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Insieme dei numeri naturali

matematica



Insieme dei numeri naturali

Insieme chiuso rispetto a somma e prodotto: dati cmq a e b, la loro somma e il loro prodotto sono ancora elementi di N

Insieme dotato di struttura algebrica: insieme in cui sono definite somma e prodotto

Grado del polinomio: massimo esponente con cui la variabile compare

Termine noto: coefficiente del termine di grado 0

Polinomi di grado zero: non contengono la variabile, si riducono al termine noto e quindi ad una costante

Zero del polinomio p(x): numero che, sostituito al posto della variabile, annulla il polinomio

Equazione nell'incognita x: uguaglianza tra due espressioni contenenti la variabile x, o tra un'espressione contenente la variabile x ed una costante

Radice, soluzione: valore numerico dell'incognita per il quale l'equazione è soddisfatta

Equazione algebrica di grado n nella incognita x a coefficienti naturali: equazione che si ottiene eguagliando a 0 un polinomio di grado n nella variabile x ed a coefficienti naturali

(le soluzioni dell'equazione = zeri del polinomio) Non tutte le eq. di questo tipo sono risolvibili in N.



Insieme dei numeri interi relativi (chiusura di N rispetto all'operazione di differenza)

Insieme chiuso rispetto a differenza: dati cmq a e b, la loro differenza è ancora un elemento dell'insieme

Inverso additivo di a: elemento che, sommato ad a, dà 0, ovvero l'elemento neutro rispetto all'addizione.

Insieme dei numeri razionali positivi (chiusura di N rispetto all'operazione di quoziente)

Insieme dei numeri razionali positivi: insieme delle frazioni aventi per numeratore e denominatore due numeri naturali

Insieme dei numeri razionali: frazioni aventi, per numeratore e denominatore, due numeri relativi, il secondo obbligatoriamente diverso da 0.

Inverso moltiplicativo di a: elemento che moltiplicato per a dà 1, ovvero l'elemento neutro per la moltiplicazione. (reciproco)

Tutti e soli i numeri aventi un numero finito di cifre dopo la virgola + numeri periodici. Insieme chiuso rispetto alle quattro operazioni. (campo razionale) Tutte le equazioni di 1° grado sono risolubili entro il campo dei razionali

N, Z, Q hanno lo stesso numero di elementi.

Equazioni equivalenti: equazioni che hanno le stesse soluzioni

Numeri irrazionali: numeri decimali con infinite cifre significative dopo la virgola, grandezze ben definite ma non rappresentabili in forma razionale

Insieme dei numeri reali: insieme dei numeri razionali + numeri irrazionali, chiuso rispetto alle quattro operazioni e all'estrazione di radice

N c Z c Q c R, tuttavia R ha un numero maggiore di elementi

Non tutte le equazioni a coefficienti interi sono risolvibili nel campo reale, viceversa, non tutti i numeri reali risultano radici di equazioni di quel tipo.

Numeri reali trascendenti : numeri irrazionali che non sono radici di alcuna equazione algebrica a  coefficienti interi.

Numeri reali algebrici: numeri reali soluzioni di equazioni a coefficienti interi. Insieme chiuso rispetto alle quattro operazioni

Numeri complessi o immaginari : totalità dei numeri del tipo a+ib (a, b reali) a = parte reale, b = coefficiente dell'immaginario, i unità immaginaria. Il campo complesso è chiuso rispetto alle quattro operazioni.

Coniugato di un numero complesso a+ib: numero complesso a-ib. Il coniugato della somma e la somma dei coniugati, così per la differenza, il prodotto e il quoziente.

Norma del numero complesso: radice quadrata del prodotto di un numero complesso per il suo coniugato. (numero reale positivo). I numeri reali sono particolari numeri complessi, con il coefficiente dell'immaginario pari a 0, il cui coniugato è uguale al numero stesso. Se z è reale la sua norma coincide con il suo valore assoluto.

NcZcQcRcC, C ha lo stesso numero di elementi di R, entrambi sono dotati di struttura algebrica, ma R è ordinato, a differenza di C. Ogni equazione reale algebrica è certamente risolubile in C.

TEOREMA FONDAMENTALE DELL'ALGEBRA: Ogni polinomio complesso di grado 1 ammette almeno uno zero nel campo complesso. Essendo i numeri reali particolari numeri complessi ciò vale anche per i polinomi a coefficienti di grado 1. Se x1 è uno zero del polinomio di grado n p(x), allora il binomio (x - x1) "divide" p(x). Cioè è possibile fattorizzare quest'ultimo nella forma: p(x)= (x - x1)p1(x), con p1(x) polinomio di grado n-1, a coefficienti nello stesso insieme numerico a cui appartengono sia x1 che i coefficienti di p(x). (TEOREMA DI RUFFINI) il procedimento può ripetersi n volte se n è il grado di p(x). P(x) resterà composto in fattori di primo grado. Il quoziente ottenuto dall'ultima divisione del procedimento è uguale al coefficiente di grado massimo. Non è detto che gli n zeri siano tutti distinti tra loro. (molteplicità degli zeri)

Un'equazione algebrica complessa di grado n ammette n radici non necessariamente distinte, nel campo complesso. Tali radici individuano l'equazione, a meno di un fattore moltiplicativo.


Il campo complesso è algebricamente chiuso: qualunque equazione di qualunque grado a coefficienti nel campo è certamente risolubile entro il campo medesimo.

Un' equazione reale di grado n ammette al più n radici reali; mentre ammette esattamente n radici nel campo complesso (contando ogni radice distinta tante volte quanta è la sua molteplicità)

Equazione coniugata di un'equazione complessa: equazione avente per coefficienti i coniugati dei coefficienti di questa. Equazioni coniugate ammettono radici coniugate.

Se un'equazione reale ammette una radice complessa ammette anche la radice complessa coniugata. Le radici complesse delle equazioni reali vanno a coppie. Ne segue che un'equazione reale di grado dispari ammette sempre almeno una radice reale.

Anche tra i complessi è possibile distinguere complessi algebrici e complessi trascendenti.

Disequazioni di secondo grado

Discriminante positivo: radici reali e distinte

Discriminante negativo: radici complesse e coniugate

Discriminante nullo: radici reali e coincidenti


CAPITOLO 2

Vettore reale ad n componenti: (vettore numerico reale) n-pla ordinata di numeri reali, detto ciascuno componente del vettore.

Vettore reale ad una componente = numero reale. L'ordine delle componenti è rilevante.

Rn = insieme dei vettori reali ad n componenti. 0 = vettore nullo, n-pla formata da n volte 0.

Modulo o norma del vettore: radice della somma delle componenti del vettore elevati al quadrato.

Somma tra vettori: operazione che ad ogni coppia di vettori con lo stesso numero di componenti associa il vettore che ha per componenti la somma delle componenti dei vettori addendi

(vettore somma: vettore che ha per componenti la somma delle componenti dei vettori dati) operazione interna all'insieme Rn

valgono le proprietà commutativa, associativa. Il vettore nullo è l'elemento neutro rispetto alla somma.

Prodotto di un vettore per un numero reale: operazione che alla coppia costituita da un numero reale α e da un vettore v di Rn  associa il vettore di Rn avente per componenti i prodotti delle componenti di v per α. Tale operazione non è interna ad Rn. soddisfa le proprietà associativa, distributiva per somma di scalari e di vettori. Inoltre |α| |v| = |αv|

Normalizzazione di un vettore: operazione di dividere un vettore v per il proprio modulo

Opposto del vettore: vettore ottenuto moltiplicando il vettore v per lo scalare -1. Le componenti di -v sono gli opposti delle componenti di v.

