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-   555b16f ;   555b16f ; Inquadramanto storico e teorico sulla comunicazione -
- Introduzione
La comunicazione è un'attività eminentemente sociale infatti essa avviene soltanto all'interno di gruppi o comunità. Socialità e comunicazione sono due dimensioni separate ma intrinsecamente interdipendenti.
La comunicazione è partecipazione in quanto sottende l'accordo su significati condivisi e negoziati all'interno di un gruppo o comunità, pertanto essa ha una matrice culturale e una natura convenzionale.
La comunicazione è un'attività eminentemente cognitiva in quanto vi è una stretta interdipendenza tra pensiero e comunicazione.
La comunicazione è strettamente connessa all'azione in quanto comunicare è sempre fare qualcosa. In questa prospettiva la comunicazione non è disgiunta dalla discomunicazione (comunicazione menzognera, ironica, seduttiva ecc.) in quanto esiste un continuum tra esse
- Teorie
·   555b16f ; Il punto di vista matematico: comunicazione come trasmissione di informazioni.
Definizione di INFORMAZIONE: E' la differenza tra due o più elementi (o dati), quindi non è intesa come notizia o conoscenza in sè. Questa nozione è alla base dell'informatica e della cibernetica.
Approccio matematico della comunicazione (Shannon e Weaver): Comunicazione come comportamento spiegabile secondo logica S-R. Seguendo tale modello la comunicazione è intesa come trasmissione di informazioni.
Questo modello è stato arricchito successivamente dalla nozione di feedback
col quale si intende la quantità di informazione che dal ricevente ritorna
all'emittente.
-   555b16f ;   555b16f ; Feedback positivo: aumenta l'informazione d'ingresso.
-   555b16f ;   555b16f ; Feedback negativo: riduce l'informazione d'ingresso per mantenere stabilità nel sistema comunicativo (omeostasi).
Rumore: Insieme degli elementi ambientali (e non) che interferiscono con la trasmissione del segnale. Il rapporto segnale/rumore deve essere superiore a zero affinchè vi sia una probabilità che il destinatario riceva il segnale.
Filtro: Altro concetto importante che indica il processo di selezione di alcuni aspetti e proprietà del segnale rispetto ad altri nell'operazione di decodifica.
·   555b16f ; L'approccio semiotico: la comunicazione come significazione e come segno.
La semiotica (o semiologia) studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale.
Significazione E' il processo attraverso cui vengono prodotti i significati. Tale proceso fa riferimento, da un lato, al referente ( oggetti ed eventi su cui comunicare) e dall'altro a un codice (sistemi impiegati dai attori per comunicare fra loro).
Diagramma della significazione (Ogden e Richards): esso mette in relazione tre aspetti differenti:
SIMBOLO: per esempio il termine linguistico.
REFERENTE: l'oggetto o evento che è comunicato.
REFERENZA: la rappresentazione mentale di tale oggeto o evento.
Referenza
Simbolo Referente
Il simbolo non ha alcun rapporto con la realtà (referente) ma solo con il concetto o idea mentale (referenza). La convinzione che vi sia un legame diretto tra segno e referente è definito da Eco fallacia referenziale.
Segno come equivalenza
De
Saussure e
prospettiva strutturale: in questa prospettiva il segno è
inteso come unione di SIGNIFICANTE o espressione e SIGNIFICATO o contenuto. Il
segno è dunque inteso in termini di equivalenza in quanto vi sarebbe una
corrispondenza stabile tra espressione e contenuto.
La lingua è dunque un sistema di segni che De Saussure definisce come "un sistema di differenze di suoni combinati a un insieme di differenze di significati"
Hjelmslev approfondisce ulteriormente la concezione strutturale di De Saussure con la glossematica. Secondo tale prospettiva ogni segno pone in correlazione il piano dell'espressione (E) e il piano del contenuto e entrambi oppongono - al loro livello - sostanza e forma. La lingua è forma non sostanza, poichè la sostanza determina la forma e non viceversa.
Segno come inferenza.
Peirce il segno è "qualcosa che per qualcuno sta al posto di qualcos'altro, sotto qualche rispettto o capacità". Sulla base del rapporto col referente Peirce individua tre tipi di segni:
-   555b16f ;   555b16f ; similarità tra segno e referente (icona)
-   555b16f ;   555b16f ; contiguità fisica tra segno e referente (indice)
-   555b16f ;   555b16f ; convenzionalità tra segno e referente (simbolo)
In questa prospettiva il segno è inteso come inferenza poichè costituisce un indizio da cui trarre una conseguenza. Importanza del contesto per spiegare la variabilità e la plasticità nell'uso dei segni.
·   555b16f ; L'approccio pragmatico: la comunicazione come interazione tra testo e contesto.
Morris Distinzione tra:
-   555b16f ;   555b16f ; semantica: significati dei segni
-   555b16f ;   555b16f ; sintassi: regole formali tra isegni
-   555b16f ;   555b16f ; pragmatica: relazione tra i segni e gli attori che li usano
La pragmatica studia l'uso dei significati e i rapporti che intercorrono tra testo e contesto. Studio dei processi impliciti della comunicazione e delle deissi (riferimenti espliciti che il testo fa al contesto).
Teoria degli atti linguistici.
Austin (1962). "Dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa". Quando parliamo compiamo simultaneamente tre azioni:
Atti locutori: - atti di dire qualcosa - sono FONETICI (emissione sonora), FATICI (espressione di certe parole o enunciati) e RETICI (impiego di tali aspetti con un senso o riferimento determinato).
Atti illocutori: - atti nel dire qualcosa - si compiono nel parlare ed esprimono le intenzioni comunicative.
Atti perlocutori: - atti con il dire qualcosa - produzione di determinati effetti anche persuasivi sulle credenze, sentimenti e comportamenti dell'interlocutore.
Forza illocutoria: il modo in cui viene interpretato un enunciato e l'effetto che esso produce sull'interlocutore dipendono dalla forza illocutoria.
Atti linguistici diretti e indiretti (Austin): nei primi la forza illocutoria è legata all'esatto significato letterale dell'enunciato, nei secondi invece la forza illocutoria deriva non dal significato letterale dell'enunciato bensì dai modi non verbali in cui è manifestato.
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Il principio di Cooperazione e le implicature conversazionali (Grice).
Distinzione tra:
-   555b16f ;   555b16f ; significato naturale: Segni legati naturalmente agli eventi
(es.: Fumo Fuoco)
-   555b16f ;   555b16f ; significato convenzionale (significato n-n): per es. Qualsiasi parola in una qualsiasi lingua.
Il significato n-n per Grice è il "voler dire" qualcosa da parte di qualcuno a qualcun altro e ciò non implica soltanto l'intenzionalità informativa ma anche una intenzionalità comunicativa.
Distinzione tra:
-   555b16f ;   555b16f ; Comunicazione: Scambio tra A e B in cui A intende consapevolmente rendere consapevole B di qualcosa di cui prima non era consapevole.
-   555b16f ;   555b16f ; Informazione: Scambio tra A e B in cui A involontariamente trasmette un segnale a B il quale in maniera autonoma lo percepisce.
Principio di Cooperazione: Dai il tuo contributo al momento opportuno, così come è richiesto dagli scopi e dall'orientamento della conversazione in cui sei impegnato.
Quattro massime che dovrebbero guidare la condotta dei partecipanti:
-   555b16f ;   555b16f ; Massima di quantità: dai un contributo minimo efficace senza eccedere.
-   555b16f ;   555b16f ; Massima di qualità: dai un contributo vero.
-   555b16f ;   555b16f ; Massima di relazione: sii pertinente.
-   555b16f ;   555b16f ; Massima di modo: sii chiaro, evita espressioni ambigue e oscure.
Distinzione tra logica del linguaggio e logica della conversazione e quindi la distinzione netta tra ciò che è detto e ciò che è significato. Per colmare questa differenza occorre che i partecipanti facciano ricorso a quella che Grice chiama implicatura conversazionale. Tale implicatura è un impegno semantico aggiuntivo che richiede un processo intenzionale di natura inferenziale. Ripartizione del significato (Grice):
SIGNIFICATO di un
enunciato
ciò che è DETTO ciò che è IMPLICATO
in modo CONVENZIONALE in modo CONVERSAZIONALE
in GENERALE in PARTICOLARE
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Il principio di pertinenza e il modello ostensivo-inferenziale di comunicazione (Sperber e Wilson).
Gli autori sottolineano l'importanza della produzione e condivisione del significato. Per "voler dire" qualcosa con un enunciato X il soggetto S deve avere l'intenzione:
a) che lenunciazione di X da parte di S produca una certa risposta r nell'ascoltatore A.
b) Che A riconosca la suddetta intenzione (a) di S.
c)   555b16f ; Che il riconoscimento di tale inenzione da parte di A sia almeno in parte la ragione per cui produce la risposta r.
Distinzione tra:
-   555b16f ;   555b16f ; intenzione informativa intenzione di informare il destinatario di qualcosa
-   555b16f ;   555b16f ; intenzione comunicativa intenzione di informare il destinatario sulla propria intenzione informativa. Essa rappresenta la condizione necessaria e sufficiente per la comunicazione.
Concetto dell' "Essere manifesto":
un fatto è manifesto se e solo se il soggetto è in grado di rappresentarsi mentalmente questo fatto e di accettare tale rappresentazione come vera (o probabilmente vera).
Concetto di "Mutuo ambiente cognitivo":
Ambiente cognitivo in cui ogni ipotesi è reciprocamente manifesta e che assicura un sufficiente grado di cooperazione per capirsi e comunicare.
Principio di pertinenza
Quali di queste ipotesi riceverà la particolare attenzione di un individuo?: ciò dipende dalla pertinenza di quell'ipotesi in quello specifico contesto. Pertinenza in questa prospettiva significa elaborare nuove informazioni al più basso costo possibile, è dunque una competenza.
Concetto di ostensione: è quella condotta che rende manifesta un'intenzione di rendere manifesto un qualcosa d'altro. Un comportamento ostensivo implica una garanzia di pertinenza.
Concetto di inferenza: è un processo logico attraverso il quale gli interlocutori giungono a ritenere vera (o probabilmente vera) una ipotesi sulla base di altre ipotesi date per vere (o probabilmente vere) in partenza. Tale inferenza è non dimostrativa in quanto si basa sulle conoscenze a propria disposizione e sui vincoli cognitivi imposti dal contesto.
Grado di pertinenza:
Sono due le condizioni che deteminano il grado di pertinenza:
a) una informazione è tanto più pertinente quanto maggiori sono i suoi effetti contestuali.
b) Una informazione è tanto più pertinente quanto minore è lo sforzo cognitivo richiesto per elaborarla
La pertinenza riguarda sempre il contesto inteso come: l'insieme delle condizioni delle opportunità e dei vincoli spaziali, temporali, relazionali, istituzionali e culturali presenti in un qualsiasi scambio comunicativo.
Perinenza ottimale:
è data dalla capacità degli interlocutori di seguire l'ipotesi che ottimizzaa il contesto impiegando il minor sforzo cognitivo possibile.
-   555b16f ;   555b16f ; I significati presuntivi. (Levinson)
I significati presuntivi sono le interpretazioni preferite degli enunciati in un dato scambio comunicativo. Sono interpretazioni predefinite (di default).
Implicatura conversazionale generalizzata
E' l'inferenza standard che si realizza usualmente dati un certo contesto e un certo enunciato. Tale inferenza si basa su tre euristiche:
a) Quello che non è detto, non c'è.
b) Quello che è descritto in modo semplice è esemplificato in modo stereotipato.
c)   555b16f ; Quello che è detto in modo inusuale è inusuale, ovvero il messaggio marcato si riferisce a una situazione marcata.
Da queste euristiche deerivano tre Principi pragmatici:
Principio Q: Fai affermazioni che rispecchino il tuo livello di conoscenza, usa dunque l'alternativa più forte a livello informativo a meno che la ricchezza delle informazioni non vadano a contrastare col Principio I.
Principio I: Dai il minimo necessario per raggiungere i tuoi fini comunicativi tenendo a mente il Principio Q.
Principio M: Segnala una situazione non usuale utilizzando espressioni marcate diverse da quelle usate per situazioni usuali.
Riassumendo: dai il massimo possibile in termini di informazione, il minimo indispensabile in termini di comunicazione e marca le comunicazioni inusuali con espressioni inusuali.
·   555b16f ; Il punto di vista sociologico: la comunicazione come espressione e prodotto della società.
La sociologia della comunicazione analizza l'azione sociale, l'individuo e l'interazione sottolineando la prospettiva sociale e istituzionale. Questa prospettiva concepisce la realtà come "costruzione sociale" abbandonando definitivamente le concezioni ontologiche di stampo modernista. Questo discorso si riallaccia anche al concetto di razionalità che è intesa non più come "razionalità a priori" bensì come "razionalità a posteriori" ovvero come locale e contingente in quanto ricostruzione storica.
Distinzione tra microsociologia e macrosociologia:
La prima si occupa dei processi della vita quotidiana analizzando l'ordine e la sequenza degli eventi con metodinaturalistici ed etnografici.
La seconda studia i processi generali, collettivi inerenti le istituzioni e le organizzazioni complesse.
La microsociologia di Goffmann
Goffman focalizza il suo interesse sulle condizioni dell'organizzazione necessarie alla comunicazione e alla trasmissione delle informazioni. Egli parla di una "sociologia delle occasioni" intesa come studio delle circostanze particolari in cui hanno luogo le esperienze quotidiane ricorrenti. Luogo emblematico dell'interazione è la conversazione. Esistono secondo l'autore delle regole precise che determinano le sequenze comunicative. Tali regole sono determinate dal frame vale a dire la cornice (o contesto) entro cui avviene lo scmbio comunicativo. Il frame consente di condividere significati e quindi di sapere in ogni momento cosa sta accadendo e quali siano i comportamenti da seguire in quella particolare situazione. La comunicazione è regolata da rituali e da strategie di comunicazione.
Adottando una prospettiva drammaturgica Goffmann analizza alcuni aspetti degli scambi comunicativi quali l'etichetta (codice formale che regola gli incontri) e il concetto di "salvare la faccia" ovvero quelle modalità comunicative messe in atto per salvaguardare la propria immagine e per proteggersi da errori e gaffe.
Il concetto di postmoderno e la globalizzazione:
Postmodernismo: prospettiva culturale, postindustriale e antiutopica. Si oppone ai miti dell'età moderna: ragione, progresso, progresso.
Globailizzazione: in essa sembrano convergere le antinomie della società attuale. Si presenta come ibridazione in quanto processo di aggregazione e accostamento di nuove forme culturali (globali) assieme a quelle vecchie (locali).
·   555b16f ; L'approccio psicologico: la comunuicazione come gioco di relazioni
L'approccio psicologico intende la comunicazione come fondamento dell'identità personale. Secondo Bateson gli individui non solo "si mettono in comunicazione", non solo "partecipano alla comunicazinoe" ma "sono in comunicazione" in quanto attraverso la comunicazione giocano la propria identità.
Distinzione tra:
Notizia: il contenuto della comunicazione
Comando: l'indicazione all'interlocutore su come intendere la comunicazione
Il comando determina l'intenzione comunicativa che sta dietro la notizia e si esprime con i gesti, col tono della vove, con la postura, con lo sguardo ecc.
La comunicazione non è dunque un processo semplice ma si articola su due livelli:
-   555b16f ;   555b16f ; Comunicazione: i contenuti che si scmbiano
-   555b16f ;   555b16f ; Metacomunicazione: la comunicazione che ha come oggetto la comunicazione stessa.
La comunicazione è il tessuto che sostiene, mantiene, modifica e rinnova i legami (di qualsiasi tipo) tra i soggetti.
La comunicazione è la dimensione psicologica che produce e sostiene la definizione di sè e dell'altro.
La comunicazione è un processo continuo a molti livelli che genera una spirale di messaggi in cui stimolo, risposta e rinforzo si sovrappongono e si fondono insieme. Ogni atto comunicativo è infatti risposta a uno stimolo precedente ma anche nuovo stimolo e rinforzo al modello comunicativo in essere.
Questa caratteristica della comunicazione è spesso alla base di conflitti interpersonali, proprio perchè nell'atto arbitrario di segmentare la comunicazione è difficile stabilire quali siano gli stimoli e le risposte e quindi ogni interlocutore (in conflitto con un altro) percepiosce l'altro come causa di disagio.
Bateson ha compreso l'importanza degli scambi comunicativi nel costruire e regolare le relazioni interpersonali e ha individuato due modelli di base:
-   555b16f ;   555b16f ; la relazione simmetrica: si fonda sulla percezione dell'eguaglianza dei rapporti tra partecipanti, in quanto l'atto comunicativo di un partecipante tende a rispecchiare l'atto comunicativo dell'interlocutore (si può generare così una competizione comunicativa)
-   555b16f ;   555b16f ; la relazione complementare: si fonda sulla percezione della differenza dei rapporti tra partecipanti. Generalmente questa relazione è caratterizzata da una posizione dominante e da una sottomessa.
Non vi è relazione personale senza comunicazione e viceversa. Tale rapporto di interdipendenza conduce alla creazione di giochi psicologici di varia natura che riguardano tutte le manifestazioni dell'essere umano (seduzione, guerra, persuasione ecc.)
·   555b16f ; Verso una definizione di comunicazione.
La distinzione tra comunicazione, comportamento e interazione.
-   555b16f ;   555b16f ; Comportamento: qualsiasi azione motoria di un individuo, percepibile in qualche maniera da un altro.
-   555b16f ;   555b16f ; Comunicazione: Scambio interattivo fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento.
-   555b16f ;   555b16f ; Interazione: Qualsiasi contatto fisico o virtuale che avvenga fra due individui anche involontariamente, in grado di modificare lo stato preesistente delle cose fra loro.
Bisogna però fare una ulteriore distinzione ovvero quella tra comunicazione e informazione. Quest'ultima consiste nell'acquisizione di conoscenze inferite da parte di B nei confronti di A anche se quest'ultimo non ne è consapevole. Entra in gioco dunque la competenza di B di estrarre informazioni da A. La comunicazione invece implica intenzionalità reciproca e un certo livello di consapevolezza.
Le funzioni di base della comunicazione.
-   555b16f ;   555b16f ; Funzione proposizionale: La comunicazione serve ad organizzare, impacchettare e trasmettere conoscenze fra i partecipanti sotto forma di "proposizioni" ovvero di forme fruibili dalla comunicazione.
Conoscenza dichiarativa: totalità delle conoscenze disponibili nella memoria a lungo termine. Essa può essere semantica o episodica.
Conoscenza semantica: Comprende conoscenze generali in cui non vengono esplicitate le coordinate spazio-temporali.
Conoscenza episodica: Comprende conoscenze riguardandi episodi accaduti in passato in cui vengono esplicitate le coordinate spazio-temporali.
Bisogna riconoscere la rilevanza del linguaggio per la specie umana in quanto rende comunicabile il pensiero. Esiste infatti una stretta interdipendenza tra pensiero e linguaggio.
Composizionalità del linguaggio: Il linguaggio è composto di unità componibili. Il contenuto semantico di un enunciato dipende sia dalla sua disposizione globale sia dal valore semantico delle sue unità costituenti. La componibilità non è comunque un processo arbitrario bensì segue regole precise: a) Sistematicità, ovvero le strutture sintattiche - b) Produttività, ovvero il linguaggio permette la creazione e la comprensione di infiniti significati che a loro volta permettono la creazione e comprensione di infiniti enunciati - c) Possibilità di dislocazione, ovvero la possibilità di un enunciato di essere riferito a referenze spazio-temporali differenti.
La funzione proposizionale della comunicazione è strettamente legata alla capacità computazionale della mente, ossia alla disposizione generale della mente di fare calcoli, confrontare elementi diversi, cogliere le differenze nel rapportarsi con la realtà.
La proposizionalità della comunicazione è specie-specifica in quanto appare esclusiva della specie umana.
-   555b16f ;   555b16f ; Funzione relazionale: La rete di relazioni in cui l'individuo è inserito è mediata, costruita, modificata, negoziata dalla comunicazione.
La funzione relazionale svolge anche una funzione espressiva poichè consente di manifestare emozioni, desideri, intenzioni.
Efficacia relazionale: dipende dalla stretta connessione tra interazione e relazione le quali sono concettualmente su due livelli differenti.
Interazione: E' una realtà tangibile ed è circoscritta spazio-temporalmente e consiste in uno scambio comportamentale direttamente osservabile fra i partecipanti.
Relazione: E' invece il prodotto intangibile della storia delle relazioni, in grado di alimentare credenze, aspettative e vincoli che guideranno le relazioni in corso e quelle future.
La relazionalità della comunicazione genera l'intersoggettivita dialogica.
-   555b16f ;   555b16f ; L'evoluzione della comunicazione -
-   555b16f ;   555b16f ; La comunicazione animale tra antropocentrismo e antropomorfismo
Psicologia evoluzionistica: studia la comunicazione e la mente umana attraverso la comprensione dei processi che nel corso della filogenesi ne hanno determinato l'architettura.
I quattro criteri forniti da Tinbergen:
a) Meccanismi prossimi e specifici sottesi a certi comportamenti emersi come effetto della pressione selettiva.
b) Ontogenesi di una determinata condotta e modello di comportamento in termini di sviluppo individuale.
c)   555b16f ; Funzione adattativa di un comportamento o di una struttura in base ai suoi effetti sulla sopravvivenza individuale e sulla riproduzione della specie.
d) Storia filogenetica di un tratto o una attivvità in riferimento ai suoi passati ancestrali.
