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Scienza cognitiva
Scienza cognitiva oggi e domani
di Domenico Parisi, CNR, Roma
Una definizione minima di scienza cognitiva
Che cos'è la scienza cognitiva? Non è che sia molto facile rispondere a questa domanda. Noi oggi
vogliamo creare una società italiana di scienza cognitiva ma quando cerchiamo di dire che cosa è
la scienza cognitiva abbiamo qualche difficoltà ad arrivare a una definizione che copra tutto
quello che vorremmo far rientrare nella scienza cognitiva e che però non sia troppo vaga e
generica - e che metta d'accordo tutti. Ma questo non deve spaventarci perchè la ricerca nella
scienza spesso si trova di fronte a situazioni di questo genere, e una situazione dinamica e che
non manca di contrasti come è quella della scienza cognitiva può essere anche una situazione di
sviluppo e di innovazione.
In realtà la scienza cognitiva è una importante novità nello studio della mente emersa negli ultimi
decenni del Novecento. La scienza cognitiva è formalmente nata negli Stati Uniti alla fine degli
anni 70, ma già nei due decenni precedenti, cioè dagli anni 50, la "rivoluzione cognitiva" aveva
posto le premesse della scienza cognitiva e in effetti aveva fatto scienza cognitiva senza usare
l'espressione. In effetti dalla "rivoluzione cognitiva" degli anni 50 la scienza cognitiva eredita il
principio anticomportamentista in base al quale per capire il comportamento bisogna studiare la
mente, cioè bisogna andare al di là degli stimoli e delle risposte e ricostruire quello che c'è in
mezzo tra gli stimoli e le risposte.
In ogni caso la Cognitive Science Society è nata nel 1978, e la rivista Cognitive Science, che poi diventerà
la rivista ufficiale della società, è nata un anno prima, nel 1977. Siamo quindi, in Italia, con un
ritardo di quasi un quarto di secolo. Ma il nostro ritardo può essere un vantaggio perchè
possiamo partire da più avanti, dato che ovviamente in questo quarto di secolo la scienza
cognitiva è cambiata e si è evoluta. Quello che dobbiamo evitare è partire da una scienza
cognitiva invecchiata, una scienza cognitiva che oggi non c'è più, senza tener conto di quello che
è successo in questo quarto di secolo.
Perchè la scienza cognitiva rappresenta una novità importante nello studio della mente? Perchè la
scienza cognitiva solleva due problemi che oggi sono cruciali nella ricerca sulla mente. Se
dovessimo dire quali sono i due requisiti minimi per parlare di scienza cognitiva, oltre al principio
anticomportamentista che è alla base della "rivoluzione cognitiva" di cui ho già parlato, diremmo
che, primo, la scienza cognitiva è un approccio interdisciplinare allo studio della mente e,
secondo, che la scienza cognitiva chiama in causa, in un modo o nell'altro, il computer, mettendo
in relazione lo studio della mente "naturale", così come si presenta "in natura", negli esseri
umani, con lo studio della mente "artificiale", così come si presenta, o cerca di presentarsi, in
artefatti, in sistemi fatti da noi.
L'interdisciplinarietà e il rapporto naturale/artificiale sono due problemi fondamentali che oggi si
pongono nello studio della mente. Prendiamo l'interdisciplinarietà. Le divisioni disciplinari
esistono in tutta la scienza. Esse sono una ovvia necessità pratica, dato che non tutto può essere
studiato insieme e da un'unica disciplina, ma rimane il fatto che la realtà non è divisa secondo le
linee che separano le discipline scientifiche. Nelle scienze della natura, nella fisica, nella chimica,
nella biologia, le divisioni disciplinari fanno poco danno. Le differenti discipline che studiano la
natura fanno tutte riferimento a uno stesso quadro concettuale e esplicativo (tutti i fenomeni
sono effetti di cause in ultima analisi fisiche e hanno tutti una natura intrinsecamente quantitativa)
e usano tutte uno stesso metodo di ricerca, l'esperimento di laboratorio. Invece nelle scienze che
studiano il comportamento umano - sia la mente e il comportamento individuale che i
comportamenti e le istituzioni collettive - le divisioni disciplinari fanno parecchio danno, dato che
le scienze dell'uomo hanno quadri concettuali e esplicativi spesso molto differenti l'una dall'altra e
metodi di ricerca differenti, con il risultato di produrre un mosaico di conoscenze in cui le tessere
non si combinano bene l'una con l'altra. La scienza cognitiva ha posto questo problema con
chiarezza, e nonostante che i problemi del dialogo tra le discipline rimangano, in un certo senso
ha imposto questo dialogo. Se una persona si qualifica come scienziato cognitivo, è uno psicologo
o un ingegnere o un neuroscienzato o un linguista o uno scienziato sociale che non crede di poter
capire tutto quello che vuole capire restando dentro alla sua disciplina. E questo è già un primo
passo importante.
