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GLI ORGANISMI DI COOPERAZIONE AZIENDALE

economia



GLI ORGANISMI DI COOPERAZIONE AZIENDALE


129. I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi.


I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi sono, secondo la definizione legislativa (26021, nel testo dettato dalla l. 10 maggio 1976, n. 377), contratti con i quali "più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese".

Questa prima definizione è molto generica in quanto il legislatore non definisce né "l'oggetto" della disciplina, che gli imprenditori possono darsi attraverso il contratto di consorzio, né il fine dello "svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese" da parte dell'organizzazione comune.

Il testo originario dell'articolo 2602 (consorzi definiti come "contratti tra più imprenditori, esercenti una medesima attività economica o attività economiche connesse, i quali hanno per oggetto la disciplina delle attività stesse mediante un'organizzazione comune") era configurato in modo tale che l'opinione prevalente attribuiva ai consorzi natura prevalentemente anti-concorrenziale, e perciò lo scopo era quello di mantenere alti i prezzi alti di vendita dei beni e servizi delle imprese consorziate.

Attraverso quest'interpretazione i consorzi erano visti come sotto-tipi qualificati di cartello, in quanto contratti stipulati tra concorrenti per la reciproca ripartizione della concorrenza con un'organizzazione comune. Accanto a quest'opinione però ce n'è anche una che vedeva i consorzi come contratti possibili non solo tra concorrenti, ma anche tra attività complementari in modo da abb 252d33c attere i costi di produzione grazie a delle possibili sinergie.



Il legislatore nel nuovo testo dell'art. 26021 ha voluto valorizzare l'aspetto del rafforzamento del tessuto produttivo, senza, però, preoccuparsi dell'aspetto negativo derivante dall'organizzazione comune a fini anti-concorrenziali.

Il consorzio può assolvere sia una funzione anti-concorrenziale (art. 26033: controllo delle quote prodotte dai consorziati) che una funzione di cooperazione inter-aziendale (produzione di beni o servizi per il consumo degli stessi consorziati). Nell'ultimo caso non è chiaro se i beni e i servizi siano destinati ai soli consorziati ad un prezzo di costo, e quindi ad uno scopo mutualistico, oppure se sia possibile anche la vendita a terzi ad un prezzo superiore a quello di costo, e quindi di provvedere anche ad uno scopo lucrativo.

Normalmente il contratto di consorzio è stipulato tra imprenditori, ma nulla vieta che a stipulare questo tipo di contratto siano più imprenditori agricoli per la disciplina o per lo svolgimento delle loro attività d'impresa.

130. Disciplina generale del contratto di consorzio (art. 2602-2611).


Art. 26031 Il contratto di consorzio è un contratto formale: deve essere fatto per iscritto sotto pena di nullità.

Deve indicare:

L'oggetto e la durata del contratto;

Gli obblighi dei consorziati;

Le condizioni che regolano l'ammissione, l'esclusione e il recesso dei consorziati.


Art. 2604 Il nuovo testo non pone un limite alla durata del contratto di consorzio tranne che in 2 casi:

Nel caso la durata non sia indicata nel contratto (allora limite decennale);

Ai consorzi aventi oggetto anticoncorrenziale si applica l'art. 2596 che pone un limite massimo di 5 anni.

Secondo l'art. 2607 non è consentito modificare il contratto di consorzio se non con il consenso di tutti i consorziati, ma per quanto riguarda l'attuazione dell'oggetto del contratto l'art. 26061 dice che la deliberazione presa col voto favorevole della maggioranza vincola tutti i consorziati. Secondo l'art. 26062, è consentito impugnare l'atto di delibera di fronte ad un giudice entro 30 gg dalla data della delibera per i dissenzienti e 30 gg dalla data di notifica per gli assenti. La giurisprudenza in ogni modo non esclude casi d'inesistenza o di nullità delle deliberazioni consortili.

Riguardo all'esclusione o al recesso di uno dei consorziati, la disciplina deve essere contenuta all'interno del contratto. In caso di alienazione di azienda consorziata, l'acquirente subentra nel contratto di consorzio al posto dell'alienante. Agli altri consorziati è permesso escludere l'acquirente dal contratto sempre che sussista giusta causa (art. 2610).