Antropocentrismo: Enfatizza le differenze e le discontinuità nei diversi sistemi di comunicazione, considerando la comunicazione umana come un'attività privilegiata in quanto utilizza il linguaggio che rappresenta la barriera invalicabile tra uomo e animale ma rischia di non riconoscere agli animali capacità comunicative e cognitive che in realtà possiedono (Errore di omissione)
Antropomorfismo: Sottolinea le somiglianze nei differenti sistemi di comunicazione ma rischia di attribuire agli animali competenze comunicative e cognitive tipiche degli uomini (Errore di falsa attribuzione)
Filogenesi dei sistemi di comunicazione: occorre accertare e riconoscere tanto gli elementi di continuità filogenetica tanto quelli di discontinuità filogenetica nei sistemi comunicativi umani ed animali.
·   555b16f ; Prospettive teoriche
-   555b16f ;   555b16f ; Teoria evoluzionistica di Darwin (1871): si basa sui concetti della selezione naturale e della continuità filogenetica.
-   555b16f ;   555b16f ; Etologia tradizionale di Lorenz (1937): comunicazione animale come dispositivo per la sopravvivenza.
-   555b16f ;   555b16f ; Etologia cognitiva ('80/'90): I primati non umani sarebbero dotati di una teoria della mente sia pure rudimentale attraverso la quale sarebbero capaci di "leggere la mente" (mindreading) e di comprendere gli scopi di un altro organismo.
-   555b16f ;   555b16f ; Ecologia comportamentale ('70): I segnali comunicativi sono destinati perlopiù a nascondere piuttosto che a manifestare scopi e motivazioni, servono dunque a manipolarre i destinatari. Vale quindi il principio dell'handicap secondo cui i segnali "onesti" comportano degli svantaggi per l'emittente.
-   555b16f ;   555b16f ; Approccio differenziale: Avanza l'ipotesi della rottura e della discontinuità filogenetica fra comunicazione umana ed animale. Il linguaggio è inteso come forma comunicativa unica ed esclusiva dell'uomo. (Chomsky) Solo l'uomo possiede l'organo del linguaggio che è frutto di una recente mutazione filogenetica non finalizzata in gardo di comprendere qualsiasi lingua naturale (ipotesi della grammatica universale).
Piuttosto che aderire pienamente ad una di queste teorie bisogna da un lato rifiutare ogni ottimismo evoluzionistico (eccesso di darwinismo) dall'altro rifiutare l'ipotesi della discontinuità fliogenetica. Bisogna dunque riconoscere sia le specificità comunicative delle singole specie animali in funzione della loro dotazione genetica, sia le somioglianze comunicative fra le diverse specie.
·   555b16f ; La comunicazione animale come adattamento cognitivo e sociale
Capacità cognitive dei primati: Possiedono una precisa mappa mentale del territorio, riconoscono l'eguaglianza di stimoli orientati in modo diverso (invarianza di orientazione). Inoltre possiedono ottime capacità di categorizzazione degli oggetti facendo ricorso a specifici indizi.
Queste capacità cognitive si manifestanonei primati nella costruzione e impiego di strumenti. Uno strumento è un oggetto separato dal proprio substrato e opportunamente modificato e usato rispetto alla sua funzione e in grado di modificare un altro oggetto.
L'impiego di strumenti denota la capacità di manipolare oggetti e soprattutto la capacità di procedere secondo un piano mentale e di coglere le relazioni causali in base alle quali un evento antecedente produce l'evento conseguente. La conoscenza dell'ambiente e la padronanza cognitiva di esso sono il presupposto essenziale per la comunicazione.
Esistono poi delle specializzazioni adattive tipiche di particolari specie animali sviluppatesi in funzione della loro nicchia ecologica o habitat.
La conoscenza del mondo sociale.
Presupposto fondamentale per la comunicazione è la conoscenza del mondo sociale di appartenenza. Creazione di un campo sociale entro cui si definiscono le reti di interazioni e dei rapporti.
-   555b16f ;   555b16f ;
Conoscenza e padronanza del campo
sociale.
I primati sanno riconoscere gli
individui della propria comunità e sono capaci di prevedere le azioni che gli altri faranno tenendo conto delle esibizioni ritualizzate
attraverso cui viene manifestato il proprio stato motivazionale. Essi
percepiscono la spontaneità
(azioni pianificate in modo discrezionale e variabile in funzione del contesto)
e la direzionalità
(azioni regolari e orientate a uno
scopo) dei comportamenti altrui. I primati inoltre conoscono le relazioni
tra i vari membri della comunità per esempio le relazioni di parentela e la relazione di dominanza. Infine essi comprendono le relazioni
fra terzi nelle interazioni con gli altri. In ultimo sono capaci di comprendere
le relazioni fra terzi per esempio
nella "aggressione spostata" ovvero quando un gruppo è vittima di un attacco
spesso reagisce colpendo i piccoli degli aggressori.
-   555b16f ;   555b16f ;
Coalizioni e alleanze, reciprocità e
altruismo.
In un ambito in cui si sviluppano interazioni cooperative
per il cibo e l'attività sessuale è naturale che si creino coalizioni e alleanze tra i membri di un gruppo. Significativa è la
cooperazione per la competizione che
integra la dimensione verticale (dominanza) e la dimensione orizzontale
(affiliazione) della struttura sociale. Nell'ambito dei conflitti la coalizione
può essere reattiva o proattiva. Nel primo caso si ha
per esempio il sostegno degli altri individui al vincitore di una battaglia,
nel secondo caso invece gli altri individui sostengono il soggetto di rango più
basso aggredito dal dominante. Nel corso del tempo frequenti coalizioni
generano vere e proprie alleanze.
Coalizioni e alleanze implicano strategie
mentali.
La reciprocità riguarda invece
l'alternanza di favori in una specifica attività per esempio praticare il
grooming per ottenere grooming, mentre si parla di scambio il favore in una
certa attività è ricompensata da un favore in un'altra attività. Talvolta
queste forme di scambio e reciprocità si trasformano in altruismo reciproco ovvero una forma di favore che non prevede una
contropartita (svantaggioso).
·   555b16f ; Le principali competenze comunicative dei primati non umani.
I primati non umani sono in grado di scambiarsi precise informazioni su particolari stati del mondo. Questa comunicazione referenziale (intesa come capacità di riferirsi ad un oggetto o evento esterno in maniera precisa) implica l'abilità di formulare il messaggio in modo univoco e di riconoscere se il messaggio è sbagliato o meno.
-   555b16f ;   555b16f ;
La
danza delle api.
Attraverso il linguaggio della danza le api bottonatrici sono in grado di
acquisire e codificare informazioni relative alla distanza, direzione
e quantità di cibo presente in
un determinato luogo. Sono capaci di utilizzare l'azimut del sole per
determinare la direzione.
-   555b16f ;   555b16f ;
Segnali
referenziali nelle scimmie.
I cercopitechi emettono segnali di allarme specifici a seconda del pericolo,
per esempio un segnale forte (latrato) indica la presenza di un leopardo, un
segnale corto e secco (tipo tosse) indica la presenza di un'aquila e un seganle
acuto e stridulo (Chutter) indica un serpente pericoloso. I cercopitechi
mostrano anche una certa flessibilità nell'emisione di tali segnali, per
esempio emettono un segnale molto simile a quello per il leopardo in presenza
di un leone. Esiste poi un effetto
audience, ovvero i cercopitechi emettono segnali di pericolo solo quando
sono presenti altri compagni. Tali segnali hanno dunque un valore sociale.
La categorizzazione delle informazioni.
-   555b16f ;   555b16f ;
La
percezione categorica dei segnali vocali.
Essa si fonda sulla valutazione di eguaglianza tra due suoni (colori, odori
ecc.). Tale percezione rappresenta un prerequisito percettivo e cognitivo per
l'aquisizione e l'uso della comunicazione.
-   555b16f ;   555b16f ;
La costruzione di categorie mentali.
Numerose specie animali sono in grado di classificare e
ordinare la loro esperienza in categorie
discrete, per poter distinguere il familiare dal nuovo, l'alleato dal
predatore ecc. Secondo Herrnstein tali categorie si formano attraverso un
processo a cinque livelli: a) Discriminazione
fra gli stimoli, b) Categorizzazione
per routine, c) Costruzione di
categorie indeterminate sulla base di somiglianze percettive, d)
Sviluppo del concetto definito
in base a caratteristiche distintive, e) Relazioni astratte attraverso cui si
mettono in connessione due o più concetti tra loro.
La comunicazione intenzionale.
Una comunicazione intenzionale implica l'orientamento a uno scopo del segnale dell'emittente e un certo grado di flessibilità nei mezzi espressivi per raggiungerlo. Per cui il medesimo segnale verrà usato in modo diverso (flessibile) per raggiungere il medesimo scopo o anche per scopi diversi.
La comunicazione attraverso i gesti.
I gesti riguardano i comportamenti facciali, manuali e posturali. Negli scimpanzè i gesti servono a regolare le interazioni, ad attirare l'attenzione su un determinato evento/oggetto o anche per cominciare un'attività di gioco. Hanno di solito natura diadica cioè sono limitati ai soli emittente e ricevente.
La comunicazione intenzionale attraverso le vocalizzazioni.
Nelle scimmie reso esistono circa 25-30 vocalizzazioni relative ad un ampio spettro di situazioni. Anche gli scimpanzè hanno un vastorepertorio di segnali vocali e per esempio hanno tre diverse vocalizzazioni per la scoperta del cibo: pant-hoot, food-grunt e cibo-aaa.
La comunicazione simbolica.
I primati non umani sono in grado di apprendere il linguaggio umano? I primi studi a riguardo furono fallimentari ma ngli anni '60 i coniugi Gardner utilizzando l'American Sign Language insegnarono a uno scimpanzè circa 132 parole differenti inclusi verbi pronomi e nomi. A tali studi ne seguirono altri altrettanto efficaci. In generale si è osservato che gli scimpanzè allevati in un contesto umano sono in grado di comprendere e produrre in maniera creativa i simboli linguistici umani. Si è inoltre notato che a) la comunicazione gestuale di questi scimpanzè è notevolmente aumentata, b) che l'apprendimento e l'uso dei simboli linguistici può avvenire in modo naturale.
E' però necessario ricordare che stiamo parlando dell'apprendimento del lessico, ovvero di una quantità di simboli decontestualizzati. Quando dal lessico si passa alla sintassi, ovvero alle regole che determinano l'ordine in cui i simboli devono essere posizionati, sorgono enormi difficoltà. Per questo motivo possiamo affermare che la comunicazione dei primati non umani e di altre specie animali è di natura richiestiva e non dichiarativa. Per cui lo scimpanzè potrà, con la comunicazione, dare e ricevere, capire ed eseguire ordini, esprimere desideri ma non potrà mai raccontare i propri pensieri.
·   555b16f ; I primati non umani hanno una "teoria della mente"?
La Teoria della Mente (Theory of Mind - ToM) è nata all'interno della psicologia evoluzionistica nel 1978 ed è intesa come capacità di "leggere" la mente dei consimili nonchè di interpretare, spiegare e prevedere i loro comportamenti (Premack e Woodruff).
La comprensione dello sguardo e dell'attenzione degli altri
La comprensione dello sguardo degli altri è importante per elaborare una ToM in quanto implica:
a) La capacità di capire lo sguardo come atto mentale di attenzione e interesse verso un oggetto o evento (vedere come attenzione referenziale).
b) La capacità di capire lo sguardo come possesso privilegiato di un definito numero di di conoscenze rispetto a chi non guarda (vedere come atto cognitivo).
c)   555b16f ; La capacità di capire lo sguardo come l'adozione di un punto di vista interno e mentale sulle cose (vedere come prospettiva epistemica).
Il riconoscimento di sè allo specchio.
Gli scimpanzè rispondono in maniera spontanea e contingente alla presenza di uno specchio in quanto si rendono conto che i movimenti nello specchio dipendono dai loro stessi movimenti. L'autoriconoscimento diventa però palese grazie al "test della macchia": gli scimpanzè vengono sottoposti ad anestesia generale durante la quale una parte del loro corpo viene dipinta con una macchia di colore e al loro risveglio, posti nuovamente di fronte allo specchio, essi si toccano in maniera significativamente maggiore, rispetto alla situazione precedente, sulla zona colorata. Vi è dunque una rappresentazione di sè che costituisce il primo passo verso la consapevolezza di sè.
La condotta e la comunicazione ingannevole.
Per condotta ingannevole si intende una strategia per l'interazione sociale volta a ottimizzare le risorse disponibili a proprio vantaggio e a discapito degli altri.
-   555b16f ;   555b16f ; Menzogna funzionale:
In un contesto definito e regolare l'animale produce un comportamento prevedibile tale da suscitare negli altri una certa risposta. A fronte di tale condizione è possibile: a) produrre lo stesso segnale in un contesto differente per produrre la risposta desiderata (falsificazione attiva), b) non produrre il medesimo segnale nel consueto contesto (occultamento di informazione).
-   555b16f ;   555b16f ; Menzogna intenzionale
La menzogna intenzionale è caratterizzata da comportamenti che inducono cambiamenti nelle credenze degli altri per cui l'animale produce nel contesto C1 un segnale S1 che produce un cambiamento nelle credenze e di conseguenza un comportamento X, dopodichè può produrre il medesimo segnale S1 in un contesto diverso C2 per ottenere la medesima risposta X (falsificazione attiva) oppure, in ragione dell'associazione tra S1 e X, può non produrre il segnale S1 sapendo di nascondere informazioni agli altri (occultamento di informazione).
-   555b16f ;   555b16f ; Menzogna tattica:
E' caratterizzata dall'intenzione dell'ingannatore di indurre gli altri a interpretare erroneamente una azione. Esistono tre grandi categorie di menzogna tattica:
a) Occultamento attivo: occultare intenzionalmente l'espressione del volto o una attività in cui si è impegnati.
b) Condotta fuorviante: Per esempio emettere un segnale di pace per poi attaccare.
c) Controinganno: Risposta all'inganno con altre forme di inganno.
Il problema di fondo è capire se i primati non umani abbiano o meno una rappresentazione secondaria o metarappresentazione, ovvero la capacità di rappresentarsi mentalmente le rappresentazioni mentali altrui.
I primati non umani sono capaci di scambiarsi informazioni e capaci di mettere in atto una comunicazione intenzionale. Tali capacità però non presuppongono una teoria della mente esplicita ma si basano esclusivamente sulla percezione e comprensione dei comportamenti altrui. Sembra dunque che i primati non umani ragionino sui comportamenti e non sugli stati mentali altrui. Possiamo parlare dunque di una teoria implicita della mente in quanto questi animali comprendono gli scopi e prevedono i comportamenti ma non si chiedono perchè, non si fanno domande sugli stati mentali degli altri.
-   555b16f ;   555b16f ; Neuropsicologia della comunicazione -
La comunicazione è una attività complessa e peculiare dell'essere umano. Tale complessità trova un corrispettivo e un fondamento neurofisiologico e neuropsicologico poichè la comunicazione ha luogo a partire da strutture anatomiche specifiche e richiama a funzioni cerebreli definite.
·   555b16f ; Le competenze linguistiche e comunicative secondo la prospettiva neuropsicologica.
Lo sviluppo strutturale e funzionale delle aree del linguaggio.
E' di fondamentale importanza studiare dal punto di vista biologico le aree deputate alle funzioni linguistiche. E' molto probabile che le strutture cerebrali deputate a tali funzioni si siano sviluppate già 500.000 anni fa (Homo erectus) così come dimostrano recenti ritrovamenti fossili ma lo sviluppo di un linguaggio è avvenuto ben più tardi ovvero circa 100.000 anni fa (ipotesi del linguaggio ancestrale).
Sull'origine della comunicazione sono state avanzate tre ipotesi:
-   555b16f ;   555b16f ; Teoria gestuale: Ipotizza uno sviluppo della comunicazione a partire dai gesti e solo successivamente si sarebbe sviluppata una comunicazione vocale
-   555b16f ;   555b16f ; Teoria vocale: Sostiene, al contrario, che la comunicazione si sia sviluppata a partire da un sistema di grida per indicare i diversi stati emotivi per poi divenire linguaggio
-   555b16f ;   555b16f ; Teoria mista: Ipotizza un intervento concomitante di gesti e vocalizzazioni come base dell'evoluzione del linguaggio. Tale teoria sembra avere un riscontro anatomico rilevante dal momento che la rappresentazione e il controllo manuale e la comunicazione verbale e dei segni trovano la loro localizzazione nell'emisfero sinistro.
Nell'uomo esistono numerose asimmetrie emisferiche presenti sin dalla nascita. Asimmetrie molto simili a quelle umane sono presenti nelle scimmie antropomorfe ma non dalla nascita, lo sviluppo della dominanza emisferica avviene a sviluppo cerebrale finito ed è frutto dell'esposizione e comprensione del repertorio vocale.
Occorre a questo punto definire l'organizzazione cerebrale: esistono modelli localisti e antilocalisti (olismo). La prima suppone che vi sia una stretta correlazione tra tra le differenti funzioni cognitive e specifiche aree cerebrali. La seconda ipotizza una distribuzione delle differenti funzioni cognitive nelle diverse aree cerebrali.
I modelli di funzionamento anatomo-strutturali.
Esistono dunque "modelli classici" e "modelli a network" a seconda che abbiano una concezione "focale" o "distribuita" delle rappresentazioni delle competenze comunicative e linguistiche dell'uomo.
-   555b16f ;   555b16f ;
Modello
di Wernicke-Geshwind.
Questo modello pone l'accento sull'importanza di specifiche aree corticali e
sulle loro vie di connessione con la sostanza bianca sottostante per la
rappresentazione delle competenze comunicative e linguistiche. A tale modello
si rifanno i cosidetti modelli classici. Questo modello individua due distinte
aree deputate alla produzione e comprensione del linguaggio, l'area del Broca (produzione) e l'area del Wernicke (comprensione). Lesioni a tali
aree producono afasie di espressione
(area di Broca) e afasie di
comprensione (area del Wernicke). Queste aree sono considerate parti di
una complessa rete nervosa unite fra loro dal fascicolo arcuato. Una lesione a quest'ultimo produce
un'alterazione al normale flusso del discorso in quanto è interrotta la
connessione tra le afferenze uditive e l'area del Broca nonchè il circuito a
feed-back con l'area del Wernicke.
-   555b16f ;   555b16f ;
I
modelli neurolinguistici.
La moderna neurolinguistica mette in discusione la
specificità delle aree del Brcoca e del Wernicke per la produzione e
comprensione del linguaggio. Si è infatti notato che lesioni cerebrali a tali
aree produce effetti variabili da individuo a individuo. Non è pertanto
possibile individuare i correlati anatomici dei processi linguistici.
Recentemente è stata riconosciuta
notevole importanza ad alcune strutture
sottocorticali quali il talamo
sinistro, il nucleo caudato sinistro e la sostanza bianca sottostante
nella elaborazione e comprensione del linguaggio. Il processo ascendente (che va dalla comprensione alla produzione)
fa dunque riferimento a più aree cerebrali rispetto a quanto esposto dal
modello Wernicke-Geshwind. Esiste tuttavia un sostanziale accordo sul fatto che
esistano differenze tra i lobi cerebrali, ovvero sul fatto che il lobo sinistro
è predominante in riferimento al linguaggio e che tali differenze siano sia
funzionali che anatomiche.
Lenneberg aveva proposto la teoria della equipotenzialità
delle strutture cerebrali considerando la lateralizzazione come derivato
dello sviluppo linguistico, tuttavia questa teoria non spiega come nello
sviluppo ontogenetico si sia attuata una selezione a vantaggio dell'emisfero
sinistro relativamente al linguaggio.
-   555b16f ;   555b16f ;
Fattori
di sviluppo nell'acquisizione delle competenze linguistiche.
La specificità e l'universalità
delle competenze legate allo sviluppo del linguaggio sono un punto di riferimento
obbligato per la neurolinguistica.
- Modello dell'innatismo strutturale.
Postula la presenza di regole universali che regolano la capacità di
apprendere le diverse lingue, questo modello si fonda dunque sulla "grammatica universale" (Chomsky)
e rivendica inoltre l'esistenza di strutture geneticamente predisposte per
supportare tale apprendimento: l'organo del linguaggio.
- Modello dell'universalità funzionale.
Considera l'apprendimento del linguaggio fondato su processi e funzioni piuttosto che su regole grammaticali ed
esso viene appreso in maniera automatica e universale.
Un aspetto fondamentale dell'approccio innatista è il concetto di periodo critico di acquisizione, ovvero quel periodo "sensibile" in cui è necessaria l'esposizione al linguaggio affinchè possa essere appreso. Tale periodo coincide con la fase evolutiva in cui vi è una maggiore plasticita anatomo-strutturale del cervello. E' inoltre importante sottolineare l'interdipendenza tra maturazione ed esperienza nei processi di apprendimento del linguaggio, in particolare è stata evidenziata una stretta correlazione tra sviluppo delle strutture cerebrali e specifiche competenze comunicative.
-   555b16f ;   555b16f ; La produzione e la comprensione della comunicazione: i sistemi concettuale, sintattico e semantico.
- La
rappresentazione del processo di produzione e comprensione.
Le competenze comunicative di base sono identificabili nella produzione e nella
comprensione del linguaggio e quindi di strutture fonologiche, sintattiche,
semantiche e discorsive.