Differenza tra due vettori v e w: vettore ottenuto sommando a v le componenti del vettore opposto di w.

(vettore differenza: vettore che ha per componenti le differenze tra le componenti dei vettori operandi)


combinazione lineare: siano dati un qualunque numero (m 1) di vettori in Rn, ed altrettanti numeri reali. si chiama combinazione lineare dei vettori vi con coefficienti ai il vettore: v = ∑ vi ai

ottenuto moltiplicando ordinatamente i vettori per i coefficienti assegnati e sommando poi i vettori così ottenuti. Tale operazione si effettua componente per componente: la prima componente del vettore combinazione è la combinazione tra le prime componenti dei vettori assegnati, con gli assegnati coefficienti.


L'insieme Rn è chiuso rispetto all'operazione di combinazione lineare: se contiene due vettori, contiene anche ogni loro possibile combinazione lineare.

Spazio vettoriale: insieme di elementi strutturati nel seguente modo:

tra i vettori deve essere definita un'operazione interna del tipo della somma. In più deve esistere un vettore nullo, elemento neutro per la somma, e ogni vettore deve ammettere opposto.

Deve inoltre essere definita l'operazione di prodotto tra vettori e numeri reali.

Uno spazio vettoriale contiene infiniti elementi (se contiene un vettore deve contenere ogni sua combinazione lineare)

Sottospazi vettoriali: spazi vettoriali, i cui vettori risultano essere elementi anche di uno spazio vettoriale più grande.   


Dati m 1 vettori in uno spazio vettoriale reale qualunque V, essi si dicono linearmente dipendenti sui reali se esiste una loro combinazione lineare "non banale" (con coefficienti non tutti uguali a zero) che dia il vettore nullo; si dicono linearmente indipendenti sui reali nel caso contrario: che non esiste cioè nessuna loro combinazione lineare a coefficienti reali, al di fuori di quella banale, che dia il vettore nullo.

Se esiste una combinazione lineare dei vettori vi che dà il vettore nullo, allora ne esistono infinite.

  1. un vettore è indipendente se e solo se non è 0.
  2. due vettori sono dipendenti se e solo se sono proporzionali

(due vettori uguali o opposti sono linearmente dipendenti)

  1. se tra m vettori k sono dipendenti, allora sono dipendenti tutti gli m vettori.

(se tra m vettori c'è il vettore nullo o ci sono due vettori uguali, o due vettori proporzionali, gli m vettori sono proporzionali)

  1. se m vettori sono dipendenti, uno almeno di essi è combinazione lineare dei rimanenti
  2. se un vettore è combinazione lineare di altri m, gli m+1 considerati tutti insieme sono dipendenti.

Rango di un insieme W di vettori elementi di uno spazio vettoriale V il numero massimo di vettori indipendenti tra gli appartenenti a W.

Sistema di generatori: dato uno spazio vettoriale V un sistema di generatori per V è un insieme di vettori (appartenenti a V) e tali che ogni vettore di V si possa esprimere come loro combinazione lineare.

Spazio generato: dato un insieme di vettori W tutti appartenenti ad uno stesso spazio vettoriale V, si chiama spazio generato da W il più piccolo sottospazio di V che contenga tutti i vettori di W, o l'insieme di tutti i vettori che è possibile ottenere combinando linearmente i vettori di W.

Base di uno spazio vettoriale: sistema di generatori dello spazio, indipendenti.

Se B è una base per lo spazio vettoriale V, allora ogni vettore di V può esprimersi in uno ed in un sol modo come combinazione lineare degli elementi di B.

Ogni spazio vettoriale ammette almeno una base

Basi diverse dello stesso spazio vettoriale sono in ogni caso costituite dallo stesso numero di elementi

Dimensione dello spazio: numero degli elementi di una base. La dimensione può essere finita o infinita. La dimensione di uno spazio vettoriale coincide col suo rango.

in uno spazio vettoriale di dimensione n, presi comunque n vettori indipendenti, essi costituiscono una base

se uno spazio vettoriale ha dimensione n, non è possibile trovare in esso più di n vettori indipendenti


Se B è una base per lo spazio vettoriale V, diciamo coordinate del vettore v di V rispetto ad essa i coefficienti dell'unica combinazione lineare che esprime v in termini degli elementi di B.


Se due vettori sono uguali, sono ordinatamente uguali le loro coordinate rispetto ad una base qualunque.


Prodotto scalare: dati i vettori v e w con lo stesso numero di componenti, si chiama loro prodotto scalare il numero reale indicato con il simbolo (v,w) e definito come somma dei prodotti delle coordinate omonime. Tale operazione gode delle proprietà commutativa, distributiva per somma di vettori, associativa rispetto alla moltiplicazione per uno scalare.


Vettori ortogonali: due vettori, entrambi non nulli, si dicono ortogonali, o normali o perpendicolari, quando il loro prodotto scalare è nullo.


Se due vettori sono ortogonali sono indipendenti

Se due vettori sono indipendenti non è detto che siano ortogonali..


Un insieme W di vettori si dice ortogonale se è costituito da vettori a due a due ortogonali.

Un insieme W di vettori si dice ortonormale se è ortogonale e se i vettori che lo costituiscono hanno tutti modulo pari a uno.


CAPITOLO 3

Matrice reale m x n: insieme di numeri doppiamente ordinato, contraddistinti cioè da due indici. Essa presenta m righe e n colonne, i cui elementi sono detti coefficienti della matrice, e sono individuati da un indice di riga e uno di colonna.

Matrice trasposta: A*, matrice ottenuta da A scambiandone le righe con le colonne.

Un singolo vettore numerico ad n componenti può riguardarsi come una particolare matrice ad 1 riga ed n colonne (vettore riga), o come una matrice ad n righe ed una colonna (vettore colonna).

Matrice quadrata: matrice in cui il numero delle righe è uguale a quello delle colonne. Tale numero rappresenta l'ordine della matrice.

Matrice simmetrica: matrice che coincide con la sua trasposta.

Elementi principali della matrice: elementi aventi l'indice di riga uguale a quello di colonna. Tali elementi costituiscono la diagonale principale. Una matrice è simmetrica se lo è rispetto alla diagonale principale.

Matrice quadrata triangolare superiore (inferiore): se sono nulli tutti gli elementi al di sotto (al di sopra) della diagonale principale.

Matrice quadrata diagonale: se sono nulli tutti i suoi elementi non principali

Matrice unità: matrice aventi tutti 1 sulla diagonale principale e tutti gli altri elementi nulli. Elemento neutro nel prodotto tra matrici.

Determinante: numero ben definito associato alla matrice. Numero che si ottiene mediante il procedimento ricorsivo di calcolo detto dello sviluppo secondo gli elementi di una linea. (se A è una matrice di ordine 1, il suo determinante coincide con il suo unico elemento) Esso è inoltre il numero reale somma dei prodotti degli elementi di una linea di A, arbitrariamente scelta, per i rispettivi coefficienti algebrici.

Complemento algebrico: dato un elemento della matrice si chiama complemento algebrico il determinante della matrice che si ottiene da A cancellandone la riga e la colonna dell'elemento, moltiplicato per -1 elevato alla somma degli indici dell'elemento.