Questo è permesso dalla legge perché i consorzi nascono non solo sulla tipologia delle attività svolte ma anche sui rapporti personali che esistono tra i consorziati.

131. Consorzi con attività esterna. Consorzi società (art. 2612-2615 bis).


Fino ad ora abbiamo visto solo il caso in cui il contratto di consorzio produce effetti solo tra i consorziati. Accade, però, sempre più frequentemente che i consorziati, al fine di svolgere al meglio la loro attività consortile, debbano avere rapporti con i terzi. Solitamente questa situazione è una delle migliori per disciplinare le attività consortili.

Il legislatore riconosce alle società di poter svolgere l'attività consortile, ma allo stesso tempo offre ai consorzi di esercitare l'attività d'impresa, entrando a questo fine in rapporto con i terzi mediante i propri organi (art. 2615 bis).

Il contratto di consorzio non si trasforma in contratto di società, ma rimane tale dando, però vita ad un organismo associativo che esercita attività d'impresa. L'art. 2612 dice che:

"Se il contratto prevede l'istituzione di un ufficio destinato a svolgere un'attività con i terzi, un estratto del contratto deve, a cura degli amministratori, entro trenta giorni dalla stipulazione, essere depositato per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese del luogo dove l'ufficio ha sede.

L'estratto deve indicare:

1) la denominazione e l'oggetto del consorzio e la sede dell'ufficio;

2) il cognome e il nome dei consorziati;

3) la durata del consorzio;

4) le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio ed i rispettivi poteri;

5) il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione.

Devono essere iscritte nel registro delle imprese le modificazioni del contratto concernenti gli elementi sopra indicati".

I contributi dei consorziati ed i beni acquisiti con questi contributi vanno a costituire il fondo consortile.

L'art. 2614 dice che i consorziati non possono chiedere, per la durata del contratto, la liquidazione del fondo consortile e i creditori particolari dei consorziati non possono far valere i loro diritti su di esso. In questo modo i terzi nel rapporto con i consorziati trovano una unica garanzia proprio in questo fondo, essendo il consorzio a responsabilità limitata.

Allo stesso tempo però viene disposto che i dirigenti devono redigere annualmente una situazione patrimoniale, seguendo le regole di redazione del bilancio per le società per azioni, da dover poi depositare presso l'ufficio del registro delle imprese.

Un ulteriore responsabilità per i consorziati  è quella che in caso di insolvenza da parte di un consorziato il debito viene ripartito pro quota tra tutti i consorziati.

132. Le associazioni temporanee di imprese.


Spesso le decisioni di eventuali forme di associazione tra imprenditori può derivare anche dall'importanza dell'affare che si vuole compiere. Può infatti accadere che un imprenditore non voglia accollarsi da solo l'intero rischio derivante dall'affare o che non abbia sufficienti mezzi economici per farlo.

Le forme di associazione in società o in consorzio però in alcuni casi possono essere eccessivamente vincolanti rispetto all'affare che si vuole portare a termine oppure semplicemente diversi dalle intenzioni degli imprenditori. Ad esempio la società comporta la creazione di un organismo stabile che assorbe gli utili e che successivamente ripartisce tra i soci, mentre magari le intenzioni degli imprenditori sono soltanto quelle di darsi delle regole riguardo all'affare in comune e far assorbire gli utili eventualmente conseguiti direttamente ai loro patrimoni.

Ecco perché in Italia si dà vita alle ATI (Associazioni temporanee di imprese), con le quali più imprenditori coordinano le loro attività autonome nell'ottica dell'affare comune. Questi contratti non hanno rilevanza verso terzi e sono disciplinati solo in via generale: l'ordinamento giuridico italiano offre la possibilità di concludere contratti che non appartengono a contratti aventi una propria disciplina (art. 13222)e quindi atipici.


133. Le associazioni temporanee per gli appalti di opere pubbliche.


Se in Italia non esiste una disciplina generale delle ATI, si ha però, sia pure limitata su alcuni aspetti, in materia di appalti pubblici ed è data dal d. lgs. 19 dicembre 1991, n. 406: le associazioni temporanee per questo decreto sono "imprese riunite che[.] abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, qualificata capogruppo" (art. 22 d. lgs.). A questo connotato positivo la legge ne aggiunge un altro: "il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione fra le imprese riunite, ognuna delle quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione e degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali" (art. 23 d. lgs.).