La moderna neuropsicologia ha come intento principale quello di decomporre e segmentare il processo complessivo della comunicazione. Il modello di Garret consente di sintetizzare la complessità delle operazioni e dei processi cognitivi implicati nei processi ascendente e discendente (comprensione e produzione) del linguaggio (Vedi fig.3.3 pag.72 Anolli). Esiste un parallelismo nell'organizzazione dei sistemi ascendente e discendente in quanto sono entrambi caratterizzati da due flussi di elaborazione: uno di produzione/riconoscimento lessicale, l'altro di costruzione/ricostruzione delle strutture frasali. Bisogna dunque capire i processi di coordinazione tra questi due processi. La rappresentazione lessicale avverrebbe contemporaneamente all'assegnazione della struttura frasale con un processo incrementale e sequenziale.
-   555b16f ;   555b16f ; Indipendenza dei sistemi di rappresentazione concettuale, sintattico e semantico.
Sistema sintattico(strutturale): rappresentazione delle funzioni posizionali dei termini e della struttura della frase
Sistema semantico: rappresentazione del significato complessivo del messaggio
L'Ipotesi dell'organizzazione funzionale del processo comunicativo prevede che questi tre sistemi siano funzionalmente autonomi.
-   555b16f ;   555b16f ;
Indipendenza
tra forma lessicale e significato.
Studi mediante PET rilevano aree distinte per l'elaborazione del significato e
della forma lessicale.
-   555b16f ;   555b16f ;
Dissociabilità
tra forma sintattica e concettuale.
La competenza concettuale e la capacità di costruire complesse strutture
enunciative appaiono essere funzioni autonome. Dalle ricerche (lesioni focali)
è emersa una doppia dissociazione tra
competenze concettuali e competenze sintattiche con la compromissione di
una a fronte di una piena funzionalità dell'altra.
-   555b16f ;   555b16f ;
Indipendenza
tra sistema semantico e concettuale.
Il sistema semantico realizza il significato delle parole mentre quello
concettuale ha a che fare con un più ampio sistema enciclopedico
-   555b16f ;   555b16f ;
Indipendenza
tra sistema semantico e sintattico.
Anche in questo caso i dati sperimentali sono a favore di una indipendenza tra
i sistemi. Infatti esistono deficit specifici (semantico e sintattico) a
seguito di lesioni al lobo temporale superiore (demenza semantica) e all'area
corticale presilviana (deficit sintattico). La compromissione di un sistema non
intacca la funzionalità dell'altro.
·   555b16f ; Neuropsicologia delle funzioni comunicative superiori.
La mente umana come sistema di simboli.
La neuropsicologia intende la mente umana come sistema in grado di manipolare simboli, di elaborare e comprendere script nonchè di sviluppare un sitema di regole (sintassi) in grado di combinare le unità simboliche. Comunicare dunque non è soltanto la capacità di formulare frasi corrette.
Modello multicomponenziale di Frederiksen: studia a livello neuropsicologico le competenze inferenziali, metacognitive e di automonitoraggio della comunicazione. Questo modello intende il processo comunicativo come una sequenza di espressioni della lingua naturale che rappresenta parte della conoscenza concettuale del parlante. Tale processo opera su quattro livelli differenti e autonomi: linguistico, proposizionale, semantico-pragmatico e concettuale.
La specializzazione emisferica per le funzioni comunicative superiori.
Le differenze tra i due emisferi riguardano sia la dimensione neurofisiologica sia quella anatomica. Tre sono le principali teorie che cercano di rendere conto di tali differenze.
Approccio percettivo: le differenze sono legate alle diverse abilità percettive nell'elaborazione delle proprietà sensoriali di base. Ipotesi della frequenza spaziale. L'emisfero destro è deputato ad elaborare stimoli a bassa frequenza spaziale mentre quello sinistro quelli ad elevata frequenza spaziale.
Differenti modalità di elaborazione dell'informazione: il secondo approccio tiene conto dei differenti "stili" di elaborazione dell'informazione ovvero quello analitico e quello olistico. La modalità analitica è attribuita all'emisfero sisnistro ed è specifica per la rilevazione delle relazioni temporali mentre la modalità olistica, attribiuta all'emisfero destro, è specifica per la rilevazione delle configurazioni complessive in particolare quelle spaziali.
Nel riconoscimento dei visi l'emisfero destro mostra avere una superiorità rispetto al sinistro ma qualora il riconoscimento dipenda da un dettaglio allora il sinistro avrà superiorità emisferica.
Prospettiva di integrazione: i due approcci precedenti possono essere combinati in una sola prospettiva. Da un lato l'estrapolazione di informazioni a bassa frequenza spaziale può indurre l'emisfero destro a elaborale informazioni in maniera globale, dall'altro la superiorità dell'emisfero sinistro nell'elaborazione di informazioni locali e analitiche può essere determinata dall'estrapolazione di informazioni ad alta frequenza spaziale.
Le funzioni semantiche e pragmatiche.
-   555b16f ;   555b16f ;
Competenze
semantiche, prosodiche ed elaborazione di stimoli emotivi.
Non tutte le funzioni comunicative sono soggette alla
lateralizzazione emisferica anzi per molte di queste entrambi gli emisferi
contribuiscono al loro sviluppo. Bisogna dunque distinguere tra:
- Specificità
funzionale emisferica: un solo emisfero possiede quella determinata
funzione
- Aspecificità
funzionale: un emisfero possiede competenze per una certa funzione in
maniera secondaria e di supporto all'altro.
Bisogna superare la tradizionale equazione: emisfero sinistro= linguaggio e emisfero destro= facilitatore. Gli studi sull'emisfero destro hanno evidenziato il ruolo importante di quest'ultimo nella comprensione dei termini (semantica lessicale). L'emisfero destro sfolge dunque un ruolo specifico nell'attribuzione dei significati indipendentemente dai vincoli sintattici e contestuali.
Un'altra competenza funzionale dell'emisfero destro concerne la produzione e l'analisi delle proprietà prosodiche.
Distinguiamo tra:
-   555b16f ;   555b16f ; Prosodia intrinseca: connessa col profilo intonativo di un enunciato
-   555b16f ;   555b16f ; Prosodia intellettiva: relative alle funzioni di accentuazionee delle diverse componenti enunciative.
-   555b16f ;   555b16f ; Prosodia emotiva: concernente la funzione vocale dell'espressione emotiva.
L'emisfero destro appare notevolmente competente relativamente alla prosodia emotiva, per le altre due forme di prosodia esso mantiene comunque un ruolo secondario.
Le componenti emotive appaiono dunque lateralizzate con dominanza dell'emisfero destro, il quale comunque appare superiore nel riconoscimento dei segnali emotivi rispetto all'emisfero sinistro, mentre per la funzione espressiva dei segnali emotivi i risultati sono più eterogenei: entrambi gli emisferi presentano tale competenza.
-   555b16f ;   555b16f ;
Competenze
discorsive e funzioni pragmatiche.
Le funzioni del
discorso ovvero le abilità inferenziali per fare le opportune implicature
conversazionali sono specifiche dell'emisfero destro. L'emisfero destro mostra
una specifica competenza per le funzioni discorsive di carattere generale quali
l'elaborazione di percorsi di senso, generazione della cornice discorsiva,
produzione della rete semantica mentre l'emisfero sinistro appare più specifico
per le funzioni discorsive più analitiche (analisi sintattica, lessicale e
morfologica).
Infine l'emisfero destro risulta avere specifiche competenze per le funzioni pragmatiche che riguardano
l'uso dei significati in determinati contesti quindi la comprensione del rapporto
tra testo e contesto.
·   555b16f ; La rappresentazione dei sistemi verbale e non verbale di segnalazione.
-   555b16f ;   555b16f ;
Verbale/non
verbale: un'asimmetria di funzioni?
Attualmente è prematuro parlare di corrispondenze neuroanatomiche rispetto alle
funzioni cognitive legate alla
comunicazione verbale e non verbale.
Tuttavia è leggittimo chiedersi se vi sia un'asimmetria emisferica tra funzioni verbali e non verbali. Il
modello tradizionale per cui verbale=emisfero sinistro e non verbale=emisfero
desrto è oggi superato. Tale superamento è stato possibile grazie allo studio
del linguaggio dei segni (LS) il
quale al pari del linguaggio parlato
possiede una struttura formale, morfologica e grammaticale. Che l'emisfero
sinistro sia dominante per i compiti verbali è un dato acquistito ma non si può
parlare di una netta dicotomia verbale/non verbale, bisogna infatti giungere a
un livello più profondo ovvero alle competenze
simboliche per le quali l'emisfero sinistro è superiore rispetto al destro
e che possono riguardare anche competenze non verbali. Tre ipotesi cercano di
spiegare come l'emisfero sinistro si distingua dal desto relativamente alle
competenze simboliche.
- Modello del sistema simbolico:
Ipotizza un funzionamento in parallelo in cui i comportamenti verbali e non
verbali vengano originati insieme da un unico sistema e non separatamente.
- Organizzazione dei movimenti
sequenziali, per la quale l'emisfero sinistro sarebbe dominante. Entrambe
le forme verbale e non verbale implicano la presenza di azioni motorie, per cui
l'incapacità di comtrollare tali sequenze produce deficiti in entrambe le forme
di comunicazione.
- Dicotomia tra emotivo e cognitivo,
ovvero distinzione tra emisfero destro per le proprietà emotive e sinistro per
le proprietà cognitive.
-   555b16f ;   555b16f ;
Coordinamento
interemisferico fra il sistema verbale e i sistemi non verbali.
Ipotesi della indipendenza funzionale tra
sistemi verbale e non verbale. Questa ipotesi appare fondata sulla distinzione
di diverse modalità di rappresentazione del significato. Esse sono:
Modalità linguistica: propria
dell'emisfero sinistro
Modalità non linguistica:
propria dell'emisfero destro.
Ciascuno dei due percorsi consentirebbe l'attribuzione del significato
attraverso processi distinti dipendenti dal formato con cui l'informazione è
rappresentata. Ciò non esclude tuttavia che l'emisfero destro sia capace di
comprendere le parole e il sinistro di elaborare informazioni non verbali.
Entrambi gli emisferi sono in grado di elaborare gli stimoli indipendentemente
dal formato in cui sono emessi. Infatti ad una raappresentazione "modalità
dipendente" si affianca una rappresentazione "modalità indipendente", la prima
specifica per il formato del segnale, la seconde più generica, adatta alla
comprensione di informazioni più vaghe e indefinite. Esiste dunque una interdipendenza tra i due emisferi
relativamente alla attribuzione di significati benchè l'emisfero dominante per
il formato specifico abbia una parte preponderante.
Benchè gli emisferi siano specializzati per compiti e processi specifici essi operano
come una mente sola e non come due menti separate, si parla dunque di coordinamento tra i due emisferi.
Tale interazione è supportata, a livello neuroanatomico, dal corpo calloso ed è
un processo particolarmente complesso e non una semplice trasmissione di
informazioni da un emisfero a un altro. Tre ipotesi spiegano tale
coordinamento:
- Modello della dominanza emisferica:
di volta in volta, a seconda dei compiti, un emisfero diviene dominante e
l'altro funge da supporto
- Modello dell'alternanza:
suppone che vi sia un "miscelamento", ovvero in ogni compito ogni emisfero risulta dominante per un aspetto specifico
del processo.
- Modello dell'unicità interemisferica:
Entambi gli emisferi contribuiscono alla realizzazione dell'intera prestazione
seppure in misura differente.
·   555b16f ;
La
comunicazione come sistema multifunzionale.
L'atto comunicativo implica processi di definizione
strategica e pianificazione da un lato, e di monitoraggio e automonitoraggio
dall'altro. Questi processi richiedono meccanismi di coordinamento centrale.
-   555b16f ;   555b16f ;
Comunicazione, sistema esecutivo e
memoria di lavoro.
L'attenzione
interviene nei processi di programmazione e di regolazione dell'azione
comunicativa.
Le funzioni esecutive sono
quell'insieme di processi finalizzati a regolare e dirigere la condotta
mediante la gestione di alcune operazioni sovraordinate (definizione delle
strategie, organizzazione delle sequenze e delle gerarchie delle azioni ecc.).
La corteccia frontale e prefrontale costituiscono il substrato anatomico delle
funzioni esecutive.
Il rapporto tra le funzioni esecutive e i processi comunicativi appare assai
complesso. Le operazioni controllate e gestite dal sistema esecutivo
interessano le funzioni di programmazione
dell'atto comunicativo. L'attenzione diviene un fattore rilevente per le
funzioni di supervisione dell'azione. In particolare persone con deficit
frontali sono caratterizzate dalla mancanza di adattamento flessibile delle
scelte comunicative strategiche alla situazione e manifestano una prevalenza di
ipotesi scorrette pur avendo a disposizione elementi utili alla rilevazione
dell'errore (perseverazione del
comportamento erroneo). Deficit correlati al precedente sono il deficit di valutazione cognitiva ovvero l'incapacità di utilizzare informazioni
salienti al fine di fare previsioni ed esprimere giudizi sulle situazioni e
ancora il deficit dell'organizzazione
in sequenze ovvero l'incapacità di organizzare il comportamento
intenzionale.
Un ruolo prioritario e più diretto per compiti comunicativi è svolto dal
sistema esecutivo centrale della memoria
di lavoro. E' un sistema a capacità limitata in quanto consente
l'elaborazione e l'immagazzinamento temporaneo delle informazioni durante
l'esecuzione di compiti cognitivi.
-   555b16f ;   555b16f ;
Metacognizione
e pianificazione strategica dell'azione comunicativa.
Tra le funzioni esecutive superiori ricordiamo la pianificazione strategica. Essa implica la capacità del soggetto di
programmare le azioni secondo i propri scopi strategici, prevedere gli effetti
di tali azioni e rappresentarsi la situazione tenendo conto delle eventuali
variabili intervenienti. Secondo il modello
gerarchico di Stuss e Benson il controllo della condotta avviene secondo un
processo gerarchico. Al livello più basso vi sono le informazioni sensoriali e
le conoscenze elementari che vengono elaborate in maniera pressochè automatica.
Al livello successivo abbiamo le funzioni esecutive strettamente connesse al
lobo frontale. Al terzo livello abbiamo le funzioni legate all'autoriflessione
che consentono al soggetto di regolare consapevolmente il proprio atto
comunicativo in relazione con l'ambbiente esterno. Quest'ultimo livello
consente altresì di regolare le funzioni
metecognitive:
- metacognizione autodiretta:
processi inferenziali sottesi alle operazioni mentali che regolano le proprie
azioni
- metacognizione eterodiretta o
teoria della mente: processi interpretativi attraverso i quali si attribuiscono
stati mentali, emotivi epistemici all'interlocutore.
-   555b16f ;   555b16f ; Atto comunicativo, intenzione e sistema di coscienza.
Nella modulazione
delle intenzioni il flusso della produzione comunicativa si caratterizza
lungo un continuum che va da condizioni minime di intenzionalita (azioni
automatizzate) a condizioni di massima intenzionalità (azioni
plurintenzionali). In queste ultime troviamo una maggiore complessità cognitiva
che richiede l'intervento congiunto di funzioni attentive e della coscienza come dispositivi
indispensabili per la pianificazione intenzionale dell'azione comunicativa.
La coscienza è intesa pragmaticamente come un metaprocesso ovvero come un
insieme di proprietà necessarie affinche uno stato cosciente esista. Un
elemento caratterizzante di essa è il
paradosso dell'interezza nella molteplicità ovvero l'unitarietà del
processo è data come risultato e prodotto delle molteplici operazioni che
operano all'unisono. Inoltre la coscienza non costituisce una condizione del
tipo "tutto o niente" ma si pone lungo un continuum che va dalla coscienza riflessa (livello
minimo) alla coscienza ricorsiva o
autoriflessa (livello massimo). La coscienza è dunque un sistema
autonomo rispetto a quello dell'attenzione.
-   555b16f ;   555b16f ; Cultura e comunicazione -
Non vi è cultura senza comunicazione nè comunicazione senza cultura, esse sono realtà intrinsecamente interconnesse. Per capire una cultura è importante studiare i processi di comunicazione che si realizzano in essa, e viceversa.
·   555b16f ; Tra natura e cultura.
Esistono diversi punti di vista in merito al rapporto natura/cultura e alla misura della loro influenza sullo sviluppo dell'individuo:
-   555b16f ;   555b16f ;
Dicotomia
natura/cultura:
Secondo la prospettiva romantica di Rousseau la natura genera "l'uomo buono" ed è poi la società che lo
corrompe. La cultura in questo senso è un fattore di corruzione che degenera l'innocenza primigenia.
Secondo Kant invece, seguendo una
prospettiva razionalista, la dicotomia viene rovesciata e la cultura diviene
strumento di emancipazioe e libertà. La cultura è dunque il mezzo attraverso
cui l'uomo può porsi traguardi arbitrari (non naturali) e liberarsi dai vincoli
stabiliti dalla natura.
Hegel approfondì il discorso di Kant
ritenendo la cultura come un processo di liberazione
dal sè naturale. La cultura è formazione
in quanto attribuisce forma all'individuo.
Queste prospettive dicotomiche, in senso peggiorativo o migliorativo, rimandano
ad una forma di dualismo cartesiano tra natura e cultura intese come due
dimensioni separate che in qualche modo si sommano o si contrappongono.
-   555b16f ;   555b16f ;
Predominanza
della natura sulla cultura.
L'ipotesi e la ricerca di universali
in vari ambiti di studio (linguaggio, pensiero, emozioni ecc.) presuppone
l'esistenza di una dotazione filogenetica condivisa dagli esseri umani.
L'attenzione è dunque posta sull'omogeneità ovvero sul fatto che tutti gli
esseri umani siano dotati dello stesso sistema neurobiologico. Le differenze
individuali sono spiegate a livello genetico ovvero corrispondono a differenze
nel DNA. In ambito linguistico Chomsky
condivide fortemente questo punto di vista.
-   555b16f ;   555b16f ;
Predominanza
della cultura sulla natura.
Questo punto di
vista pone l'accento sui processi di differenziazione.
Ogni cultura è un sistema unico ed irripetibile nella sua singolarità. Le
differenze tra varie culture sono differenze
irriducibili in quanto si tratta di differenze qualitative e non
quantitative. Le specificità culturali sono generate da un processo di
convenzionalizzazione arbitraria, in funzione di un sistema di credenze,
valori, norme e pratiche condiviso da una data comunità di persone. Non è
possibile dunque elaborare un punto di vista metaculturale o sovraculturale in
quanto ogni punto di vista fa inevitabilmente riferimento alle norme e ai
valori della cultura di riferimento. Su queste basi si innesta il costruzionismo sociale secondo cui la
realtà non è un dato di fatto ma un costrutto, ovvero il prodotto delle interpretazioni
degli individui. In questa prospettiva la stessa identità viene costruita di
volta in volta attraverso i processi comunicativi. La cultura è in questo senso
un prodotto locale non esportabile, ovvero non traducibile per un'altra
cultura.
-   555b16f ;   555b16f ;
Interdipendenza
tra natura e cultura.
Questo punto di vista nega sia la contrapposizione
dicotomica tra natura e cultura sia il predominio dell'una sull'altra e
ipotizza una interdipendenza fra le
parti. Vi è dunque una interazione continua "gene-ambiente". Da un lato la
cultura modifica continuamente la natura, dall'altro la natura pone vincoli
precisi e oggettivi alle possibilità di sviluppo di una data cultura.
·   555b16f ;
Lo studio della cultura
"dall'interno" e "dall'esterno".
Esistono, in linea
generale, due approcci teorico-metodologici per studiare una cultura:
La prospettiva emica: Questo
approccio studia le culture dall'interno, assumendo il punto di vista dei
membri della comunità studiata e in che modo essi attribuiscono significati al
mondo, alle relazioni, alla comunicazione e come si distribuiscono e si
condividono norme, valori e credenze. Tale prospettiva è adottata dalla psicologia culturale, dall'antropologia
e dalla sociolinguistica e il metodo utilizzato di norma è quello etnografico
(osservazione partecipante).
La prospettiva etica: Questo
approccio studia le culture dall'esterno e analizza i processi di comunicazione
in maniera indipendente dalla cultura studiata. L'approccio etico osserva più
culture contemporaneamente ponendole a confronto cercando di identificare
elementi universali. Tale prospettiva è adottata dalla psicologia cross-culturale.
·   555b16f ;
Il concetto di cultura come sistema globale e unitario.
- La cultura come sistema di mediazione.
Un argomento condiviso dagli studiosi è il seguente: la condizione
specifica degli esseri umani è quella di vivere in un ambiente già trasformato
dall'attività di coloro che li hanno preceduti. Queste trasformazioni e la loro
trasmissione di generazione in generazione è possibile grazie alla creazione e
all'uso di artefatti. Questi ultimi
sono elementi del mondo materiale che mediano il rapporto tra individuo e mondo
fisico e sociale. Nelle varie teorie psicologiche a base culturale si propone
il seguente schema a triangolo:
M (artefatto)
(soggetto) S O (oggetto)
Questa rappresentazione descrive la mediazione tra soggetto e oggetto
attraverso l'artefatto ma anche la relazione immediata tra di essi (relazione
naturale). Per il socio-costruzionismo più radicale tutte le relazioni tra
soggetto e oggetto sono mediate culturalmente per cui una relazione diretta tra
di essi è una pura illusione (linea tratteggiata).
