtà statunitense lo sviluppo di questo argomento risulta decisamente minore; d'altra parte, però, le relazioni con gli enti pubblici vengono trattate molto più diffusamente dai codici statunitensi.

La struttura di tale strumento generalmente si sviluppa su cinque livelli:

la missione aziendale e i principi guida che consentono di realizzarla;

le politiche organizzative e le norme di comportamento che regolano il "patto sociale" tra l'impresa e i suoi stakeholder (patto di collaborazione e convivenza che ordina i rapporti biunivoci dell'impresa con l'ambiente interno ed esterno);

gli standard etici di comportamento:

principio di legittimità morale;

equità ed eguaglianza;

diligenza;

trasparenza;

onestà;

riservatezza;

imparzialità;

tutela della persona;

tutela dell'ambiente;

tutela della salute;

le sanzioni interne in caso di violazione delle norme del codice etico;

gli strumenti di attuazione dei principi contenuti nel documento: l'impresa è dotata di un apparato, di solito il Comitato Etico, che ha il compito di divulgare il codice etico nell'impresa, di controllarne il rispetto e di comminare le sanzioni.

La costruzione del codice etico parte, quindi, dalla dichiarazione di identità e dei principi guida, per arrivare alla definizione di precise politiche di comportamento; questo passaggio richiede l'individuazione:

dell'obiettivo del codice etico (requisito di eticità);

dei motivi del ricorso a tale strumento;

delle aree di rischio (situazioni, comportamenti e stakeholder da presidiare e regolamentare);

del grado di dettaglio (generale o specifico).

Secondo S.C.S. Consulting,[105] una società di consulenza italiana, i passi per attuare il codice di responsabilità dell'azienda sono:

  • Verifica dell'esistenza o costruzione ad hoc di atti formali o dichiarazioni che definiscono la missione o il campo valoriale tipico dell'impresa.
  • Determinazione dei criteri di comportamento considerati emblematici e riassuntivi e costruzione di una bozza di riferimento.
  • Diffusione del codice in bozza all'interno dell'organizzazione come momento di discussione sui principi, obiettivi e stili dell'organizzazione. Successiva correzione, precisazione e varo formale.
  • Identificazione delle procedure attuative e delle istituzioni interne o esterne con il compito di garantire la diffusione e il rispetto del codice.
  • Impostazione del piano di comunicazione e del sistema informativo adatto a valutare gli effetti della introduzione e applicazione del codice. 

Passando ad esaminare le esperienze in campo internazionale, spicca innanzitutto la lunga esperienza dell'organizzazione nonprofit statunitense Ethics Resource Center e quella della più recente Ethics in Action. L'Ethics Resource Center (ERC) è nata nel 1977 con lo scopo di promuovere comportamenti etici negli individui e nelle istituzioni; il loro lavoro si sviluppa con la diffusione del codice etico per le imprese, con pubblicazioni di documenti educativi tesi alla promozione di un comportamento etico e con il conferimento di attestati annuali d'onore in etica. Ogni anno ERC diffonde una mappatura aggiornata delle imprese nazionali che adottano norme etiche al loro interno.

Sempre nel continente americano, è di notevole interesse il lavoro compiuto dalla canadese EthicScan.[107] L'organizzazione si concentra sulla ricerca e la valutazione delle performances etiche, ambientali e sociali delle maggiori 1.500 imprese operanti in Canada, pubblicando periodicamente un documento informativo sulle performances di queste aziende. Come nel caso di Council of Economic Priorities (CEP) negli Stati Uniti, EthicScan edita una guida al consumo etico sui prodotti venduti nei supermercati canadesi.

Ethics in Action[109] è invece un'organizzazione canadese creata a Vancouver che analizza la responsabilità sociale delle imprese nella convinzione che la sostenibilità ambientale e sociale misurata a lungo termine è l'elemento di forza della qualità della vita presente e futura. La sostenibilità socio-ambientale, secondo Ethics in Action, la si può raffigurare come un puzzle nel quale sono inseriti diversi costituenti:

protezione ambientale;

business ethics e codice etico;

sviluppo delle comunità attraverso la mutualità;

relazioni internazionali nel diffondere standard sociali, etici e ambientali;

regolamentazione dei rapporti di lavoro e integrità morale;

responsabilità fiscale e valutazioni delle performance etiche delle imprese.

