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L'assistenza infermieristica nell'infarto cardiaco

medicina




Facolta' di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea in Infermieristica


Esame clinica 2

Argomento:


L'assistenza infermieristica nell'infarto cardiaco



INDICE


Capitolo 1- L'infarto miocardico

1.1 Definizione



1.2 Epidemiologia

1.3 Fattori di rischio

1.4 Segni clinici


1.5 Diagnosi


1.6 Esami di laboratorio


1.7 Terapia


1.8 Complicanze


Capitolo 2- Nursing nell'infarto cardiaco


2.1 Raccolta dati e valutazione infermieristica

2.2 Diagnosi infermieristica


2.3 Intervento infermieristico


2.4 Verifica

Conclusioni

BIBLIOGRAFIA

Capitolo 1 -L'infarto miocardio

1.1 Definizione.

L'infarto miocardico è dovuto a un'ischemia prolungata che porta ad un danno cellulare irreversibile, cioè a morte cellulare. La morte cellulare si verifica dopo circa venti minuti di ischemia; a quel punto nelle aree necrotiche il miocardio non è più capace di conservare una funzione contrattile. L'infarto può interessare tutto lo spessore della parete miocardia ( infarto transmurale) oppure limitarsi alla porzione subendocardica quando non è colpito l'intero spessore.

Enzimi sono liberati dalle cellule miocardiche morte ed entrano in circolo; inoltre, entro poche ore, leucociti infiltrano l'area necrotica. Al momento dell'infarto si ha attivazione del sistema nervoso simpatico, che stimola lipolisi e glicogenolisi, formando in tal modo glucosio e acidi grassi liberi, come substrato per il metabolismo anaerobico del miocardio, privo d'ossigeno.

1.2 Epidemiologia

Tra le malattie del sistema circolatorio la cardiopatia coronaria rappresenta la malattia che per la sua rilevanza, è considerata ovunque un problema di salute prioritario. La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte nei maschi dopo i 35 anni e la principale, in entrambi i sessi, dopo i 45 anni. Però negli ultimi anni qualcosa sta cambiando, i meriti di questo cambiamento vanno ripartiti tra la prevenzione primaria, l'evoluzione scientifica e tecnologica della terapia medica, sia invasiva che non, e di quella chirurgica. Comunque nonostante ciò resta la prima causa di morte, e

secondo l'ISTAT in Italia tale mortalità è pari al 44%.

La mortalità anuale per infarto del miocardio è in Calabria pari a 48.7x 100.000 abitanti.

1.3 Fattori di rischio e prevenzione

Vari studi su larga scala hanno dimostrato una serie di fattori di rischio per la patologia cardiovascolare, quello più importante è senza dubbio l'ipercolesterolemia,

seguito da altri fattori come il fumo, l'ipertensione, una cattiva alimentazione e una scarsa attività fisica.

I fattori che caratterizzano l'ipercolesterolemia sono: colesterolo totale > 190 mg/dl;

trigliceridi, HDL < 40 mg/dl, LDH > 130 mg/dl.

Fumo di sigaretta.

Molti studi clinici e sperimentali dimostrano che il fumo di sigaretta incrementa sensibilmente il rischio coronario e di altre malattie aterosclerotiche. Il fumo incrementa la mortalità cardiovascolare totale influenzando tutte le cause cardiovascolari. Gli effetti nocivi sono correlati al numero di sigarette fumate e alla durata dell'abitudine. Il rischio cardiovascolare aumenta quando l'abitudine è contratta in età giovanile, ed è stato dimostrato recentemente la nocività del fumo passivo, quindi l'abolizione del fumo è una priorità di salute pubblica.

Ipertensione.

L'associazione tra pressione arteriosa ed eventi cardiovascolari è stata osservata in diversi studi, la maggior parte di questi sono concordi nell'affermare che la pressione diastolica è associata in modo positivo e indipendente con l'incidenza di patologie cardiovascolare, particolarmente in quei soggetti in cui la pressione diastolica era di 90 mmHg o più.

Diabete.