Regola di Sarrus: regola pratica applicabile per il calcolo dei determinanti del terzo ordine

Proprietà dei determinanti

il determinante di una matrice triangolare è uguale al prodotto dei suoi elementi principali

se una matrice quadrata ha una linea di zeri, il suo determinante è zero

moltiplicando per un fattore tutti gli elementi di una qualunque linea di una matrice, il determinante di questa resta moltiplicato per lo stesso fattore

Scambiando tra loro due righe o due colonne di un amatrice quadrata, il determinante cambia di segno

Se una matrice quadrata ha due colonne o due righe uguali, il suo determinante è nullo

Se una matrice quadrata ha due colonne o due righe proporzionali, il suo determinante è zero

Matrice singolare o degenere: matrice il cui determinante è zero

Le linee di una matrice si dicono linearmente dipendenti se esiste qualche loro combinazione lineare non banale che dia la linea di zeri.

il determinante delle matrici quadrate non cambia se ad una qualunque riga o colonne di essa si aggiunge un'arbitraria combinazione lineare delle altre righe o colonne. (il determinante non cambia se ad una riga o colonna di essa si somma o si sottrae un'altra riga o colonna o un suo multiplo.

Se in una matrice quadrata una linea è combinazione lineare delle altre, il determinante è zero

Se le linee di una matrice quadrata sono dipendenti, il suo determinante è zero (una matrice quadrata ha determinante zero se e solo se le sue righe o colonne sono dipendenti)

Se il determinante di una matrice è diverso da zero le linee sono indipendenti

Se il determinante di una matrice è zero le linee sono dipendenti.

Rango: numero massimo delle righe o colonne indipendenti. Il rango per righe è uguale al rango per colonne.

se A è una matrice quadrata di ordine n di determinante 0, il rango di A è minore di n

una matrice e la sua trasposta hanno lo stesso rango

minore di A di ordine p: il determinante di qualunque matrice che si può costruire a partire da A fissandone a piacere p righe e p colonne, e prendendo poi gli elementi che restano così individuati. I minori di ordine 1 sono i singoli elementi.

Se un minore è diverso da zero i vettori riga o colonna che esso individua sono indipendenti (se p linee di una matrice sono indipendenti, da esse può estrarsi un minore di ordine p non nullo)

Il rango di una matrice uguaglia l'ordine massimo dei suoi minori non nulli.

se tutti i minori di un certo ordine k di una matrice A sono nulli, sono nulli anche tutti i minori di A di ordine superiore a k.

(teorema dell'orlando) sia B un minore di ordine k della matrice A, non nullo. Se sono nulli tutti i minori di ordine k+1 ottenuti 'orlando' B in tutti i modi possibili, allora sono nulli tutti i minori di A di ordine k+1, onde A ha rango k.

Operazioni tra matrici

Prodotto di una matrice per un numero reale: si effettua moltiplicando per il numero reale tutti gli elementi della matrice

Somma tra matrici: eseguibile tra matrici delle stesse dimensioni, si effettua elemento per elemento. Gode della proprietà commutativa ed associativa. det(A+B) non è uguale a det(A) + det(B)

Differenza tra matrici: A-B = A+(-1)B

Prodotto tra matrici: prodotto righe per colonne. Le matrici che si intende moltiplicare devono appartenere a spazi di matrici diversi, ma il numero delle colonne della prima matrice deve essere uguale al numero di righe della seconda matrice. Il risultato è una matrice con tante righe quante la prima, tante colonne quante la seconda. Se il prodotto AB è eseguibile non è detto che lo sia BA. Il prodotto si effettua moltiplicando ordinatamente le righe della prima matrice per le colonne della seconda. Tale operazione gode della proprietà associativa, distributiva per somma di matrici, associativa per prodotto con uno scalare α.

In una matrice quadrata det(AB)=det(BA)

Matrice inversa di A: il determinante di A deve essere diverso da 0. costruisco la matrice degli aggiunti, ovvero la matrice che ha per elementi i complementi algebrici di ogni elemento diviso per det(A). la trasposta di tale matrice è la matrice inversa. XA=I


CAPITOLO 4

Sistema lineare: sistemi di equazioni di primo grado, in un numero qualunque di incognite.

Sistema lineare quadrato: sistema lineare formato da un numero di equazioni uguale al numero di incognite.

Identità o equazione identicamente soddisfatta: equazione verificata per ogni valore dell'incognita.

Equazione omogenea: equazione il cui termine noto è uguale a 0. un'equazione omogenea ammette sempre la soluzione banale.

Soluzioni proprie o autosoluzioni: soluzioni diverse da quella banale

La soluzione reale di un'equazione, in quanto n-pla ordinata di reali, può essere riguardata come vettore ad n componenti.

L'insieme delle soluzioni di un'equazione lineare omogenea ad n incognite costituisce uno spazio vettoriale di Rn. l'insieme delle n-ple numeriche rappresentanti le soluzioni dell'equazione è chiuso rispetto all'operazione di combinazione lineare.

È possibile ottenere tutte le soluzioni di un'equazione omogenea a partire da un certo numero di sue autosoluzioni, quelle costituenti una base dello spazio delle soluzioni.

Teorema generale di Cramer

Condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema lineare di n equazioni in n incognite possegga una soluzione ed una sola, è che il determinante dei coefficienti delle incognite sia diverso da zero. Se questo è il caso, il valore della i-ma incognita è dato dalla frazione avente a denominatore quel determinante e a numeratore il determinante che si ottiene da questo sostituendo alla i-ma colonna quella dei termini noti.


Se ad un'equazione di un sistema si aggiunge una qualunque combinazione lineare delle altre, si ottiene un sistema equivalente a quello di partenza. Un sistema non cambia se ad una sua equazione ne viene sommata, o sottratta un'altra delle sue.

Matrice incompleta: la matrice a m (tante quante sono le equazioni) righe ed n (tante quante sono le incognite) colonne, formate con i coefficienti delle incognite.

Matrice completa: la matrice ad m righe ed n+1 colonne, formata dai coefficienti delle incognite e dai termini noti.

Teorema di Rouche-Capelli

Condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema lineare in n incognite ammetta soluzioni, è che la sua matrice incompleta e la sua matrice completa abbiano lo stesso rango p. se questo è il caso, il sistema ammette ∞n-p soluzioni che si calcolano al modo seguente: scelto, nella matrice incompleta, un minore di ordine p non nullo, si risolvono le p equazioni corrispondenti alle p righe scelte scegliendo il minore, rispetto alle p incognite corrispondenti alle p colonne scelte scegliendo i minore. Le restanti equazioni si eliminano come sovrabbondanti, mentre le restanti incognite si trattano, formalmente, alla stregua dei termini noti. 

Condizione necessaria e sufficiente perché un sistema quadrato omogeneo ammetta autosoluzioni, è che il determinante dei coefficienti sia uguale a zero. (se fosse diverso da zero ammetterebbe una sola soluzione data dalla soluzione banale)


Condizione necessaria e sufficiente perché un sistema omogeneo ammetta autosoluzioni, è che il rango p della sua matrice incompleta sia minore del numero n delle incognite.


CAPITOLO 6

Funzione o applicazione: dati due insiemi X e Y, sia assegnata una legge che ad ogni elemento del primo insieme X fa corrispondere uno ed un solo elemento del secondo Y. Se all'insieme di partenza associassimo più immagini si parlerebbe di corrispondenza. Con corrispondenza univoca intendiamo indicare un'applicazione.

Immagine di x: elemento y corrispondente al generico x

Insieme di definizione o dominio: insieme X di partenza

Codominio o insieme immagine: unione delle immagini, sottoinsieme di Y, eventualmente coincidente con esso.