Ethics in Action conferisce annualmente degli Awards alle imprese e a individui che si sono distinti nell'implementazione della responsabilità sociale.

Con molte analogie rispetto al codice etico, secondo Bureau Veritas Quality International,[110] nasce nel 1991 negli Stati Uniti il primo Codice di condotta (Code of conduct). Venne introdotto dalla compagnia Levi's in seguito a pressioni esterne di opinione pubblica per migliorare e rendere trasparenti le filiere di produzione, soprattutto quelle provenienti dal Terzo mondo. Il codice può essere di provenienza esterna o costituito all'interno dell'impresa; generalmente riguarda il rispetto dei diritti umani. Nell'attualità esistono centinaia di tipologie di codici di condotta che si adattano alle molteplici specificità produttive, culturali, merceologiche delle imprese sparse per il mondo intero. Esso è uno dei metodi più utilizzati dalle compagnie transnazionali per avere assicurazioni del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori da parte delle filiali dislocate nei paesi in via di sviluppo.

L'esigenza di un cambiamento caratterizzato sui valori etici e morali è stata percepita anche dal mondo finanziario: alcuni istituti di credito e società finanziarie da poco si stanno dotando di strumenti appropriati per far fronte alla domanda di solidarietà proveniente dalla società civile. L'esempio italiano di credito totalmente dedicato alla crescente domanda di finanza solidale è quello della Banca popolare etica. La Banca etica nasce nel 1998 con sede a Padova; alla sua costituzione contava 13.000 soci e oltre 13 miliardi di capitale sociale. La cooperazione sociale, la cooperazione internazionale, il settore dei beni culturali e della animazione culturale ed il settore ambientale sono gli ambiti prioritari in cui opera la Banca etica.

Tuttavia, nonostante il crescente sviluppo del privato sociale e alle loro richieste di un sistema finanziario più etico, nel complesso non si può ancora parlare di una vera e propria rete di credito etico.

Appare opportuno, infine, concludere il nostro discorso sul codice etico, mettendone in risalto gli aspetti più problematici:

- Innanzitutto è necessario definire a chi assegnare le procedure di valutazione dell'attuazione del codice e di giudizio sulle sue infrazioni: l'alternativa è tra una struttura gerarchica che abitualmente gestisce l'impresa ed una struttura indipendente. Nella prima ipotesi vi è il vantaggio che la linea gerarchica dovrebbe trovarsi nelle condizioni ottimali dal punto di vista dell'informazione, ma ovviamente non può essere garantita l'imparzialità di giudizio[111].

- Condividendo poi l'opinione di Epstein e Weller, appare opportuno sviluppare l'adesione volontaria dei dipendenti e del management al codice. Quest'ultimo dovrebbe essere promulgato solo dopo un'ampia consultazione democratica con tutti i dipendenti dell'impresa, e dovrebbe essere elaborato da una commissione nella quale siano presenti i rappresentanti di tutte le categorie che dovrebbero obbedire alle sue norme; inoltre, con le stesse modalità, dovrebbe essere periodicamente aggiornato.

- Infine bisogna tener conto che l'attuazione del codice etico può essere contrastato dagli effetti della concorrenza: cioé, se una impresa decidesse di attuare effettivamente un codice etico in un contesto concorrenziale, in cui le altre imprese o non si danno il codice oppure non lo rispettano, si porrebbe in una posizione di svantaggio concorrenziale. L'alternativa è che le imprese di un settore istituiscano congiuntamente un codice etico tra loro concordato, nonché forme di valutazione e di giudizio sulle infrazioni dei codici valide a livello di settore.


Bilancio e rapporto ambientale

La crescente attenzione dell'opinione pubblica verso le tematiche ambientali ha indotto negli ultimi anni le imprese a rivedere il proprio atteggiamento nei confronti di questa importante problematica: si è capito cioè che la questione ambientale non va vista come un mero vincolo bensì come un opportunità da sfruttare. Ovviamente il concepire la variabile ambientale come fattore competitivo e strategico non è un fatto fine a se stesso, ma che va interpretato come una chiara estrinsecazione di quel modo di concepire l'impresa come "buon cittadino", ossia come soggetto che ricerca nella società di appartenenza quel consenso e quella legittimazione sociale che costituisco ormai un essenziale chiave di volta di un successo imprenditoriale destinato a durare nel tempo.