In virtù del mandato collettivo ricevuto, l'impresa capogruppo è ammessa a presentare offerta per gli appalti previsti dalla legge "in nome e per conto proprio e delle mandanti" (art. 22 d. lgs.).



In caso di buon fine della richiesta di appalto, si offrono 2 possibilità:

l'appalto può essere eseguito direttamente e autonomamente dalle imprese riunite, ciascuna per la parte convenuta;

l'appalto può essere eseguito, in tutto o in parte, unitariamente per il tramite di una società, anche consortile, che le imprese riunite hanno la facoltà di costituire (art. 26)

Nell'uno e nell'altro caso le imprese rispondono in solido dell'inadempimento. Il rapporto di mandato tuttavia non esaurisce  con ciò la sua efficacia. L'art. 239 d. lgs. 406 dispone che: "Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche personale, delle imprese mandanti nei confronti del soggetto appaltante, per tutte le operazioni e gli atti derivanti dall'appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino all'estinzione di ogni rapporto. Tuttavia l'esclusiva va fatta valere in senso sostanziale e processuale attiva, poiché la disposizione aggiunge: "il soggetto appaltante, tuttavia, può far valere direttamente le responsabilità facenti capo alle imprese mandanti".

Questo decreto legislativo va oltre alle disposizioni in materia di mandato della disciplina comune: per il d. lgs. 406 il mandato è irrevocabile poiché la revoca con giusta causa non ha alcun effetto nei confronti dell'appaltante.

Sono previste norme peculiari in caso di fallimento, e -limitatamente alle imprese individuali- morte, interdizione e inabilitazione del titolare dell'impresa capogruppo o del titolare di una delle imprese mandanti.

Nella serie di ipotesi relative alla capogruppo l'appaltante può decidere di proseguire il rapporto di appalto con una capogruppo designata dalle imprese mandanti, oppure recedere dal contratto di appalto.

Nella serie di ipotesi riguardanti la cessazione di impresa mandante, la capogruppo ha la facoltà di indicare un'impresa subentrante che abbia i requisiti prescritti, oppure, in mancanza di tale, subentra la responsabilità solidale.

Visto che la disciplina generale non è sufficiente alla ricostruzione sistematica della disciplina adottata, si presume che siano utilizzati, per regolare i rapporti tra le imprese mandanti, i contratti atipici utilizzati nelle ATI.


134. Il gruppo Europeo di interesse economico GEIE.


Con il d. lgs. 23 luglio 1991, n. 240 è stata data attuazione anche in Italia al gruppo di interesse economico europeo (Geie).

Il Geie è un contratto con rilevanza esterna tra soggetti esercenti la stessa attività economica: questo tipo di contratto ha lo scopo di sviluppare e di agevolare l'attività economica dei suoi membri, di migliorare o di aumentare i risultati di questa attività; non ha scopo di realizzare profitti per se stesso; esercita un attività che deve ricollegarsi all'attività economica dei suoi membri e può avere soltanto carattere ausiliario rispetto a quest'ultima.

Quindi anche il Geie svolge un'attività economica che può consistere o nella produzione di beni o di servizi, ma che per il loro carattere di ausiliario non possono essere destinati al mercato ma solo al fabbisogno dei membri. Riguardo al carattere mutualistico puro i beni o i servizi scambiati all'interno del Geie sono al prezzo di costo.

Il Geie è nato per favorire lo scambio attraverso le imprese dei diversi paesi dell'unione europea.

Le disposizioni del regolamento comunitario però dispongono che ogni legislatore nazionale emani delle disposizioni applicative, soprattutto in materia pubblicitaria, in modo da darvi attuazione nel territorio di competenza.

In Italia il legislatore ha dato vita alla direttiva comunitaria emanando il d. lgs. n. 240 senza però modificare la disciplina generale dei fenomeni associativi di cooperazione interaziendale.

