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La lezione del passato: tre bugie sulla banca virtuale
Dal passato sono emersi alcuni insegnamenti che possono essere utili per queste scelte strategiche. In particolare, alcune "bugie" che hanno accompagnato l'avvento della banca virtuale.
La banca virtuale costa poco? Bugia
Non è vero che la banca virtuale costi poco: sbaglia chi la presenta come un agile concorrente degli intermediari tradizionali, capace di soppiantare in velocità una schiera di obsoleti dinosauri appesantiti da una pletora di impiegati improduttivi, filiali marmorizzate e altre chincaglierie. I motivi sono essenzialmente tre: l'analisi dei costi variabili prescinde dal peso degli investimenti fissi (dunque approssima per difetto il costo medio del servizio); vengono sovente omessi dal calcolo le spese (o i mancati ricavi) di customer acquisition; gli oneri per la creazione dei canali virtuali di norma si aggiungono ai costi tradizionali ma non li sostituiscono.
In primo luogo, quando si afferma che un'operazione su Internet costa un centesimo che in filiale, ci si riferisce al costo marginale di una transazione in più e non al costo medio totale, comprensivo degli investimenti. Se si considerano anche le spese fisse (come quelle in tecnologia, la cui entità è peraltro notevole), il costo unitario dipende in modo cruciale dal numero di clienti. Per questo, amministratori e 343b13d dirigenti delle banche su Internet hanno spesso ceduto all'irrefrenabile desiderio di veder crescere il numero di conti gestiti, anche a costo di concedere condizioni non remunerative (così la nuova clientela, alla fine, ha accresciuto i costi anziché aiutare ad ammortizzarli).
In secondo luogo, sarebbe errato dimenticare gli ingenti costi legati alla comunicazione e all'affermazione del marchio. Diversamente dall'impiegato di agenzia, la banca virtuale non ha una faccia, né una voce, né una cravatta. È dunque sprovvista dei più basilari "attrezzi del mestiere" per costruire un rapporto fiduciario con il cliente. Quanti miliardi di pubblicità servono per compensare la mancanza di una faccia? E a quanti miliardi di pubblicità equivale, in quel sottile gioco di comunicazione subliminale che si stabilisce tra banca e cliente retail, una filiale che si può toccare, con le sue vetrine, l'ufficio del direttore e i tanto deprecati marmi?
Infine, è opportuno riflettere sul fatto che i costi per l'impianto e l'avvio di una banca virtuale non sostituiscono - almeno nel breve periodo - gli oneri legati al mantenimento della tradizionale rete fisica. Nessun grande gruppo finanziario, nemmeno quelli che hanno scelto di sviluppare la banca on line attraverso una consociata a parte, ha mai pensato di poter smantellare, a breve termine, il proprio parco di filiali. Si è provato, semmai, a indurre la clientela a spostare verso il canale telematico parte della propria operatività quotidiana, in particolare le operazioni maggiormente ripetitive e a scarso valore aggiunto: una volta terminata questa migrazione, sarebbe stato possibile riassorbire (dedicandola ad attività commerciali o semplicemente riducendola) la capacità produttiva in eccesso, abbattendo i costi delle filiali. In molti casi, tuttavia, ci si è accorti che le transazioni rivolte al canale Internet non sostituivano quelle condotte presso le dipendenze fisiche, ma rappresentavano flussi aggiuntivi (consultazione del conto, richiesta di preventivi per prodotti complessi, bonifici di piccolo importo ed esenti da commissioni). Questa duplicazione di canali (e di costi) non viene percepita soltanto dalla banca ma, anche dal cliente: che è dunque meno sensibile ai potenziali risparmi impliciti nell'utilizzo dei servizi on line, visto che la sua capacità di spesa è già erosa dagli oneri legati al servizio tradizionale.