Anche l'altra caratteristica definitoria della scienza cognitiva, il mettere in collegamento lo studio
della mente "naturale" con lo studio della mente "artificiale", tocca un problema cruciale della
scienza attuale. L'idea che si sta facendo strada oggi nella scienza è che si possa conoscere la
realtà non solo osservandola e descrivendola con cura e obbiettività, e proponendo teorie che la
spiegano, come fa da sempre la scienza, ma anche riproducendola in un sistema costruito da noi.
Questa idea è emersa con forza con l'avvento del computer perchè solo il computer è una
macchina abbastanza potente per poter pensare di riprodurre la realtà. Se riusciamo a riprodurre
la realtà, in qualche modo l'abbiamo capita, cioè analizzata, spiegata, e ricostruita pezzo per
pezzo. In effetti, mettendo lo studio della mente artificiale accanto a quello della mente naturale,
la scienza cognitiva si inserisce in una tendenza di fondo di tutta la scienza di oggi: il diventare
sempre più vicine, fino quasi a confondersi, della scienza e della tecnologia, del cercare di
conoscere e capire la realtà così come è, e del cercare di modificare la realtà perchè risponda
meglio - si spera - ai nostri bisogni.
Fin qui abbiamo parlato dei requisiti minimi per parlare di scienza cognitiva, e abbiamo visto che
i due requisiti minimi che definiscono la scienza cognitiva sollevano problemi fondamentali della
scienza di oggi. Ma c'è un altro punto di carattere generale che voglio discutere subito: quale è
esattamente l'oggetto di studio della scienza cognitiva? Che cosa studia la scienza cognitiva? Già
qui le cose si complicano e le posizioni tendono a divergere. Certe volte l'espressione "scienza
cognitiva" viene interpretata nel senso che la scienza cognitiva è la scienza che studia non la
mente in generale ma la cognizione, gli aspetti cognitivi della mente, la sua intelligenza. Questo
punto di vista ha radici antiche. Nell'editoriale del primo numero della rivista Cognitive Science, nel
1977, in cui si cerca di definire che cosa è la scienza cognitiva, l'editor della rivista, Allan Collins,
dice che la scienza cognitiva avrebbe potuto anche chiamarsi "teoria dell'intelligenza" o
"epistemologia applicata" (l'epistemologia è quella parte della filosofia che si occupa della
conoscenza). E ancora oggi, per qualche motivo un po' curioso, è successo che il nostro istituto è
stato chiamato Istituto per le Scienze e le Tecnologie della Cognizione, invece che Istituto per le
Scienze e le Tecnologie Cognitive. La formula "scienze e tecnologie della cognizione" definisce
un oggetto di studio, la cognizione. Invece la formula "scienze e tecnologie cognitive" definisce
un certo modo di studiare tutta la mente, quello della scienza cognitiva.
Invece, come ha chiarito molto bene Margaret Boden nella sua relazione dedicata alla scienza
cognitiva al convegno sulla scienza all'inizio del nuovo millennio tenutosi a Londra per
l'inaugurazione del Millennium Dome, la scienza cognitiva studia la mente, non la cognizione, cioè
studia tutta la mente e il comportamento umano, non solo i suoi aspetti cognitivi. La
consapevolezza che è necessario studiare tutta la mente, incluse le sue componenti
psicodinamiche e emotive e le sue componenti sociali, senza le quali non è possibile capire
neppure quelle cognitive, è uno degli sviluppi positivi della scienza cognitiva di cui oggi
dobbiamo tener conto - e che ci dovrebbe spingere a non cercare di dare una lettura
esclusivamente cognitiva delle componenti emotive e sociali. Ma, nonostante questo, oggi ci sono
oggi importanti direzioni di ricerca nello studio dei comportamenti collettivi umani e delle
istituzioni sociali umane che rispondono pienamente ai due requisiti minimi per parlare di scienza
cognitiva (sono fortemente interdisciplinari e cercano di capire i fenomeni "naturali"
riproducendoli in sistemi "artificiali") e che tuttavia non rientrano nella scienza cognitiva ufficiale.
