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La rivoluzione agraria
La rivoluzione agraria consistette in grandi trasformazioni nella tecnica e nelle usanze agricole, e fu causata
dalla necessità di aumento della produzione dovuta all'ascesa della popolazione e al crescente fenomeno
dell'inurbamento.
L'inizio della rivoluzione agraria a 747i83h vvenne in Inghilterra nel XVIII secolo, principalmente a Londra, che a causa
della sua numerosa popolazione doveva essere rifornita dall'intero Paese. In questo modo cominciarono a
cadere i vincoli che inceppavano il mercato agricolo e la produzione cerealicola si rivolse prima al mercato
interno e in seguito a quello esterno.
La trasformazione dell'agricoltura era diretta a raggiungere un duplice scopo: aumentare la redditività delle
terre coltivate e estendere la coltivabilità delle terre incolte.
Per raggiungere questi scopi si fece ricorso a perfezionamenti nella tecnica agraria. Ad esempio, la
tradizionale rotazione triennale inglese lasciava ogni anno un terzo delle terre coltivabili a maggese,
rendendole di fatto inutilizzabili. Lord Townshend introdusse la rotazione quadriennale di grano, ravizzone,
avena e trifoglio, in modo da avere la totalità dei campi produttivi.
Ma l'adozione generale di nuove tecniche agrarie e di allevamento non era facile. Il rinnovamento
dell'agricoltura europea doveva infatti passare per tre tappe fondamentali: la liberazione della persona del
lavoratore rurale (emancipazione dei servi), la liberazione della proprietà dalle restrizioni legali (mobilità nel
trasferimento della terra) e l'abbandono delle antiche tecniche agricole (maggiore libertà nell'uso della terra).
Tutte queste tappe erano già state raggiunte in Inghilterra: lo stato servile era stato abolito nel 1500 (a
parte alcune restrizioni come lo statuto sull'apprendistato del 1563 e la legge sul domicilio del 1662); la terra
era libera molto prima che in Francia o altrove (le uniche restrizioni erano quelle dei contratti e dei
testamenti); a questo proposito bisogna ricordare la mentalità più propositiva della nobiltà inglese e
soprattutto il fenomeno delle enclosures (recinzioni), mediante il quale dal 1750 al 1850 le terre comuni
vennero recintate e trasformate in proprietà private. Questo movimento portò alla diminuzione del numero
delle piccolissime proprietà e alla concentrazione di grandi proprietà in poche mani, favorendo l'iniziativa e
l'innovazione nelle tecniche agrarie.
La riorganizzazione dell'agricoltura ebbe effetti positivi ed effetti negativi. Gli effetti positivi furono una
maggiore superficie di terra coltivata, l'uso di metodi più efficaci di coltivazione, i minori costi, i raccolti più
abbondanti, i migliori prodotti di allevamento. Gli effetti negativi furono l'estinzione del ceto dei piccoli
proprietari-coltivatori, la fine del diritto di pascolo sulle terre comunali e il calo dell'industria domestica.
In questo modo si passò dalla proprietà della terra all'affitto caratteristico del 1800: i proprietari affittavano
le loro terre agli affittuari che coltivavano con cura il terreno. Ma a fare le spese di questo sistema furono i
lavoratori agricoli, perché erano solo salariati senza alcuna speranza di diventare proprietari o affittuari.
Benché la produzione continuasse ad aumentare, l'andamento dei prezzi continuava al rialzo a causa
dell'aumento della popolazione, dei cattivi raccolti e alle guerre napoleoniche, in particolar modo dal blocco
continentale che impediva le importazioni. Il corso forzoso, vale a dire la sospensione dell'obbligo di
convertire i biglietti di banca in oro da parte della Banca d'Inghilterra, condusse a una fortissima emissione
di biglietti che causò una altissima inflazione. La moneta si deprezzò, il potere d'acquisto diminuì e i prezzi
salirono a livelli altissimi.
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