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Il sistema tragico alfieriano (riferimento ad almeno due tragedie)

letteratura italiana



Il sistema tragico alfieriano (riferimento ad almeno due tragedie)

Accanto ad un certo numero di opere rifiutate e abbozzi, il corpus del teatro alfieriano consta di sei commedie e diciannove tragedie. L'elaborazione delle tragedie si svolge negli anni più fertili e ricchi della produzione alfieriana. Nella scrittura delle queste converge l'intera personalità alfieriana: l'irrequietezza esistenziale e il desiderio di grandezza.

Ragioni

Le ragioni che indussero Alfieri ad un massimo impegno nella loro composizione è dovuto a una ragione di temperamento, quello alfieriano era portato naturalmente alla teatralizzazione dei conflitti interiori, i suoi personaggi paiono esprimere l'identità dell'autore da vari punti di vista; la sfida proposta dalla mancanza di un modello a cui riferirsi nella tradizione letteraria italiana, che permise ad Alfieri di esprimere la propria personalità e di far convivere la ripresa dei grandi modelli letterari nazionali e la fondazione del nuovo; le ragioni ideologiche, i rapporti interpersonali alfieriane erano ricondotti alla tipologia fissa di bene-male, coraggio-viltà, libertà-tirannide; la ricerca di una forma d'arte aristocratica ed elitaria, ben distante dai generi di maggior successo come il romanzo, disprezzati da Alfieri. Alfieri si rifiutava di misurarsi con il pubblico, le stampe delle tragedie erano curate e pagate personalmente dall'autore e destinate ad una circolazione ristretta, mentre le rappresentazioni si svolgevano esclusivamente in salotti aristocratici, affidate a compagnie di dilettanti e riservata ad uno strettissimo pubblico di invitati non paganti.



Metodo di composizione

Il metodo di composizione alfieriano si articolava in tre fasi: ideare, stendere, verseggiare. La prima fase consisteva nella scelta del soggetto, nello sviluppo della trama, nella distribuzione della materia atto per atto e scena per scena, nell'organizzazione del sistema dei personaggi. La stesura consisteva nello svolgimento in prosa dell'azione teatrale. Nell'ultima fase la tragedia assumeva l'aspetto definitivo, riorganizzando la prosa in endecasillabi sciolti. Non sono rari i casi di varie versificazioni per un solo componimento, Alfieri infatti aveva trasformato la cura rivolta alle proprie opere in un instancabile lavoro correttorio.

Forma

Il modello adottato è quello classico delle tradizione aristotelica: la tragedia presenta unità di luogo, tempo ed azione, è divisa in cinque atti e presenta un numero ristretto di personaggi (solitamente da quattro a sei). Vi è un uso frequente di monologhi che valorizzano la dimensione dell'interiorità e accresce la tensione attorno ai personaggi, tutti essenziali allo svolgimento del dramma. Lo stile e la metrica cooperano all'innalzamento della materia. Il lessico è scelto ed elevato e rifugge ad ogni tratto di quotidianità e banalità. La sintassi si presenta carica di tensioni, alla naturalezza si sostituisce il senso di eccezionalità, la ricerca del sublime. L'endecasillabo, scelto per il rispetto alla tradizione classica, è forzato in cerca di espressività forti, potenziate dai frequenti enjambements, infatti ad Alfieri interessa la rottura e la disarmonia. Nel Filippo (1775) sono presenti i temi fondamentali del teatro alfieriano: il tiranno disposto a tutto pur di affermare la propria personalità, la virtù eroica e il dissidio insanabile.

Saul

Tra le più riuscite tragedie sta il Saul, una delle predilette dell'autore. Questa fu la quattordicesima delle tragedie approvate,  con cui Alfieri avrebbe voluto chiudere la propria attività di tragediografo. La fonte è il Libro dei Re della Bibbia, ma l'autore ne alterna notevolmente la vicenda, concentrandone il tempo in ventiquattro ore previste dal canone aristotelico, semplificandone la dinamica e l'intreccio e inventando dei particolari. La figura di Saul è l'unica presentata in forma problematica, gli altri, David, Micol e Gionata, hanno il comune destino di vivere in modo assoluto il senso del dovere, cioè il rispetto del re e la sua volontà. Il fatto che nessuno riesca ad entrare in contatto con il nodo problematico che turba il re provoca una condizione di tragica solitudine, che sarà la sua condanna. Nel re vi sono uno smisurato senso di affermazione personale, di indipendenza nel giudizio, nelle scelte, negli affetti, una volontà di primeggiare senza compromessi, ma dall'altra parte si sono affermati in un il bisogno di essere rassicurato, i desiderio di amare ed essere riamato, il riconoscimento dei valori altrui. Le due serie di spinte interiori sono, però, inconciliabili. L'attenzione è tutta incentrata sulla personalità del protagonista, che non appare più dotato di un carattere unitario come i precedenti eroi alfieriani: lo scontro non avviene più tra due personalità, ma vive all0interno della psiche del protagonista. Ciò mostra l'evoluzione del sistema tragico alfieriano, che in questo capolavoro si interroga sull'interiorità del suo personaggio tipico.

Al Saul seguono circa due anni di allontamento dal teatro tragico, a cui tornerà dal 1884. Si registra un'alternanza di temi tradizionalmente alfieriani e di motivi nuovi. L'influenza della poetica neoclassica, favorita dal trasferimento a Parigi, si nota nella nuova compostezza strutturale e stilistica.  

Mirra

Quest'opera appartiene al gruppo più tardo delle tragedie alfieriane, nella pubblicazione parigina Alfieri appose un sonetto di dedica alla contessa d'Albany. Il soggetto è tratto dal racconto dell'amore di Mirra per il padre, narrato da Ovidio, la tragedia però altera la conclusione del mito. Quest'opera costituisce un caso-limite: sono del tutto assenti l'elemento politico, il contrasto interpersonale, il soggetto non è minacciato. Il motivo di conflitto nasce tutto all'interno della protagonista: questa cerca a lungo di reprimere una pare di sé percepita colpevole e socialmente inaccettabile, e resiste ai continui interrogatori dei famigliari che tentano di aiutarla. Se alla base dell'universo alfieriano stava la contrapposizione tra liberta e tirannia, ora ad apparire minato è l'individuo, in preda a lacerazioni interiori e a irregolarità morali che lo rendono debole e lo escludono dalla società. Il conflitto ora si sposta sull'asse innocenza-empietà: Mirra è innocente finché riesce a nascondere la propria passione, diviene empia nel momento in cui la pronuncia. La morte ha perciò la funzione di punire questa empietà, senza poter riscattare l'innocenza perduta. Anche questa è una novità nel teatro alfieriano.




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