Scienza cognitiva computazionale e scienza cognitiva neurale
Ma lo sviluppo più importante che si è verificato di recente nella scienza cognitiva e che rende il
quadro attuale della scienza cognitiva piuttosto diverso da quello degli inizi è che oggi esistono
non una ma due scienze cognitive, e avere chiara consapevolezza del fatto che esistono due
scienze cognitive è importante perchè quello che distingue le due scienze cognitive è forse oggi la
divisione e la contrapposizione fondamentale nello studio della mente.
Da un lato esiste la scienza cognitiva computazionale, dall'altro esiste la scienza cognitiva neurale.
Le due scienze cognitive sono caratterizzabili in base a due differenze fondamentali. Per la
scienza cognitiva computazionale, la mente è come il software di un computer, è un sistema
computazionale, e di conseguenza, come il software del computer può e deve essere studiata
ignorando la macchina fisica, l'hardware, che fa da supporto al software, cioè il cervello e, più
generalmente, il corpo. Per la scienza cognitiva neurale invece la mente non ha nulla a che fare
con il software di un computer, non è un sistema computazionale, e per capire la mente bisogna
partire dal cervello e dal corpo. Si tratta in entrambi i casi di scienza cognitiva in quanto in
entrambi i casi l'approccio è interdisciplinare, in entrambi i casi viene chiamato in causa il
computer, e in entrambi in casi il principio resta quello della "rivoluzione cognitiva" di guardare a
quello che c'è in mezzo tra stimoli e risposte. Solo che il mix di discipline è diverso (soprattutto
psicologia cognitivista, informatica e linguistica formale per la scienza cognitiva computazionale,
soprattutto psicologia non cognitivista, neuroscienze, fisica e, in misura crescente, scienze sociali,
per la scienza cognitiva neurale), il computer ha un ruolo diverso (fonte di ispirazione per i
modelli della mente per la scienza cognitiva computazionale, semplice strumento per fare le
simulazioni per la scienza cognitiva neurale), e quello che lo scienziato cognitivo trova quando
guarda a quello che c'è in mezzo tra stimoli e risposte è diverso (la scienza cognitiva
computazionale ci trova il computer, quella neurale il cervello).
Le due scienze cognitive differiscono anche in altri aspetti, inclusi i loro orientamenti più
generalmente culturali. Mi limiterò a elencare queste differenze senza discuterle. La scienza
cognitiva computazionale:
parte dalla mente ormai fatta e, eventualmente, studia come si sviluppa, nell'individuo,
nella specie e nel mondo animale
ritiene che le componenti cognitive della mente siano più importanti di quelle dinamiche
ha una visione della realtà come costituita da sistemi semplici
tende ad essere scientista: la scienza è l'unico o almeno il migliore modo di conoscere la
realtà.
Invece la scienza cognitiva neurale:
studia l'origine e lo sviluppo della mente per arrivare alla mente ormai fatta
ritiene le componenti dinamiche più importanti di quelle cognitive
ha una visione della realtà come costituita da sistemi complessi
tende a non essere scientista: la scienza non è l'unico e talvolta neppure il migliore modo
di conoscere la realtà.
Invece alcune pretese differenze tra la scienza cognitiva computazionale e la scienza cognitiva
neurale in realtà non ci sono. Ad esempio non è vero che la scienza cognitiva computazionale è
modulare e la scienza cognitiva neurale è nonmodulare, dove un modulo è una componente
specializzata e relativamente autonoma della mente. La sola cosa che è vera è che i moduli per la
scienza cognitiva computazionale sono definiti in modo non neurale (e solo dopo,
eventualmente, si cerca la base neurale di moduli definiti in modo non neurale), mentre per la
scienza cognitiva neurale i moduli sono definiti in modo neurale fin dall'inizio, cioè come
strutture anatomiche e fisiologiche del sistema nervoso. Un altro esempio di non differenza è che
non è vero che la scienza cognitiva computazionale è innatista e la scienza cognitiva neurale è
anti-innatista. Quello che è vero è che la scienza cognitiva computazionale (con quella che oggi si
chiama la psicologia evoluzionistica) si limita a postulare o a dedurre dal comportamento le basi
innate del comportamento umano mentre la scienza cognitiva neurale realizza delle simulazioni in
cui le possibili basi innate del comportamento emergono usando gli algoritmi genetici.