La nascita di questa sensibilità ambientale ha portato le imprese a dotarsi di bilanci e rapporti ambientali. I primi costituiscono delle raccolte organizzate relative sia alle emissioni inquinanti provocate dai processi produttivi (dati fisici) sia alle spese ambientali (dati monetari) e sono finalizzati ad un uso interno; i secondi sono invece veri e propri strumenti di comunicazione verso l'esterno.[112] A parte la possibilità di accogliere o meno questa distinzione terminologica, resta il fatto di dover distinguere fra due documenti che, sebbene risultino strettamente interdipendenti, presentano differenti ambiti di destinazione.

Abbiamo voluto fare questa precisazione in quanto in numerosi casi si fa riferimento al bilancio ambientale come al documento destinato alla pubblicazione. Bisogna altresì precisare che sovente le imprese pubblicano dei bilanci socio-ambientali, dove si assiste ad una trattazione congiunta fra la problematica ambientale e gli aspetti tipici del bilancio sociale.

Detto questo, passiamo ad esaminare i caratteri salienti del bilancio (A) e del rapporto ambientale (B).

A)    Bilancio Ambientale

Per descrivere le relazioni intercorrenti tra impresa ed ambiente è opportuno realizzare un sistema di contabilizzazione dei dati volto ad affiancare informazioni ambientali di tipo economico e fisico. Fra le proposte di contabilizzazione ad uso interno di dati e spese ambientali è interessante menzionare quella avanzata dalla Fondazione ENI Enrico Mattei. Innanzitutto tale ente di ricerca definisce il bilancio ambientale come quello "strumento contabile in grado di fornire un quadro organico delle relazioni tra l'impresa e l'ambiente naturale, attraverso l'opportuna rappresentazione dei dati quantitativi e qualitativi relativi all'impatto ambientale delle attività produttive, e dello sforzo economico e finanziario sostenuto dall'impresa per la protezione dell'ambiente".

Le caratteristiche della proposta metodologica avanzata dalla Fondazione ENI Enrico Mattei possono essere così riassunte:

rilevazione dei dati di tipo fisico relativi alle risorse naturali utilizzate come input, alle emissioni nell'atmosfera, agli scarichi idrici, ai rifiuti e al rumore prodotti dall'attività d'impresa;

rilevazione dei dati di tipo monetario relativi alla spesa sostenuta dall'impresa per la protezione dell'ambiente;

realizzazione di opportuni collegamenti tra la contabilità fisica di cui al primo punto e la contabilità monetaria di cui al secondo punto;

Verificabilità da parte sia di responsabili ambientali d'impresa sia di esperti esterni o società di auditing ambientale.

La rilevazione dei dati di tipo fisico e monetario avviene per mezzo dei tre seguenti quadri contabili:

Quadro contabile risorse (conti fisici).

Quadro contabile emissioni (conti fisici).

Quadro contabile spese ambientali (conti monetari).

Il conto delle risorse si sofferma sui flussi fisici degli input introdotti dall'impresa nei processi produttivi. Questo conto fornisce informazioni relativamente alla pressione ambientale esercitata dall'impresa sulle risorse naturali prelevate, sui consumi energetici e sulla composizione fisica del prodotto finito (che potrà contenere sostanze più o meno inquinanti).

Il conto delle emissioni rileva invece la produzione di rifiuti (distinguendo tra rifiuti tossici, nocivi, speciali e rifiuti assimilabili ai rifiuti solidi urbani), le emissioni atmosferiche (distinguendo fra emissioni convogliate e diffuse), gli scarichi idrici (rilevando in questo caso sia la quantità scaricata che la composizione per inquinanti) e per ultimo le fonti di rumore.

Infine il conto delle spese ambientali serve a rilevare le spese che l'impresa ha sostenuto al fine di prevenire, controllare, ridurre e, se possibile, eliminare gli effetti negativi della propria attività in termini di impatto ambientale, nonché per proteggere il patrimonio naturale.[117]

Un'ulteriore metodologia volta alla rappresentazione dei dati del bilancio ambientale, è descrivibile pensando al processo produttivo come ad un flusso di materiale in entrata (materie prime e semilavorati), cui corrispondono dei flussi in uscita (ovviamente il prodotto finito, ma anche gli scarti, i sottoprodotti, le emissioni nocive, ecc.); questi secondi flussi potranno essere misurati in termini di peso percentuale del materiale in entrata, compresso il peso dell'imballaggio.[118] Così, ad esempio, a fronte di 100 kg lordi di materie prime e semilavorati imballati, potrebbero corrispondere:

3 kg di imballaggio in uscita, che verrà riconsegnato al fornitore per una nuova utilizzazione;

2 kg di materiale di lavorazione e di carburante che vengono recuperati internamente e riciclati nel processo produttivo;

5 kg di emissioni nell'acqua;

4 kg di emissioni nell'aria;

4,5 kg di rifiuti pericolosi smaltiti a norma di legge;

8 kg di rifiuti non pericolosi destinati alle discariche;

8,5 kg di ulteriore materiale che viene riciclato esternamente, ossia per il tramite di ditte specializzate.