Funzione invertibile: tale che ad ogni elemento di x corrisponda uno ed un solo elemento di y, ed ogni elemento y proviene da uno ed un solo elemento x. (iniettiva)

Insiemi equipotenti: che possono essere messi in corrispondenza biunivoca.

Insieme numerabile: che può essere messo in corrispondenza biunivoca con l'insieme dei numeri naturali, insieme contatore. L'insieme dei reali ha la potenza del continuo, superiore cioè al numerabile.

Si può stabilire una corrispondenza biunivoca tra R e l'insieme di punti costituenti una retta, che diventa nella sua interezza un'immagine dell'insieme dei numeri reali.

Intervallo aperto di estremi a, b: (a,b), insieme di tutti i numeri soddisfacenti la doppia disuguaglianza a<x<b

Intervallo chiuso di estremi a, b: [a,b], insieme di tutti i numeri soddisfacenti la doppia disuguaglianza a≤x≤b

Intervallo proprio: intervallo avente per estremi due valori finiti.

Intorno di x: qualunque sottoinsieme di R che contenga un intervallo aperto contenente x. Per quanto l'intorno sia piccolo, esso deve contenere infiniti punti sia a destra che a sinistra di x.

Gli intorni destri e sinistri non sono intorni.

Punto interno: un punto x appartenente ad un insieme I c R è detto interno ad esso se esiste almeno un intorno di x tutto contenuto in I

Punto di accumulazione: un punto x è detto di accumulazione per un insieme I c R se ogni suo intorno contiene qualche punto di I distinto da x.

Punto di frontiera: x è di frontiera per I se ogni suo intorno contiene punti di I e punti del suo complementare. La totalità dei punti di frontiera costituisce la frontiera dell'insieme.

I punti di frontiera, così come quelli di accumulazione possono appartenere o no all'insieme.

Punto isolato: un punto x di un insieme è detto isolato se, pur appartenendo ad I, non è di accumulazione per esso. I punti isolati appartengono necessariamente alla sua frontiera.

Insieme chiuso: se contiene tutti i suoi punti di accumulazione o se non ne ammette, o s contiene tutta la sua frontiera.

Insieme aperto: se non contiene alcun punto della sua frontiera. Un insieme è aperto se e soltanto se tutti i suoi punti sono interni.

Massimo: dato un insieme numerico I, il suo massimo è quel suo elemento che risulta maggiore di ogni altro elemento di I.

Estremo superiore: il numero reale E è estremo superiore dell'insieme numerico I, se:

E è maggiore o uguale ad ogni elemento di I

In ogni intorno di E è contenuto almeno un elemento di I, non necessariamente distinto da E

Minimo: dato un insieme numerico I, il suo minimo è quel suo elemento che risulta minore di ogni altro elemento di I.

Estremo inferiore: il numero reale e è estremo inferiore dell'insieme numerico I, se:

e è minore o uguale ad ogni elemento di I

in ogni intorno di e è contenuto almeno un elemento di I, non necessariamente distinto da e.


massimo e minimo appartengono all'insieme, gli estremi inferiore e superiore non necessariamente. Se l'insieme I possiede massimo (minimo), questo è anche estremo superiore (inferiore) per esso. L'estremo superiore (inferiore) se esiste, è unico.

Insieme limitato superiormente o inferiormente: se ammette estremo superiore o inferiore. Altrimenti prende il nome di insieme illimitato.

Topologia: studio delle proprietà degli insiemi che hanno attinenza con l'organizzazione spaziale dei loro elementi.

Funzioni reali di variabili reali

Al variare dell'elemento x in X, varierà in generale il valore f(x). x prende il nome di variabile indipendente, f(x) di variabile dipendente. Se l'insieme su cui è definita la funzione è un sottoinsieme di R la funzione sarà reale di variabile reale. Il codominio di una funzione di questo tipo è un sottoinsieme di R, e a seconda che sia limitato o illimitato, tale sarà la funzione.

Funzione crescente in I: se al crescere della x crescono anche i valori di y

Funzione decrescente in I: se al crescere della x decrescono i valori di y

Grafico di una funzione: curva disegnata nel piano coordinato dall'insieme dei punti di coordinate (x,y) al variare di x in I. Ad ogni ascissa corrisponde una e una sola ordinata.

Funzione simmetrica rispetto all'asse y: quando f(x)=f(-x)

Funzione simmetrica rispetto all'origine: quando f(x)=-f(-x)

Funzione invertibile: se non vi sono più punti del grafico aventi la stessa ordinata

CAPITOLO 7

Successione numerica reale: legge che ad ogni intero positivo fa corrispondere un numero reale (termine della successione), ovvero una funzione reale definita sull'insieme dei numeri naturali. Essa corrisponde alla famiglia dei suoi termini, è quindi un insieme infinito numerabile di numeri reali, ordinato: gli elementi sono disposti in successione. La successione può essere definita:

tramite l'espressione formale del 'termine generico'

ricorsivamente: il termine generico è ricavabile a partire dal precedente

elencando i primi termini necessari ad evidenziarne la logica

Il grafico di una successione si ottiene marcando sul piano cartesiano i punti di coordinate (n,an). si può eventualmente unire tali punti e considerarli come i vertici di una spezzata.

Una successione e limitata o illimitata se tale è il suo codominio.

Successione costante: se tutti i suoi termini sono uguali

Successione crescente: se ciascun suo termine è maggiore del precedente

Successione non decrescente: se ciascun suo termine è non minore del precedente

Successione non crescente: se ciascun suo termine è non maggiore del precedente

Successione decrescente: se ciascun suo termine è minore del precedente

Se una successione appartiene ad una di queste categorie allora è detta monotona.

Sottosuccessione di S: (o successione parziale) successione formata da termini si S presi senza alterarne l'ordine

Si dice che la successione S= converge ad l se, dato comunque il numero reale positivo ε, esiste un valore nε dell'indice successivamente al quale tutti i termini della successione differiscono da l per meno di ε in valore assoluto. Tale condizione deve valere per qualunque ε e definitivamente a partire da un qualche nε. (geometricamente: fissata una qualunque striscia orizzontale attorno alla retta y = l, il grafico della successione deve, da un cero punto in poi, esservi definitivamente contenuto)


Si dice che la successione S diverge positivamente (negativamente) se, dato comunque il numero reale K, esiste un valore nk dell'indice a partire dal quale i termini della successione siano definitivamente maggiori (minori) di K. [crescita tendenziale oltre ogni limite] (geometricamente: tracciata la retta y=K, deve esistere un valore xk dell'ascissa a partire dal quale il grafico della successione è definitivamente contenuto nel semipiano y>K

Successione regolare: successione convergente o divergente

Successione indeterminata: successione non regolare

Successione infinitesima: successione il cui limite sia 0

Successione infinita: successione il cui limite sia +∞. Una successione divergente è sempre infinita. Una successione infinita non è sempre divergente.

Successione di Cauchy

Una successione si dice di Cauchy, o convergente secondo Cauchy, se soddisfa la seguente condizione di Cauchy: dato comunque il valore reale positivo ε, esiste un valore nε dell'indice a partire dal quale la differenza tra due qualunque termini di S è, in modulo, minore di ε. (la distanza tra due qualunque termini della successione deve risultare definitivamente minore di qualunque misura fissata, la successione deve tendere a stabilizzarsi) differenza con la condizione di convergenza: non fa intervenire il limite. Se una successione è convergente ad un qualche limite finito l, essa risulta essere una successione di Cauchy. Viceversa, la "condizione di Cauchy" è sufficiente a garantire che esiste un valore reale l a cui essa tende. b

I numeri trascendenti corrispondono alle successioni di razionali.