Ma le differenze di fondo tra la scienza cognitiva computazionale e quella neurale emergono
anche considerando le cose da altri punti di vista. La mente è stata studiata per millenni dai
filosofi, dal De anima di Aristotele in poi, ma solo alla fine dell'Ottocento si dice che sia nata una
scienza della mente, cioè la psicologia. La psicologia è scienza della mente e non più soltanto
filosofia perchè alle fine dell'Ottocento, con la creazione dei primi laboratori sperimentali di
psicologia, i fenomeni della mente sono stati studiati per la prima volta con lo stesso metodo
usato dalle scienze della natura, cioè con il metodo sperimentale. Ma la psicologia per tutto il
Novecento è rimasta una rivoluzione a metà. Gli psicologi hanno adottato il metodo delle scienze
della natura ma hanno continuato ad usare un vocabolario mentalistico e qualitativo
nell'interpretare e spiegare i fenomeni del comportamento e della mente ben diverso dal
vocabolario delle scienze della natura che fa riferimento solo a cause fisiche che producono effetti
fisici e a entità e processi aventi una natura intrinsecamente quantitativa. La scienza cognitiva
computazionale non ha cambiato nulla da questo punto di vista. Anzi ha rafforzato il dualismo
concettuale della psicologia dandogli una nuova legittimità sulla base dell'analogia con la
distinzione tra software e hardware del computer.
La scienza cognitiva neurale è invece un tentativo di completare la rivoluzione scientifica della
psicologia, adottando nello studio della mente non solo i metodi delle scienze naturali ma anche il
loro vocabolario concettuale. Lo strumento usato a questo scopo sono le reti neurali, modelli
nello stesso tempo del sistema nervoso e del comportamento che risulta dal funzionamento del
sistema nervoso. In una rete neurale non accade nulla che non siano cause fisico-chimiche che
producono effetti fisico-chimici e ogni entità, meccanismo e processo ha natura intrinsecamente e
fino in fondo quantitativa.
Un'altra differenza di fondo tra le due scienze cognitive riguarda la relazione che le due scienze
cognitive hanno con la filosofia. La filosofia ha svolto e continua a svolgere un ruolo molto
importante nella scienza cognitiva computazionale. Questo si spiega con il dualismo concettuale
che è ancora alla base della scienza cognitiva computazionale. In una scienza cognitiva che ancora
adotta un apparato di concetti mentalistici in buona parte derivato non soltanto dall'uso
quotidiano del linguaggio con cui parliamo nella vita di tutti giorni del comportamento nostro e
altrui ma proprio dalla tradizione filosofica, c'è ancora spazio per un contributo della filosofia. Se
invece, come fa la scienza cognitiva neurale, si adotta lo stesso apparato concettuale delle scienze
della natura (cause fisiche che producono effetti fisici, natura non più qualitativa ma puramente
quantitativa del fenomeni), la filosofia sembra destinata a ritirarsi dalle scienze della mente così
come ha fatto ormai da un paio di secoli dalle scienze della natura (il suo fondamentale ruolo
critico, ovviamente, resta nei riguardi di tutti e due i tipi di scienze.)
La differenza può essere vista considerando il ruolo del linguaggio. La filosofia è analisi e
ragionamento concettuale, che in pratica vuol dire che la filosofia ha a che fare con i concetti
espressi nelle nostre parole. Perciò il linguaggio è la vita stessa della filosofia. Ma il linguaggio è
centrale anche nella scienza cognitiva computazionale, dato che questa scienza cognitiva
concepisce la mente come manipolazione di simboli. Per questo la venerazione per il linguaggio
unisce la filosofia e la scienza cognitiva computazionale. Le cose stanno diversamente per la
scienza cognitiva neurale. Adottando il vocabolario concettuale delle scienze della natura la
scienza cognitiva neurale si schiera nettamente per una concezione della scienza come di
un'impresa conoscitiva che per conoscere la realtà deve guardare al di là del linguaggio. Il
linguaggio per la scienza cognitiva neurale non è che un fenomeno empirico tra i tanti, a cui la
mente arriva partendo da qualcosa che non è linguaggio.
Quello che è cambiato nella scienza cognitiva
La comparsa della scienza cognitiva neurale è il maggior cambiamento avvenuto nella scienza
cognitiva dalla sua comparsa. Ma non è l'unico. Ci sono altri cambiamenti. Vediamo quali.