A primo impatto Geie e Consorzio soddisfano esigenze dello stesso genere, riconducibili alla stessa causa, ma con discipline diverse. Le principali differenze sono:

mentre il Geie ha scopo esclusivamente mutualistico, i consorzi possono provvedere anche ad un fine lucrativo;

nel Geie ci sono degli obblighi e responsabilità nei confronti di terzi che nei consorzi non si trovano.

Per queste ragioni il Geie non trova il suo spazio in Italia: gli imprenditori sceglieranno sempre le forme associative più snelle e meno vincolanti possibile.


135. Segue. La costituzione e l'autonomia patrimoniale.


Il contratto costitutivo del Geie deve avere come parti persone giuridiche, costituite conformemente alla legislazione del paese dell'unione, e aventi sede legale e amministrazione centrale nell'unione, oppure persone fisiche esercenti un attività nell'unione, anche se costituente libera professione. Almeno due delle parti contraenti devono avere il centro delle loro attività in paesi differenti dall'unione, e questo è per garantire la funzione di strumento cooperativo transnazionale del Geie.

Il contratto deve avere forma scritta sotto pena di nullità, e deve indicare:

Le parti;

La denominazione;

La sede;

L'oggetto del gruppo;

La durata del gruppo;

Può anche contenere altre indicazioni, che solitamente conterrà, che sono p.e. i diritti e gli obblighi dei membri, le condizioni per il recesso dal gruppo.

Deve essere depositato presso il registro delle imprese nella cui circoscrizione il Geie ha sede e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale (Repubblica Italiana) insieme agli estremi della iscrizione.

L'iscrizione sembra avere natura costitutiva, al pari dell'iscrizione delle società di capitali: infatti dopo l'iscrizione il gruppo acquista la capacità di essere titolare di diritti e obbligazioni di qualsiasi natura, di stipulare contratti o di compiere atti giuridici e di stare in giudizio. Questo è voluto dai legislatori nazionali e non dal regolamento comunitario.

Riguardo agli obblighi assunti dalle persone prima della costituzione del gruppo, quest ultimo non ne assume la responsabilità.

I soci del Geie sono responsabili illimitatamente e solidalmente degli obblighi assunti e non soddisfatti dal gruppo e per quanto riguarda l'eventuale fallimento del Geie, questo non comporta anche il fallimento dei soci.


136. Segue. Gli organi.




Gli organi necessari previsti dal regolamento comunitario sono Il collegio dei membri e l'amministratore o gli amministratori, allo stesso tempo, però, permette di istituire altri organi purché se ne stabiliscano i poteri.

Il collegio dei membri è un organo dalla competenza generale in quanto è chiamato a prendere qualsiasi decisione ai fini della realizzazione dell'oggetto sociale (esercizio dell'attività).

Il collegio deve deliberare all'unanimità su alcuni caratteri essenziali del contratto e su talune materie dove l'unanimità non è richiesta ma non è specificato nel contratto come si raggiunge la maggioranza. Quando il collegio delibera a maggioranza, di norma, ogni membro dispone di un voto.

Tutte le deliberazioni che modifichino potenzialmente l'assetto del gruppo devono essere depositate presso l'ufficio del registro delle imprese e pubblicate sulla Gazzetta ufficiale.

L'organo amministrativo può essere formato da uno o più amministratori nominati dal contratto o eletti dal collegio. Può essere nominata amministratore anche una persona giuridica, che eserciterà le relative funzioni attraverso un rappresentante designato, e quest'ultimo si assumerà tutti gli obblighi e tutte le responsabilità civili e penali dell'amministratore persona fisica, fermo restando la responsabilità solidale della persona giuridica amministratore.

E' di competenza dell'organo amministrativo gestire il gruppo, anche se non è chiaro cosa significhi gestire il gruppo. Seguendo le varie disposizioni di legge possiamo dire che per gestione del gruppo si intenda l'esercizio dell'attività economica.

Tuttavia spetta al contratto definire le competenze degli amministratori. Gestire il gruppo, in ogni modo, non è esclusiva degli amministratori in quanto il collegio ha competenza generale. A sostegno della non esclusività della gestione da parte degli amministratori il regolamento dice che tutti i membri possono richiedere agli amministratori, informazioni su gli affari del gruppo e i libri o i documenti riguardanti gli affari.