La malattia coronaria è caratterizzata nel paziente diabetico da maggior gravità e frequenza e da alterazioni metaboliche peculiari.

Le alterazioni metaboliche connesse al diabete costituiscono uno degli elementi della patogenesi della cardiopatia ischemica, le cui peculiarità sono 4:

  1. infarto acuto a esordio improvviso senza precedenti episodi anginosi.
  2. elevata incidenza di morte cardiaca improvvisa.
  3. ridotta sintomatologia dolorosa.
  4. decorso più rapido dei processi aterosclerotici per tutti i distretti vascolari.

In questi pazienti l'insufficienza coronaria assume caratteristiche diverse rispetto a quelle normalmente osservate nei pazienti non diabetici.

Il danno vascolare è più frequente e grave, spesso sono compromessi più vasi coronarici. Sono più frequenti anche i reinfarti e gli eventi ischemici primari.

Sovrappeso.

La relazione tra sovrappeso, obesità e patologia ischemica di cuore è stata analizzata in diversi studi, in molti dei quali è stato riportato un aumento del rischio di malattie cardiovascolari in pazienti fortemente obesi, ma il quadro del rischio nei diversi livelli di peso non è stato confermato.

Recentemente è stato dimostrato che l'obesità è associata con un aumentato rischio di infarto miocardico acuto, e di conseguenza soggetti moderatamente in soprappeso sono a più alto rischio dei magri, e questa relazione sarebbe più marcata al di sotto dei 55 anni. Sicuramente la relazione tra soprappeso e infarto miocardio rappresentano un punto chiave per la prevenzione di queste patologie.

Sedentarietà.

Molti studi hanno dimostrato che le persone fisicamente attive hanno meno rischio di malattia cardiaca rispetto a una persona passiva, e che l'effetto protettivo dell'attività fisica riguarda soprattutto l'occorrenza dell'evento, e non la sua gravità.

L'attività fisica apporta beneficio ed è quindi raccomandabile per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Menopausa.

La prima osservazione che ha fatto sospettare che la menopausa sia importante per le patologie cardiovascolari, è il paragone tra le curve di età specifiche nei due sessi: prima dei 50 anni la pendenza della curva di mortalità nelle donne è molto inferiore, intorno all'età della menopausa cambia per raggiungere o superare quella degli uomini.

La menopausa induce alcuni cambiamenti biologici come l'aumento del colesterolo, dei trigliceridi e della pressione arteriosa. Quindi la menopausa nel suo complesso rappresenta un fattore di rischio per la patologia cardiovascolare ma nonostante le ricerche non è possibile una quantificazione precisa del rischio.

Contraccettivi orali.

L'incidenza delle malattie ischemiche per le donne che assumono contraccettivi orali rispetto a quelle che non ne assumono è più alta e il rischio relativo complessivo è circa il doppio. Il rischio sembra comunque ristretto al momento dell'utilizzo, con un ritorno alla normalità con la sospensione del trattamento.

Familiarità.

Numerosi studi hanno dimostrato l'esistenza di una predisposizione genetica per la patologia cardiovascolare. Questo deriva dal fatto che molti fattori di rischio (ipertensione, diabete, ecc.) hanno una base genetica multifattoriale.

Stress.

Ciascuno stimolo fisico o emotivo, che evoca una risposta al sistema cardiovascolare è considerabile come fattore stressogeno, che se persiste, può costituirsi come rischio per le coronaropatie. Lo stress è strettamente collegato allo stile di vita delle società industrializzate.

La prevenzione.

La prevenzione è essenzialmente basata sulla modificazione dello stile di vita a rischio, particolare attenzione e oggi rivolta verso il fumo, la sedentarietà e l'alimentazione, che sono dei fattori di rischio modificabili.

Alimentazione.

Esistono diversi studi che si basano sulla diminuzione di ingestione di grassi saturi con la dieta in cui si conferma l'importanza della diminuzione dei livelli serici di colesterolo per una più efficace prevenzione della patologia cardiovascolare.