Nell'ipotesi fatta il peso del prodotto finito, compreso l'imballaggio, risulta essere di 65 kg. Si tratta di un "valore che misura in percentuale l'efficienza del processo di produzione fisica". In particolare questo tipo di analisi consente di valutare gli sforzi compiuti dall'azienda nell'aumentare questo valore (ovviamente tanto maggiore sarà il peso del prodotto finito, tanto minore sarà il livello delle emissioni nocive, la quantità di rifiuti prodotti, ecc.) valutando altresì la composizione qualitativa dei tipi di scarto nonché la loro destinazione.

B) Rapporto Ambientale

"Il rapporto ambientale è un documento informativo di comunicazione all'esterno che contiene informazioni di tipo quantitativo e qualitativo sulla gestione e sulle prestazioni ambientali di un'impresa".[121]

Il regolamento comunitario EMAS n° 1836 del 1993 prevede la pubblicazione e divulgazione di una dichiarazione ambientale, la quale, essendo destinata ad un uso pubblico, deve presentare i "requisiti di chiarezza, concisione e completezza" (art. 5).

Tale dichiarazione deve specificatamente basarsi sui seguenti elementi:[122]

descrizione dell'attività d'impresa;

valutazione dei connessi problemi ambientali;

sintesi dei dati quantitativi relativi alle emissioni inquinanti, alla produzione di rifiuti, al consumo di energia e acqua, ecc.

ulteriori fattori inerenti l'efficienza ambientale;

presentazione della politica e del sistema di gestione ambientale;

previsione della scadenza per la presentazione della successiva dichiarazione;

indicazione del verificatore accreditato.

Partendo dalla suddetta dichiarazione ambientale EMAS, la Fondazione ENI Enrico Mattei ha creato un gruppo di lavoro, denominato Forum Rapporti Ambientali, che ha predisposto uno schema per la redazione dei rapporti ambientali d'impresa. Il modello in questione si articola in due parti; una relativa alle informazioni qualitative e l'altra relativa alle informazioni quantitative. La sezione intitolata "informazioni qualitative"si compone di 9 capitoli, e più precisamente: descrizione dell'impresa; politica ambientale; sistemi di gestione ambientale; gestione del rischio; rapporto con la legislazione; politica di prodotto; conservazione delle risorse naturali; relazione con soggetti esterni; certificazione.

Invece la sezione denominata "informazioni quantitative"è costituita da 3 capitoli, e cioè: spesa ambientali; emissioni, consumi di materie prime e prodotti; indicatori di performance ambientale.[124]

Ogni capitolo è composto da una pluralità di voci, ognuna delle quali potrà costituire un requisito minimo, ossia assolutamente necessario, oppure un requisito raccomandato, cioè che fornisce informazioni interessanti ma comunque aggiuntive; complessivamente sono previsti 40 differenti requisiti.[125]

Il Forum Rapporti Ambientali opera anche nelle vesti di Osservatorio Rapporti Ambientali (ORA) attraverso la creazione di un sistema per il monitoraggio, classificazione e valutazione dei rapporti ambientali d'impresa. Dal 1990 al 1997 sono stati raccolti circa 300 rapporti appartamenti ad oltre 130 imprese di ampie dimensioni[126], di cui meno di 30 con sede in Italia. I criteri di valutazione sono suddivisi in tre parti; le prime due ricalcano sinteticamente i requisiti stabiliti dal Forum Rapporti Ambientali (informazioni qualitative e quantitative), l'ultima ricomprende invece un commento. Nella prima e seconda parte ogni requisito minimo rispettato comporta l'assegnazione di 2 punti, ogni requisito raccomandato 1. Nella terza parte, quella relativa al commento, si adotta invece un differente metro di valutazione: se le informazioni vengono giudicate mediocri non si ottengono punti, se giudicate buone si ottiene 1 punto, se ottime 2 punti. Il punteggio massimo ottenibile è di 58 punti, di cui: 19 ottenibili nella prima parte (quella qualitativa), 23 ottenibili nella seconda parte (quella quantitativa) e 16 ottenibili nella sezione di commento. In questo modo sarà più agevole la classificazione e individuazione dei punti deboli e di forza dei rapporti ambientali.