Proprietà:

una successione costante è convergente

una successione monotona non è mai indeterminata, se è illimitata diverge, se è limitata converge all'estremo superiore o inferiore.

(unicità del limite) Il limite di una successione, se esiste (finito o infinito), è unico

(teorema della permanenza del segno) se una successione è, almeno a partire da qualche valore dell'indice, a termini tutti non negativi (positivi) ed è regolare, il suo limite non può essere negativo (positivo)

viceversa, se una successione ha limite, finito o infinito, positivo (negativo), allora esiste un valore dell'indice oltre il quale tutti i suoi termini sono certamente positivi (negativi).

Teoremi riguardanti una successione S convergente al limite l (finito o infinito):

ogni successione estratta da S converge anche essa a l

la successione ottenuta sommando a tutti i termini di S una stessa costante k converge, ed ha per limite l+k

la successione ottenuta moltiplicando tutti i termini di S per una cotante k converge, ed ha per limite kl.

Se l è diverso da zero, la successione degli inversi converge all'inverso del limite

Se l è uguale a zero, la successione inversa, presa in valore assoluto, converge a +∞.(l'inverso di una successione infinitesima è infinita e viceversa)

La successione ottenuta elevando i termini di S (supposti positivi) ad una stessa costante k converge, ed ha per limite lk

La successione delle potenze aventi per base una costante k>0 e per esponenti i termini di S converge, ed ha per limite kl

La successione dei logaritmi dei termini di S (supposti positivi) in una base qualunque converge ed ha per limite il logaritmo, in quella base, del limite.

Successione somma di S' e S'': successione il cui n-mo termine è, per ogni n, la somma degli n-mi termini di S' e S''. lo stesso procedimento si applica per definire la successione prodotto e la successione quoziente.

Successione delle potenze: successione il cui n-mo termine si ottiene elevando l'n-mo termine di S' all'n-mo termine di S''.

(teorema del confronto) se S' e S'' sono entrambe regolari e, almeno a partire da un certo valore no dell'indice, i termini di S' sono tutti non minori dei corrispondenti termini di S'', allora il limite di S' è non minore di quello di S''.

viceversa: se il limite di S' è maggiore di quello di S'', almeno a partire da un certo valore dell'indice i termini S' sono tutti maggiori dei corrispondenti termini di S''.

(il limite della somma è la somma dei limiti) se S' e S'' convergono a limiti finiti, la successione loro somma converge, ed ha per limite la somma dei limiti.

Forma indeterminata: se una successione dà luogo ad una forma indeterminata, il suo carattere non è prevedibile a priori in base ad una regola generale.

(il limite del prodotto è il prodotto dei limiti) se S' ed S'' convergono a limiti finiti, la successione loro prodotto converge, ed ha per limite il prodotto dei limiti.

(il limite del quoziente è il quoziente dei limiti) se S' e S'' convergono a limiti finiti, ed i termini di S'' ed il suo limite sono tutti diversi da zero, la successione loro quoziente converge, e ha per limite il quoziente dei limiti.

(il limite della potenza è la potenza dei limiti) se S' è a termini positivi e converge ad un limite finito diverso da 0, ed S'' converge ad un limite finito, la successione delle potenze converge al limite si S' elevato a quello di S''.

(teorema del confronto o dei carabinieri) siano tre successioni tali che, almeno a partire da un certo valore dell'indice, i termini della seconda siano tutti compresi tra i corrispondenti valori delle altre due. Allora, se la prima e la terza convergono ad uno stesso limite, anche la seconda converge a questo limite.

Forme indeterminate: ∞-∞, 0/0, ∞/∞, 0-∞, ∞o, 1, 0o

Serie numeriche

Serie: somma ideale di tutti i termini di una successione

Somma ridotta o parziale di ordine n: Sn, la somma dei primi n termini di una successione.

A seconda che la successione formata dalle somme ridotte sia convergente, divergente o indeterminata, lo stesso si dirà della serie. Se la successione è indeterminata, la somma della serie non è definita. Se tende a infinito, si dirà che la somma della serie è infinito.

Somma della serie: limite finito verso cui tende la successione delle ridotte

Serie assolutamente convergente: quando converge la serie dei suoi valori assoluti. Una serie assolutamente convergente è convergente, ma non viceversa.

La ridotta n-ma di una serie geometrica vale 1-xn /1-x

La serie non gode della proprietà associativa (essa è valida solo per le serie divergenti e convergenti), della proprietà commutativa, se usate infinite volte. Vale invece la proprietà distributiva.

Resto n-mo, o resto di ordine n di una serie: serie ottenuta trascurando i primi n termini. Una serie e tutte le sue serie resto hanno lo stesso carattere. Se una serie converge, la successione dei suoi resti n-mi è infinitesima.

Criteri di convergenza

criterio di Cauchy per le serie

la serie converge se e soltanto se, dato comunque ε >0, è possibile determinare, in corrispondenza ad esso, un valore nε dell'indice successivamente al quale la differenza tra due qualunque termini della successione delle ridotte è, in modulo, minore di ε.


La serie converge se e soltanto se, dato comunque ε >0, è possibile determinare, in corrispondenza ad esso, un valore nε dell'indice successivamente al quale la somma di un qualunque numero p di termini consecutivi della serie è, in modulo, minore di ε


Se una serie converge, la successione dei suoi termini è infinitesima


Serie armonica: la successione è infinitesima, tuttavia la serie non converge

Serie armonica generalizzata: essa diverge per α≤1, converge per α>1.

Tali criteri valgono solo per le serie a termini positivi, sono quindi criteri di convergenza assoluta per serie qualunque.


Criterio del confronto per le serie:

siano ∑an e ∑bn due serie a termini positivi, per le quali risulti bn<can, con c costante positiva, almeno a partire da un certo valore no dell'indice. Allora: se la serie ∑an converge, anche la serie ∑bn converge; se la serie ∑bn diverge, diverge anche la serie ∑an.


Criterio del rapporto:

se la serie ∑an è a termini positivi e diversi da zero, ed esiste almeno un numero positivo k<1 per il quale si abbia an+1/an ≤k per tutti i termini almeno a partire da un certo valore no dell'indice, allora la serie è convergente; se invece è definitivamente an+1/an ≥ 1 la serie stessa non è convergente.


Corollario: Se la serie ∑an è a termini positivi e diversi da zero, ed esiste lim an+1/an = l, allora, se l<1 la serie converge, se l>1 la serie non converge


Criterio della radice:

se, per la serie ∑an a termini positivi, esiste almeno un numero positivo k<1 per il quale si abbia n√an ≤ k per tutti i termini almeno a partire da un certo valore no dell'indice, allora la serie è convergente; se, invece, è definitivamente n√an≥1 la serie stessa non è convergente  

corollario: Se esiste lim n√an allora, se l<1 la serie converge, se l>1 la serie non converge


le serie a termini di segno costante non sono mai indeterminate, o convergono o divergono.

Una serie a termini di segno costante, se convergente, è assolutamente convergente.


CAPITOLO 8

Limite: l'esame del comportamento di una funzione all'avvicinarsi della variabile indipendente ad a può, in qualche misura, sostituire la conoscenza del valore della stessa funzione in a. se la funzione mostra un comportamento di una certa regolarità, vuol dire che i valori da essa assunti tendono ad un valore ben determinato.