Esistono tre tipi di artefatti:
a) Gli artefatti primari: Sono impiegati direttamente per la produzione e
l'attività umana.
b) Gli artefatti secondari: Sono le rappresentazioni mentali degli
artefatti primari, sono di natura simbolica.
c) Gli artefatti terziari: Servono a costruire il mondo della fantasia e dell'immaginazione, fanno parte dunque
della sfera del "non-pratico".
Gli artefatti sono convenzioni e sono presenti sia nella mente che nel contesto
sociale in cui vengono creati e utilizzati e servono soprattutto a dare forma
alla comunicazione e all'azione. Esiste uno stretto legame tra artefatti e
progresso tecnologico in quanto le nuove tecnologie mettono a disposizione
nuovi artefatti o migliorano quelli precedenti modificando sensibilmente le
abitudini e le pratiche quotidiane.
- La cultura come sistema di
conoscenza.
La cultura va intesa anche come sistema di conoscenza il che significa non
soltanto la condivisione di conoscenze ma anche di modelli di pensiero, modi di interpretare il mondo e di fare
previsioni ed inferenze.
La cultura al pari della comunicazione è una realtà simbolica all'interno della
mente di un individuo e all'esterno nell'ambiente. La cultura è dunque un sistema di credenze convenzionalmente
condiviso dalla maggioranza dei membri di una data comunità. Tale sistema di
credenze è regolato da alcuni principi guida che sono le credenze centrali ed è difeso da attacchi esterni (ortodossia) attraverso un certo
grado di dogmatismo ideologico. La cultura inoltre è socialmente distribuita negli attori e nell'ambiente ma ciò non
significa che tutti gli attori condividano le stesse conoscenze in modo
uniforme ed omogeneo, infatti per ogni cultura esistono diverse sottoculture.
In questo senso la cultura è organizzazione
della diversità.
Secondo Bachtin la cultura è una
frontiera, anzi è un insieme di frontiere. Le frontiere sono i confini tra
le cose, ciò che differenzia una cosa dall'altra: sono dunque la base per la produzione di senso. La cultura è
dunque una rete di senso.
- La cultura come sistema di pratiche.
Secondo Bourdieu attraverso lo studio dell'azione
e delle pratiche della vita quotidiana
è possibile studiare le radici esistenziali della conoscenza umana. La teoria della pratica ritiene, al
contrario del positivismo, che gli oggetti della conoscenza siano elaborati e
non semplicemente registrati e che il principio di tale elaborazione sia il
sistema delle disposizioni strutturate e strutturanti da lui chiamato habitus. In quanto habitus, le pratiche
culturali oscillano tra i processi di
riproduzione (sequenze di azioni ricorrenti, routinarie e in parte
prevedibili) e i processi di produzione
(azioni volte al cambiamento, creative, imprevedibili). Proprio questa
oscillazione determina il cambiamento psicologico per ciò che riguarda i
modelli di comunicazione, i sistemi organizzativi, gli stili di vita, ecc. Il
linguaggio è per esempio un sistema si disposizioni che viene continuamente
prodotto e riprodotto.
- La cultura come sistema di valori.
Al cuore di una cultura si collocano i valori,
ovvero ciò che le persone ritengono bene o male, giusto o sbagliato, opportuno
o inopportuno, desiderabile o indesiderabile ecc. Tali valori fungono da guida
nelle condotte degli individui, in sostanza hanno lo scopo di motivare le
persone proponendo loro obiettivi e dando loro la precisa direzione delle
condotte da attuare. I valori sono ordinati in maniera gerarchica, ovvero
esiste una priorità di valori che sono i valori guida. Ogni istituzione
culturale sottolinea la priorità di taluni valori che vanno a dirigere e
guidare le condotte in quello specifico contesto culturale. Importanti studi
sono stati condotti sulle dimensioni
culturali dei valori, per esempio la dimensione individualismo-collettivismo oppure gerarchia-uguaglianza.
- La cultura come sistema di
comunicazione.
Ogni cultura è un sistema di segni
per cui cultura è comunicazione.
Inoltre ogni cultura costituisce una rappresentazione del mondo nonché un
sistema di significazione ovvero una modalità attraverso cui il mondo diviene
interpretabile. Secondo Geerz l'uomo è un "animale sospeso nella ragnatela dei
significati che egli stesso ha tessuto". Questa tessitura è continua (processo
interpretativo senza fine) per cui per ottenere una buona conoscenza di una
cultura sono necessarie descrizioni "dense" (etnografiche).
Da una analisi cross-culturale risulta che le culture occidentali utilizzano
una modalità di comunicazione a bassa
contestualizzazione ovvero utilizzando codici espliciti, enunciati precisi
e uno stile diretto nel comunicare. Invece le culture orientali utilizzano una
modalità di comunicazione ad alta
contestualizzazione caratterizzata da uno stile indiretto, modalità
implicita, spesso vaga in cui il parlante da per scontato che l'interlocutore
conosca la situazione e le intenzioni sottese al discorso.
·   555b16f ;
Il processo di
"appropriazione" della cultura.
Solitamente
si ritiene che la cultura di un popolo sia trasmessa da una generazione ad un
altra e che il bambino sia messo nelle condizioni di assimilarla. Questo è il
concetto di internalizzazione che
prevede quattro livelli: a) Regolazione esterna (autorità, sistema di
punizioni), b) regolazione introiettata (motivazioni interne), c) Regolazione
identificata (processo di identificazione col sistema culturale), d)
Regolazione integrata (all'identificazione si aggiunge l'integrazione nei
propri valori e ideali).
Il concetto di internalizzazione è stato però fortemente criticato e si è
giunti a sviluppare un più corretto concetto di appropriazione, col quale innanzitutto si rifiuta il concetto
stesso di trasmissione per cui la cultura non è semplicemente un insieme di
nozioni e conoscenze che possono essere travasate da una mente a un'altra, la
cultura non risiede nella mente del singolo individuo ma è nella rete di
relazioni. Tale prospettiva sottolinea dunque il superamento del concetto
stesso di confine tra esterno ed interno, ovvero l'imposiibilità di separare
l'individuale dal sociale. L'appropriazione avviene attraverso la partecipazione. Il novizio apprende e
si appropria di una cultura partecipando alle attività più significative di
essa, l'esperto invece non trasmette semplicemente informazioni al novizio ma
supporta il suo apprendimento attraverso la creazione di contesti e situazioni
facilitanti.
·   555b16f ;
Gli universali
comunicativi e la teoria della relatività linguistica.
Gli universali linguistici
riguardano gli aspetti invarianti e comuni dei processi comunicativi condivisi
dalle lingue naturali oggi esistenti. In primo luogo analizzeremo gli universali sintattici difesi in
particolar modo da Chomsky.
- L'ipotesi della grammatica universale di Chomsky.
Nel corso di cinquant'anni di studi Chomsky e i suoi collaboratori
hanno sviluppato una teoria della grammatica universale (o generativa) che comprende un'insieme di regole e di
condizioni in grado di descrivere e di spiegare la grammatica di qualsiasi
lingua naturale.
L'assunto di base di Chomsky è l'esistenza di un'uniformità della competenza linguistica negli esseri
umani. Le variazioni sono considerate eccezioni alla regola, fenomeni
superficiali. Egli parla anche di un
organo del linguaggio (LAD - Language Acquisition Device), proponendo una
concezione innatista del linguaggio e della comunicazione. Infatti senza questo
dispositivo innato i bambini non riuscirebbero nell'arco di due tre anni ad
imparare una lingua in quanto non riceverebbero sufficienti stimolazioni
linguistiche per produrre generalizzazioni e inoltre non riuscirebbero a
sviluppare e utilizzare espressioni nuove mai incontrate prima. Sulla base di
queste osservazioni Chomsky fu aspramente critico nei confronti delle
concezioni comportamentiste di Skinner.
Chomsky utilizzò il metodo formale
per giungere al suo traguardo scientifico. Tale metodo consente un'analisi
linguistica a partire dalla sola forma esterna dei morfemi e dalla loro
disposizione. In questo senso la grammatica è intesa come calcolo matematico
che partendo da pochi semplici elementi sia in grado di generare una lingua
nelle sue infinite sequenze (grammatica
generativa).
I presupposti della grammatica generativa sono:
a) La lingua è un insieme infinito di frasi.
b) La frase è l'unità fondamentale
costituita a partire da un insieme
finito di elementi o alfabeto.
c) Tale alfabeto è composto da elementi primitivi (fonemi,
morfemi, parole ecc.).
d) La grammatica è un insieme astratto di regole.
e) La grammatica è indipendente da
ogni altro sistema cognitivo.
f) La grammatica è indipendente
dalla semantica.
g) Esistono due livelli di
rappresentazione della frase, uno superficiale l'altro profondo e una serie di
trasformazioni consente di passare da un livello a un altro.
h) I processi mentali che sono alla
base della grammatica sono l'astrazione e il ricorso a modelli ideali.
i) L'interpretazione semantica delle
frasi è basata esclusivamente sulla loro struttura superficiale.
Distinzione tra competenza e prestazione. La prima concerne la
capacità generale di usare una certa lingua, la seconda riguarda l'impiego
concreto e contingente di tale lingua in una data situazione. In tal senso
Chomsky distingue tra I-Language (lingua internalizzata) e E-Language (lingua
esternalizzata).
Distinzione tra struttura superficiale
e struttura profonda di una data
lingua. Secondo Chomsky mentre la struttura superficiale può variare da lingua
a lingua la struttura profonda è
sostanzialmente identica per tutte le lingue (grammatica universale). La prima
riguarda l'articolazione apparente e acusticamente percepibile, mentre la
seconda riguarda la categorizzazione linguistica non direttamente percepibile
ma necessaria a spiegare la struttura superficiale.
Distinzione tra universali sostantivi
e universali formali. I primi sono
gli inventari universali di nozioni come nome, verbo, aggettivo ecc. I secondi
riguardano invece il sistema universale di regole profonde che governa tutte le
grammatiche.
Critiche alla grammatica generativa di
Chomsky: Lo studio degli universali come sistema di regole deve
necessariamente partire da un accertamento preliminare degli universali
sostantivi ma la linguistica comparata non ha ancora trovato i mezzi teorici per definire sul piano concettuale ciò
che nelle varie lingue corrisponde a "soggetto" o a "oggetto" o anche a
"plurale" e a "nome". Non esiste una "Metalingua" né peraltro possiamo
arbitrariamente usare l'Inglese o lo Spagnolo o qualunque altra lingua come
"lingua campione" a partire dalla quale effettuare osservazioni e
differenziazioni. Un'altra critica a Chomsky è legata al suo rifiuto di
affrontare il livello psicologico e sociologico dei fenomeni linguistici e alla
sua estremizzazione del modello matematico che porta a concepire il linguaggio
come puro esercizio di logica della mente umana fuori da ogni contesto,
rischiando di arrivare alla paradossale conclusione che la "lingua non serve
per comunicare".
- I primitivi semantici.
Sul piano semantico il problema degli universali linguistici prende il nome di primitivi semantici. Essi vanno intesi
come unità minime e semplici di
significato, non ulteriormente definibili, a partire dalle quali sono
derivabili tutti gli altri significati. Wierzbicka ha cercato di
individuare un "linguaggio semantico
naturale", idea già avanzata da Leibniz. La studiosa ha cercato di spiegare
il rapporto tra la universalità e la differenziazione culturale delle
esperienze umane e dei concetti che le rappresentano. Per Wierzbicka i
primitivi semantici sono concetti elementari e semplici che si ritrovano in
tutte le lingue del mondo e costituiscono una sorta di "alfabeto del pensiero
umano", una lingua mentale di natura innata ma lessicalizzata in maniera
diversa a seconda selle culture. Oggi questi studi hanno portato ad individuare
50 concetti che costituiscono tale linguaggio.
- La teoria della relatività linguistica.
L'idea di base è che la cultura, attraverso il linguaggio e gli altri sistemi
di comunicazione, influenza il nostro modo di pensare e di categorizzare la
nostra esperienza. Alcuni studiosi come Sapir, Whorf e Boas hanno evidenziato
che le strutture semantiche delle diverse lingue sono incommensurabili fra loro
e che, conseguentemente, i parlanti elaborano modi differenti di pensare.
L'ipotesi Sapir-Whorf: a) Gli esseri
umani segmentano la natura secondo le linee indicate dalla loro lingua materna,
b) Gli esseri umani usano la loro lingua in maniera inconsapevole, ma questi
modelli automatici e involontari della lingua non sono uguali per tutti gli
uomini ma sono specifici per ogni lingua. Da qui la relatività linguistica e il
determinismo linguistico secondo cui
la lingua determina le forme di pensiero.
- La "revisione" della teoria della
relatività linguistica. (Clark, Hanks, Haviland et al.)
Il punto di partenza è che le esperienze vanno codificate a livello cognitivo
in modo tale che poi possano essere verbalizzate. La diversità delle lingue è connessa con la presenza di
distinzioni semanticheche si riflettono nelle distinzioni culturali che a loro
volta influenzano la categorizzazione dell'esperienza. Quindi, nell'apprendere una lingua, un bambino
impara modi particolari di pensare per parlare. Esistono profonde
differenze nelle culture in merito, per esempio, alla concezione di spazio a
seconda che abbiano una concezione assoluta, relativa o un'alternanza delle
due. Esistono differenze profonde anche nel repertorio
lessicale. Non solo relativamente alla quantità di vocaboli esistenti
per un singolo concetto o oggetto ma si parla anche di differenze nel lessico emotivo, proprio perchè
ogni cultura ha la sua semantica emotiva. Possiamo distinguere un lessico
emotivo inglese che comprende più di 2000 parole da un lessico cinese che ne
contiene 750. Inoltre le categorie emotive non sono sempre corrispondenti nelle
varie lingue. Dobbiamo inoltre ricordare che le differenze tra le lingue si
manifestano anche a livello grammaticale.
In sintesi la revisione della teoria della relatività linguistica comporta
innanzitutto il superamento di ogni forma di determinismo linguistico in quanto
non tutto il pensiero si manifesta attraverso il linguaggio e l'affermazione
dell'incommensurabilità delle diversità tra le varie lingue e dello stretto
legame tra lingua e cultura.
- Il processo di convenzionalizzazione.
Le convenzioni fra i comunicanti di
una comunità sono in continua evoluzione e diventano esse stesse parte della
comunità, in quanto strumento di organizzazione e coordinazione. Esse
concernono tutti gli aspetti della vita culturale di una data comunità (sistema
di significati, repertorio lessicale, i concetti, le pratiche ecc.) e sono
caratterizzate da tre proprietà: a) le convenzioni non sono uniformemente
distribuite nella popolazione, b) vi sono degli esperti (autorità) che
conoscono meglio degli altri le convenzioni, c) quando due persone si
incontrano, si identificano come membri di una data comunità e utilizzano tale
appartenenza per inferire il repertorio culturale condiviso.
Le convenzioni sono dunque il prodotto di un processo di coordinazione e
cooperazione tra gli individui di una data comunità.
Il processo di convenzionalizzazione si basa sul principio della salienza
condivisa per cui ciò che è più saliente rappresenta il miglior dispositivo di
coordinazione fra le persone in una data situazione. L'esito di questa
convenzionalizzazione è l'elaborazione di un sistema di categorie che attraversa tutta la vita culturale
della comunità.
·   555b16f ;
Il problema della
traduzione. Considerando i
problemi relativi alle diversità comunicative tra le diverse culture emerge
inevitabilmente il problema della traduzione.
Essa è intesa come possibilità di trasferire significati da una lingua ad
un'altra. Vi è traduzione quando fra due testi in lingue diverse vi è un
rapporto di equivalenza semantica.
Jacobson distingue tre tipi di traduzione: a) Traduzione intralinguistica,
ovvero una parafrasi di ciò che è detto, b) Traduzione interlinguistica, ovvero
la trasposizione di significati da una lingua ad un'altra, c) Traduzione
intersemiotica, ovvero la trasposizione di significati da un sistema simbolico
a un altro.
La traducibilità non consiste nella
semplice operazione di commutazione meccanica, parola per parola, dal messaggio
di una lingua-fonte a quello di una lingua-bersaglio. Tale operazione risulta
fallimentare. Invece la possibilità di traduzione si fonda sulla comprensione
delle categorie semantiche della lingua-fonte e nella ricerca di categorie
analoghe (o simili) nella lingua-bersaglio prima di tradurre. In tal senso una
traduzione è sempre approssimantiva, poichè si avvicina al significato
originario senza però mai raggiungerlo. L'unità di traduzione è il testo mentre loggetto della traduzione
è il senso. Per questo tradurre è
soprattutto un lavoro di interpretazione.
- Lo sviluppo della comunicazione nel bambino -
·   555b16f ;
Introduzione
Tratteremo qui dell'ontogenesi
della comunicazione ovvero del suo sviluppo nel corso dell'infanzia.
L'ottica seguita in questo capitolo riflette la seguente affermazione: il linguaggio è uno dei diversi modi di
comunicare a disposizione del bambino, anche se ben presto diverrà il
modo privilegiato. In questo senso diremo che il bambino deve imparare a comunicare prima di imparare a parlare.
·   555b16f ;
La
dotazione di partenza.
Le ricerche più recenti hanno evidenziato che il bambino
già alla nascita possiede una considerevole dotazione di partenza, ovvero si ritiene che il bambino sia un soggetto attivo e adeguatamente competente,
dotato di specifiche capacità cognitive, percettive, emotive e sociali.
- La competenza percettiva.
Gli studi sulle competenze percettive riguardano i dispositivi per acquisire in
via diretta e immediata informazioni sull'ambiente per mantenere con esso un
contatto appropriato.
La percezione fetale.
Le competenze percettive cominciano a svilupparsi già nell'utero materno
soprattutto in riferimento all'udito. Viene percepita in particolar modo la
voce materna, attraverso le ossa e i tessuti. Per questo i neonati discriminano
perfettamente la voce della madre da quella di altre donne (familiarizzazione
prenatale).
La percezione fonetica di una lingua.
Studi sulla capacità discriminativa delle caratteristiche acustiche dei suoni
linguistici hanno dimostrato che i neonati sono in grado di discriminare le diverse categorie di fonemi,
indipendentemente dal contesto linguistico di appartenenza, tale capacità è
innata.
L'ambiente linguistico, pertanto,
orienta in modo selettivo le disposizioni innate del neonato, da un lato
disattivando talune abilità, dall'altro accentuando e affinando specifiche
capacità discriminative. I neonati sono capaci di discriminare le tre categorie
di fonemi (sosnoro, sordo non aspirato, sordo aspirato) indipendentemente dalla
loro lingua madre la quale produrrà nel tempo un continuo affinamento e adattamento delle capacità discriminative pur avendosi
in certe lingue distinzione tra sole due categorie fonemiche.
- La competenza sociale.
Al pari della competenza percettiva nel neonato è presente già nelle
prime settimane la competenza sociale.
Esistono numerosissimi studi e ricerche che sostengono la predisposizione
innata del bambino al comportamento sociale. Il bambino è in grado di
interagire e di mettersi in
relazione con altri siggetti, in particolare con le figure di allevamento e
soprattutto si comporta con e tratta l'adulto come soggetto animato in grado di venire incontro alle sue
esigenze.
Secondo Vygotskij lo sviluppo
comunicativo, cognitivo e culturale del bambino dipende dalla rete di
interazioni sociali in cui egli è inserito. Con il concetto di zona di sviluppo prossimale Vygotskij
intende porre in evidenza la distanza tra ciò che il bambino è già in grado di
fare e ciò che il bambino è in grado di fare solo con l'aiuto dell'adulto.
L'ipotesi di partenza è che i processi mentali (comunicativi, cognitivi,
emotivi) abbiano un'origine sociale e che la loro organizzazione subisca una
profonda influenza culturale.
Competenze sociali del neonato:
a) La preferenza per il volto.
Il volto umano è il veicolo di innumerevoli informazioni, è indicatore di
identità, di appartenenza, di stati emotivi nonchè di segnali legati alla
parola. I tratti salienti per il neonato sono: capelli, occhi, labbra e
contorno del volto. Già a tre/quattro giorni dalla nascita il bambino dedica
più tempo e attenzione al volto della madre per il quale bastano 12 ore di
esposizione attiva affinche sia in grado di riconoscerlo.
b) Il sorriso sociale.
Nelle prime settimane di vita il bambino nelle fasi di sonno REM manifesta
espressioni facciali che si configurano come sorriso ma si tratto di riflessi
automatici (sorriso endogeno).
Alla fine del secondo mese appare il sorriso
esogeno attivato dalla voce materna e dallo sguardo ma esso si presenta ancora in maniera riflessa e
automatica. Dopo il terzo/quarto mese tale sorriso diventa progressivamente una risposta sociale selettiva.
c) La condivisione dell'attenzione.
Nel primo semestre di vita del bambino si ha un'interazione diadica
ovvero esclusiva tra adulto e bambino. Dal sesto mese in poi comincia a
svilupparsi un'interazione triadica ovvero
il bambino riese a porre attenzione anche ad un evento/oggetto esterno e a condividere l'attenzione per
quest'ultimo con l'adulto. Questa condivisione dell'attenzione vvisiva è la
base della referenza di un discorso ovvero la "condivisione dell'argomento".
Comincia dunque a svilupparsi nel bambino una teoria della mente nel mondo (Bruner) attraverso la quale il
bambino percepisce l'esistenza di altre menti sintonizzate sul medesimo mondo.