La base su cui poggia il trattamento dell'ipercolesterolemia è una dieta appropriata, povera di grassi e ricca di carboidrati. Alla fine degli anni cinquanta è stato riconosciuto che l'effetto dei grassi nella dieta sui livelli di colesterolo dipendeva dal tipo di grasso assunto: gli acidi palmitico e stearico aumentavano i livelli di colesterolo, mentre l'acido linoleico li riduceva: ciò dimostrava che i grassi saturi aumentano il colesterolo, mentre quelli insaturi o monoinsaturi hanno un effetto più favorevole. Quindi la sostituzione degli acidi grassi saturi con quelli insaturi nella dieta è il primo importante accorgimento da seguire.

Un altro accorgimento importante è quello di consumare molto pesce, l'osservazione è nata dalla considerazione che gli eschimesi e le popolazioni giapponesi, la cui dieta è ricca di pesce, avevano un incidenza molto bassa di malattie cardiovascolari.

Si è osservato poi che il pesce contiene un particolare grasso monoinsaturo chiamato acido grasso omega 3 (acido eicosapentaenoico e acido decosaesaenoico) che, oltre ad aumentare i livelli serici di HDL e diminuire quelli di VLDL, LDL, e trigliceridi agiscono sul sistema della coagulazione e sulla trombogenesi. Essi inoltre riducono l'aggregazione e l'attività piastrinica, il danno cellulare e l'attività costrittiva delle cellule della muscolatura liscia dei vasi.

I carboidrati non sembrano avere un effetto significativo sui livelli di colesterolo, mentre l'assunzione di fibre potrebbe avere un effetto protettivo sull'aterogenesi.

Queste ultime contenute nella frutta, nei legumi e nell'avena potrebbero abbassare i livelli di colesterolo del 5-10 %.

Per la popolazione generale è sufficiente attenersi a queste semplici regole per mantenere ed abbassare la concentrazione di colesterolo, mentre solo per pochi le restrizioni dietetiche non sono sufficienti, ad esempio per quelle persone che hanno difetti nel metabolismo e soprattutto in quelli con ipercolesterolemia familiare, a questa va aggiunta una terapia farmacologia basata su dei ipocolesterolemizzanti.

Alcool.

L'assunzione di alcolici è correlata alla mortalità cardiovascolare con una curva ad "u". I consumatori di moderate quantità di alcolici (1-3 bicchieri di vino al die.) presentano una mortalità cardiovascolare inferiore rispetto ai soggetti totalmente astemi sia rispetto ai forti bevitori.

Esercizio fisico.

La regolare attività fisica di tipo aerobico esercita effetti positivi sia funzionali che metabolici, determinando la riduzione del peso corporeo, della pressione arteriosa, dei lipidi plasmatici. Le attività sportive migliori comprendono il passeggio con andatura molto sostenuta, il footing, il ciclismo, il nuoto


1.4 Segni clinici


  1. Dolore di durata superiore ai venti minuti che non scompare con l'uso di nitroglicerina di tipo costrittivo a sede retro e sotto- sternale, s'irradia al collo, alla mandibola, al braccio e alla schiena.
  2. Nausea e vomito per stimolazione riflessa del centro del vomito.
  3. Sudorazione e vasocostrizione per stimolazione simpatica.La cute appare fredda e viscida.
  4. Febbre, quale manifestazione sistemica del processo infiammatorio del miocardio infartuato.
  5. Disturbi dell'alvo.

1.5 Diagnosi

La diagnosi è posta in base alla storia clinica, ai reperti elettrocardiografici e agli elevati tassi ematici degli enzimi cardiaci. I segni elettrocardiografici tipici di infarto con onda Q comprendono in fase iniziale onde T iperarcuate e sopraslivellamento del tratto ST, segni dell'inversione dell'onda T e lo sviluppo dell'onda Q. In caso di infarto sub-endocardico i reperti sono rappresentati dall'inversione dell'onda T e dal sottoslivellamento del tratto ST.


1.6 Esami di laboratorio

La necrosi miocardia provoca il rilascio in circolo di enzimi (CPK, LDH,GOT). La CPK aumenta dopo 6-8 ore dall'infarto, raggiunge l'acme dopo 24 ore e si normalizza dopo 48-72 ore.