(a) Psicolinguistica
La psicolinguistica è stata storicamente la punta di diamante della rivoluzione cognitiva e della
scienza cognitiva. La psicolinguistica è un approccio interdisciplinare perchè mette insieme due
discipline, la psicologia e la linguistica, nello studio del linguaggio. Inoltre la psicolinguistica è
stata all'inizio in larga misura il tentativo da parte degli psicologi di dimostrare con i loro
esperimenti la "realtà psicologica" dei modelli della competenza linguistica, soprattutto sintattica,
elaborati da Chomsky e dai suoi seguaci. Questi modelli sono esempi paradigmatici di modelli
formali ispirati al computer e in effetti Chomsky è stato negli anni 50 e 60 con la sua teoria delle
grammatiche un autore importante non solo per la linguistica ma anche per l'informatica. Le cose
però da allora sono cambiate. Gli psicolinguisti non si dedicano più molto a dimostrare la realtà
psicologica dei modelli chomskiani della sintassi e anzi hanno preso parecchio le distanze dalla
linguistica chomskiana, che ha poco da dire su aspetti del linguaggio che interessano molto gli
psicolinguisti come il lessico e il significato o come i fattori che influenzano l' "esecuzione" in
quanto distinta dalla "competenza". La psicolinguistica rimane un campo molto attivo e
produttivo di ricerca ma è meno al centro della scena nella scienza cognitiva. Gli articoli di
psicolinguistica sulla rivista Cognitive Science sono diminuiti con il tempo.
(b) Intelligenza artificiale
L'idea che la mente funzioni come un computer rimane viva e viene presa alla lettera
nell'intelligenza artificiale ma è spesso poco più di un'idea generale o di una metafora per gli altri
scienziati cognitivi computazionali. I modelli a "scatole e frecce" della mente come sistema di
elaborazione dell'informazione raramente sono abbastanza dettagliati da poter essere tradotti in
programmi e "girare" in un computer. Per questo, mentre la scienza cognitiva neurale usa quasi
esclusivamente le simulazioni come strumento di ricerca, la scienza cognitiva computazionale non
usa quasi mai le simulazioni. D'altro canto raramente un sistema di intelligenza artificiale viene
oggi considerato come utile per capire come funziona l'intelligenza naturale, e chi costruisce
sistemi di intelligenza artificiale raramente cerca fonti di ispirazione nella letteratura psicologica e
nei dati empirici della psicologia. Un altro problema dell'intelligenza artificiale è che
esplicitamente, almeno nel nome, è ristretta a studiare l'intelligenza, non la mente in genere, anche
se oggi approcci di tipo scienza cognitiva computazionale sono usati per studiare aspetti non
intelligenti o non cognitivi come quelli emotivi e quelli sociali del comportamento umano.
(c) Reti neurali "classiche" e reti neurali della vita artificiale
Cambiamenti ci sono stati anche all'interno della scienza cognitiva neurale. All'inizio, verso la
metà degli anni 80 e per parecchio tempo dopo, le reti neurali sono state studiate in isolamento
dal resto del corpo, dall'ambiente in cui vivono gli organismi, dal DNA che ogni individuo eredita
dai suoi genitori e che è il risultato di una lunga storia evolutiva nella popolazione di cui
l'individuo è membro. Le reti neurali sono state viste in modo astratto, come sistemi di
elaborazione di informazione che differivano dai sistemi della scienza cognitiva computazionale
solo per un diverso "stile neurale di computazione" (Rumelhart). La mancanza del corpo e
dell'ambiente nelle simulazioni che usano le reti neurali "classiche", quelle del libro di Rumelhart
e McClelland del 1986, ha impedito di considerare molti aspetti che invece sono fondamentali per
capire la mente e il comportamento. Per fare degli esempi, gli input di una rete neurale spesso
provengono dall'interno del corpo o addirittura dall'interno stesso della rete neurale e per questo
motivo hanno quella caratteristica di privatezza che caratterizza la vita mentale, di contro agli
input pubblici che provengono dall'ambiente esterno. D'altra parte solo vivendo in un ambiente
sociale e interagendo con i conspecifici ci si può accorgere che certi input sono pubblici e altri
sono privati. Ma se in una simulazione con le reti neurali non c'è corpo e non c'è ambiente
esterno, questa fondamentalmente distinzione non può emergere e non può essere studiata.