Appare opportuno concludere il nostro discorso mettendo in giusta evidenza il rapporto esistente fra bilancio/rapporto ambientale e bilancio sociale. L'aver trattato distintamente i due strumenti non significa che ci troviamo di fronte ad entità slegate; tale scelta è infatti dettata dall'esigenza di assicurare un adeguato approfondimento a degli strumenti che rimangono comunque fortemente legati fra loro. In particolare il nostro convincimento è quello di considerare il bilancio/rapporto ambientale come una delle parti in cui si articola il bilancio sociale. Si tratta in sostanza di un "bilancio tematico" che prende cioè in considerazione un solo aspetto delle relazioni intercorrenti fra impresa e collettività, quello relativo all'impatto che l'attività aziendale determina sull'ambiente circostante. Sarà compito del bilancio sociale esaminare dettagliatamente sia questo aspetto sia quelli relativi agli altri rapporti con gli stakeholder.[129]



SEAN, Il bilancio sociale: uno strumento per valorizzare l'impresa, p.10

Esso non è più, quindi, un documento privato, interno e riservato destinato a rendere il conto della gestione, ma un documento pubblico volto a soddisfare le esigenze informative di coloro che sono portatori di interessi nell'impresa. (Vermiglio, Il bilancio sociale nel quadro evolutivo del sistema d'impresa, p.130)

Rusconi, Il ruolo del bilancio sociale nel contesto dell'economia aziendale, in Rivista italiana di Ragioneria e di Economia aziendale - Marzo, Aprile 1987 - p.174

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, www.bilanciosociale.it/documenti

Si veda anche il paragr. 3.1. per le definizioni proposte nel 1976 dall'American Accounting Association.

Ivi

La differenza fra bilancio e rapporto sociale ha una rilevanza notevole: mentre infatti il bilancio sociale mette a confronto, nei limiti del possibile, valori di segno opposto, il rapporto sociale è uno strumento più modesto che si limita a predisporre informazioni, per lo più di carattere descrittivo, sulle prestazioni sociali dell'impresa.   

Si Veda al riguardo il paragr. 1.4.

Vermiglio, Il bilancio sociale nel quadro evolutivo del sistema d'impresa, pp.147-148

Ivi, p.149

Ivi, p.170-171

Rusconi, Il ruolo del bilancio sociale nel contesto dell'economia aziendale, in Rivista italiana di Ragioneria e di Economia aziendale - Marzo, Aprile 1987 - p.172

Nella misura in cui esso prende in considerazione anche gli effetti sociali dell'attività futura, si parlerà di "bilancio sociale" preventivo o, più comunemente, di "budget sociale".

Matacena, Impresa e ambiente, p.99

Vermiglio, Il cantiere aperto del bilancio sociale, www.bilanciosociale.it/documenti

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, www.bilanciosociale.it/documenti

Vermiglio, Il cantiere aperto del bilancio sociale, www.bilanciosociale.it/documenti

Vedi paragr. 4.4.

SEAN, Il bilancio sociale: uno strumento per valorizzare l'impresa, p.6

Ivi

Vermiglio, Il cantiere aperto del bilancio sociale, www.bilanciosociale.it/documenti

Ivi

Ivi


Ivi

Questi principi verranno analizzati dettagliatamente nel paragr. 4.4.

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, www.bilanciosociale.it/documenti

Per un'ampia trattazione del valore aggiunto, si veda il paragr. 4.3.

Si tratta della disciplina che ha istituito le ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale) ed ha offerto una nuova definizione di enti non commerciali.

L'articolo 8, in tema di scritture contabili degli enti non commerciali, afferma:

"Indipendentemente dalla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario, gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione indicate nell''articolo 108, comma 2, lettera a) del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR n. 917 del 22/12/98."