La banca virtuale è una commodity? Bugia
Proprio perché i costi del servizio on line non sono necessariamente trascurabili, il perseguimento di strategie di prezzo aggressive rischia di minare stabilmente i margini di profittabilità della banca virtuale. Viceversa, la banca su Internet è stata spesso presentata come un canale aggressivo, capace di competere sui margini e condannato a farlo, vista l'elevata mobilità della sua clientela. Un correntista sul web, si è spesso sentito dire, cambia banca con un clic: perciò non c'è altra scelta che lavorare sul filo del break-even. C'è del vero in questo precetto. Ad esempio è vero che prima di aprire un conto il risparmiatore su Internet può rapidamente visionare e confrontare una pluralità di offerte. Non è vero, invece, che non esistano strumenti per fidelizzarlo una volta diventato cliente: in particolare, che non sia possibile produrre servizi di accounting sofisticati che gli consentano una visione globale e personalizzata di tutti i suoi attivi finanziari, e lo tengano al riparo delle offerte della concorrenza. Invece, accettando questa presunta mobilità e sensibilità al prezzo come un castigo divino a cui non v'è rimedio, alcune banche hanno finito per accentuarla ulteriormente, fino a finirne stritolati. Ciò appare riconducibile a due ordini di errori.
- In primo luogo queste banche hanno reclutato nuovi clienti facendo leva quasi esclusivamente sulle tariffe, finendo per portarsi in casa una guarnigione di "correntisti di ventura" sempre pronti a cambiare bandiera in cambio di un quarto di punto in più.
- In secondo luogo le stesse banche sembrano aver rinunciato in partenza a fare del web un anale più ricco di contenuti, dunque avvolgente e capace di trattenere il cliente facendo leva sulla sua soddisfazione, più che sulle sue tasche.
Parlando invece della ricerca di contenuti aggiuntivi utili a distinguere l'offerta da quella dei concorrenti, va rilevato come diverse banche si siano mosse goffamente, acquistando da terzi la fornitura di notizie finanziarie, analisi, altre informazioni di carattere generale che solo una minuscola frazione dei loro correntisti è interessata a ricevere. Hanno invece dimenticato di far leva sui contenuti di cui erano le naturali depositarie, e cioè proprio le informazioni relative al rapporto di conto del cliente. In altri termini, è mancata la capacità di sfruttare Internet per accrescere la trasparenza e la capacità di rendicontazione al cliente; il quale, probabilmente, più che le previsioni del tempo o l'attualità politica, sul sito della propria banca cerca una rappresentazione integrata e aggiornata dei propri attivi finanziari. Una rappresentazione sintetica, ma che consenta di scendere rapidamente nel dettaglio delle singole transazioni (per vedere, ad esempio, l'immagine scannerizzata di un assegno che è stato addebitato, ma che il cliente non ricorda di avere emesso); un archivio analitico rispetto al quale sia possibile organizzare e memorizzare con facilità anche interrogazioni e "viste logiche" complesse (che consentano sempre ad esempio di conoscere il totale degli addebiti praticati dai diversi concessionari elettrici, telefonici o dell'acqua potabile). Non si tratta, dunque, di acquisire nuove informazioni da fornitori terzi, ma, semmai, di valorizzare i dati già presenti, costruendo adeguate procedure informatiche di reporting, su cui impostare un legame di clientela efficace e duraturo.
L'utilità di simili politiche è duplice. Da un lato i prodotti aggiuntivi consentono di compensare eventuali perdite legate ai servizi di base, quando questi ultimi vengono erogati a tariffe ridotte al fine di acquisire clientela. Dall'altro, l'ampliamento della relazione oltre i confini del semplice conto corrente (o del binomio conto/trading on line) consente la stickiness dei clienti (cioè la loro vischiosità, la resistenza al cambiamento), e dunque di alzare gradualmente i prezzi anche sui servizi-base.
Tra i principali candidati a simili politiche di cross-selling, possiamo ricordare i servizi di advisory on line, la gestione telematica dei pagamenti, la concessione di prestiti attraverso Internet.
Con l'advisory on line quella che potrebbe essere una minaccia per le banche dovuta alla possibilità di comparazione tra le offerte può diventare una occasione per ottenere un ritorno economico.
