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L'interdipendenza globale e la pianificazione degli anni Settanta

economia



L'interdipendenza globale e la pianificazione degli anni Settanta


Negli anni Settanta, di fronte all'aumento delle disuguaglianze, si affacciò l'idea che la crescita fosse solo un elemento, per quanto fondamentale, dello svilu 252f54c ppo. In quegli anni si affermò la scuola neomarxista della dipendenza, secondo la quale la crescente dipendenza dei paesi in via di sviluppo era determinata dalle pratiche stesse di aiuto allo sviluppo. La soluzione fu quindi individuata non tanto in pratiche di riallocazione infrasocietaria del reddito, quanto in una trasformazione radicale della struttura sociale dei paesi dipendenti e del loro ruolo nell'economia internazionale. Si trattava, in ultima analisi, dell'individuazione e colpevolizzazione degli elementi di sfruttamento neocolonialista suddetti.



Anche il fronte liberale riformista avanzò proposte di conciliazione fra crescita economica e giustizia distributiva, che si manifestarono nella pianificazione di interventi socialmente mirati per risolvere le contraddizioni di una crescita economica intrinsecamente iniqua. Non era estranea a questa necessità d'intervento la preoccupazione per l'aumento del livello di rischio politico nei paesi del Sud, preoccupazione che costituì il punto di riferimento delle strategie di Targeted development che si affermarono in quegli anni.

Il Secondo decennio delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (1970-79) si svolse in una prospettiva di interdipendenza globale, cioè nella consapevolezza che il mondo fosse un aggregato di realtà interconnesse. Lo sviluppo, quindi, non doveva più essere concentrato ed intensivo, ma diffuso ed estensivo, e dalla connotazione essenzialmente quantitativa che ne aveva permeato il concetto nel ventennio precedente, slittava verso una connotazione che coinvolgeva gli aspetti qualitativi.

Nello stesso tempo la fiducia nel mercato regolatore venne meno, rimpiazzata dalla nozione di pianificazione. Si moltiplicarono quindi le tecniche di valutazione a priori dei progetti e gli studi di fattibilità, attraverso i quali si cercava di eliminare l'aleatorietà degli effetti.

In quel decennio si definirono le "strategie alternative " di sviluppo. La strategia dei "bisogni fondamentali" (basic needs), lanciata dalla Banca Mondiale nel 1972, rivendicava la priorità del soddisfacimento di bisogni, quali alimentazione, salute, alloggio, acqua potabile, etc. Lo "Sviluppo Rurale Integrato" (IRDP), fatto proprio dall'IFAD, dall'USAID e da molte ONG prevedeva un approccio intersettoriale allo sviluppo delle regioni rurali. Si affacciò, inoltre, la nozione di "ecosviluppo", legata essenzialmente alle teorizzazioni di I. Sachs, ma praticato da molte ONG, che proponeva un modello di sviluppo basato sulla compatibilità ambientale.




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