Vermiglio, Il bilancio sociale nel quadro evolutivo del sistema d'impresa, p.174

Ivi

Ivi, p.176-178

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, www.bilanciosociale.it/documenti

Al riguardo sembra interessante la proposta di Rusconi, secondo cui sarebbe possibile redigere due tipi di bilanci sociali: uno "ordinario" basato su uno schema ridotto e rivolto a tutti gli interlocutori effettivi e potenziali, e un altro "straordinario" legato ad uno scopo particolare e indirizzato verso gli stakeholder che rivestono un ruolo strategico.

Si veda al riguardo il paragr. 4.3.

Modello elaborato dalla New Economics Foundation e da Traidcraft, e adottato da Body Shop, Happy Computers, Shared Earth.

Modello elaborato dalla Copenaghen Business School e adottato da SBN Bank e da varie organizzazioni non profit nei Paesi Scandinavi e in Danimarca.

Modello sviluppato in USA da Ben & Jerry.

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.355-356

Ivi, p.357

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, p.61

Rusconi, Il ruolo del bilancio sociale nel contesto dell'economia aziendale, in Rivista italiana di Ragioneria e di Economia aziendale - Marzo, Aprile 1987 - p.178

Ivi, p.179

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.357

Ivi

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, p.67

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.364

Ivi, p.365

Ivi, p.364

Ivi, pp.364-366

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.366

Ivi, p.371

Cassandro, Il bilancio oggettivo dell'impresa, in Rivista dei Dottori Commercialisti - 1972 - p.474-476

Vermiglio, Il cantiere aperto del bilancio sociale, www.bilanciosociale.it/documenti

Se così non fosse assisteremmo ad una distruzione di ricchezza, che comporterebbe una disutilità tanto sul piano economico, quanto sul piano sociale.

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.110

Ivi

Matacena, Impresa e ambiente, p.112

Panati, Golinelli, Tecnica economica industriale e commerciale, p.491, Volume II

Se per esempio un chicco di grano viene utilizzato come fattore della produzione agricola, ossia seminato, e produce a distanza di un anno altri dieci chicchi, il suo valore oggi non può che essere uguale a quello dei dieci chicchi futuri. Sebbene infatti vi sia un surplus fisico tra il chicco attuale e i dieci chicchi futuri, il valore di questi è già implicito nel valore del seme iniziale e quindi i due valori debbono coincidere. L'unica differenza tra fattori e prodotti, ossia tra il chicco attuale e i dieci chicchi futuri, è che di solito la trasformazione produttiva, in termini fisici ed economici, non è immediata ma richiede del tempo. Ecco perché si procede a dedurre dal valore della produzione futura l'interesse reale. (Ivi, p.481)

Ivi, p.491

Ivi, p.492

Ivi

Ivi, p.493

Ivi, p.494

Ivi

Ivi

Ivi, p.495

Per la presentazione dei prospetti di determinazione e riparto del valore aggiunto si rinvia al paragrafo successivo (4.4.), dove verranno opportunamente analizzati nell'ambito della proposta avanzata dal GBS (Gruppo di studio per il Bilancio Sociale).

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, p.111

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.360

Ivi

Ivi

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, p.111

Ivi

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.361

Ivi

Ivi

Rusconi, Il bilancio sociale d'impresa, p.115

Matacena, Impresa e ambiente, p.150

Ivi, p.154

Si veda l'allegato 2 per un esempio di conto del surplus.

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.362

Il paragrafo è realizzato in base al contributo del GBS: Principi di redazione del bilancio sociale: la proposta del GBS, Roma 3 Maggio 2001

La consultazione viene effettuata mirando verso particolari fasce di pubblico come i clienti/utenti o i dipendenti, e misurando il loro grado di soddisfazione. Le modalità con cui vengono interpellati gli stakeholders sono molteplici, anche se i metodi più diffusi sono due: il questionario ed i focus groups. Il questionario standardizzato consiste nel raccogliere informazioni ponendo agli interlocutori delle domande predefinite a risposte chiuse. È uno strumento molto utilizzato e può essere facilmente distribuito al segmento di pubblico da cui si desidera ricevere delle informazioni. Una volta terminata la fase della compilazione delle domande e delle risposte, implica un minor dispendio di energie nella codifica dei risultati. I focus groups sono gruppi di stakeholders selezionati a cui si pongono domande relative alla redazione del Bilancio Sociale. Degli intervistatori dirigono la discussione in modo da far emergere le reazioni emotive e le esigenze del gruppo; in particolar modo l'attenzione verrà focalizzata sugli obiettivi della missione e sugli aspetti più importanti del Bilancio Sociale.