Consideriamo xo punto di accumulazione per I, dominio di f. si dice che al tendere di x ad xo la funzione y = f(x) tende (converge) al numero reale l, o che l è il limite della f per x che tende a xo quando, dato comunque ε >0, è possibile determinare, in corrispondenza ad esso, un intorno Iε (xo) di xo tale che in ogni suo punto distinto da xo ed appartenente al dominio I di f, la funzione assuma un valore differente da l, in valore assoluto, per meno di ε.


Si dice che al tendere di x ad xo la funzione y = f(x) tende a +(-)∞, o che +(-)∞ è il limite della f per x che tende a xo o, ancora, che f diverge positivamente (negativamente), quando, dato comunque K appartenente a R, è possibile determinare, in corrispondenza ad esso, un intorno Ik (xo) di xo tale che in ogni suo punto distinto da xo ed appartenente al dominio I di f, la funzione assuma un valore maggiore (minore) di K.


Il limite non dipende dal valore che la funzione assume in xo ma dai valori che la funzione assume in un intorno di tale punto.


Si dice che al tendere di x a +∞, la funzione y = f(x), supposta definita su insieme I superiormente illimitato, tende (converge) al numero reale l, o che l è il limite della f per x che tende a +∞, quando, dato comunque ε >0, è possibile determinare un valore xε tale che, per ogni x appartenente ad I maggiore di xε, il valore che la funzione assume in x differisca da l, in valore assoluto, per meno di ε.

Geometricamente: si richiede che il grafico della f risulti definitivamente contenuto entro la fascia orizzontale di piano compresa tra le rette y = ±ε

Si dice che al tendere di x a +∞, la funzione y = f(x), supposta definita su insieme I superiormente illimitato, tende a +(-)∞, o che +(-)∞ è il limite della f per x che tende a +∞ o, ancora, che f diverge positivamente (negativamente), quando, dato comunque K appartenente a R, è possibile determinare, in corrispondenza ad esso, un valore xk tale che, per ogni x appartenente ad I maggiore di xk, il valore che la funzione assume sia maggiore (minore) di K.

Con limite intendiamo il limite bilaterale. Con l'espressione "la funzione ammette limite in xo s'intende:

se xo è punto d'accumulazione bilaterale per il dominio della funzione, che f ammette in xo limiti destro e sinistro e questi coincidono

se xo è punto d'accumulazione unilaterale, che la funzione ammette in xo il corrispondente limite

teoremi sui limiti

(unicità del limite) se il limite di una funzione y = f(x) per x che tende ad un assegnato valore xo esiste, esso è unico

(teorema della permanenza del segno) se il limite di una funzione y = f(x) per x che tende ad un assegnato valore xo positivo, esiste un intorno di xo entro il quale la funzione assume solo valori positivi

viceversa: se esiste un intorno di xo entro il quale la funzione assume solo valori non negativi, il limite di f per x che tende ad xo, se esiste, non può essere negativo.

(teorema del confronto) se esiste un intorno di xo entro il quale risulta f(x) ≥ g(x) (o f(x)>g(x)), ed entrambe f e g ammettono limite in xo, risulta: lim f(x) ≥ lim g(x)

funzione somma di f e di g: funzione che al valore x della variabile indipendente fa corrispondere il valore f(x)+g(x). Allo stesso modo consideriamo la funzione differenza, prodotto e quoziente.

il limite della somma è la somma dei limiti

il limite del prodotto è il prodotto dei limiti

il limite della potenza è la potenza dei limiti

il limite del reciproco è il reciproco del limite

il limite del quoziente è il quoziente dei limiti

il limite del logaritmo è il logaritmo del limite

(teorema dei carabinieri) se esiste un intorno di xo entro il quale riesce f(x) ≥ g(x) ≥ h(x), ed f ed h ammettono lo stesso limite in xo, anche g converge in xo a questo limite

funzione infinitesima in xo: funzione che in xo ammette limite zero

funzione infinita in xo: funzione che in xo ammette limite +∞

consideriamo due funzioni f(x) e g(x) infinitesime in xo: il limite del loro rapporto:

è zero, se il numeratore tende a zero più rapidamente del denominatore, se, cioè, f(x) è infinitesimo di ordine superiore

è infinito se avviene il contrario, e cioè se f(x) è infinitesimo di ordine inferiore rispetto a g(x)

è una quantità finita e diversa da zero, se le due funzioni sono infinitesime dello stesso ordine

non esiste, f e g non sono confrontabili

la funzione f è detta infinitesima (infinita) in xo di ordine k rispetto alla funzione g, se f e gk sono, in xo infinitesime dello stesso ordine.

Asintoti

Geometricamente ci riferiamo a funzioni definite su intervalli, non necessariamente limitati, o su intervalli privati di un numero discreto di punti.

Asintoto verticale: Sia xo un punto di accumulazione per il dominio I della funzione y = f(x). La retta di equazione x = xo è asintoto verticale per la curva grafico della f se il limite di f(x) per x che tende a xo è infinito, oppure, se anche uno solo dei due limiti unilaterali lo è.

Asintoto orizzontale: La retta y = k è detta asintoto orizzontale per la funzione se il limite della f(x) per x che tende a ±∞ è uguale a k. Non è sempre detto che una funzione definita su un intervallo illimitato ammetta asintoti orizzontali.

Asintoto obliquo: la retta y = mx + q è detta asintoto obliquo per la funzione se lim(f(x)-(mx+q))=0 per x che tende a ±∞. Un asintoto obliquo può incontrare un numero qualunque di volte la curva a cui esso è relativo, l'asintoto verticale no.

Graficamente: La distanza tra la retta e il grafico della curva tende a zero

Geometricamente: retta tangente alla curva grafico della funzione in un suo punto improprio

Funzioni continue

La funzione y = f(x) si dice continua in xo se il limite cui la funzione tende al tendere di x verso xo coincide con il valore che la funzione assume nel punto stesso. xo appartiene al dominio della funzione, è di accumulazione. Inoltre il limite deve esistere.

(la funzione deve avere un comportamento coerente nell'intorno di xo un comportamento coerente con il valore che essa stessa assume nel punto.

Una funzione è continua nel sottoinsieme J del suo dominio I se lo è in ogni punto di J.

Punto di discontinuità: (punto singolare) per f è un punto di accumulazione per I nel quale la condizione di continuità non è soddisfatta. Questo può succedere quando:

il limite non esiste (tale discontinuità è essenziale)

perché limite e valore assunto dalla funzione non coincidono. (tale discontinuità è eliminabile)

una funzione continua è una funzione il cui grafico è una curva continua, può cioè essere tracciato senza alzare la matita dal foglio.

Teorema della permanenza del segno: se f è continua in xo ed ivi diversa da zero, esiste un intorno di xo entro il quale la funzione ha lo stesso segno che in quel punto.

Teorema di Weierstrass: una funzione continua in un insieme I chiuso e limitato vi ammette massimo e minimo


Se una funzione, continua in un intervallo I, assume in I due valori diversi, assume anche, almeno una volta, ogni valore intermedio tra quelli


Se una funzione continua in un intervallo I assume, in due punti a e b di I, valori di segno opposto, essa si annulla almeno una volta tra a e b


Weierstrass: Una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato vi ammette massimo e minimo, ed assume almeno una volta ogni valore compreso tra essi

Funzioni a più variabili:

il limite di f(x,y) per x che tende a xo è l quando, dato comunque ε >0, è possibile determinare, in corrispondenza ad esso, un numero reale positivo δε tale che in ogni (x,y) appartenente al dominio I di f, con x diverso da xo e distante da xo per meno di ε, la funzione assuma un valore differente da l, in valore assoluto, per meno di ε. (studio il comportamento della funzione al variare di una sola variabile)


CAPITOLO 9

Rapporto incrementale della f nel punto xo e relativo all'incremento h della x il quoziente tra l'incremento della variabile dipendente e quello della variabile indipendente. Esso rappresenta la velocità media con cui la f cresce o decresce tra xo e xo + h.