Di conseguenza il mondo delle cose è anche un mondo interpersonale.
L'attenzione condivisa favorisce anche il processo
di predicazione, in quanto l'adulto, di solito, attribuisce qualità e fa
commenti su ciò che attira l'attenzione con frasi sorrisi ed altre espressioni
non verbali.
- Il sistema "adulto-bambino".
Ben presto, dunque, tra adulto e bambino si costruisce un sistema interattivo aperto dove l'unità di analisi e di
osservazione non è più soltanto il comportamento isolato e separato dell'adulto
o del bambino bensì i singoli scambi e interazioni fra i due partner in un dato
contesto.
Bambino e adulto contribiscono dunque a costruire insieme modelli di
comunicazione organizzati secondo flussi regolari e prevedibili. Il bambino in
qualità di novizio mette in atto un processo di "appropriazione" culturale.
a) L'imitazione nell'adulto e nel bambino.
Tale sistema assume dunque funzione di "struttura di supporto" (Bruner) in quanto fornisce semplici ed
effeicaci opportunità al bambini per cogliere i significati delle azioni e dei
segni. L'adulto riduce lo spettro d'incertezza attuando azioni facilitanti.
Questo traguardo è favorito dall'imitazione
del bambino da parte dell'adulto. Si tratta di un'imitazione selettiva ovvero mirata a quei gesti che
diventano via via rilevanti per lo sviluppo emotivo e cognitivo del bambino. Il
bambito trova gratificante tale imitazione ed è dunque portato a compiere più
intenzionalmente tali gesti affinche l'adulto li ripeta.
A sua volta il bambino tende ad imitare i gesti e i movimenti dell'adulto. Tale
imitazione dell'adulto da parte del
bambino è fondamentale per il suo sviluppo psicologico e per l'acquisizione
delle competenze comunicative. Inizialmente l'imitazione è semplice emulazione ovvero una ripetizione non
strumentale dei gesti dell'adulto, successivamente essa diventa apprendimento imitativo ovvero una
imitazione volta a raggiungere gli stessi scopi raggiunti dall'adulto.
L'imitazione è dunque un'attività reciproca e bidirezionale e costituisce uno
scambio continuo che è possibile definire pseudo-dialogo
o anche proto-conversazione.
b) L'adulto come cornice di riferimento.
All'interno del sistema "adulto-bambino", l'adulto svolge anche la funzione di
"cornice di riferimento" (frame). Taluni gesti e
comportamenti dell'adulto ricorrono spesso in sequenze interattive e
comunicative venendo a costruire delle routine
e degli schemi di azioni regolari e stereotipate. In questo modo si pongono le
condizioni per l'apprendimento di procedure convenzionalizzate da parte del
bambino al fine di portare a temine nn'attività condivisa. Le capacità
comunicative del bambino si sviluppano dunque non attraverso processi innati o
procedimenti empirici bensì all'interno di sequenze
interattive routinizzate.
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La
comparsa dell'intenzione comunicativa
La dotazione di partenza del bambino ottiene un grande impulso con la comparsa
e lo sviluppo dell'intenzionalità, intesa sia come capacità di manifestare in
modo consapevole le proprie intenzioni, sia come la capacità di distinguere un
comportamento intenzionale da uno accidentale.
- Principali punti di vista.
Approccio cognitivista: tale
approccio segue la concezione della comunicazione come scambio di un messaggio
tra i partner. L'intenzionalità appare nel bambino quando egli ha una
rappresentazione mentale dell'interlocutore come agente intenzionale e capace
di intendere le intenzioni altrui.
Approccio sociale-costruzionista: la
comunicazione è considerata un'interazione da cui emerge l'intenzionalità. Gli
adulti trattano i bambini piccoli come se essi fossero agenti consapevoli,
dotati di intanzionalità e in grado di comunicare i propri stati interni.
Secondo i socio-costruzionisti è proprio tale atteggiamento degli adulti che
costituisce la condizione essenziale per la comparsa dell'intenzionalità.
Approccio innatista: sin dalla
nascita il neonato possiede un repertorio di azioni intenzionali con le quali
comunica con gli altri. Inoltre è dotato di un sistema innato di riconoscimento
dell'intenzionalità altrui. L'intenzionalità è una sorta di "primitivo
psichico" ovvero un dato di partenza.
- La svolta dei nove mesi.
Intorno agli otto/nove mesi il bambini dimostra attraverso un insieme di
condotte di aver sviluppato una sufficiente capacità intenzionale. Ovviamente
tale capacità non emerge all'improvviso ma è il prodotto di un processo
graduale i cui antecedenti psicologici
sono ad esempio il sorriso sociale, il passaggio da una comunicazione diadica a
triadica, l'attenzione condivisa. Elenchiamo adesso i principali fenomeni che
caratterizzano la svolta dei nove mesi:
a) La dissociazione tra mezzi e scopi.
La condivisione dell'attenzione comporta lo sviluppo della comprensione delle
altre persone come agenti intenzionali e quest'ultima è strettamente legata
all'emergenza dell'intenzionalità del bambino. Nei primi mesi di vita il
bambino capisce che le sue azioni hanno effetti sull'ambbiente ma non sembra
capire come questo avvenga. Dagli otto mesi in poi i bambini sviluppano una
diversa comprensione del rapporto tra azione e risultato in quanto sono in
grado di 1) usare differenti mezzi per raggiungere il medesimo scopo, 2)
riconoscere il valore di azioni intermedie per il raggiungimento dello scopo.
In definitiva i bambini sviluppano una maggiore flessibilità nell'impiego di
mezzi diversi per lo stesso scopo e nel considerare le stesse azioni come scopi
in alcune circostanze o come mezzi in altre. Questa dissociazione fra mezzi e scopi costituisce un indicatore
dell'intenzionalità del bambino.
b) L'apprendimento imitativo.
Il neonato fin dalla nascita presenta comportamenti di emulazione e di
riproduzione dei movimenti altrui. Questa capacità di apprendere per emulazione
verso inove mesi diventa un vero apprendimento
per imitazione, nel quale il bambino impara in modo volontario determinati
comportamenti intenzionali, orientati a uno scopo, messi in atto da un adulto.
L'emulazione è la riproduzione e l'apprendimento di ciò che gli altri fanno,
l'imitazione invece è la riproduzione e l'apprendimento di ciò che gli altri
intendono fare. Questa forte disposizione all'imitazione presuppone nel bambino
l'atteggiamento mentale di trattare
gli altri come "simili a sè", connesso alla forte predisposizione
sociale con cui il bambino vuole condividere la propria esperienza con gli
altri.
c) La segmentazione del flusso delle
azioni.
La segmentazione del comportamento in
unità di azione è la capacità di dividere il comportamento in singole unità
di azione ditinguendole tra loro e riconoscendo i confini tra l'una e l'altra.
Lo sviluppo di tale capacità è regolato dal riconoscimento e attribuzione di
una determinata intenzione a ciascuna di di queste unità d'azione. Questa
combinazione di unità d'azione e intenzione conduce al concetto di compito.
Questa capacità può essere spiegata sia attraverso processi dal basso verso
l'alto (bottom-up) sia dall'alto
verso il basso (top-down). I primi riguardano la capacità di individuare
regolarità statistica e di struttura dell'azione (a livello fisico e temporale)
in modo da cogliere differenze rispetto allo standard acquisito
precedentemente. I secondi invece implicano la capacità di cogliere uno stato
motivazionale nell'interlocutore. Questi processi sono guidati dalla direzionalità verso l'oggetto
integrata dal collegamento all'azione,
ovvero dalla capacità di capire che l'azione è orientata ad un oggetto
attraverso una serie di movimenti e gesti appositamente eseguiti per
raggiungere lo scopo.
d) La ricorsività intenzionale.
Nelle interazioni faccia-a-faccia il bambino comincia ad analizzare
l'attenzione dell'adulto nei suoi confronti e capisce che gli altri lo
osservano non come oggetto inanimato ma come soggetto intenzionale. Il bambino
comincia a comprendere l'intenzione comunicativa e la ricorsività intenzionale.
- Gesti deittici e gesti referenziali.
Verso i nove mesi il bambino comincia a usare i gesti deittici come ad esempio estendere il braccio e l'indice per
indicare un oggetto, mostrare un oggetto ecc. Si tratta di gesti universali che
implicano una interazione triadica tra il bambino, l'adulto e l'oggetto. Tali
gesti hanno valore di indessicalità
ovvero indicano le modalita con cui intendere lo scambio comunicativo in quella
particolare situazione. Relativamente al valore comunicativo i gesti deittici
possono essere richiestivi, quando
intendono influenzare la condotta degli adulti per ottenere uno scopo, oppure dichiarativi, quando intendono
condividere con l'adulto un punto di vista e conoscenze su certi aspetti del
contesto.
Il gesto di indicare costituisce un'importante tappa nello sviluppo simbolico
del bambino, in quanto indica nello stesso tempo il riferimento e la
rappresentazione di un oggetto. Ilgesto di indicare è un efficace predittore
del successivo sviluppo comunicativo e linguistico del bambino. attorno ai
dodici mesi il bambino comincia a produrre i gesti referenziali. Tali gesti non soltanto manifestano
un'intenzione comunicativa ma altresì rappresentano un determinato referente,
essi sono di natura sociale e rappresentano in manieraiconica e stereotipata
oggetti, eventi o situazioni.
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La
Teoria della Mente (ToM).
Altra tappa importante nell'acquisizione delle competenze
comunicative è la teoria della mente
ovvero la capacità di attribuire stati mentali alle persone. L'adulto è
considerato:
soggetto animato - nei primi
mesi di vita
soggetto intenzionale -
intorno l'anno di vita
soggetto mentale - verso i tre
quattro anni
- I principali punti di vista.
La teoria della mente è la capacità delle persone di "leggere"
la mente degli altri (mindreading), nonchè di interpretare, spiegare e
prevedere le loro azioni, attribuendo ad essi stati e processi mentali quali
desideri, credenze e intenzioni.
a)   555b16f ;
Approccio
modularista:
Secondo l'approccio modularista la mente è un insieme di capacità specializzate
e indipendenti dette "moduli mentali".
Ciascuna di queste capacità è specifica (in grado di elaborare un solo tipo di
informazione), obbligatoria (funziona in modo automatico non appena attivata),
impenetrabile alla coscienza, veloce e
associata a una determinata struttura neurale.
b)   555b16f ;
Prospettiva
della "teoria della teoria".
La genesi della ToM nel bambino avviene secondo i principi generali sottesi
alla costruzione delle teorie. In tal senso il bambino avanza supposizioni con
le quali cerca di spiegare e dare senso alle proprie esperienze. Il risultato
finale è l'elaborazione di una teoria idonea a spiegare la mente propria e
quella degli altri.
c)   555b16f ;
Il
modello della simulazione.
Secondo questo approccio la comprensione degli stati mentali altrui è legata
allo sviluppo nel bambino della capacità di assumere
il loro punto di vista a livello cognitivo.
d)   555b16f ;
Il
modello della simulazione.
Secondo questo approccio la comprensione degli stati mentali altrui è legata
allo sviluppo nel bambino della capacità di assumere
il loro punto di vista a livello cognitivo. Una conferma a tale
approccio viene dallo studio delle cosidette celleule "mirror" che si attivano sia durante l'esecuzione di dia
azioni di manipolazione di oggetti sia durante l'osservazione per cui
l'osservazione di un'azione implica la simulazione della medesima
e)   555b16f ;
Teoria
della mente e funzione esecutiva.
Recentemente la ToM è stata messa in relazione alla funzione esecutiva della corteccia prefrontale, in quanto il
superamento di compiti di inibizione necessari per la gestione di tale funzione
compaiono attorno alla medesima età.
- Desideri, credenze e false credenze.
Tra i precursori
della ToM ricordiamo il gesto di indicare, la dissociazione tra mezzi e fine,
la condivisione dell'attenzione e l'apprendimento imitativo. A questi possiamo
aggiungere la capacità, nel bambino di diciotto-venti mesi, di riconoscersi
allo specchio come indicatore di autoconsapevolezza
(test della macchia). Altresì possiamo aggiungere la capacità di assumere la prospettiva dell'altro,
premessa necessaria per potergli attribuire stati mentali. In particolare è
importante tenere in considerazione l'inversione
di ruolo inteso come la capacità del bambino di usare un segno nello stesso
modo in cui è usato dall'adulto nei suoi riguardi.
Il gioco di finzione: E' un'altro
precursore della ToM, è detto anche gioco simbolico e compare intorno ai
diciotto mesi. Il bambino distingue la realtà dalla fantasia, sa che le azioni
sugli oggetti della fantasia non hanno effetti reali. In tale gioco simbolico
il bambino attribuisce all'oggetto (bambola, orsacchiotto, ecc.) stati mentali
verso i quali mostra interesse.
La psicologia del "desiderio": La
comprensione e l'attribuzione dei desideri agli altri sono già presenti nel
bambino di due anni e precedono quella delle credenze. Anche se vi è una
stretta interdipendenza tra desiderio, credenza e azione, la differenziazione
del proprio desiderio da quello altrui e l'attribuzione di un desiderio a un
altro sono molto semplici e avvengono assai più precocemente di processi
analoghi relativi alle credenze.
Credenze e metarappresentazione:
Attribuire una credenza a un altro significa avere una rappresentazione mentale
di tale credenza, si tratta dunque di una metarappresentazione
, o rappresentazione di secondo
livello ciò significa che il bambino "si rappresenta mentalmente che
un'altro abbia la rappresentazione mentale di qualcosa". Tali metarappresentazioni
possono avere infiniti livelli (es: Terzo livello: A crede che B pensi che A
pensi che X..., e così via). Per verificare se un bambino abbia tale capacità
metarappresentazionale, egli deve possedere un'atteggiamento proposizionale in
grado di distinguere due situazioni differenti: a) Attribuzione di una credenza vera all'altro, b)
Attribuzione di una credenza falsa
all'altro. Ovvero non solo la capacita di attribuire una credenza all'altro ma
anche capire se tale credenza sia vera o falsa.
Test delle false credenze: Esistono
numerosi test che consentono di capire se il bambino è in gardo di riconoscere
le false credenze. Alcuni esempi classici:
a) Test del "trasferimento inatteso":
Il bambino assiste a una scenetta in cui ci sono due bambole: Anne e Sally.
Sally nasconde la sua biglia in una scatola ed esce. Anne in assenza di Sally
prende la biglia dalla scatola e la nasconde in una cesta. Al ritorno Sally
dove cercherà la biglia? Se il bambino risponde che Sally cercherà nella
scatola allora il test è superato in quanto il bambino ha adottato la
prospettiva di Sally e non la propria.
b) Test della "confezione ingannevole": Al bambino viene chiesto, mostrandgli un tubetto di Smarties, cosa contiene il tubetto. Il bambino di norma risponde bene. Ma poi gli si mostra che invece di caramelle il tubetto contiene una matita. Con tre domande si verificano tre situazioni. La prima verifica se il bambino ricorda cosa contenga effettivamente il tubetto. La seconda verfica se il bambino ricorda la sua precedente falsa credenza. La terza riguarda l'ipotetica risposta di un amico al quale si chiede cosa contiene la confezione. Quest'ultima domanda verifica se il bambino è in grado di riconoscere la falsa credenza di un terzo.
c) Test del contrasto "apparenza- realtà": Al bambino viene fatto vedere un oggetto che egli identifica visivamente in modo corretto (per es. un sasso), poi toccandolo si rivela essere una spugna. A questo punto si chiede al bambino cos'è realmente l'oggetto (domanda sulla realtà) e poi cosa sembra essere l'oggetto (domanda sulla falsa credenza).
-   555b16f ;   555b16f ;
Teoria
della mente e sviluppo della comunicazione.
La ToM è, sostanzialmente, un processo di "mentalizzazione"
che rende il bambino un interlocutore più valido ed esperto sul piano della comunicazione
in quanto è più abile nel presentare i propri pensieri e nel comprendere le
intenzioni comunicative degli altri. La ToM è dunque un potente dispositivo per
lo sviluppo della comunicazione nel bambino. La ToM inoltre amplifica e
favorisce in maniera esponenziale i processi di negoziazione dei significati in
quanto pone le premesse per un confronto reciproco sulle rappresentazioni
mentali di oggetti ed eventi. Il risultato finale è la capacità del bambino di apprendere simboli da altri simboli. Tale
apprendimento simbolico espande
notevolmente la possibilità di apprendimento linguistico. La ToM favorisce non
solo quantitativamente lo sviluppo linguistico ma anche qualitativamente,
migliorando la definizione e la precisazione
dei significati al fine di renderli più pertinenti e precisi. La ToM è
fondamento centrale per lo sviluppo della comunicazione
proposizionale.
·   555b16f ;
Lo
sviluppo della comunicazione narrativa.
Tra le competenze comunicative è importante citare anche la capacità di narrare l'esperienza propria e quella altrui in
quanto è centrale nella comunicazione anche per verificare la capacità di
costruire un percorso di senso col proprio interlocutore nonchè di condividere
stati mentali ed emotivi. La narrazione
è dunque la modalità di percepire, organizzare e comunicare la realtà
attraverso un processo di interpretazione e di attribuzione di significati.
L'abilità nel narrare consiste non solo nella caapacità di esprimersi con
enunciati semplici ma nell'elaborare una sequenza di frasi dotata di coerenza e
di organizzazione tematica.
-   555b16f ;
Pensiero
logico-scientifico e pensiero narrativo.
La comunicazione narrativa nasce spontaneamente nel bambino dall'esigenza di
descrivere episodi reletivi alla propria esperienza. Secondo Bruner il pensiero narrativo è distinti e diverso
dal pensiero logico-scientifico.
Il pensiero logico-scientifico è
finalizzato alla categorizzazione della realtà e alla organizzazione dei dati
disponibili. E' tipico del ragionamento scientifico, ha un orientamento
verticale, è volto alla ricerca di leggi generali e procede per enunciati
separati dal contesto. Il suo linguaggio è regolato dal principio di non
contraddizione ed è dunque volto ad eliminare ogni ambiguità di base. Inoltre
esso è estensibile poichè si basa su proposizioni di carattere generale per una
maggiore applicabilità a scapito della specificità.
Il pensiero narrativo invece è
finalizzato alla comunicazione e pertanto è di natura fondamentalmente sociale.
Esso è tipico del ragionamento quotidiano. Produce racconti plausibili e
ragionevoli ma non necessariamente veri. E' ideografico, cioè strettamente
legato a figure retoriche. E' sintagmatico, ovvero le proposizioni sono legate
fra loro da una contiguità spaziale e temporale. I suoi enunciati sono
strettamente legati al contesto. Produce tematiche e idee piuttosto che
categorie o concetti. E' una modalità universale, presente in tutti i popoli,
di dare senso alla propria esperienza e di comunicarla.
-   555b16f ;
Le
proprietà della comunicazione narrativa La comunicazione narrativa è caratterizzata da due
scenari fondamentali: quello delle azioni
e quello della coscienza. Il primo
riguarda gli ambienti, i fatti e gli episodi. Il secondo riguarda gli stati
mentali interni. All'interno di questi due scenari si individuano altre caratteristiche:
La diacronicità: Nella comunicazione
narrativa gli episodi hanno una durata e sono disposti nel tempo con delle
connessioni proattive(anticipative) e retroattive(di ritorno) con altri
episodi. Si tratta del tempo umano e non
di quello scientifico.
La referenzialità concreta: La
narrazione rinvia ad avvenimenti specifici caratterizzati da episodi
contingenti da parte di personaggi definiti (reali o immaginari). Questa
proprietà si combina con l'opacità referenziale, poichè nella narrazione non
contano i valori di verità connessi con la realtà, bensì gli aspetti di
verisimiglianza generati dalla coerenza col racconto stesso.
L'intenzionalità: La narrazione è
basata sull'interazione di personaggi dotati di intenzionalità per il
raggiungimento di determinati scopi. Sottesa ad ogni narrazione è la ToM.
La canonicità: Qualsiasi narrazione
ben fatta deve tener conto di alcuni elementi canonici e normativi: attore, azione, scopo, scena e stumento.
La componenzialità ermeneutica: I
personaggi e gli eventi costituiscono l'intreccio narrativo che li contirne. La
forza narrativa delle singole parti e dell'insieme contribuiscono a generare la
tensione narrativa nel suo insieme. Questa interdipendenza tra le parti e il
tutto sostiene il "circolo ermeneutico"
o interpretativo, poichè il significato della narrazione è basato sulla rete
dei rappori che si instaurano tra le pari e il tutto.
L'appartenenza a un genere leetterario:
L'appartenenza a un genere letterario contribuisce alla comprensione e
interpretazione della narrazione, in quanto fornisce degli elementi tipici e
degli schemi generali caratteristici dei diversi generi.
Si è osservato che già ai due anni e mezzo il bambino è capace di narrare
sottoforma di monologhi episodi accaduti durante la giornata. Verso i tre
quattro anni. quando il bambino possiede una ToM, egli è in grado di
distinguere la sequenza delle azioni dal'attribuzione di stati mentali. In tal
maodo, secondo Bruner, il bambino si appropria di una "realtà del possibile".
-   555b16f ;
Comprensione
e inferenza nella comunicazione narrativa.
Altra condizione essenziale per la
comunicazione narrativa è la
comprensione del testo narrato (orale o scritto), essa consiste nell'interpretazione e attribuzione di un
significato personale a tale testo utilizzando i propri schemi mentali
e le competenze acquisite.
a) Comprensione come rappresentazione
mentale del testo narrativo.