L'isoenzima MB-CPK è il più specifico per cui una sua e elevazione è patognomonica di infarto del miocardio.

Anche i livelli di LDH, in particolar modo l'isoenzima LDH 1 aumentano dopo 24-48 ore, raggiungono il picco in 3-5 giorni, normalizzandosi in 7-14 giorni.

Meno utili sono la leucocitosi massima dopo 3-4 giorni e l'aumento moderato della VES.

Di recente è stato descritto come indice sensibile e specifico di danno miocardico un aumento dei livelli sierici della Troponina T ed I.

1.7 Terapia

Nel trattamento dell'infarto si adotta una terapia iniziale classica:

1. Soppressione del dolore, il farmaco di scelta è la morfina 2-4 mgEV in 5 minuti da ripetere ogni 10 minuti fino alla scomparsa del dolore; con conseguente riduzione del consumo miocardico di ossigeno.

2. Ossigeno terapia 2-3 litri al minuto nelle prime ore.

3. Sedazione del paziente somministrando Diazepan 5-10 mg EV.

La somministrazione di nitroglicerina e o di beta-bloccanti costituiscono la seconda linea di trattamento del dolore refrattario alla morfina, i quali sono in grado di ridurre l'estensione dell'area infartuata. In tutti i pazienti deve essere somministrato acido-acetil-salicidico.

L'intervento terapeutico più efficace, entro 4-6 ore dall'esordio è rappresentato dalla trombolisi medianter farmaci fibrinolitici, capaci di ottenere la riperfusione del miocardio ischemico, di ridurre l'area di necrosi. I principali farmaci trombolitici disponibili in commercio sono la Streptochinasi. La terapia del post infarto prevede l'uso di beta-bloccanti finalizzato a ridurre il lavoro cardiaco, di anti aggreganti da iniziare nella fase acuta, di calcio-antagonisti e di farmaci ipolipidemizzanti.

1.8 Complicanze

Le complicanze dell'infarto sono numerose e spesso mortali. Si possono osservare, aritmie ipo ed ipercinetiche, shock cardiogeno, rottura cardiaca, aneurisma ventricolare, tromboembolismo, pericardite.



Cap.2 Processo di nursing

2.1 Raccolta dei dati e valutazione infermieristica


  1. Si raccolgono informazioni circa il dolore toracico del paziente.

a.  Natura e intensità del dolore: si descriva il dolore secondo le parole del paziente stesso e lo si faccia paragonare con un dolore provato nel passato.

b. Inizio e durata del dolore: si descriva il momento esatto in cui è comparso e al caso anche il momento in cui il dolore è passato o si è ridotto.

c.  Sede e irradiazione del dolore: il paziente indichi l'area dove è localizzato il dolore e altre aree dove il dolore sembra dirigersi.

d. Fattori precipitanti e aggravanti: si descrivano le attività eseguite subito prima dell'inizio del dolore e se una qualche manovra o qualche farmaco ha migliorato il dolore.

e.  Altri sintomi da tenere in  considerazione: Si osservi eventuale pallore superficiale, dispnea, atteggiamento di difesa, debolezza estrema, confusione.


  1. Si valuti lo stato cognitivo comportamentale ed emotivo.

  1. Si interroghi il paziente sul suo precedente stato di salute, mettendo l'accento sui farmaci che sta prendendo, sulle allergie recenti, traumi o interventi chirurgici, uso di farmaci, alcool.
  2. Si analizzino tutte queste informazioni alla ricerca di eventuali controindicazioni per le terapie tromboembolitica o per l'angioplastica per cutanea coronaria.
  3. Si valuti la reazione delle persone più vicine al paziente nelle situazioni di crisi.