La banca virtuale può diventare un "ponte" tra il cliente e le offerte di altri produttori; e un simile atteggiamento, solo in apparenza suicida può creare più valore di quanto ne distrugga. Il confronto tra centinaia di prodotti diversi, infatti, rappresenta un compito difficile per l'investitore, che trova conveniente appoggiarsi a un "motore" di ricerca e selezione reso disponibile dalla sua banca virtuale. D'altra parte, in questo settore, concentrarsi sulla fase di consulenza e brokeraggio può non risultare eccessivamente penalizzante per il conto economico: quanto meno se l'offerta multimarca non riguarda i prodotti dei diretti concorrenti, ma un sottoinsieme di prodotti di elevata qualità ( o percepiti dal cliente come tali) sui quali è possibile lucrare alti margini in fase di collocamento. Risulta paradigmatico il caso di Charles Schwab
La gestione dei pagamenti "virtuali" dunque, sembrerebbe rappresentare un'attività naturale per gli intermediari creditizi. Le statistiche disponibili, al contrario, suggeriscono che il settore creditizio risulta fortemente "disintermediato" nel settore dei pagamenti su Internet, visto che circa il 95% delle transazioni avviene attraverso carte di credito per converso, la quota delle carte nei pagamenti reali non va oltre il 20% L'enorme popolarità conosciuta dalle carte si scontra, in realtà, con alcuni limiti intrinseci di questo strumento, che non gli consentono di presidiare efficacemente diverse nicchie di mercato. In particolare, sono automaticamente esclusi dall'utilizzo di credit card i clienti minorenni, che pure rappresentano una quota consistente dei navigatori Internet e sono maggiormente recettivi rispetto ai nuovi canali di vendita on line; per loro, come per gli adulti, risulta inoltre antieconomico servirsi delle carte di credito per regolare acquisti di entità limitata per i quali sembrerebbe più conveniente poter disporre di una sorta di "tessera prepagata a scalare" che renda disponibile la provvista necessaria limitando contemporaneamente il danno subito in caso di utilizzo illecito da parte di terzi. Infine, un ulteriore settore in cui le card sono per qualche verso inefficienti è quello dei pagamenti tra privati, considerato che per una persona fisica risulta impossibile accettare pagamenti con carta di credito. Si tratta di aree marginali, ma non trascurabili, che possono consentire alle banche di recuperare parte della centralità perduta, o almeno di non farsi ulteriormente disintermediate da operatori virtuali di estrazione non bancaria.
La possibilità di erogare prestiti on line costituisce, a priori, un'interessante opportunità per arricchire il catalogo di prodotti della banca virtuale. Tuttavia, i primi operatori attivi su questo mercato hanno dovuto scontrarsi con diversi ordini di problemi; in particolare la gestione del rischio di credito in capo al mutuante; di conseguenza diventa centrale poter identificare con certezza il debitore e valutarne l'affidabilità. Con riferimento al primo aspetto, non è ancora possibile oggi accettare in modo assoluto e legalmente vincolante l'identità della controparte, dunque si richiede ( almeno per la prima volta) un passaggio "fisico" per provvedere all'acquisto della documentazione necessaria.
Venendo al secondo aspetto occorre considerare come anche le operazioni di finaziamento più elementari richiedano l'acquisizione di una serie di informazioni sulle caratteristiche socio-economiche del beneficiario e una simile raccolta può risultare più difficile via Internet che nel tradizionale ambiente di filiale.
Inoltre tra le diverse tipologie di operazioni di finanziamento sono i prestiti pluriennali quelli maggiormente appetibili per la banca, perché tendono a creare un collegamento stabile nel tempo con il cliente per un certo numero di anni a venire, però, a causa dell'entità della posta in gioco, la complessità e la delicatezza dei risvolti normativi accrescono l'importanza del contatto fisico. Viceversa, la possibilità di credito on-line cresce quando si tratta di finanziamenti ricorrenti e di importo modesto, eventualmente collegati a transazioni commerciali svolte via Internet: prenotazione di vacanze on line, acquisto di elettrodomestici e elettronica di consumo.
Sempre a proposito di prestiti pluriennali, va ricordato come le banche virtuali specializzate nell'offerta di mutui on-line rischino di distruggere valore senza crearne: il pubblico, infatti, pur continuando a rivolgersi ai tradizionali canali tende a utilizzare gli intermediari virtuali per fare comparison shopping, così da individuare i tassi migliori per poi strappare alla propria banca off line condizioni analoghe.
Quello dei prestiti rappresenta un settore ricco di insidie, prima ancora che di opportunità. Focalizzandosi su operazioni "small ticket" fortemente integrate con transazioni commerciali condotte su Internet le banche virtuali potranno ricavarne dai prestiti un interessante ritorno, in termini di completezza dell'offerta e fidelizzazione della clientela; ma difficilmente diventerà il fulcro della loro value proposition.