Oppure, per fare un altro esempio, l'output della rete neurale si traduce spesso in movimenti del
corpo che modificano o la relazione del corpo con l'ambiente esterno o questo stesso ambiente
esterno. Il risultato è che gli organismi hanno un controllo almeno parziale sugli input che
arrivano al loro sistema nervoso dall'ambiente esterno, e questo secondo circuito esterno di causa
e effetto, che va dall'output all'input, è altrettanto importante di quello interno che va dall'input
all'output per capire il comportamento
Le reti neurali oggi però non sono più soltanto quelle "classiche" e sono viste sempre di più come
un capitolo della vita artificiale, un nuovo approccio emerso di recente che cerca di studiare con
le simulazioni ogni fenomeno del mondo vivente. La vita artificiale vede le reti neurali come
modelli di un sistema fisico, il sistema nervoso, contenute in un sistema fisico più grande, il
corpo, contenuto a sua volta in un sistema fisico ancora più grande, l'ambiente. Per una specie
altamente sociale come quella umana l'ambiente è costituito in buona parte dai conspecifici, e
questo permette di studiare non solo gli individui singoli, come ci si limita a fare con le reti
neurali "classiche" (la singola rete che viene addestrata con la backpropagation), ma anche i
comportamenti collettivi che emergono quando molti individui interagiscono tra loro all'interno
dello stesso ambiente. Inoltre le simulazioni di vita artificiale usano gli algoritmi genetici per
simulare i processi evolutivi che avvengono nelle popolazioni di organismi e questo trova
applicazione sia all'evoluzione biologica che all'evoluzione culturale e tecnologica.
4. Quello che cambierà
Se guardiamo al futuro della scienza cognitiva ci sono tre direzioni di cambiamento che si
intravedono. Si tratta di cambiamenti che già sono cominciati ma che guideranno lo sviluppo
futuro della scienza cognitiva.
(a) Mente e sistema nervoso
Il sistema nervoso non era molto importante per la scienza cognitiva computazionale dato che il
principio alla base della scienza cognitiva computazionale è che la mente, come il software del
computer, può e deve essere studiata indipendendentemente dal cervello. Le cose sono cambiate
e cambieranno sempre di più in futuro nel senso che il sistema nervoso diventerà sempre più
importante per chi studia la mente. La ragione non è solo che oggi esistono le reti neurali, le quali
sono modelli del comportamento esplicitamente ispirati alle caratteristiche fisiche e al modo di
funzionare del sistema nervoso, ma è che i progressi delle neuroscienze (neuroimmagini, genetica
dello sviluppo del sistema nervoso, neurropsicologia, ecc.) sono talmente tanti e talmente rapidi e
cumulativi che diventa sempre meno plausibile studiare la mente ignorando il cervello. Ma anche
se ci si vuole occupare di sistema nervoso resta la differenza nel modo in cui la scienza cognitiva
computazionale e quella neurale vedono il sistema nervoso. La scienza cognitiva computazionale
prima costruisce modelli mentalisti, possibilmente ispirati al computer, dei comportamenti e delle
capacità e, solo dopo, cerca di trovare i correlati di tali modelli nel sistema nervoso. Invece la
scienza cognitiva neurale by-passa completamente i modelli mentalistici e cerca, con le reti
neurali, di costruire direttamente modelli ispirati al sistema nervoso.
La scienza cognitiva del futuro non sarà soltanto più vicina alle neuroscienze ma a tutte le scienze
biologiche in genere: biologia evoluzionistica, genetica, biologia dello sviluppo, il corpo al di fuori
del sistema nervoso, comparazione tra le specie. Le "basi innate" del comportamento umano non
saranno più soltanto postulate e dedotte come hanno fatto finora la sociobiologia e la psicologia
evoluzionistica, ma saranno oggetto di ipotesi da tradurre in simulazioni. reti neurali, che sono lo
strumento di collegamento con le neuroscienze, verranno viste sempre di più come un semplice
capitolo della vita artificiale
(b) Le simulazioni basate su agenti
Quello che certamente diventerà più importante in futuro è la scienza cognitiva sociale, cioè la
scienza cognitiva applicata ai fenomeni sociali umani, ai comportamenti collettivi e alle istituzioni
sociali. In questo campo si stanno facendo strada le simulazioni basate su agenti, cioè su
collezioni di entità che interagiscono tra loro in modo tale che dalle numerose loro interazioni
emergono fenomeni collettivi non prevedibili e non deducibili anche conoscendo alla perfezione
le singole entità e le regole che governano le loro interazioni. Le simulazioni basate su agenti
caratterizzano tutta la nuova scienza cognitiva. Anche le reti neurali sono collezioni di agenti - le
unità della rete, i neuroni - che interagiscono tra loro determinando fenomeni collettivi - il
comportamento e la vita mentale - non prevedibili e non deducibili conoscendo i singoli neuroni
e il modo in cui si influenzano l'uno l'altro. (È per questo che la scienza cognitiva neurale, pur
mettendo le neuroscienze al centro della scena, non implica nessun riduzionismo dello studio del
comportamento e della vita mentale allo studio dei neuroni e delle sinapsi.) In realtà le
simulazioni basate su agenti non sembrano altro che l'applicazione allo studio del
comportamento del punto di vista che vede la realtà come composta essenzialmente da sistemi
complessi.