137. Segue. Vicende della partecipazione. Scioglimento e liquidazione.


La partecipazione al Geie può essere trasferita da uno dei membri solo su preventiva approvazione all'unanimità da parte degli altri membri (si modifica il contratto. unanimità.). Possono essere ammessi nuovi membri sempre su approvazione all'unanimità da parte dei membri.

In entrambi i casi non è chiaro se i nuovi membri debbano esprimere la loro volontà collegialmente o singolarmente.

Ogni membro può recedere per giusta causa e negli altri casi previsti dal contratto costitutivo.

L'esclusione di un membro può essere decisa da un giudice, su richiesta della maggioranza degli altri membri, per cause stabilite dal contratto di gruppo, nel caso in cui contravvenga gravemente ai suoi obblighi o nel caso in cui causi o minacci gravi perturbazioni del funzionamento del gruppo.

E' escluso di diritto il membro dichiarato fallito, o ammesso alla procedura di concordato preventivo, o assoggettato alla liquidazione coatta amministrativa.

Ogni membro cessa di far parte del Gruppo al momento del decesso, per decadenza, oppure quando vengono meno i requisiti previsti dal contratto.

Se i membri del gruppo possono essere esonerati dalle obbligazioni sorte prima del loro ingresso, così non è per le obbligazioni assunte all'interno del gruppo: il membro che cessa di far parte del gruppo continuerà ad essere responsabile delle obbligazioni derivanti dall'attività del gruppo anteriori alla sua cessazione della qualità di membro.

Il regolamento (art. 33 n. 2137) attribuisce al membro che cessa la sua partecipazione al gruppo (tranne nel caso di trasferimento della partecipazione), una liquidazione determinata tenendo conto della situazione patrimoniale del gruppo al momento della cessazione.

Il Geie si scioglie, con effetto per tutti i suoi membri, per:

Nullità del contratto costitutivo;

Decorso del termine fissato dal contratto costitutivo;

Altre cause stabilite dal contratto costitutivo;

Per il conseguimento dell'oggetto del gruppo o per l'impossibilità di conseguirlo;

Viene meno il carattere transnazionale;

Su richiesta di qualunque interessato o dell'autorità competente (P.M.?), in caso di irregolarità particolarmente gravi;

Su richiesta di ciascun membro per giusta causa;

Per deliberazione del collegio dei suoi membri;

Per la dichiarazione di fallimento.

Si noti come la disciplina del Geie converte le cause di nullità del contratto costitutivo in cause di scioglimento del gruppo (novità per un fenomeno associativo sprovvisto di personalità giuridica), estendendo anche a Geie la disciplina delle società per azioni (art. 2332).

Per quanto riguarda la liquidazione, tranne nel caso di fallimento (la liquidazione avviene tramite modalità dettate dagli organi fallimentari), questa è regolata dagli art. 2275 ss del C.C. (società semplice) in quanto compatibili. Nel caso di nullità sarà la sentenza stessa a nominare dei liquidatori e i loro poteri, e il rinvio alla disciplina della liquidazione delle società semplici vale solo per quanto residua.


L'ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE



138. Nozione e disciplina (art. 2549-2554).


Con il contratto di associazione in partecipazione, l'associazione attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto (art. 2549).

Caratteristica di questo contratto è l'assoluta mancanza di patrimonio sociale. L'impresa rimane personale dell'associante e solo lui acquista diritti e contrae obblighi nei confronti di terzi (art. 2551).

La gestione dell'impresa spetta all'associante mentre all'associato, nei limiti stabiliti dal contratto, spetta una funzione di controllo (la giurisprudenza permette che l'associato possa svolgere l'attività di gestione in qualità di rappresentante o addirittura di procuratore generale): ma tale attività, anche se esercitata in forma palese non implica mai responsabilità verso i terzi (art. 2552).

I rapporti interni tra associante e associato sono regolati dal contratto ed è questo ultimo che regola anche la divisione degli utili e delle perdite: "Salvo patto contrario, l'associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto" (art. 2553).





FORME ASSOCIATIVE DI DIRITTO FAMILIARE


139. L'impresa coniugale.


Nuove forme di associazione nell'esercizio dell'impresa sono state introdotte in occasione della riforma del diritto di famiglia, operata con la l. 19 maggio 1975 n. 151.

