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Le soluzioni alla crisi: l'insuccesso delle politiche di deflazione
La Gran Bretagna
Il governo laburista inglese, mentre il Paese era già provato dal declino del commercio estero e per le
conseguenze che la rivalutazione della sterlina 141c25b aveva comportato, decise erroneamente di mantenere il libero
scambio e di difendere ad ogni costo il gold standard e l'equilibrio dei conti con l'estero, a scapito
dell'equilibrio interno. In questo modo i prezzi crollarono, la disoccupazione aumentò e la bilancia dei
pagamenti andò in passivo a causa del ritiro degli investimenti stranieri. La fiducia in Londra come centro
finanziario internazionale iniziò a vacillare. Allora il nuovo governo conservatore attuò una politica di
restrizione con tagli al settore pubblico e alle indennità di disoccupazione, ma queste misure servirono solo a
creare ulteriore sfiducia nella solidità dell'economia senza riuscire ad arginare il disinvestimento estero in
sterline. La Banca d'Inghilterra contribuì a questa tendenza mantenendo bassi i tassi di interesse, in modo
che i gli investitori esteri non erano indotti a conservare a Londra i propri fondi. Ma il colpo di grazia fu
l'acuirsi della crisi internazionale e l'abbandono del gold standard dal 1931. A questo punto la politica interna
inglese cambiò radicalmente: abbandonò i tradizionali canoni dell'austerità e il libero scambio, inasprì le
tariffe doganali e giovandosi della svalutazione avviò il Paese alla ripresa.
La Germania
La Germania, memore degli effetti dell'iperinflazione del 1924, si preoccupò costantemente di evitare la
svalutazione del marco e rimase quindi fedele alle politiche di austerità.
Nel 1929 era ancora aperto il problema delle riparazioni. La Germania aveva potuto farvi fronte solo grazie ai
prestiti stranieri, ma quando essi si interruppero la Germania inevitabilmente fu insolvente. Fu quindi attuato
il piano Young del 1929, che con un prestito di 300 milioni di dollari ridusse la somma dovuta per le
riparazioni e ridimensionò le annualità. Al tempo stesso, con l'accordo internazionale dell'Aja, rappresentanti
belgi, francesi, inglesi, italiani, tedeschi, giapponesi ed americani costituirono la Banca dei Regolamenti
Internazionali, che avrebbe dovuto raccogliere le annualità tedesche e provvedere all'assetto dei pagamenti
internazionali. Ma l'obiettivo principale restava quello di promuovere una più larga collaborazione tra le
banche centrali dei Paesi partecipanti. Tuttavia la crisi del 1929 rese impossibile l'adempimento delle
obbligazioni da parte tedesca che infatti non furono più saldati.
Per fronteggiare la crisi il governo tedesco assunse una serie di misure: sospensione della convertibilità in
oro, pur senza svalutare il marco; controllo dei cambi e delle importazioni; incoraggiamento del credito
straniero a breve termine; austerità del bilancio; riduzione dei salari. Queste misure comportarono
inevitabilmente crisi e disoccupazione, mentre alle difficoltà economiche si aggiunsero quelle sociali e
politiche con l'avvento del nazismo.
La Francia
La crisi si avvertì in Francia solo dopo il 1930 e si accentuò dopo la svalutazione della sterlina, quando i
prezzi francesi risultarono superiori a quelli mondiali. Volendo restar fedele alla base aurea, la Francia optò
per una politica di deflazione, che portò diminuzione della produzione industriale e agricola e l'aumento della
disoccupazione. Molte banche fallirono e la crescente sfiducia accelerò le esportazioni di capitali all'estero,
l'oro fu cambiato in dollari e sterline con il risultato che le riserve auree della Banca di Francia calarono
paurosamente. Pur di restare fedele alla base aurea, il governo Laval del 1935 adottò misure estremamente
rigorose: aumentò le imposte, convertì le rendite a tassi più bassi e decise di ridurre del 10% gli stipendi ai
dipendenti statali. Questa misura lo rese impopolare e comportò un'ulteriore diminuzione delle entrate fiscali,
per il contrarsi del potere d'acquisto dei lavoratori.
La politica di Laval fu fallimentare: peggiorò il bilancio statale, aumentò il deficit della bilancia dei pagamenti,
ridusse la base aurea, indebolì l'economia del Paese, acuì la disoccupazione e accentuò le tensioni sociali. Il
capitalismo fu messo in discussione e si rafforzò il Fronte Popolare, una coalizione tra socialisti e comunisti
che assunse il potere alle elezioni generali del 1936.
Gli Stati Uniti
Al presentarsi della depressione il presidente Hoover cercò di rilanciare l'economia con particolari
agevolazioni statali, come riduzioni delle imposte, sovvenzioni agli agricoltori, misure protezionistiche e
riduzione del tasso di sconto.
Con la svalutazione della sterlina 141c25b nel 1931 e la recrudescenza della crisi internazionale (che accentuò
depressione e caduta dei prezzi e comportò una rilevante riduzione delle riserve auree statunitensi) Hoover
passò ad una politica di austerità alzando il tasso di sconto. Tuttavia in questo modo si ostacolava il
commercio internazionale e si aggravò la crisi. Nel 1933 Hoover fu sconfitto alle elezioni e fu eletto il
democratico Franklin Delano Roosevelt.
Il Giappone
Il Giappone fu duramente colpito dal crollo delle importazioni americane (soprattutto di seta) sulle quali
basava la propria economia. L'industria entrò in crisi (anche se in misura minore rispetto agli Stati europei)
così come l'agricoltura, nelle sue attività principali: la produzione dei bozzoli, per la riduzione delle
esporazioni, e quella di riso, il cui consumo per abitante diminuì con l'estendersi della disoccupazione
operaia. Gran parte dei capitali in oro finirono all'estero, mandando in deficit la bilancia dei pagamenti.
La manovra deflazionistica attuata dal governo Minseito per riequilibrare il bilancio statale aggravò la crisi
economica, sociale e soprattutto politica del Paese. La classe militare mobilità il malcontento popolare contro
la deflazione e fece cadere il governo. Il nuovo governo abbandonò il gold standard nel 1931 e si impegnò a
finanziare le spese militari con l'inflazione, preparandosi ad attuare una politica imperialista il cui primo passo
fu l'occupazione della Manciuria.
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