Quando si affronta un testo (ascoltandolo o leggendolo) si procede man mano a
fare un riassunto simultaneo
delle informazioni di volta in volta acquisite. Secondo l'approccio
connessionista la comprensione è la rappresentazione mentale del testo chiamata
modello della situazione. Il
racconto viene scomposto in proposizioni e successivamente integrato in una
rete di proposizioni collegate tra loro da relazioni di coerenza e
subodinazione. Bisogna distinguere le microstrutture
dalle macrostrutture, le prime sono
parte del medesimo periodo e definiscono il significato di una frase, le
seconde forniscono il significato globale del racconto. Il passaggio dalle
prime alle seconde avviene attraverso tre processi: a) la selezione che consente di cancellare le proposizioni inutili e
ridondanti, b) la generalizzazione
che consente di racchiudere in una sola proposizione più proposizioni
includendole, c) la costruzione che
consente di raggruppare e riassumere proposizioni simili conservandone il
significato. Le macrostrutture dipendono anche dalle conoscenze enciclopediche
del destinatario, in tal modo vengono a formarsi diverse interpretazioni e comprensioni
del medesimo testo in funzione delle conoscenze e competenze di chi ascolta (o
legge). Rispetto a questo processo il bambino dimostra competenze incipienti
con rappresentazioni lacunose e meno coerenti del tasto narrativo. Tuttavia
l'abitudine di leggere storie ai bambini dai due anni in su risulta essere
molto educativo ai fini di unoi sviluppo della comprensione, della soggettività
e intenzionalità dei protagonisti.
b) I processi inferenziali della
comunicazione narrativa.
In una narrazione non sono sempre esplicitate tutte le relazioni dei diversi
aspetti del testo. Il destinatario ha il compito di individuarle attraverso processi inferenziali attraverso i
quali è possibile costruire una catena
causale che rappresentab l'ossatura
della narrazione.
Soltanto verso i sette/otto anni il bambino è capace di cogliere il significato
figurato delle metafore, delle figure retoriche e delle espressioni
idiomatiche.
c) La grammatica delle storie e lo
script.
La comunicazione narrativa segue i modelli e i processi mentali che si
osservano per la conoscenza degli eventi di vita quotidiana. Le attività
quotidiane vengono segmentate fino all'individuazione delle sequenze routinarie
che sono attività chiuse come "fare il bagno" o "fare colazione". Queste attività
sono organizzate in maniera canonica, coerente e gerarchica. La
rappresentazione mentale di tali attività è data dall'elaborazione di uno schema mentale (o script)
intesa come struttura cognitiva astratta,
flessibile e coerente.
La canonicità della comunicazione
narrativa è in linea con la canonicità degli script. Su questa
piattaforma, all'interno dell'approccio cognitivista, è stata proposta la grammatica delle storie che
sottolinea l'organizzazione causale delle azioni finalizzate al raggiungimento
di uno scopo. Essa prevede un'ambientazione
(campo causale in cui si indica tempo, luogo e personaggi) e un episodio. Quest'ultimo è
costituito da: a) Evento iniziale
che riguarda il protagonista, b) la sua risposta
interna relativa agli stati mentali ed emotivi, c) i tentativi messi in atto dal
protagonista per raggiungere lo scopo, d) la conseguenza di tali tentativi, e) la risposta finale rispetto al risultato conseguito.
-   555b16f ;
Empatia
ed emozioni nella comunicazione narrativa.
La comunicazione narrativa riguarda anche le emozioni e gli stati d'animo dei
protagonisti. Essa implica una sorta di contratto
comunicativo tra narratore e destinatario. Nel caso della lettura (dialogo
indiretto) il destinatario ha un rapporto diretto col testo e indiretto con
l'autore mentre nel racconto orale vi è uno scambio reciproco tra narratore e
destinatario, arricchito da elementi non verbali quali l'espressione del volto,
la postura, i gesti e il tono della voce. Nel racconto orale è possibile il
gioco di finzione in quanto il narratore può immedesimarsi nei protagonisti
attraverso un processo di empatia.
L'empatia si fonda su una sorta di "contagio emotivo" e consente di provare le
emozioni che provano gli altri. Essa sostiene potentemente la comunicazione tra
narratore e destinatario, soprattutto fra adulto e bambino e da modo al bambino
di imparare a far fronte ai propri stati emotivi e a controllarli.
La comunicazione narrativa attiva condizioni di interesse e di piacere. L'interesse è generato dall'attivazione
delle risorse cognitive e dal soddisfacimento di motivazioni psicologiche come
la curiosità e la stima di sè. Le informazioni nuove colmano la forte esigenza
di scoperta soprattutto nei bambini che chiedono sempre storie nuove. La
comunicazione narrativa inoltre favorisce una migliore comprensione della soggettività propria e altrui. La
comunicazione narrativa è fonte di piacere
in quanto consente un'evasione dalla realtà quotidiana e di immergersi in una
realtà fantastica. E' inoltre fonte di piacere
mentale in quanto favorisce la comprensione del mondo psicologico e delle
emozioni, di piacere funzionale in
quanto il bambino prova piacere nel rispondere in modo adeguato alle attese
degli adulti. La comunicazione narrativa è dunque l'incontro di menti e di
esperienze fra il bambino e l'adulto alla ricerca di un percorso di senso e di
una spiegazione degli accadimenti oggetto della narrazione.
-   555b16f ;   555b16f ; Comunicazione e significato.
·   555b16f ; Il significato di significato.
Il significato è centrale nella comunicazione umana, esso è stato oggetto di numerosi studi in diverse discipline. Seguono tre grandi indirizzi di studio.
-   555b16f ;   555b16f ;
Il significato come referenza
oggettiva.
Semantica vero-condizionale.
Primo aspetto fondamentale è la connessione tra significato e realtà, è al
centro degli studi della semantica
vero-condizionale. Questi studi nascono all'interno della filosofia del
linguaggio. La semantica vero-condizionale ritiene che il significato di una
parola o frase è dato dal rapporto che esiste tra linguaggio e realtà. Ogni enunciato è dotato di un valore di
verità in quanto esso è affermazione di uno stato di cose che può essere vero o
falso. Le condizioni di verità sono
intrinsecamente diverse dalla verità o falsità di un enunciato. Le condizioni
di verità sono di natura linguistica. Il rapporto tra un'espressione
linguistica e il suo referente è stata spiegata attraverso un rapporto
diretto o una relazione mediata. I nomi propri, per es., hanno un
riferimento diretto coi loro referenti. Tuttavia la maggioranza degli studiosi
opta per una relazione mediata fra segno e referente. Frege propose la
distinzione tra senso e riferimento: è possibile fare
riferimento alla stessa realtà usando espressioni diverse, che hanno un senso
diverso. Frege però afferma che il senso non è soggettivo ma costituisce "un
terzo ambito" una proprietà intermedia (e oggettiva) della parola che
garantisce l'intersoggettività comune grazie alla quale è possibile la reciproca comprensione.
Intensione, estensione e mondi possibili.
Il concetto di intensione (Carnap)
serve a spiegare le situazioni dei contesti opachi (non vero-condizionali). Tali contesti sono generati da verbi di
atteggiamento proposizionale tipo credo che p, in essi il valore di verità fa riferimento all'atteggiamento del
parlante. Per superare tale difficoltà Carnap introduce il concetto di mondo possibile, entro il quale il
significato di una frase sia determinato come intensione. L'estensione di un enunciato è ciò a cui si riferisce.
Limiti della semantica
vero-condizionale.
Ci sono dei seri limiti nella semantica vero-condizionale dal punto di
vista della psicologia della comunicazione. Infatti tale prospettiva
oggettivistica esclude qualsiasi aspetto soggettivo e individuale (presupposto
dell'indipendenza) ancorandosi in modo esclusivo al referente, ai suoi valori
di verità e al significato come realtà oggettiva e assoluta indipendente dalla
mente dei singoli individui. Siamo di fronte a una concezione referenzialista e antipsicologica. In realtà sappiamo
che è impossibile individuare criteri oggettivi e assoluti per stabilire quali proprietà della realtà sono da tenere in
considerazione o meno e che la realtà è sempre filtrata e mediata da un
processo di categorizzazione e di conoscenza da parte degli esseri umani.
-   555b16f ;   555b16f ;
Il significato come valore linguistico.
Semantica
strutturale (de Saussure).
Il punto di partenza è il concetto di lingua
naturale, intesa come sistema di segni e
come totalità in sé organizzata. Questa prospettiva rivendica l'autonomia della semantica, svincolata
da ogni ontologia e psicologia, e quindi appare sia antireferenzialista (il significato è sganciato dalla realtà)
sia antipsicologica (i significati
sono realtà squisitamente linguistiche). Il segno è inteso come unione di
significante e significato. De Saussure introduce la teoria del significato
come valore, ossia la possibilità
per ogni parola di essere confrontata e opposta a qualsiasi altra parola della
medesima lingua. Quindi il significato di una parola non è dato in senso
positivo dall'identità reale ma in senso negativo grazie al confronto con tutti
gli altri termini opponibili di un dato sistema linguistico. Il significato
nasce dunque dal sistema di differenze tra una parola e tutte le altre. Si
tratta di una concezione differenziale e
posizionale del significato. Il significato, più precisamente, è dato dalle
relazioni sintagmatiche e paradigmatiche che intercorrono tra le parole. Nella relazione sintagmatica i vari elementi
di un enunciato sono collegati tra loro da un'associazione per contiguità. Un sintagma è un'unione ordinata di più
parole concatenate foneticamente, fonologicamente e sintatticamente. Si tratta
di una relazione in praesentia in
quanto tutti gli elementi della relazione sono presenti. Nella relazione paradigmatica vi è
un'associazione per eguaglianza (o somiglianza) in quanto ogni parola può essere
sostituita con un'altra di valore uguale o simile. Si tratta di una relazione in
absentia in quanto solo una delle parole
in relazione tra loro può essere presente nell'enunciato, quindi le parole che
hanno una relazione paradigmatica sono sostituibili l'un l'altra.
Limiti della semantica strutturale.
Vi è un vizio di circolarità nella
semantica strutturale. Se i termini linguistici sono definiti in base ai loro
rapporti e rapporti linguistici in base ai termini è chiaro che si cade in un
circolo vizioso. Inoltre la sola differenziazione dei termini non ci conduce al
significato di una parola: sapere che sbuffo è opposto a sbaffo che è contrario
di sbeffo non ci dice nulla sul significato di sbuffo.
-   555b16f ;   555b16f ;
Il significato come comprensione
dell'esperienza.
Concezioni più attente sia agli aspetti psicologici sia a quelli referenziali
sono la semantica cognitiva
(Fillmore) e la semantica dinamica.
La semantica è intesa come teoria della comprensione , infatti secondo questo orientamento il significato concerne il modo
in cui gli individui comprendono ciò che comunicano. Si tratta di concezioni antioggettiviste in quanto i significati non
sono più entità astratte e universali ma dipendono dall'elaborazione mentale dei
parlanti. Il giudizio di verità viene comunque dopo la comprensione. La
semantica cognitiva assume come vincolo quello della plausibilità
psicologica, in quanto parametro per
accettare o meno un determinato modello esplicativo. La semantica cognitiva integra
lo studio dei significati all'analisi dei processi psicologici a essi
associati. Il linguaggio è una funzione e un'attività cognitiva e in quanto
tale non è separabile dalle altre funzioni psicologiche bensì è strettamente
interdipendente con esse. Inoltre l'uso dei significati dipende non solo dalle
conoscenze dizionariali ma anche dalle conoscenze
enciclopediche che scaturiscono dall'esperienza e dall'appartenenza a una
determinata cultura. Tali conoscenze molto spesso avvengono semplicemente per
ostensione (mostrare un oggetto per far
capire cos'è spesso è meglio che spiegarlo a parole), altre volte comportano il
ricorso all'elaborazione di scripts
per la comprensione di sequenze di azioni e per l'elaborazioni di categorie
mentali. Queste ultime comportano l'impiego di processi di inferenza per
interpretare gli indizi presenti nella realtà.
La semantica cognitiva pone inoltre l'accento sulla stretta relazione tra
significati e concetti, ovvero il significato come manifestazione comunicativa
della struttura concettuale. Nella semantica cognitiva e dinamica si rifiutano
forme di soggettivismo e relativismo e si adotta una concezione realista del significato. Il significato emerge dunque
dalla elaborazione cognitiva e dalla rappresentazione mentale di un determinato
oggetto o evento da parte dell'individuo. E' dunque una posizione referenziale
in quanto vi è un ancoraggio alla realtà ma non in senso assoluto come nella
semantica vero-condizionale.
·   555b16f ;
Verso una teoria unificata del
significato.
Sono tre gli
aspetti enfatizzati dalle teorie fin'ora esposte: la dimensione referenziale,
quella inferenziale e quella differenziale.
- La dimensione referenziale.
Essa sottolinea la necessità di porre
un rapporto tra significato e realtà. Il vincolo o riferimento alla realtà risulta necessario per non cadere
nell'assoluto soggettivismo e relativismo. Tale riferimento tuttavia non va
inteso come realtà oggettiva noumenica e totalmente indipendente dal soggetto,
esso invece rimanda al contenuto
dell'esperienza del parlante cioè al modo in cui il parlante ha conosciuto
e percepito la realtà. Il rapporto tra significato e realtà è dunque mediato
dall'esperienza del parlante. Tale esperienza è inoltre influenzata dalla cultura di appartenenza del parlante,
essa è paragonabile a una lente che ingrandisce, rimpicciolisce o distorce la
realtà attraverso un punto di vista comune che applicato ai fatti reali genera
i significati. I significati sono dunque l'esito di un'attività culturale.
- La dimensione inferenziale.
Essa pone in evidenza l'organizzazione
cognitiva dei significati, la quale implica che i significati rimandano a
specifici concetti. I concetti sono
costrutti mentali che servono a definire e categorizzare gli oggetti e gli
eventi della realtà. Significati e concetti non coincidono ma sono
interdipendenti. Non sempre un concetto ha il suo corrispettivo lessicale,
oppure può averlo in una lingua e non in un altra per cui bisogna ricorrere a
un giro di parole (scarto
lessicale). Talvolta capita
l'opposto, ovvero si conosce il termine ma non il concetto (ignoranza concettuale) per es. il concetto di numero immaginario
a meno che non si sia esperti in matematica è un termine a cui difficilmente
possiamo associare il corrispettivo concetto. Anche nella polisemia non si ha una relazione biunivoca tra termine e concetto, infatti un
verbo come consumare ha diversi significati che rimandano a
diversi concetti (consumare il patrimonio, consumare il matrimonio, consumare
il pranzo ecc.). Sul piano cognitivo dunque è importante l'inferenza per
comprendere i significati di una frase o discorso, attraverso l'analisi del
contesto di uso e l'uso degli indizi che via via emergono. Le parole in questo
senso sono indizi linguistici da cui trarre ipotesi interpretative.
- La dimensione differenziale.
Il sistema differenziale
sottolinea che il sistema linguistico contribuisce a costruire i significati
attraverso i vincoli che le strutture
semantiche impongono alle rappresentazioni mentali che accompagnano l'enunciato.
La lingua, in quanto sistema di comunicazione, è un sistema di differenze
attraverso cui è possibile generare variazioni linguistiche di significato in
grado di influenzare la formazione di concetti.
In sintesi il significato è un percorso interpretativo e non semplicemente un
dato di fatto da trasmettere da una mente a un'altre, esso è costruito e
modificato costantemente dai partecipanti.
·   555b16f ;
Componenzialità e prototipicità del
significato.
- La semantica a tratti.
Per la semantica a tratti il significato di una parola è scomponibile in
diversi componenti più generali di senso. Due sono le condizioni:
a) Il significato è scomponibile in tratti semantici considerati come condizioni
necessarie e sufficienti (CNS).
b) Il numero dei tratti semantici costituisce un inventario limitato.
La semantica a tratti impiega il metodo componenziale, per cui
all'interno delle differenze fonetiche (differenze a livello sonoro)
sono le differenze fonemiche ad avere valore linguistico. Il fonema
svolge dunque una funzione distintiva. Il significato di una parola è dunque
inteso come l'insieme finito di proprietà che fissano e determinano la sua
estensione.
I principi
del modello CNS sono:
a) nessun tratto può essere eliminato in quanto ognuno di essi è necessario
b) nessun tratto può essere aggiunto in quanto i tratti semantici sono
condizioni sufficienti.
c) tutti i tratti hanno la medesima rilevanza, sono sullo stesso piano non
organizzati gerarchicamente.
d) il significato di qualsiasi termine presenta confini netti e precisi di
natura binaria (tutto o niente).
Tale modello dunque si presenta come modello binario in cui ogni tratto
semantico è trattato in maniera dicotomica e privativa: la presenza di un
tratto implica l'assenza del tratto opposto. Il modello CNS implica la
distinzione netta tra conoscenze dizionariali costitutive del
significato e conoscenze enciclopediche intese come conoscenze
accessorie e secondarie.
In quest'ottica le componenti basilari del significato costituiscono proprietà
analitiche, assolute non soggette a cambiamenti nel tempo. Il significato è dunque univoco, assoluto e
determinato dalle sue componenti costitutive Limiti della semantica a
tratti.
I significati hanno confini
definiti e sono considerati unità discrete per cui non sono concepibili
sfumature o posizioni intermedie. Inoltre l'ipotesi che il significato sia
costituito da un limitato e chiuso numero di tratti semantici non regge di
fronte ad alcuni aspetti della realtà, per es. se indichiamo come tratto
semantico per un cane l'avere quattro zampe come ci comportiamo di fronte a un
cane che ha perso una zampa? Inoltre risulta impraticabile anche una
distinzione netta tra i tratti semantici necessari e quelli accidentali, per
ogni parola esiste una gradualità delle proprietà semantiche. Anche la netta
distinzione tra conoscenze dizionariali e enciclopediche risulta inconsistente,
in quanto sono entrambe costruzioni culturali nate da processi di
convenzionalizzazione comunicativa esistenti in una data società. Dunque i
dizionari non sono separabili dalle enciclopedie anzi sono enciclopedie in
formato ridotto. Un altro fenomeno che mette in crisi il modello CNS è la vaghezza
semantica attraverso cui è possibile classificare un oggetto ora come
bicchiere, ora come tazza oppure come ciotola a seconda dell'uso che se ne fa.
La linea di confine tra un significato e un altro molto spesso è vaga.
La semantica del prototipo.
·   555b16f ;
Stabilità e instabilità del
significato.
Il significato di qualsiasi parola presenta al contempo elementi di stabilità e
di instabilità, ovvero da un lato una certa costanza dall'altro una certa
flessibilità o adattabilità in contesti diversi.
- La variabilità e la flessibilità del significato.
I significati di una parola o di un gesto non sono dati una volta e per tutte
(come previsto nel modello CNS) ma la loro elaborazione è il risultato di una
elaborazione eterogenea contingente e dinamica fra due o più persone. Ci sono
diversi elementi che intervengono nella creazione dei significati in un
determinato atto comunicativo: le scelte semiotiche, il genere discorsivo, le
convenzioni comunicative, gli scopi dei parlanti ecc.
Numerosi fenomeni sono implicati in questo processo tra cui:
La cancellabilità dei tratti semantici in quanto essa si basa sulla natura
convenzionale del significato (storicamente e culturalmente definito) per
cui è impossibile determinare le proprietà semantiche per i generi naturali e
per gli artefatti.
Confini sfumati e continui. Un enunciato è sfumato quando è dotato di
opacità referenziale, ovvero quando i qualificatori e i quantificatori pongono
il significato lungo un continuum semantico. Per es., una lezione può essere
non male, Paola può essere abbastanza simpatica ecc. Quindi una parola può
avere confini sfumati attraverso un rafforzamento o una diminuzione del valore
semantico. In questa prospettiva il significato consiste in un fuzzy set
cioè una classe di unità comunicative con una gradazione semantica continua.
Vaghezza semantica. Essa entra in gioco quando man mano ci allontaniamo
dai casi standard (o prototipici) per cui il medesimo oggetto può essere
alternativamente definito ora come bicchiere, ora come scodella oppure come
ciotola.
Questi fenomeni conducono alla graduabilità semantica, per esempio la
parola morto veicola significati diversi a seconda del contesto di uso e
del suo impiego in espressioni popolari o modi di dire: completamente
morto, quasi morto, stanco morto, morto di sonno, morto stecchito ecc. Queste espressioni definiscono significati
molto diversi fra loro che vanno da uno stato biologico ad una condizione
psicologica.
L'importanza del contesto risulta molto evidente nel fenomeno della risemantizzazione
contestuale. In questo caso il parlante può attribuire tratti semantici a
un oggetto che di per sé non li possiede. Per es. posso chiamare sedia
un tavolo, una pila di libri, una cassa ecc, posso dire addirittura: non
occupare la mia sedia. Il tavolo resta tavolo ma in quel particolare contesto
funge da sedia ovvero consente l'azione del "sedersi". La risemantizzazione
pone in evidenza l'estrema flessibilità dei significati. I fenomeni
comunicativi sottesi all'instabilità e variabilità dei significati fin'ora
menzionati sono alla base della plasticità dei significati. Essa consente ai
parlanti di impiegare in modo flessibile i significati a seconda del contesto e
delle intenzioni.
- La regolarità dei significati.