Geometricamente: il rapporto incrementale corrisponde alla tangente trigonometrica dell'angolo che la retta per i punti A(xo , f(xo)) e B(xo + h, f(xo +h)) del grafico di f forma con l'asse delle x.

Facendo tendere h a 0, eliminiamo la dipendenza da questa variabile e rendiamo i dati più attendibili.

Derivata della f in xo : limite del rapporto incrementale per h che tende a 0. concetto locale più che puntuale.

f derivabile in xo se in questo punto ammette derivata.

Geometricamente: la derivata rappresenta il coefficiente angolare della retta tangente in (xo, f(xo)) al grafico della f. (posizione limite della corda AB prima considerata)

Nei punti di discontinuità la tangente non è definita, e non lo è quindi la derivata. Se la tangente risulta verticale, la funzione in quel punto non è derivabile.

La derivata esiste se esistono le derivate unilaterali e se queste coincidono.

Una funzione continua in un punto non vi è necessariamente derivabile.

Una funzione derivabile in un punto è ivi continua.

Concettualmente: il rapporto incrementale è uguale al quoziente tra distanza e tempo, il suo limite acquista il significato di velocità istantanea. la derivata misura la velocità di variazione della y al variare di x.

Derivata seconda: la derivata della derivata di f, se esiste, si chiama derivata seconda della f

Se la funzione ammette, in un punto, derivata k-ma, allora ammette, in quello stesso punto, derivata (k-1)-ma continua. f  = derivata 0-ma di se stessa.

Ch(I) : insieme delle funzioni cosiddette di classe h in I, ossia tali che ammettono in ogni punto di I derivate fino all'h-ma inclusa.

Co(I) : insieme delle funzioni continue in I

C(I) : insieme delle funzioni che ammettono in ogni punto di I, derivata di ordine comunque elevato. (seno e coseno)

Teorema di Rolle

Sia f(x) continua in [a,b] e derivabile in (a,b). Se essa assume valori uguali agli estremi dell'intervallo di definizione, esiste almeno un punto interno a questo in cui la sua derivata si annulla

(se il grafico della f è una curva continua che inizia e termina alla stessa altezza, esso deve avere in almeno un punto tangente orizzontale)

Teorema di Lagrange

Sia f(x) continua in [a,b] e derivabile in (a,b). Esiste almeno un punto c appartenente ad (a,b) per il quale risulta: f(b) - f(a) = (b-a) f' (c)

(se il grafico della f è una curva continua che collega il punto A con il punto B del piano, in almeno un punto di tale curva la retta tangente deve essere parallela alla retta AB

corollario: Se, in un intervallo I, la derivata prima di una funzione è identicamente zero, in quell'intervallo la funzione è costante.

Funzioni di più variabili

Quando si deriva rispetto a x, le altre variabili vengono considerate come costanti.

Derivate parziali: diverse derivate di una funzione di più variabili che è possibile considerare.

Derivate direzionali: le derivate parziali sono particolari derivate direzionali



Geometricamente: la derivata parziale corrisponde alla tangente trigonometrica dell'angolo che la retta tangente alla curva C nel punto P forma con la retta r d'intersezione tra i piani (xy) ed y = yo.

Teorema di Schwarz (o dell'invertibilità dell'ordine di derivazione parziale)

Se la funzione di due variabili f(x,y) ammette in (xo, yo) derivate seconde miste fxy,fyx continue, allora risulta fxy (xo, yo) = fyx(xo, yo).

Ciò implica che, quando ricorrano le condizioni previste, una funzione di due variabili ammette una sola derivata seconda mista.

Teorema di de L'Hopital

Siano f(x) e g(x) due funzioni di una variabile entrambe infinitesime (o infinite) in xo. supponiamo che f e g siano entrambe derivabili in un intorno di xo, e risulti, g'(x) diverso da zero. Allora, se esiste (finito o infinito) il limite tra le due derivate prime delle funzioni, esiste anche in xo, il limite del rapporto f(x)/g(x), e questo è uguale a quello.


Differenziale

La conoscenza della derivata prima in un punto ci permette di aggiungere informazioni circa f(xo).

Differenziale della f in xo :df(xo) il prodotto f'(xo)h scritto in corrispondenza all'incremento infinitesimo della variabile x; incremento che viene denotato con dx, per modo che risulta df(xo)=f'(xo)dx. il differenziale è funzione di x e dx. esso approssima l'incremento della funzione f corrispondente all'incremento della variabile indipendente da xo ad xo+dx, che denoteremo con δf(xo)

La differenza tra il differenziale e il vero incremento della stessa funzione tende a 0 al tendere a 0 di dx.

Formula e serie di Taylor

Con la formula di Taylor di ordine n per la funzione f, di punto iniziale xo e con la sommatoria che dà il polinomio di Taylor, qualunque funzione derivabile n volte, a meno del resto, può scriversi come un polinomio di grado n.




Se f è definita su un intervallo I contenente xo e, oltre ad ammettere derivata n-ma in xo, sia derivabile in I almeno n-1 volte, allora è possibile dimostrare che il resto n-mo della formula di Taylor è, in xo, infinitesimo di ordine superiore ad n rispetto all'infinitesimo campione x- xo.



La formula di Taylor permette di determinare, con un'approssimazione desiderata, i valori di qualunque funzione sufficientemente derivabile attraverso la valutazione di un polinomio.

Il resto rappresenta l'errore.


Se la funzione y=f(x) ammetta derivate di tutti gli ordini, accanto al polinomio di Taylor di ordine comunque elevato si può considerare per essa la serie di Taylor di punto iniziale xo. (nel caso particolare xo sia 0 la serie prende il nome di serie di Mac Laurin



Condizione necessaria e sufficiente perché la funzione f, supposta di classe Cin I, sia in I sviluppabile in serie di Taylor (ossia di classe Cω) è che per ogni x appartenente ad I risulti che il limiti all'infinito del resto sia uguale a 0.


CAPITOLO 10

Funzione crescente in xo: sia xo un punto appartenente al dominio I della funzione y = f(x), la funzione si dice crescente in xo se esiste un intorno Ixo di xo entro il quale la funzione assume, a sinistra di tale punto solo valori inferiori ad f(xo) e destra solo valori superiori. Tale definizione ha carattere locale.


Crescenza

Se f'(xo) > 0, la funzione y = f(x) è crescente in xo. Viceversa, se la funzione è crescente o non decrescente in xo, ed ivi è derivabile, risulta  f'(xo) > 0.


Se f'(xo) = 0, ed  f'(x) > 0 in tutto un intorno di xo, allora in xo, la funzione f è crescente.

Decrescenza

Se f'(xo) < 0, la funzione y = f(x) è decrescente in xo. Viceversa, se la funzione è decrescente o non crescente in xo, ed ivi è derivabile, risulta  f'(xo) < 0.


Se f'(xo) = 0, ed  f'(x)<0 in tutto un intorno di xo, allora in xo, la funzione f è decrescente.