Ma le simulazioni basate su agenti sono particolarmente importanti quando sono applicate allo
studio dei fenomeni di cui si occupano le scienze sociali. Il metodo della simulazione promette di
rinnovare radicalmente le scienze sociali risolvendo molti dei problemi che affliggono da sempre
queste scienze. Un modello basato su agenti non può che essere studiato con delle simulazioni. I
trattamenti puramente analitici e matematici, per non parlare di quelli puramente verbali, hanno
possibilità molto limitate da questo punto di vista. Ma lavorare con le simulazioni significa dover
formulare le teorie e i modelli in modo molto esplicito e dettagliato, altrimenti il
modello/programma non gira nel computer, e significa dover costruire teorie con un chiaro
contenuto empirico, dato che i risultati della simulazione non sono che le predizioni empiriche
derivate dalla teoria incorporata nella simulazione. In questo modo c'è la possibilità di superare la
vaghezza e l'incerto contenuto empirico di molte delle teorie delle scienze sociali. Inoltre l'uso
delle simulazioni, date le enormi capacità di memoria e di calcolo del computer, consente di
incorporare in una stessa simulazione fenomeni e fattori studiati separatamente dalle diverse
scienze sociali, superando così l'irragionevole frammentazione tra scienze come la sociologia,
l'antropologia, l'economia, la scienza politica, la storia.
L'estensione dell'approccio della scienza cognitiva ai fenomeni sociali, con l'uso delle simulazioni
basate su agenti, consentirà di non dover più scegliere tra il privilegiare l'individuo rispetto alla
società che è tipico delle scienze della mente e il privilegiare la società rispetto all'individuo che è
tipico delle scienze sociali. Quello che ci aspetta è di scoprire quali sono le influenze reciproche
tra le menti degli individui e le strutture sociali. Uno dei campi in cui questo avverrà nel modo più
chiaro e più fecondo di risultati è lo studio della trasmissione e del cambiamento culturale, un
fenomeno centrale per capire gli esseri umani che finora nessuna scienza è riuscita ad affrontare
seriamente, cioè con modelli espliciti e dettagliati (a parte i tentativi di qualche genetista e di
qualche ecologo/antropologo).
(c) I rapporti con la tecnologia
La scienza cognitiva è comunque vicina alla tecnologia dato che il computer è alla base sia della
scienza cognitiva che di molta della tecnologia attuale. Ma i rapporti della scienza cognitiva con la
tecnologia sono cambiati e continueranno a cambiare in futuro. Per la scienza cognitiva
computazionale la tecnologia significava praticamente soltanto intelligenza artificiale, dato che sia
la scienza cognitiva computazionale che l'intelligenza artificiale si basano su una ricostruzione
razionale dell'attività mentale. Oggi la tecnologia ha un significato più ampio per la scienza
cognitiva. Ci sono le nuove tecnologie, la multimedialità, l'interattività, Internet, la nuova
telefonia, la realtà virtuale, le simulazioni. Il corpo, i sensi, l'interazione tra utente e tecnologia
sono diventati più importanti con queste nuove tecnologie, e la scienza cognitiva è interessata a
queste nuove tecnologie, sia per influenzarle che per essere influenzata, al di là della loro
"intelligenza". Inoltre la robotica biomorfica e neuromorfica apre nuove possibilità per lo
sviluppo di sistemi fisici utilizzabili in molti campi applicativi, al di là della robotica industriale
classica. Infine le simulazioni basate su agenti di comportamenti e organizzazioni sociali hanno
applicazioni pratiche per consentirci di capire meglio come funzionano gli individui e le
istituzioni all'interno delle società, per fare previsioni e per valutare le conseguenze dei nostri
interventi prima di realizzarli.
