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L'economia francese durante la rivoluzione

economia



L'economia francese durante la rivoluzione

Alla vigilia della rivoluzione, la Francia era la principale potenza continentale, ma era ancora in ritardo

rispetto all'Inghilterra in quanto era ancora largamente diffusa un'economia di sussistenza. Nel settore

tecnico, l'industria francese si espanse 636c23g rapidamente, ma sempre nell'ambito di un sistema tradizionale.

Durante il 1700 nacque e si sviluppò una società industriale che chiedeva una maggiore libertà economica.

Infatti già nel 1716 le Camere di Commercio di Bordeaux e Nantes reclamavano l'abolizione delle

corporazioni, ma la protesta più vibrata fu quella dei fisiocratici, che miravano all'assoluta libertà della

concorrenza. Il maggior interprete di questo pensiero fu Turgot, al governo tra il 1774 e il 1776. Egli attuò



un programma economico - finanziario - amministrativo in cui abolì le dogane interne sui cereali, abolì le

corvées, abolì l'antico regime di commercio e produzione, e infine con il decreto del marzo 1776 abolì anche

le corporazioni, per garantire una maggiore libertà di lavoro. Questo decreto ebbe però solo un inizio di

applicazione, perché la nobiltà protestava per questo attacco ad uno dei suoi privilegi secolari e gli operai

lamentavano la diffusa disoccupazione che, per altre cause, colpì il Paese.

Le corporazioni riapparvero con alcune innovazioni, ma ormai i tempi erano maturi per la Rivoluzione che

spinta dal malessere delle campagne fece crollare rapidamente l'Ancien Régime. Sotto la spinta di fisiocratici,

industriali e contadini, la prima assemblea della Rivoluzione (Assemblea Nazionale) abolì le corporazioni nel

marzo del 1791. Inoltre, nel giugno dello stesso anno, la legge Le Chapelier condannò qualsiasi forma di

associazione professionale che ostacolasse l'ideale delle libera concorrenza.

Con un processo in due tappe venne abolito anche il feudalesimo: nel 1789 furono aboliti i diritti signorili

(caccia e pesca, forno, mulino, torchio), mentre nel 1793 sotto la spinta dei moti controrivoluzionari di

Bretagna e Vandea la Convenzione abolì anche i diritti reali, ossia quelli legati alla terra e non all'individuo.

Ma il programma controrivoluzionario dovette essere abbandonato a causa dei nuovi sviluppi della

situazione. L'agricoltura fu colpita da una serie di cattivi raccolti, i prezzi salirono altissimi a causa

dell'inflazione derivante dalle continue emissioni di assegnati e si reclamò quindi il ritorno al sistema di

requisizioni, regolamentazioni, calmieramenti in vigore per secoli in Francia. Ogni provincia cercò di

trattenere la propria produzione all'interno dei propri confini e ritornarono in vigore le dogane interne.

Nacquero quindi partiti avversi all'idea fisiocratica e iniziò il periodo del Terrore, dalla caduta della monarchia

(10 agosto 1792) a quella di Robespierre (27 luglio 1794). La massima espressione dell'antifisiocrazia fu la

legge sul maximum dei prezzi: i proprietari e i produttori dovevano dichiarare le merci e le derrate di prima

necessità e sottoporle ad una tariffazione fissa. Il risultato fu la paralisi totale del commercio interno perché i

contadini nascondevano il grano e i mercati restavano deserti. Nelle città si verificarono sommosse e bisognò

imporre il razionamento. Alla caduta di Robespierre il Terrore economico si attenuò, ma la politica vincolistica

non fu interrotta, tuttavia alla fine nel dicembre del 1794 fu necessario abolire anche la legge relativa al

maximum.

Per quanto riguarda il commercio estero, il trattato franco-britannico permise lo sviluppo del commercio con

l'Inghilterra, ma i rapporti con gli altri Paesi erano regolati da tariffe che erano diverse da provincia a

provincia. Finalmente nel 1791 fu approvata una tariffa uniforme per tutto il Paese, seguendo una politica

economica di protezionismo moderato. Ma questi provvedimenti non riuscirono a migliorare la situazione: la

diminuzione del commercio estero si rifletté su quello interno e la crisi divenne molto grave.





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