Le componenti reddituali della produzione mercantile possono essere inserite anche secondo la logica del costo del venduto, seguendo l'impostazione civilistica.

Le remunerazioni dirette possono essere in denaro o in natura. Nella prima categoria rientrano: le retribuzioni dirette, le quote di trattamento di fine rapporto (TFR) e le provvidenze aziendali. Nella seconda categoria rientra la fornitura diretta di beni e servizi (viveri, alloggio, riscaldamento, ecc.), sia che si tratti di prodotti tipici aziendali, sia che vengano acquistati sul mercato. La valutazione seguirà, rispettivamente, il criterio dei costi di produzione e dei prezzi medi correnti. Non costituiscono retribuzione i rimborsi spese.

Le imposte versate a titolo di ritenute e quelle che non risultano dal conto economico (perché non costituiscono costi di esercizio), vanno indicate nella relazione sociale nella categoria di stakeholder relativa alla P.A.

Solo nel caso in cui si consideri il Valore Aggiunto Lordo

L'elenco può ovviamente subire delle variazioni in relazione alle classi e/o forme istituzionali delle aziende.

Tassi, tassi agevolati, durata, garanzie, ecc.

Ad esempio distinzione fra contraente pubblico e contraente privato; potere negoziale delle parti; natura, forma e durata del contratto.

Evidenziando in particolar modo l'esistenza di situazioni di dipendenza unilaterale/bilaterale, e/o la struttura di monopolio o oligopolio..

Si veda quanto già detto in relazione al principio di inclusione e alla relativa nota (p.136)

www.bilanciosociale.it / codice etico

www.bilanciosociale.it/bilancio ambientale

Rispetto alla missione, i principi guida contenuti nel codice etico si riferiscono maggiormente a situazioni concrete e permettono una definizione più dettagliata delle politiche e delle norme di comportamento.

www.bilanciosociale.it/ codice etico

Ivi

La Security and Exchange Commission, il Dipartimento di Giustizia e l' Internal Revenue Service, infatti, scoprirono che un terzo delle 900 grandi aziende che erano state analizzate mantenevano "fondi neri" per il pagamento di pubblici ufficiali negli U.S.A. e all'estero.

Il Prof. Mendes, direttore dell'Human Rights Research and Education Centre dell'Università di Ottawa, ha effettuato una ricerca sui codici etici adottati da aziende canadesi ed americane a partire dagli anni '70, dalla quale emergono cinque "generazioni" di problemi connessi all'etica e alla responsabilità sociale:

prima generazione: comportamenti irrazionali od illeciti del personale dipendente;

seconda generazione: fenomeni di corruzione diffusa;

terza generazione: diritti degli interlocutori interni ed esterni in relazione diretta con l'azienda;

quarta generazione: protezione dell'ambiente e tutela degli interessi della comunità di riferimento;

quinta generazione: obbligo di rendere conto e giustizia sociale.

In Italia si registrano alcune esperienze come Comit, Coop Adriatica, ENI (vedi allegato 3 , FIAT, Glaxo Welcome, Città Visibile.

www.bilanciosociale.it/codice etico

www.smaer.it

www.ethicscan.on.ca

Vedi paragrafo 3.7.

Una ipotesi di soluzione, formulata da Sacconi, consiste nell'istituire una struttura interna, dotata della necessaria autorità di giudizio in materia di attuazione del codice etico, ma diversa da quella che assume le decisioni ordinarie di gestione.

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.323

Ivi, p.325

Ivi, p.326

Ivi

Ivi

Ivi

Chiesi, Martinelli, Pellegatta, Il bilancio sociale: stakeholder e responsabilità sociale d'impresa, p.123

Ivi, p.124

Ivi

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.330

Ivi, p.331

Ivi, p.334

Ivi

Si veda l'allegato 4 per la presentazione analitica della proposta del Forum Rapporti Ambientali.

Le imprese sono state suddivise nei seguenti cinque settori: manifatturiero; chimico-farmaceutico; meccanico-automobilistico; gas-petrolifero; servizi. (Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.335)

Bartolomeo, La contabilità ambientale d'impresa, p.336

Ivi, p.337

Da quanto detto si evince il perché le imprese adottano spesso il termine bilancio socio-ambientale o bilancio dello sviluppo sostenibile in luogo di bilancio sociale.




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