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La Seconda Guerra Mondiale - L'economia di guerra in Europa

economia



La Seconda Guerra Mondiale

Le cause

Dopo la grande depressione l'economia mondiale ripartì a livelli elevati. Ma questa crescita mal si conciliava

con politiche estere allora prevalenti, di matrice nazionalistica, e in mancanza di una cooperazione

internazionale la ripresa di politiche espansionistiche apparve una necessità.

L'espansione territoriale fu guidata dalla Germania che tra il 1937 e il 1939 conquistò l'Austria, la

Cecoslovacchia, la Boemia, la Moravia, la Polonia e il corridoio di Danzica, costringendo Francia e Gran

Bretagna ad intervenire. L'attacco tedesco, oltre che per motivi economici, fu sferrato per mantenere alto il

prestigio della Germania e per approfittare della superiorità militare tedesca, con cui Hitler riuscì ben presto



ad aver ragione della Francia. Nel 656c23g frattempo Mussolini conquistò l'Albania e schierò l'Italia a fianco della

Germania, con l'intenzione di espandersi nei Balcani e nel Mediterraneo.

Nel 1941 la Germania, con l'aiuto dell'Italia, riuscì a conquistare il continente europeo, con l'eccezione

dell'URSS e della penisola iberica. Ma a questo punto entrarono in guerra anche le grandi potenze

extraeuropee (Giappone, Stati Uniti e URSS) che finora erano rimaste neutrali. Il Giappone si schierò con

Germania ed Italia, mentre Stati Uniti e URSS con Inghilterra e Francia. Lo scontro fu durissimo e vide la

vittoria delle grandi democrazie occidentali a spese dei regimi totalitari tra il 1943 e il 1945.

La guerra ebbe grandissime ripercussioni in tutti i continenti: l'Europa e il Giappone erano a pezzi, mentre i

morti ammontavano a 40 milioni, in larga misura civili.

L'economia di guerra in Germania

Hitler aveva prevedisto una "guerra lampo", ma le ostilità si prospettavano molto più lunghe del previsto. Di

conseguenza la produzione di beni di consumo fu drasticamente ridotta a favore dell'industria di guerra, con

un ampio programma di riconversione e trasferendo la produzione civile nelle zone occupate.

Lo sforzo industriale fece crescere la domanda di manodopera, che era già carente a causa della

mobilitazione. Il governo nazista decise quindi di servirsi dei prigionieri di guerra, reclutandoli nei Paesi

occupati e costringendoli a lavorare nelle fabbriche, sfruttandoli al massimo col minimo possibile di spese.

Per finanziare la guerra si ricorse all'inasprimento fiscale e all'incremento della circolazione monetaria. Ma

una volta persi i territori conquistati, la Germania si trovò priva di approvvigionamenti e nel 1945 vide

crollare la sua economia e dovette registrare un tragico bilancio di vite umane.

L'economia di guerra in Europa

L'altissimo costo della guerra in Gran Bretagna fu sostenuto tramite l'inasprimento fiscale e soprattutto

tramite i prestiti esteri. Inoltre per evitare le carestie fu istituito un piano di razionamento e furono concessi

sussidi ai produttori, per evitare il rincaro dei generi alimentari. In questo modo si realizzò il pieno impiego e

i salari aumentarono.

La Francia, a differenza dell'Inghilterra, subì una lunga occupazione e il suo territorio venne devastato,

facendo crollare l'economia. Le spese di guerra furono elevatissime e provocarono una forte inflazione. Il

nuovo governo di Vichy, che subiva l'influenza tedesca, organizzò il razionamento nell'agricoltura e

nell'industria e "collaborò economicamente" con la Germania, favorendo la resistenza antitedesca e il

sentimento nazionalista, personificati dalla figura del generale De Gaullle.

Nonostante le sue condizioni di estrema debolezza economia e il parere contrario dell'opinione pubblica,

Mussolini preparò l'intervento a fianco della Germania ed entrò in guerra nel 1940, con conseguenze

disastrose per l'economia: la spesa pubblica assorbì quote crescenti del reddito nazionale, mentre il blocco

delle comunicazioni marittime impedì gli indispensabili approvvigionamenti di materie prime. Si registrò

dunque una paurosa carenza di materie prime e di viveri che costrinse a calmierare i prezzi e a tesserare i

prodotti alimentari. Le sorti del conflitto erano quindi segnate e l'Italia dovette firmare l'armistizio a

condizioni estremamente svantaggiose: il territorio nazionale fu invaso dagli alleati, il Paese fu diviso in due,

scoppiò la guerra civile e l'inflazione galoppò.


L'intervento in guerra degli Stati Uniti

Allo scoppio della guerra gli Stati Uniti erano decisamente contrari ad un intervento diretto. Le "Leggi di

Neutralità" infatti vietavano del tutto la vendita di armi e di ogni altra merce agli Stati belligeranti. L'unica

eccezione era riservata al sistema del cash and carry, in cui si ammetteva la vendita solo con pagamento in

contanti e con il trasporto a carico dell'acquirente.

Durante il corso della guerra la posizione di neutralità andò gradualmente stemperandosi, con aiuti (sotto

forma di materiale bellico, rifornimenti alimentari, prodotti industriali e materie prime) a spese del governo

federale e a favore degli Stati stranieri amici, particolarmente della Gran Bretagna (legge Affitti e Prestiti).

Nel 1941 la neutralità fu completamene abbandonata dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbour, che minava

la supremazia nel Pacifico degli Stati Uniti; ma in ogni caso la sconfitta del Giappone doveva essere seguita

dalla caduta dei regimi di Hitler e di Mussolini.

La guerra fu finanziata sia con l'inasprimento delle imposte che ricorrendo a prestiti interni sottoscritti dalla

popolazione e dalla Banca Centrale. Per combattere l'inflazione derivante dall'emissione di 20 miliardi di

dollari si ricorse al controllo dei prezzi e al razionamento dei beni.

Durante la guerra la produzione progredì sia nel campo delle derrate alimentari che in quello delle materie

prime, mentre gli armamenti ricevettero un notevole impulso. Poiché la mobilitazione aveva assorbito gran

parte della popolazione attiva, l'enorme sforzo industriale fu realizzato attraverso l'impiego massiccio di

manodopera femminile (ma solo per i compiti più umili) e di colore (per il divieto di ogni discriminazione

razziale nell'assunzione).

Grazie all'inesauribile domanda degli Alleati, l'economia statunitense ebbe durante il conflitto un impulso

senza precedenti, mentre riprese l'incremento demografico. In questo modo gli Stati Uniti divenne la più

grande potenza economica del mondo.

La disfatta del Giappone

Il Giappone era in difficoltà a causa della guerra aerea e sottomarina che impediva i rifornimenti di alimenti e

di materie prime. Ma il colpo di grazia fu il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki che

provocò la capitolazione del Giappone e la fine della guerra.

Il bilancio della sconfitta fu estremamente pesante: il Giappone perse le colonie e l'influenza sul continente

asiatico, gli investimenti all'estero e fu distrutto il suo dominio commerciale in Estremo Oriente. La sua

economia era in rovina, a causa della mancanza di materie prime; particolarmente colpita fu l'industria

tessile. Il Giappone fu inoltre costretto a subire l'asservimento politico agli Stati Uniti fino al 1951, quando

con la firma del trattato di pace l'autorità del governo giapponese fu ripristinata e da allora ebbe inizio lo

spettacolare sviluppo di una delle più grandi potenze economiche del mondo.





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