2.2 Diagnosi infermieristica

  1. Dolore riferibile allo squilibrio tra rifornimento e domanda di ossigeno.
  2. Ansietà dovuta al dolore toracico, alla paura della morte, all'ambiente preoccupante.
  3. Riduzione della portata cardiaca dovuta alla  compromissione della contrattilità.
  4. Intolleranza all'attività dovuta all'insufficiente ossigenazione per l'esecuzione delle attività nella vita quotidiana.
  5. Effetti decondizionanti del riposo a letto.
  6. Rischi di lesioni ( emorragie) dovuti alla dissoluzione dei coaguli protettivi.
  7. Alterazioni della perfusione dei tessuti ( miocardio), dovute ad una nuova stenosi coronaria o ad un'estensione del coagulo.
  8. Reazione inefficace del soggetto, dovuta a perdita della propria autostima, all'interruzione del ritmo sonno- riposo, alla mancanza di un sistema di aiuto significativo, alla perdita di controllo.

2.3 Interventi infermieristici

1° CASO: dati obiettivi: polso 110 irregolare , pressione 90/68, respirazione 28; pressione sinusale con contrazioni ventricolari premature frequenti, mentre l'ECG mostra un sollevamento dell'S-T nelle derivazioni II, III AVF. In questa fase non ci sono le onde q significative. Il paziente si presenta pallido e sudato.

Diagnosi infermieristica: Dolore in rapporto allo squilibrio tra rifornimento e domanda di ossigeno.

Obiettivo: Riduzione del dolore.

Interventi infermieristici ( attuazione):

  1. Si metta il paziente a letto in posizione semiseduta.
  2. Si somministri ossigeno mediante una cannula nasale.
  3. Si somministri morfina e nitroglicerina come da prescrizione.
  4. Si controlli la P. A. mediante un controllo della pressione non invasivo.
  5. Si somministri e si controlli la terapia trombolitica.

2° CASO: Ridotta portata cardiaca in rapporto alla ridotta contrattilità cardiaca e alle disritmie.

Obiettivo: miglioramento della portata cardiaca.

Interventi infermieristici:

1. Si somministrino come prescritto liquidi endovena per compensare la riduzione del ritorno venoso. Verificare se c'è il miglioramento della pressione arteriosa.

2. Si controllino i segni dell'eventuale comparsa di scompenso ventricolare sinistro, si auscultino i polmoni per cercare rantoli ( si può avere scompenso ventricolare sinistro per riduzione di contrattilità o per la somministrazione di liquidi endovenosi in eccesso).

3. Si controlli ogni ora la diuresi perché una diminuzione può indicare una diminuzione del flusso ematico renale. Verificare se la diuresi è uguale a 30 ml/ ora.

4. Si controlli lo stato mentale perché le sue modificazioni possono indicare riduzione della portata cardiaca. Verificare se il paziente rimane vigile e ben orientato.


3° CASO: Diagnosi infermieristica: ansietà dovuta a dolore toracico, alla paura della morte , all'ambiente preoccupante , ai trattamenti invasivi e alla prognosi.

Obiettivo: diminuire l'ansia.

Interventi infermieristici :

  1. Si spieghi l'attrezzatura , i procedimenti e la necessità di frequente valutazione sia al paziente che ai suoi familiari , si chiariscano le ore di visita e si insista sulla necessità di riposo. Questo aiuta a ridurre l'ansia dovuta all'ambiente preoccupante.
  2. Si osservino i segni vegetativi dell'ansietà , come aumento della frequenza cardiaca, aumento della pressione e della frequenza respiratoria.
  3. Si somministri Diazepam .
  4. Ci si offra di massaggiare il dorso del paziente.
  5. Si assicuri una continuità di assistenza, perché l'assiduità del personale e la costanza della routine favoriscono fiducia e confidenza.

2.4 Verifiche.

  1. Verificare se il paziente segnala scomparsa del dolore.
  2. Verificare se la pressione del sangue e la frequenza cardiaca sono stabili.
  3. Verificare se il paziente segnala riduzione delle ansietà e buona capacità di reagire.
  4. Nell' eventualità che tali obiettivi non siano stati raggiunti dal paziente, ricominciare dalla raccolta dati.

Conclusioni

Il controllo dei fattori di rischio e l'adozione di misure dietetico comportamentali stanno assumendo un ruolo importante nella prevenzione dell'infarto miocardico.

Bibliografia

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