Alcune offerte di banca virtuale, anche in Italia, sono partite dal presupposto che il pubblico non desiderasse più andare in banca, che la banca senza filiali bastasse a se stessa e fosse in grado di sostituirsi totalmente ai tradizionali punti di contatto tra banca e cliente, con soddisfazione di entrambi. In effetti esistono innumerevoli circostanze in cui il pubblico non gradisce recarsi in filiale: tipicamente quando, per un'operazione breve e ripetitiva, è costretto a una lunga coda in piedi, senza nemmeno un commesso che si presenti e si scusi per l'attesa. Ma quello stesso pubblico, in altre eventualità, ripone fiducia e affidamento nel personale della sua agenzia, da cui pretende informazioni chiare, ma anche consigli informali, soprattutto in occasione di scelte destinate a segnare il budget familiare per molti anni a venire.
Il contatto diretto risulta, inoltre, prezioso anche in circostanze più banali, quando il rapporto tra banca e cliente, anziché fluire lungo placide procedure standard, inciampa in una difficoltà imprevista, non immediatamente gestibile dalle maschere di un sito web o dagli operatori di un call center (sovente costituito in outsourcing con personale specializzato, e anche fisicamente lontano dagli uffici della banca). Un assegno non andato a buon fine, una tessera smagnetizzata, una delega per il pagamento delle tasse, la domiciliazione di un addebito continuativo con una società di cui non si conoscono per intero le coordinate bancarie, sono solo alcuni esempi di situazioni non particolarmente sofisticate, ma già sufficienti a mettere in risalto tutte le rigidità di una banca fondata esclusivamente sull'automazione.
Ne consegue che la banca virtuale risulta davvero efficace se dispone anche di un network fisico di riferimento, cioè di una rete che non deve servire soltanto a reclutare nuovi clienti, ma anche a gestire quelli già acquisiti; che non deve necessariamente comprendere filiali tradizionali, ma può articolarsi in negozi finanziari, promotori, punti di vendita inseriti nei centri commerciali.
Se manca questa multicanalità, il rapporto di clientela diventa più fragile, il cross selling si arena ogni volta che la complessità del prodotto si discosta dai minimi, e anche i problemi menzionati nei paragrafi precedenti si fanno più aspri: la sensibilità al prezzo aumenta e la spesa in pubblicità deve crescere, per compensare un costoso deficit di concretezza.
A tale proposito, va ricordato, ad esempio, che Banca Fineco già da due anni disponesse di un centinaio di negozi finanziari, circa la metà di quelli sviluppati, alla stessa data, da Banca 121, l'istituto virtuale e multicanale del gruppo Monte dei Paschi di Siena.
La crescente convergenza tra banca virtuale e promotori non rappresenta solo una "moda", ma anche e soprattutto un evidente caso di convenienza reciproca. Il promotore, infatti, ha un interesse diretto e immediato a "insegnare" al cliente come rendersi autonomo, attraverso Internet, per lo svolgimento di tutte le attività a scarso valore aggiunto; in questo modo, infatti, riesce a sgravarsi di una serie di compiti di basso profilo e a ottimizzare la redditività del proprio tempo. Può così dedicare le proprie energie e competenze alle attività maggiormente remunerative, come la consulenza sull'asset allocation strategica del cliente, la stesura di piani pensionistici, assicurativi o di accumulazione in fondi, la vendita di prodotti "big ticket" (come i finanziamenti ipotecari) che difficilmente potrebbero essere classati dal solo sito web.
Per questo motivo, la crescita della rete di promotori risulta complementare - e non certo succedanea - allo sviluppo di servizi diretti di e-banking.
Infine, il "negozio finanziario" rappresenta un'ulteriore evoluzione del connubio tra banca virtuale e promotore. Rispetto all'attività di vendita fuori sede, condotta presso il cliente, il "negozio" presenta l'ulteriore vantaggio di conferire all'Internet-bank una dimensione "tangibile" che accresce la fiducia del pubblico nel marchio e nella solidità dell'istituto. I costi dell'investimento, peraltro, sono solitamente trasferiti in buona parte sul franchisee, nell'intento di ridurre gli oneri per la casa madre o, quanto meno, di trasformarli da fissi a variabili.
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