Questa riforma ha sostituito, come regime patrimoniale della famiglia, la comunione con la separazione dei beni (o regime dei beni parafernali), e lo ha fatto per dare attuazione all'art 292 Cost. (eguaglianza morale e giuridica dei coniugi). Nel caso in cui i coniugi gestiscano insieme o costituiscano un'azienda dopo il matrimonio, sono ricadenti nella comunione legale (mentre nel caso in cui si tratti di aziende gestite bensì da entrambi i coniugi ma appartenenti a uno dei coniugi anteriormente al matrimonio allora la comunione sarà soltanto sugli utili e gli incrementi). A queste aziende si applica il diritto comune delle comunioni legali.

I poteri di rappresentanza e amministrazione spettano ai coniugi disgiuntamente in caso di ordinaria amministrazione e congiuntamente in caso di straordinaria amministrazione. Nel primo caso non vi è diritto di veto da parte del coniuge dissenziente, mentre nel secondo caso il coniuge che ritiene l'atto essenziale per l'azienda può, di fronte al dissenso dell'altro coniuge, far approvare l'atto da un giudice.

Non vi è per le imprese coniugali autonomia patrimoniale: delle obbligazioni assunte durante l'esercizio dell'attività ne rispondono tutti i beni della comunione legale, anche quelli aziendali.

I creditori aziendali concorrono sui beni della comunione legale al pari di tutti gli altri creditori senza alcun diritto di preferenza sui beni aziendali.

I creditori particolari dell'uno e dell'altro coniuge possono soddisfarsi sui beni della comunione solo in via sussidiaria, ovvero nel caso in cui i beni del coniuge non siano sufficienti ad esaurire il rapporto, e sempre nei limiti della quota del coniuge stesso.

I creditori della comunione legale possono rivalersi sui beni dei singoli coniugi soltanto in via sussidiaria; questi creditori sono preferiti a quelli particolari solo se chirografari.

La comunione legale dell'azienda gestita da entrambi i coniuge si scioglie per tutte le cause che producono il generale scioglimento dei beni; l'eventuale scioglimento deve essere pubblicato sotto pena di nullità.

In questo tipo particolare di associazione aziendale si è dato molto peso all'aspetto familiare e forse troppo poco all'aspetto patrimoniale.

L'impresa coniugale con la riforma delle società del 2003 viene chiamata Comunione d'azienda.


140. I diritti dei familiari dell'imprenditore.


All'impresa familiare il legislatore dedica l'articolo 230-bis del codice civile:

"Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.

Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.

Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.

Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.

In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell'articolo 732.

Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme".

E in dubbio se il legislatore abbia introdotto o meno un ulteriore tipo di impresa collettiva non-societaria o meno. L'opinione prevalente è quella che non lo abbia fatto.

Come osserviamo dall'articolo il legislatore a sicuramente voluto dare dei diritti ai familiari, i quali prestano in modo continuativo la loro attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare. C'è però un aspetto restrittivo per la definizione familiari, infatti si intendono solo i parenti fino al terzo grado e gli affini fino al secondo grado.

Ecco quali diritti hanno questi soggetti:

Il diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia;

Il diritto di partecipazione agli utili e ai beni acquisiti con questi, ed anche agli incrementi dell'azienda in proporzione di quantità e qualità del lavoro prestato;

"Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa";

In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda.

La disciplina fin qui applicata deve ritenersi residuale, ma quando sussistono i presupposti per l'applicazione di una disciplina tipica allora passa da residuale a inderogabile, in quanto assolve alla retribuzione familiare.

La disciplina dettata dall'art. 230-bis è pero un rapporto di "associazione interna": i familiari acquisiscono soltanto dei diritti e non divengono coimprenditori e tantomeno rispondono verso terzi. Infatti i coniugi nella gestione dell'impresa non sono tutelati da questo articoli ma bensi dalla disciplina dell'impresa coniugale.

In materia tributaria questo tipo d'impresa però è riconosciuto in quanto si permette all'imprenditore di ripartire il 49% del reddito tra i componenti dell'impresa familiare, comportando cosi un notevole alleggerimento fiscale.






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