Se i fenomeni di instabilità e flessibilità dei significati venissero
considerati in maniera esclusiva, essi condurrebbero certamente ad una
prospettiva di incomunicabilità e di caos comunicativo. In realtà i fenomeni di
instabilità semantica sono compensati da processi di stabilità semantica.
Essi sono alla base dell'intellegibilità e comprensione reciproca fra i
parlanti. Il significato di si presume la competenza è quello condiviso
all'interno di una comunità di comunicatori. Si tratta dei significati
presuntivi di Levinson. La stabilità semantica implica una qualche forma di convenzione
tra i parlanti in quanto appartenenti alla medesima cultura di riferimento. La
cultura è un sistema di mediazione che fornisce griglie di categorie, di
simboli e rappresentazioni mentali con cui interpretare il mondo, apprendere e
condividere i processi di significazione. Si tratta di un processo di convenzionalizzazione.
Esso richiede la partecipazione attiva degli interlocutori, la negoziazione
delle regole, delle pratiche, dei valori e dei significati e conduce alla
formazione ed elaborazione di una serie di format comunicativi. Ogni
format è dato da una sequenza strutturata di scambi interattivi che consente di
raggiungere insieme uno scopo, di seguire le medesime procedure e sistemi di
regole, nonché di condividere il significato di ciò che si sta dicendo o
facendo. In particolare i format comunicativi oscillano tra processi di
riproduzione e processi di produzione. I format comunicativi grazie
al primo tipo di processi tendono a ripetersi nel tempo in maniera
stereotipata, generando vere e proprie "routine comunicative", nonché a
stabilire una continuazione con le convenzioni semantiche e comunicative del
passato. Tale ripetizione rende stabili e regolari i significati. La regolarità
e stabilità dei significati si basa sulla regolarità e stabilità dei contesti.
Il contesto standard è il contesto che presenta una elevata regolarità
nelle interazioni, negli eventi e negli scambi comunicativi. Possiamo
dire che la regolarità dei contesti è la
regolarità dei significati. Mentre grazie ai processi di produzione,
i format comunicativi non sono totalmente vincolati né determinati dal passato
e dalla regolarità dei contesti ma prevedono e producono variazioni e
deviazioni in base agli elementi di novità che ogni situazione comunicativa
potenzialmente racchiude in sé. Tali processi di produzione richiedono un
lavoro di riaggiustamento e negoziazione. Dunque componenti essenziali del
significato sono: regolarità e variazione, che si presuppongono a
vicenda e si completano. In sintesi stabilità e instabilità del
significato creano lo spazio comunicativo dei significati e il loro equilibrio
garantisce una comprensione ottimale tra i comunicanti. Se ci si accosta troppo
alla stabilità si cade nel formalismo e nella rigidità, viceversa se ci si
accosta troppo all'instabilità si cade nella confusione, nella contraddizione e
nel caos comunicativo.
·   555b16f ;
Significato, contesto e indessicalità.
L'impostazione teorica fin qui esposta ci consente di superare la
concezione additiva del contesto, ovvero la concezione secondo cui testo e
contesto siano due realtà indipendenti e che il contesto subentri ala testo per
completarlo. Testo e contesto in realtà sono due aspetti del significato che
interagiscono fra loro. Non c'è testo senza contesto (e viceversa).
Il contesto va inteso come l'insieme delle condizioni, delle
opportunità e dei vincoli spaziali, temporali, relazionali, istituzionali e
culturali che assieme a un dato testo genera il significato come unità
comunicativa. Il contesto non un a priori oggettivo né tanto meno un
contenitore vuoto, già dato, universale e uguale per tutti, bensì è il
risultato di scelte e negoziazioni fatte dai comunicatori in un data
situazione. Il contesto dipende anche dai numerosi punti di vista che si
possono assumere di fronte a una data situazione (molteplicità contestuale)
e dall'ordine gerarchico in cui ogni contesto particolare è inglobato in un
altro più generale (gerarchia contestuale), il passaggio da un livello
contestuale a un altro si chiama slittamento di contesto. Nel rapporto
tra testo e contesto si fa riferimento a tre prospettive:
a) Prospettiva esternalista. Priorità del contesto sul testo. Il
contesto è inteso come matrice del significato.
b) Prospettiva internalista. Priorità del testo sul contesto. La parola
vincola l'applicabilità di taluni contesti, ovvero ogni parola o frase è
applicabile ad alcuni possibili contesti e non ad altri.
c) Prospettiva interazionista. Tale prospettiva è quella in uso nella
psicologia della comunicazione. Testo e contesto sono due entità che si
integrano in modo intrinseco e dinamico. Il significato è la sintesi di un
testo e di un contesto. Il significato è il risultato di una collaborazione fra
gli interlocutori nell'uso del linguaggio in un dato contesto. Il
significato emerge dalla partecipazione attiva a uno scambio comunicativo
quindi non è prodotto da principi generali e astratti ma attivato in maniera
contingente nel flusso delle interazioni degli interlocutori, per questo
occorre parlare di gestione locale del significato.
Gli interlocutori possono gestire al meglio il fuoco comunicativo che
riguarda il modo in cui essi orientano il loro interesse e l'attenzione sugli
aspetti prominenti di un certo atto comunicativo. Si tratta di un processo
attivo, dinamico e reciproco di condivisione che fornisce anche una cornice
interpretativa di ciò che è detto in una data circostanza. Particolare
importanza ha anche la deissi, costituito da numerosissime espressioni
linguistiche che fanno riferimento diretto alla situazione comunicativa nel
tempo e nello spazio. Il significato delle espressioni deittiche (o indessicali)
può indicare un referente solo se è definito in modo preciso il contesto in cui
ha luogo la frase, per es. la frase: Fatti trovare qui fra dieci minuti,
non può essere compresa se non si conoscono gli indici spaziali, temporali e
contestuali. L'indice è un segno da cui inferire il significato.
L'indessicalità ancora il significato e l'interpretazione di una frase al suo
contesto d'uso.
·   555b16f ;
Significato letterale e significato
figurato - Significato denotativo e significato connotativo.
Per denotazione s'intende l'attribuzione di un significato ovvio (o
primario), convenzionale e neutro a una certa parola o espressione e implica
l'insieme delle proprietà di base di una data categoria semantica. La connotazione
è invece l'attribuzione di un significato associato o secondario a una parola
in aggiunta a quello primario. Per es. le parola piccino, bimbo, pupo, bambino
hanno lo stesso significato denotativo ma differente connotazione. Tuttavia
questa distinzione appare superata considerando ciò che è stato detto fin'ora,
ovvero parlare di un significato denotativo significa ammettere l'esistenza di
un significato di base assoluto e oggettivo condiviso da tutti cosa che risulta
impraticabile. In realtà in ogni parola o espressione coesistono diversi
significati connotativi e denotativi interponessi in modo inestricabile.
-Oltre il significato letterale.
Il significato letterale concerne il significato linguistico
generato dalla combinazione delle singole parole presenti in un enunciato ed è
il risultato di operazioni esclusivamente linguistiche. Si tratta del
significato primario, semplice e immediato e rappresenta la base per qualunque
interpretazione successiva. Il significato figurato invece implica l'uso
simbolico e traslato del significato letterale attribuendogli un significato
secondario.
Distinzione tra logica del linguaggio e logica della conversazione,
la prima si riferisce ai significati letterali mentre la seconda si riferisce
alle regole che le persone usano per inferire ciò che l'interlocutore intende
comunicare e che sono alla base delle implicature conversazionali.
In realtà il significato letterale non è unicamente il risultato di una
decodifica linguistica ma anch'esso è sottoposto a una interpretazione semantica. La
comprensione del significato figurato è rapida quanto quella del significato
letterale.
- Il significato metaforico.
Il significato figurato si manifesta attraverso l'uso di una vasta gamma di figure
retoriche (metonimia, sineddoche, iperbole, allegoria, anafora ecc.) e figure
grammaticali (ellissi, pleonasmo, asindeto ecc.). Discorso a sé deve essere
fatto per la metafora per cui si parla di significato metaforico. Tre
sono i modelli per spiegare la metafora:
a) Modello semantico. Metafora intesa come anomalia o deviazione
semantica: in essa vi è un errore denotativo poiché non può significare ciò che
afferma direttamente. Deve essere operata una correzione che trasformi
quest'anomalia attraverso una parafrasi letterale di senso compiuto.
b) Modello della comparazione. Risale ad Aristotele, esso prevede un
confronto implicito e indiretto tra un primo termine (topic) e un secondo
termine (vehicle) sulla base di una condivisione di determinate
proprietà (ground). Es.: Il lavoro è una prigione dove lavoro è il topic,
prigione è il vehicle e le proprietà implicite condivise (ground) sono
costrizione, chiusura in una realtà circoscritta ecc.
c) Modello dell'attribuzione di proprietà. In questo caso al topic
vengono attribuite direttamente qualità del vehicle, per es.: Il mio
avvocato è uno squalo.
- Intenzione e comunicazione.
In linea
di principio possiamo affermare che il significato non esiste se non vi è
un'intenzione comunicativa. Il significato infatti non è altro che il
collante tra certi contenuti mentali e l'intenzione di comunicarli. La condotta
di una ricerca di senso è guidata dall'intenzionalità.
·   555b16f ;   555b16f ;
Il concetto di intenzionalità.
L'essere
umano è naturalmente dotato di intenzionalità. Dennett parla di atteggiamento
intenzionale inteso come predisposizione ad interpretare l'azione di
qualsiasi entità come se fosse pianificata in modo consapevole e intenzionale.
Tale atteggiamento pone le basi per creare la prevedibilità nel corso delle
interazioni umane in quanto siamo addestrati a riconoscere l'intenzionalità
altrui anticipandone le azioni. Quando la comunicazione procede in maniera
naturale e automatica vuol dire che le nostre aspettative sono state confermate
(comunicazione per default), ma molto spesso accade che si verifichino
delle rotture o deviazioni che generano sorpresa o anche allarme che innescano
comportamenti di controllo e verifica. Esistono in generale due modi di
intendere l'intenzionalità:
a) Proprietà essenziale della coscienza umana in quanto coscienza di
qualcosa (Brentano). Intenzionalità intesa come direzionalità degli stati
mentali verso un qualche aspetto del mondo fenomenico.
b) Proprietà di un'azione compiuta in modo deliberato, volontario e "di
proposito" per raggiungere un certo scopo. In questo senso si contrappone
ad "accidentale", "non fatto apposta".
In entrambi i casi l'intenzionalità è una proprietà di certi stati mentali. In
psicologia si distinguono due tipi di intenzioni:
a) Intenzione antecedente: intesa come progettazione di un'azione.
b) Intenzione-in-azione: intasa come capacità di intervenire in circostanze
impreviste.
Bisogna precisare che tutte le azioni intenzionali prevedono
intenzioni-in-azione ma non necessariamente delle azioni antecedenti, ovvero
non necessariamente tutte le intenzioni sono state pianificate. L'elaborazione
dell'intenzionalità richiede uno stato di coscienza, ovvero
consapevolezza sia della direzionalità che della volontarietà dell'azione. Il
concetto di coscienza presenta diverse accezioni:
a) Consapevolezza percettiva e cognitiva, ovvero delle percezioni e dei
pensieri.
b) Consapevolezza metacognitiva e introspettiva, ovvero dei propri processi
mentali.
c) Funzione di monitoraggio e di controllo, ovvero condizione di vigilanza
focalizzata.
Nei processi comunicativi la coscienza va intesa pragmaticamente, ovvero come
un insieme di proprietà necessarie a far si che uno stato cosciente esista.
Essa agisce in maniera seriale, ovvero un'azione alla volta a differenza
dell'inconscio i cui processi operano contemporaneamente e in parallelo.
Bisogna inoltre fare una distinzione tra intenzione e desiderio: il
desiderio è soddisfatto nel momento in cui si raggiunge il risultato
desiderato, in qualunque modo esso sia raggiunto mentre per soddisfare
l'intenzione è sufficiente mettere in atto quelle azioni necessarie a
raggiungere lo scopo. Ancora bisogna distinguere tra intenzione e scelta:
l'intenzione è un sottoinsieme di ciò che uno sceglie, una scelta può avere
diverse conseguenze positive e negative quindi l'effetto indesiderato (ma
previsto) di una scelta consapevole non è comunque oggetto dell'intenzione.
Nello scambio comunicativo tra i partecipanti si attua un gioco reciproco
costituito da una "intenzionalizzazione" del parlante, ovvero la
manifestazione di una data intenzione comunicativa, e da una "re-intenzionalizzazione"
ovvero una interpretazione di questa da parte del destinatario. Occorre dire
dunque che in uno scambio comunicativo non esiste chi conduce e chi è
condotto, e che può parlarsi di comunicazione solo quando vi è intenzionalità: senza
la presenza di un comportamento intenzionale il messaggio è soltanto
informativo e non comunicativo. Vi è dunque una differenza tra il valore
comunicativo e il valore informativo di un messaggio.
·   555b16f ;   555b16f ;
L'intenzione comunicativa da parte del parlante.
- Livelli di intenzione.
Quando produce un atto comunicativo il soggetto ha un'intenzione globale
di comunicare qualcosa a un destinatario. In questo processo comunicativo Grice
distingue tra intenzione informativa, ovvero la semplice trasmissione di
un contenuto, e intenzione comunicativa ovvero la volontà di rendere
consapevole il destinatario di qualcosa di cui prima non era consapevole.
Jaszczolt ha inoltre aggiunto il principio dell'intenzione primaria che
consiste nell'intenzione referenziale ovvero la volontà di far riferimento a
determinati aspetti dell'oggetto dello scambio comunicativo. L'intenzione
globale va comunque intesa come intenzione unitaria, punto di sintesi tra mondo
interno (ciò che il soggetto intende dire), mondo esterno (la realtà a cui si
fa riferimento) e il messaggio prodotto (ciò che viene detto attraverso un
sistema di comunicazione).
- La graduabilità della intenzione comunicativa.
L'intenzione comunicativa non è un'entità discreta, non è caratterizzata
da un meccanismo del tipo "on-off" ma è una variabile continua ovvero
caratterizzata da gradualità. Parliamo dunque di graduabilità intenzionale.
Essa consente di mettere a fuoco i diversi atti comunicativi. Parlando di
graduabilità si può parlare dunque di forza dell'intenzione. Essa
dipende dall'importanza dei contenuti, dalla rilevanza dell'interlocutore e
dalla natura del contesto. La forza dell'intenzione consiste nella messa a
fuoco dell'atto comunicativo e nella precisione e puntualizzazione del messaggio.
Esiste inoltre, all'interno di una comunicazione, una pluralità di intenzioni
incastrate l'una nell'altra regolate da una gerarchia delle intenzioni.
Per es. nel caso della comunicazione menzognera si ha una duplice
intenzionalità: una nascosta e una manifesta, quest'ultima
suddivisa in intenzione informativa (l'informazione falsa) e intenzione
di sincerità ovvero il desiderio del parlante di essere creduto. Altro
esempio è il principio "pars pro toto" ovvero il semplicissimo principio
per cui l'uomo non può esprimere pienamente e totalmente tutte le sue
intenzioni comunicative e giocoforza dovrà selezionare solo alcune delle
opzioni possibili tenendo conto, appunto, della gerarchia delle intenzioni.
Questa gradualità delle intenzioni richiede un complesso processo di regia
cognitiva ed emotiva, da un lato ed è soggetto a sfumature, incertezze e
ambiguità dall'altro, infatti un solo atto comunicativo può veicolare diverse
intenzioni e l'interpretazione di tali intenzioni può portare a diversi esiti comunicativi.
Tale pluralità comporta inevitabilmente l'opacità intenzionale poiché
l'intenzione comunicativa è limitata, parziale e sfumata.
L'intenzione comunicativa e la sintonia semantica.
- Intenzione comunicativa e attenzione.
La gradualità e l'articolazione dei processi intenzionali consentono al
parlante di manifestare un'intenzione comunicativa unitaria e globale.
Contribuisce a tale unitarietà anche la stretta interdipendenza tra intenzione
comunicativa e attenzione. L'attenzione presiede all'elaborazione delle
informazioni attraverso due tipi di processamento: il processamento
automatico e il processamento controllato. Il primo più rapido
coinvolge solo la memoria a breve termine e non richiede risorse attentive di
conseguenza tali processi si svolgono in parallelo e quindi possono svolgersi
più processi contemporaneamente. Il secondo è più lento e richiede maggiori
risorse attentive e si svolge in modo seriale quindi un processo per volta
sotto il diretto controllo del soggetto (attenzione assidua). Il passaggio da
un processamento controllato ad uno automatico avviene attraverso
l'acquisizione delle abitudini. Un esempio di processamento automatico sono i
saluti, mentre uno controllato è la comunicazione menzognera. Questi processi
si dispongono lungo un continuum entro il quale possiamo individuare tre
livelli (o categorie):
- Livello 0: Informazione. Ovvero quando il soggetto non ha una
specifica intenzione comunicativa e reagisce in modo automatico a uno stimolo
esterno.
- Livello 1: Intenzioni di primo livello. Vi è già comunicazione, queste
intenzioni comprendono sia gli atti stereotipati (quali i saluti) sia gli atti
comunicativi abituali e quotidiani. E' la comunicazione per default.
- Livello 2: Intenzioni di secondo livello. Ovvero quando il soggetto ha
la consapevolezza di comunicare comunicando. E' la comunicazione
focalizzata, per esempio la battuta di spirito, la comunicazione
ironica, menzognera ecc. In questo caso entra in gioco l'attenzione
focalizzata assidua.
- La sintonia semantica e l'ipotesi del "processore comunicativo
centrale".
La sintonia semantica è un processo attraverso cui tutti i sistemi di
significazione (verbali e non verbali) vengono coniugati in un atto unitario
affinché si manifesti una intenzione comunicativa globale. Nel processo di
significazione si giunge in tal modo al significato modale, ovvero il
significato predominante e preponderante in condizioni per default. Tale
significato tuttavia non è dato in maniera automatica e necessaria ma può
essere oggetto di negoziazione fra i partecipanti. Si può ipotizzare che il
processo della sintonia semantica sia generato da un processore comunicativo
centrale (PCC). Esso può essere paragonato a un "sistema operativo" in
quanto presiede ai processi esecutivi come pianificazione, rievocazione,
produzione lessicale e sintattica e monitoraggio. Il PCC esercita un controllo
consapevole sulle singole componenti semantiche per la determinazione finale
del significato di un certo atto comunicativo. L'ipotesi del PCC è conforme al modello
conessionista che prevede un processamento distribuito parallelo della
conoscenza. In tal senso ogni entità mentale è costituita da un sistema di
attivazione di diverse unità dove ognuna di esse rappresenta il grado di
assenza o presenza di un certo significato o pensiero, per cui il significato e
l'intenzione operano non in modo dicotomico ("tutto o niente") ma attraverso
variazioni graduate e continue. Inoltre nell'ipotesi del PCC il significato
è l'esito di tale sistema di attivazione e non semplicemente
appartenente a un sistema di significati e simboli e ancora l'apprendimento è
possibile anche a partire da singoli esempi.
L'ipotesi del PCC appare altresì conforme con il concetto di spazio globale di lavoro. Secondo questa impostazione l'intenzione comunicativa è il risultato dell'attività del sistema nervoso centrale in cui i diversi meccanismi (o processori) di elaborazione delle informazioni competono fra loro per avere accesso alla possibilità di trasmissione. Il processore che vince trasmette la sua informazione a tutto il sistema nervoso. Tale processo è governato dalla regia selettiva dell'attenzione del soggetto.
·   555b16f ;   555b16f ;
L'intenzione comunicativa e la generazione del messaggio.
L'intenzione
comunicativa è strettamente legata alla generazione del messaggio che
consiste nell'organizzazione e collocazione di un atto comunicativo nel corso
di una interazione fra due o più partecipanti.
- Il modello olistico-funzionale di Levelt.
Tale prospettiva identifica e categorizza le diverse unità dell'interazione
comunicativa come entità globali aventi ciascuna la propria funzione. La
comunicazione prevede l'intervento di diverse funzioni quali: la
concettualizzazione del messaggio, la sua formulazione grammaticale e fonetica
e la sua articolazione effettiva.
I processi di selezione e monitoraggio delle informazioni e la loro
organizzazione costituiscono il Concettualizzatore. Per elaborare
mentalmente un messaggio il soggetto deve avere accesso alle conoscenze
dichiarative (proposizioni che mettono in relazione due o più elementi o
idee) e alle conoscenze procedurali (che concernono i modi e i
procedimenti necessari allo svolgere delle azioni) ovvero la "conoscenza in
azione". Successivo alla concettualizzazione (rappresentazione mentale di
quanto si intende comunicare) è il messaggio preverbale che è il
risultato di una macro e micropianificazione. Tale messaggio preverbale (che
costituisce l'output del concettualizzatore) diviene, una volta articolato,
l'input del Formulatore. Quest'ultimo traduce la struttura concettuale
in struttura linguistica, attraverso una codifica grammaticale che
attraverso una costruzione sintattica del messaggio ne elabora una struttura di
superficie e una codifica fonologica la cui funzione è quella di
individuare il piano fonetico per ogni lemma. Tale piano fonetico diviene
l'input per l'Articolatore che attraverso i muscoli facciali, la
respirazione e gli organi di fonazione produce il discorso. Poiché il parlante
è in grado di ascoltare ciò che dice, egli può compiere un'azione di auto-monitoraggio
su quanto sta dicendo. Il modello di Levelt segue una pianificazione
top-down (o prescrittiva) sottolineando il piano cognitivo sotteso alla
generazione del messaggio. Il limite più importante di questo modello è la
scarsa aderenza al contesto, ovvero una comunicazione intesa come attività
decontestualizzata.