Quello che ci aspetta dalla nuova scienza cognitiva è che entri più direttamente e con più autorità
nella ricerca e sviluppo riguardante le nuove tecnologie. Per parlare solo delle nuove tecnologie, le
nuove tecnologie. nonostante le loro meraviglie, non trattano bene l'utente e in realtà sfruttano
solo in piccola parte le proprie potenzialità proprio perchè sono sviluppate da ingegneri e
tecnologi che sanno poco di come funziona la mente umana. Questa è una delle ragioni della crisi
attuale della nuova economia, cioè dell'economia che incorpora e si basa sulle nuove tecnologie.
La nuova economia sta transitando da una fase in cui le nuove tecnologie venivano adottate
perchè erano nuove e perchè facevano molte promesse un po' confuse di grandi vantaggi e nuove
possibilità a una fase in cui per adottarle si vuole vedere chiaramente il loro "valore aggiunto",
cioè i vantaggi che offrono rispetto ai modi tradizionali di fare le cose. Le nuove tecnologie sono
tecnologie cognitive, cioè tecnologie che aiutano gli esseri umani a lavorare meglio con la loro
mente, non con il loro corpo. Data la sua conoscenza della mente e data la sua familiarità con il
computer che è alla base delle nuove tecnologie, la scienza cognitiva è ottimamente piazzata per
dare un contributo importante al loro sviluppo. Quello che bisogna ottenere è che la nuova
scienza cognitiva, più flessibile e pluralistica di quella del passato, dia effettivamente questo
contributo.
Conclusione: evitare i rovesci della medaglia
La scienza cognitiva è senza dubbio una cosa buona. Si assume il compito fondamentale di
indagare su quello che c'è dietro al comportamento, senza fermarsi agli stimoli e alle risposte.
Cerca di coordinare tra loro i diversi modi in cui le discipline tradizionali guardano al
comportamento umano ricomponendo un quadro che le discipline tradizionali lasciano
frammentato. Studia la mente nel modo nuovo e potenzialmente molto fecondo che la scienza ha
scoperto da quando esiste il computer, cioè non solo osservandola e elaborandone teorie, ma
cercando di riprodurla in sistemi artificiali.
Eppure ci sono dei rovesci di questa medaglia. Ci sono cose meno buone nella scienza cognitiva
che noi, per mostrare la nostra maturità di scienziati cognitivi, non possiamo ignorare. La scienza
cognitiva è piena di teorie e di modelli. Questa è una cosa buona dato che molta scienza si riduce
a osservare e a descrivere fatti, cercando al massimo correlazioni tra i fatti, mentre solo le teorie e
i modelli possono farceli capire. Ma la scienza funziona bene quando tra fatti e teorie c'è un forte
dialogo, quando le teorie fanno predizioni empiriche specifiche che possono essere essere messe
a confronto con i fatti e i fatti vengono illuminati e spiegati da teorie. Forse nella scienza
cognitiva certe volte ci sono troppe teorie e modelli e troppo pochi fatti empirici. Questo è
collegato con l'interdisciplinarietà, un'altra cosa buona della scienza cognitiva. Qui il rovescio
della medaglia è che con tante discipline che vengono chiamate in causa nella scienza cognitiva si
rischia di non entrare veramente in contatto con nessuna di esse e perciò di rimanere in un limbo
empirico, ignorando l'enorme patrimonio di conoscenze che le discipline tradizionali hanno
accumulato e continuano ad accumulare sui fenomeni che studiano. Anche cercare di capire la
mente riproducendola in un sistema artificiale ha il suo rovescio della medaglia. Quando si
costruisce un sistema artificiale non sempre è chiaro se lo si costruisce perchè serve a capire
meglio come è fatta e come funziona la realtà, perchè quel sistema artificiale può servire a
risolvere problemi pratici e a produrre tecnologie utili, oppure semplicemente perchè è divertente
e creativo inventarsi cose. Ci sono evidentemente legami molto stretti tra queste tre diverse
attività ma certe volte si vorrebbe che fosse più chiaro quali sono i criteri da applicare per valutare
quello che si è costruito.
Io credo che la scienza cognitiva, in tutte le sue versioni, abbia dato contributi importanti alla
nostra conoscenza del comportamento umano e continuerà a darli, specie se emergeranno in
primo piano i collegamenti tra la mente e la sua base biologica da un lato e la sua espressione
nelle strutture collettive e nelle società dall'altro. Però, come tutte le cose umane, la scienza
cognitiva ha i suoi rovesci della medaglia. Il nostro compito è di tenere la medaglia dal lato dritto.
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