Stazionarietà

Se la funzione y = f(x) è derivabile in xo, si dice che essa è stazionaria in xo, e che questo è punto si stazionarietà per quella, se f'(xo) = 0.

In un punto di stazionarietà la funzione può anche essere crescente o decrescente.


Punto di minimo relativo proprio: un punto xo, appartenente al dominio I della funzione y = f(x) è detto punto di minimo relativo improprio per f, se esiste un suo intorno di xo entro il quale la f assume solo valori superiori ad f(xo). (xo è minimo relativo improprio se la f assume valori non inferiori nell'intorno)

Punto di massimo relativo proprio: un punto xo, appartenente al dominio I della funzione y = f(x) è detto punto di massimo relativo improprio per f, se esiste un suo intorno di xo entro il quale la f assume solo valori inferiori ad f(xo). (xo è massimo relativo improprio se la f assume valori non superiori nell'intorno)

Punto di minimo assoluto proprio: un punto xo, appartenente al dominio I della funzione y = f(x) è detto punto di minimo relativo improprio per f, se per ogni x appartenente ad I f assume solo valori superiori ad f(xo). (xo è minimo assoluto improprio se la f assume valori non inferiori)

Punto di massimo assoluto proprio: un punto xo, appartenente al dominio I della funzione y = f(x) è detto punto di massimo relativo improprio per f, se per ogni x appartenente ad I f assume solo valori inferiori ad f(xo). (xo è massimo assoluto improprio se la f assume valori non superiori)


Il concetto di punto di minimo è diverso dal concetto di valore minimo: il primo è il valore della variabile indipendente (appartenente al dominio), in corrispondenza al quale la variabile dipendente assume un valore minimo (appartenente al codominio).

Punti di estremo: punti di massimo e di minimo.

I punti di massimo e di minimo non possono essere né di crescenza né di decrescenza.

Se xo è punto di massimo o di minimo per la funzione y = f(x), interno al suo insieme di definizione e tale che essa vi sia derivabile, risulta f' (xo) = 0. la retta tangente al grafico è infatti orizzontale, ed ha dunque coefficiente angolare nullo.

La derivata può tuttavia annullarsi in xo, senza che xo sia né di massimo né di minimo, così come la funzione può avere punti di massimo e minimo non rilevabili attraverso lo studio della derivata eguagliata a 0, in quanto:

la funzione può avere massimi e minimi in punti di non derivabilità

un punto del dominio tale che la funzione sia definita solo in un suo intorno unilaterale, ad esempio gli estremi, è un punto di estremo a tangente non necessariamente orizzontale.

Punto di minimo: punto prima e dopo del quale la funzione prima decresce poi cresce. Il contrario per il punto di massimo. La derivata dovrà rispecchiare tale andamento, e risulterà nel primo caso negativa prima e positiva dopo, il contrario nel secondo caso.


se la derivata prima si annulla ma è negativa in tutto un intorno di xo, xo è punto di stazionarietà e punto di flesso.

La derivata prima si annulla nel momento in cui incontra l'asse delle x in xo. se c'è attraversamento la derivata cambia segno nell'intorno di xo. ciò vuol dire che xo è punto di estremo. Se non c'è attraversamento, la derivata assume valori dello stesso segno sia  a destra che a sinistra. Ciò vuol dire che la funzione resta crescente o decrescente, e che xo non è punto di estremo.

Funzione convessa e concava: diremo che una funzione f derivabile in un punto xo è convessa (concava) in quel punto, se in xo la derivata prima della funzione risulta crescente (decrescente). Esiste anche la possibilità di definire convessa (concava) in xo una f(x) quando esista un intorno di xo in corrispondenza al quale il grafico di essa giaccia interamente al di sopra (al di sotto) della retta tangente in (xo, f(xo))

Un punto di minimo interno al dominio della funzione è obbligatoriamente un punto in cui la funzione è concava verso l'alto, ed uno di massimo è un punto in cui la funzione è invece convessa verso l'alto.

L'esame del segno della derivata seconda in xo può sostituire lo studio del segno della derivata prima nell'intorno di questo punto, in quanto la derivata seconda in xo dipende dall'andamento della derivata prima nell'intorno di xo.

Se in xo la derivata seconda si annulla e cambia segno cambia il verso della concavità, siamo nel caso del punto di flesso.

Se in xo la funzione y = f(x) ha nulle tutte le derivate dalla prima fino alla (k-1)-ma esclusa, ma risulta f k(xo) diversa da zero, allora:

per k pari: se la derivata k-ma è negativa, xo è punto di massimo per la f; se è positiva è punto di minimo.

per k dispari:  xo è punto di flesso analitico con tangente orizzontale

Matrice hessiana

Se Po è un punto di stazionarietà per la funzione z = f(x,y), interno al suo dominio, allora:

se la matrice hessiana è definita positiva, Po è per la funzione punto di minimo relativo improprio.

Se la matrice hessiana è definita negativa, Po è per la funzione punto di massimo relativo improprio.

Se la matrice hessiana è indefinita, Po non è per la funzione né punto di massimo né di minimo.


Punti di massimo e minimo vincolati: punto (xo, yo) di D' (sottoinsieme del dominio i cui punti soddisfano un'equazione del tipo g(x,y) = 0) per il quale esista un intorno Io cosiffatto, che in tutti i punti di D' appartenenti ad esso la f assume valori minori (maggiori) di f(xo, yo)

Funzione Lagrangiana: L(x,y;λ) = f(x,y) + λg(x,y) funzione artificiale usata per trovare i punti di estremo di z = (x,y) soggetti al vincolo. λ è detta moltiplicatore di Lagrange


CAPITOLO 11

Trapezoide: area della regione compresa tra il grafico e l'asse delle x, delimitata lateralmente dalle rette verticali per i punti estremi di I. (consideriamo una funzione continua su un intervallo I limitato, non importa se aperto o chiuso)

Una funzione è integrabile su un intervallo se e solo se gli integrali superiore e inferiore estesi ad un intervallo coincidono. Il comune valore prende il nome di integrale definito della f esteso all'intervallo I. ciò vuol dire che le sue somme integrali inferiori e superiori ammettono lo stesso limite.

Una funzione continua su un intervallo chiuso e limitato vi è integrabile.

Integrale definito tra a e b di una funzione limitata e a valori non negativi: area del trapezoide che tale funzione determina.

Un'area negativa corrisponderà ad un trapezoide situato nel semipiano negativo delle y.

Teorema della media per le unzioni limitate: se f(x) è limitata ed integrabile in [a,b], detti e ed E rispettivamente i suoi estremi inferiore e superiore, risulta: e(b-a)< f(x)dx<E(b-a)

Teorema della media

Se f(x) è continua nell'intervallo chiuso e limitato [a,b], esiste in tale intervallo un punto c per il quale si ha f(c)(b-a) =  ∫f(x)dx (esiste un valore c per il quale f(c) uguaglia l'area del trapezoide.

Funzione primitiva di f(x) in I: una funzione la cui derivata coincida, per ogni x appartenente ad I, con f. Aggiungendo ad una primitiva di una funzione f una qualunque funzione costante, si ottiene ancora una primitiva della stessa f.

Due diverse primitive della stessa funzione differiscono tra loro per una costante. Tale costante individuerebbe la posizione della curva.

Integrale indefinito: classe delle funzioni primitive di una funzione assegnata.

Teorema di Torricelli Barrow (teorema fondamentale del calcolo integrale)

Una funzione f continua su un intervallo chiuso e limitato [a,b] ammette ivi come primitiva la sua funzione integrale.




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