- Il modello della gestione locale del messaggio.
In questo modello la gestione di ogni messaggio dipende dalla capacità di gestione
locale dei pensieri e delle condizioni contestuali da parte del parlante in
rispondenza a una data intenzione comunicativa. Qui il contesto diviene molto
importante e il messaggio costituisce il risultato di una scelta di certi
pensieri e intenzioni al posto di altri. Tale scelta è collegata al "fuoco
comunicativo" che è un processo attivo di concentrazione dell'attenzione e
dell'interesse del parlante su certi aspetti della realtà e che produce
pertinenza comunicativa. Il messaggio non è frutto di una pianificazione o un
atto unificato e confezionato nella sua interezza ma è un insieme di pensieri
che generano un certo percorso comunicativo entro il quale emerge il fuoco
comunicativo guidato da una specifica intenzione. La differenza nei
messaggi dipende dalle differenze dei soggetti che hanno diverse intenzioni e
dalla varietà dei contesti e delle situazioni interattive.
·   555b16f ;   555b16f ;
Intenzioni e strategie comunicative.
La generazione e la pianificazione di un messaggio comporta l'adozione di una strategia
comunicativa. Ogni strategia è la scelta dell'azione comunicativa più
appropriata in una data situazione. In tal senso ogni strategia è contingente
in quanto pone a confronto diverse situazioni precedenti simili e adatta alla
situazione la condotta ritenuta più opportuna. Vi è dunque in ogni strategia un
elemento di novità poiché le strategie non seguono sequenze preordinate o
preconfezionate ma si adattano alle situazioni sempre nuove. La scelta di una
strategia implica un processo di calibrazione comunicativa che consiste in una
organizzazione coerente e dinamica dei molteplici aspetti semantici,
sintattici, espressivi, motori e fisici che costituiscono l'atto comunicativo.
Purtroppo l'efficacia di tale processo è verificabile soltanto a posteriori in
quanto solo dopo l'attuazione di una determinata strategia comunicativa siamo
in grado di valutarne gli effetti.
·   555b16f ;   555b16f ;
L'intenzione comunicativa da parte del destinatario.
Tradizionalmente
al destinatario si dava molto poca importanza in quanto veniva descritto come
semplice terminale ricevente del messaggio comunicativo. Tale visione passiva
del destinatario verrà negli anni sensibilmente cambiata.
- L'ipotesi dell'intenzionalismo e il problema della trasparenza
intenzionale.
Secondo la psicologia del senso comune il significato di un atto comunicativo
dipende dall'intenzione del parlante e compito del destinatario è comprendere
l'intenzione originale del parlante medesimo. Questa concezione è nota come intenzionalismo,
ovvero l'intenzione del parlante pone dei vincoli al suo riconoscimento da
parte del destinatario.
Grice a sua volta introduce il concetto della meaning-intention ovvero lo
scambio comunicativo si spiega attraverso la reciproca consapevolezza tra
parlante e destinatario ovvero A sa che B sa che A sa che B sa (e così via) che
A ha un'intenzione comunicativa. Tale trasparenza intenzionale e
l'intenzionalismo tuttavia non spiegano i meccanismi che sono alla base della
produzione di senso nel corso degli scambi comunicativi.
- Dalla reciprocità intenzionale all'attribuzione dell'intenzione.
Grice ha basato l'analisi del significato e della conversazione sulla reciprocità
intenzionale. Lo scambio comunicativo per avere successo deve essere
caratterizzato non solo dalla manifestazione di un'intenzione comunicativa da
parte del parlante ma anche dal suo riconoscimento da parte del
destinatario. Questo concetto mette in luce il fatto che il destinatario è
importante quanto il parlante in uno scambio comunicativo, ma per capire meglio
il concetto di reciprocità intenzionale dobbiamo rifarci all'interazionismo simbolico
di Mead. Presupposto per il riconoscimento dell'intenzione è l'analogia con il
sé, ovvero: "Egli è come me. Di conseguenza, sono nella situazione di capire la
sua intenzione." Tuttavia in questo scambio bidirezionale vi è una suddivisione
asimmetrica della responsabilità comunicativa, ovvero il parlante
risulta in un certo senso predominante sul destinatario in quanto conduce una
sorta di "lavoro filologico" che il destinatario deve interpretare. Vi è una dipendenza
semantica rispetto al parlante. L'atto comunicativo presenta una certa opacità
intenzionale, di fronte alla quale il destinatario può commettere errori di
interpretazione sia in eccesso che in difetto. Interpretare un'intenzione è
come "leggere la mente dell'altro", tale attività è però parziale e limitata in
quanto sempre mediata attraverso indizi e dispositivi comunicativi e ancora
essa segue il principio del "totum ex parte" ovvero attribuire
un'intenzione completa e coerente sulla base di indizi parziali.
Il riconoscimento di un'intenzione è dunque molto diversa dall'interpretazione,
bisogna infatti introdurre il concetto di attribuzione di un'intenzione.
Tale processo è autonomo, attivo, e soggettivo.
Si procede dunque dal riconoscimento di un'intenzione e successivamente alla
sua attribuzione. L'attribuzione di un'intenzione può essere anche volutamente
lontana da quella riconosciuta, per raggiungere i propri scopi.
- La pluralità di interpretazioni dell'intenzione comunicativa.
Il destinatario nell'attribuire un'intenzione ha sempre a disposizione diverse
alternative interpretative fra le quali scegliere, ovvero si troverà di
fronte a una pluralità di
interpretazioni. Ricordiamo per es. la distinzione tipica tra "significato
letterale" e "significato autentico" che rimandano a interpretazioni più
superficiali o più profonde. Secondo Bach il destinatario segue il "principio
dell'assumere per garantito" ovvero la tendenza a cogliere il primo senso
dell'atto comunicativo che gli viene in mente e che non è immediatamente
contraddetto da un altro significato. Molto spesso nei giochi comunicativi
è necessario andare a fondo nella ricerca della giusta interpretazione, poiché
molto spesso si cade in errore se si segue sempre l'interpretazione più
superficiale. Il significato dunque appartiene all'atto comunicativo per la
sua posizione intermedia fra i partecipanti: esso è frutto dell'attività
congiunta del parlante, che produce l'intenzione comunicativa e del
destinatario che la interpreta.
·   555b16f ;   555b16f ;
Processi di inferenza nell'attribuzione delle intenzioni
comunicative.
Ricordiamo
che i segni comunicativi hanno valore di indizio per cui nel processo di
attribuzione di un'intenzione il destinatario deve necessariamente mettere in
atto processi di inferenza. Si tratta dunque di una conoscenza
inferenziale in quanto basata su ipotesi formulate sul significato del
messaggio. Parliamo dunque di inferenza intesa come forma di ragionamento. Il destinatario inoltre fa
riferimento ad una serie di modelli mentali, ovvero rappresentazioni
mentali di situazioni reali, ipotetiche o immaginarie.
- L'inferenza non dimostrativa nell'attribuzione delle intenzioni
comunicative.
Nell'ambito del processo di attribuzione di un'intenzione Sperber e Wilson
hanno introdotto il concetto di inferenza non dimostrativa. L'inferenza
dimostrativa consiste nell'applicare un insieme di regole deduttiva a un
insieme di premesse di partenza. Ma nell'attività di attribuzione di
un'informazione un'ipotesi può essere confermata ma non deduttivamente
dimostrata per cui si fa ricorso ad una inferenza non dimostrativa.
Nella comunicazione la forza di un'ipotesi non è nella sua validità logica ma
nella sua plausibilità, efficacia e riuscita. L'inferenza non dimostrativa fa
ricorso a procedimenti logici sia pur non perfetti, per spiegare in modo
attendibile e verosimile ciò che è stato detto dal parlante procedendo secondo
le cosiddette regole di eliminazione. Tra queste regole ricordiamo il modus
ponendo ponens e il modus tollendo ponens. In base a
queste regole il destinatario è in grado di fare delle implicazioni su
quanto detto, cioè di inferire più di quanto venga detto.
- L'inferenza abduttiva e le euristiche nell'attribuzione delle
intenzioni.
Peirce nell'analisi dei dispositivi razionali utilizzati per la comprensione
dei messaggi comunicativi individua tre forme fondamentali di inferenza: deduzione,
induzione e abduzione. Esse combinano in modo differente tre aspetti: una regola,
un esempio particolare (o caso) e il risultato.
- La deduzione: E' un tipo di inferenza monotonica in cui si passa da
una regola (generalizzazione) a un caso particolare.
- L'induzione: E' un tipo di inferenza non monotonica in cui si passa da
un insieme di casi particolari a una generalizzazione (regola).
- L'abduzione: E' un tipo di inferenza non monotonica in cui si procede
a ritroso dagli effetti alle cause nel tentativo di spiegare qualcosa che è già
accaduto. In ambito scientifico si fa ricorso all'induzione ma in ambito
comunicativo le persone ricorrono per lo più all'abduzione ovvero fanno
congetture su quanto viene detto. Tale procedimento non è però esente da rischi
infatti l'abduzione è influenzata da processi di fissazione comunicativa,
ovvero una concentrazione attentiva eccessiva su aspetti parziali della comunicazione assumendo tali aspetti come la
totalità del messaggio. Entrano qui in gioco dei procedimenti logici detti euristiche,
ovvero delle forme semplificate di ragionamento che servono a ridurre la
complessità degli elementi a disposizione per spiegare meglio quanto
comunicato. Ricordiamo inoltre il ragionamento controfattuale che
consiste in una simulazione mentale di un evento per modificarne gli esiti.
Sono ragionamenti del tipo SE.ALLORA. Per es. Se avessi fatto la solita
strada, non sarei rimasto bloccato nel traffico. Il pensiero controfattuale
viene usato per esempio dai magistrati per valutare la ricostruzione dei fatti
e per qualificare le intenzioni sul piano giuridico al fine di quantificare le
responsabilità dei soggetti. Tali procedimenti (abduzione, euristiche e
ragionamento controfattuale) messi in atto dal destinatario sono dunque basati
su una razionalità limitata, imperfetta che procede attraverso un'esplorazione
locale e progressiva dello scambio comunicativo.
Nei processi di produzione e attribuzione dell'intenzione comunicativa il
parlante e il destinatario condividono la medesima responsabilità nella
gestione della intenzione comunicativa. La comunicazione consiste infatti
essenzialmente in una forma di partecipazione, poiché essa è il frutto di una
collaborazione fra gli interlocutori. Quando due persone comunicano devono
essenzialmente adattare reciprocamente i propri stili di comunicazione e
sincronizzare i tempi stabilendo un ritmo comunicativo. Siamo di fronte a
fenomeni di coordinazione interattiva e adattamento reciproco.
A questo riguardo possiamo parlare di una proprietà globale e fondamentale
della comunicazione che è la sincronia comunicativa. A tal proposito
Giles e Smith hanno proposto la teoria dell'accomodazione comunicativa (CAT),
secondo la quale gli interlocutori mettono in atto strategie di sintonizzazione
e accomodazione attraverso l'uso di segnali linguistici e non linguistici, i
quali possono essere convergenti o divergenti. Quando vi è convergenza
le modalità comunicative dei partecipanti sono più omogenee mentre se vi è divergenza
le differenze diventano sempre più grandi. Questi concetti risultano cruciali
nelle fasi di transizione relazionale, infatti maggiore è la convergenza
maggiori sono le possibilità che una comunicazione abbia esito positivo, per
es. nella seduzione o nel rapporto medico-paziente.
·   555b16f ;   555b16f ; Le intenzioni collettive.
La comunicazione non è sempre diadica ma può, come sappiamo, coinvolgere molte persone. In questo caso, in termini di intenzionalità, si parla di intenzioni collettive. Secondo Searle vi sono essenzialmente due concezioni di intenzione collettiva, una capitalista e una socialista. La prima consiste nella somma di tutte le intenzioni presenti, la seconda consiste nella presenza di una coscienza di gruppo. Entrambe queste concezioni risultano impraticabili, quella capitalista perché additiva e meccanicistica che esclude il concetto di cooperazione che non è la semplice somma delle singole intenzioni, quella socialista perché attribuisce una coscienza al gruppo quando in realtà soltanto il singolo individuo ne è dotato. Sono da evitare dunque tutte le concezioni riduttive. I gruppi possono avere scopi condivisi e l'intenzione individuale risulta essere il mezzo attraverso cui raggiungere tale scopo. Ovviamente vi è una forma di interdipendenza e influenza reciproca fra i partecipanti.
- La comunicazione non verbale.
La comunicazione è un'attività complessa che fa riferimento ad una molteplicità di sistemi di segnalazione tra cui ricordiamo la comunicazione non verbale (CNV), detta anche "comunicazione extra-linguistica". In questo ambito esistono diverse aree e ciascuna costituisce un campo di ricerca a parte, per es. mimica facciale, i gesti, la postura, lo sguardo ecc.
·   555b16f ;   555b16f ; La comunicazione non verbale: dove la natura incontra la cultura.
Occorre innanzitutto indagare le origini della CNV. Secondo la
psicologia ingenua la CNV è più spontanea e naturale della comunicazione
verbale in quanto lascia trapelare stati d'animo anche contro la volontà ed è universale
in quanto frutto dell'evoluzione filogenetica. A questo riguardo esistono
posizioni differenti:
- La concezione innatista e la teoria neuroculturale: La concezione
innatista della CNV fa riferimento alla prospettiva di Darwin
secondo cui le espressioni facciali sono il risultato dell'evoluzione della
specie umana e per questo universali. Si tratta di espressioni che permangono
per abitudine ma la cui utilità è ormai svanita ed esprimono emozioni
ancestrali. Nello stesso ambito si è sviluppata la teoria neuroculturale,
secondo cui esiste un "programma nervoso" specifico per ogni emozione in grado
di attivare l'azione coordinata dei muscoli facciali. Tale "programma nervoso"
pur essendo prevalente può essere modificato o "inquinato" dalle cosiddette regole
di esibizione, si tratta di regole apprese culturalmente e che
consistono in: intensificazione, attenuazione, inibizione e mascheramento delle
espressioni. In tal modo è possibile avere un controllo sulle espressioni
facciali.
- La prospettiva culturalista: Secondo la prospettiva culturalista,
"ciò che è mostrato dal volto è scritto nella cultura". In tal senso la CNV è
appresa nel corso dell'infanzia al pari della lingua e quindi mostra differenze
tra cultura e cultura. L'enfasi è posta sui processi di differenziazione.
- La prospettiva dell'interdipendenza fra natura e cultura: Sia
l'innatismo che il culturalismo sono visioni parziali e unilaterali che tengono
conto di un unico punto di vista. Oggi prende sempre più piede una prospettiva
della interdipendenza fra natura e cultura per spiegare la CNV. Le
strutture nervose e i processi neurofisiologici connessi alla CNV sono
organizzati in maniera differente da cultura a cultura. Tali strutture sono sia
il sistema piramidale sia il sistema extrapiramidale, che
agiscono in modo coordinato e sincrono e in tale attività si integrano sia
processi elementari automatici, sia processi volontari e consapevoli. Pertanto
la CNV pur essendo vincolata a processi automatici di base non esula da
processi di regolazione volontaria. Proprio grazie a tale plasticità
della CNV è possibile l'apprendimento delle diverse forme di CNV,
attraverso processi di condivisione convenzionale. In tal modo osserviamo che
alcune culture inibiscono la comunicazione emotiva incoraggiando condotte
soppressive per es. in Giappone mentre nelle culture latine è incoraggiata la
comunicazione emotiva.
·   555b16f ;   555b16f ;
Rapporto fra comunicazione verbale e non verbale.
Quando
il destinatario interpreta un atto comunicativo del parlante fa riferimento,
oltre che al codice linguistico, a una serie di sistemi non verbali di
significazione e segnalazione come quello vocale, quello cinesico
(movimenti del corpo, degli occhi e del volto), quello prossemico e quello
cronemico. Ogni sistema contribuisce a definire una porzione di significato che
partecipa alla configurazione del significato finale. Esistono due posizioni
antitetiche in merito: a) una che contrappone dicotomicamente ciò che è
linguistico da ciò che non è linguistico, b) un'altra che prevede processi di
integrazione tra i diversi sistemi di segnalazione.
- L'ipotesi della contrapposizione dicotomica fra linguistico ed
extra-linguistico.
Si tratta di una impostazione meccanicistica e additiva, in quanto ipotizza una
distinzione dicotomica tra ciò che è linguistico e ciò che è extra-linguistico.
Il significato emerge dalla semplice somma dl verbale con il non verbale. In
tale prospettiva si è molto dibattuto su quanto ciascun elemento incida nella
produzione di significato, da un lato c'è chi sostiene una netta predominanza
del verbale sul non verbale dall'altra chi sostiene il contrario, alimentando
notevolmente il concetto che vi sia contrapposizione tra i due aspetti. Le
differenze tra verbale e non verbale sono state analizzate attraverso tre
dimensioni:
Funzione denotativa vs. funzione connotativa: Il verbale avrebbe il
compito di denotare, in quanto il codice linguistico fornisce conoscenze
in modo preciso e definito, mentre il non verbale avrebbe il compito di connotare
non avendo funzione semantica bensì espressiva. Per cui il verbale fornisce la
configurazione semantica della comunicazione mentre il non verbale fornisce il
solo aspetto affettivo. Tale ipotesi risulta insostenibile in virtù della sintonia
semantica (Cap.7).
Arbitrario vs. Motivato: Il segno linguistico è arbitrario in quanto
regolato da un rapporto di semplice contiguità, infatti basterebbe cambiare un
semplice fonema e il significato cambia totalmente (es. lana / luna).
Per contro gli elementi della CNV hanno un valore motivato, ovvero vi è
un rapporto di similitudine tra l'unità non verbale e quanto viene detto.
Digitale vs. Analogico: Il codice linguistico è considerato digitale
in quanto i segni linguistici sono diacritici distintivi e oppositivi per es.
tra luna e lana non vi è un continuum ma una precisa distinzione. La CNV è
invece considerata analogica in quanto suscettibile di variazioni continue
(emotive per es.).
- L'autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza
semantica.
La prospettiva tradizionale appare ormai insostenibile poiché non spiega i
fenomeni di composizione e articolazione del significato. Oggi prevale una
concezione che rimanda a una
interdipendenza fra i fenomeni verbali e quelli extra-linguistici, ovvero una
visione integrata. Tale integrazione avviene grazie al processo della sintonia
semantica. Tuttavia è bene ricordare che ognuno dei sistemi di segnalazione
non verbale è dotato di una relativa autonomia, in quanto concorre in
modo specifico e distinto a generare il profilo finale del significato. Tale
autonomia rimanda al principio della modularità, poiché ogni sistema
rimanda a un "modulo comunicativo" indipendente. Un modulo comunicativo è un
processo di segnalazione dotato di specificità di dominio (classe di
stimoli) e di dissociabilità funzionale (possibili dissociazioni funzionali
specifiche). I contributi provenienti da ciascun sistema contribuiscono
sincronicamente alla produzione del significato insieme alle caratteristiche
contingenti della situazione. Entra in gioco qui l'interdipendenza semantica
che è l'esito della sintonia semantica. Grazie a tale interdipendenza
l'individuo ha la possibilità di attribuire pesi diversi alle singole
componenti dell'atto comunicativo. Egli può accentuare il valore di una
componente rispetto a un'altra ponendo le condizioni per una focalizzazione di
un determinato percorso comunicativo e per la definizione del fuoco
comunicativo. Sintonia e interdipendenza semantica consentono al parlante di
giungere a una attenta calibrazione situazionale, ovvero alla produzione
del "Messaggio giusto al momento giusto". Interdipendenza e sintonia
semantica, focalizzazione comunicativa e calibrazione situazionale sono alla
base dell'efficacia comunicativa.
·   555b16f ;   555b16f ;
Il sistema vocale.
La voce manifesta e trasmette numerose componenti di significato oltre
alle parole. Nell'atto di pronunciare una parola vengono fuori gli elementi segmentali
ovvero quelli linguistici, e gli elementi soprasegmentali ovvero quelli
paralinguistici relativi al tono, al ritmo, all'intensità dell'eloquio. La
sintesi degli aspetti verbali e non verbali della voce costituisce l'atto
fonopoietico. Esso fa riferimento al canale vocale-uditivo e consente la
trasmissione e la ricezione di segnali a distanza anche in assenza di visione,
è caratterizzato da rapida evanescenza e assicura un feedback completo.
- Le componenti della comunicazione vocale.
La voce intesa come sostanza fonica è composta da una serie di fenomeni
e processi vocali tra cui ricordiamo: a) i riflessi (starnuto, rutto,
sbadiglio, ecc.), i caratterizzatori vocali (riso, piano, singhiozzo) e
le vocalizzazioni (uhm, ah, eh); b) le caratteristiche
extra-linguistiche che possono essere organiche (anatomia dell'apparato
fonatorio) e fonetiche (modalità con chi è impiegato l'apparato fonatorio); c)
le caratteristiche paralinguistiche ovvero quelle proprietà acustiche
transitorie che accompagnano la pronuncia e che possono cambiare da situazione
a situazione.
Le caratteristiche paralinguistiche sono determinate da:
1) Il tono. Esso è dato dalla frequenza fondamentale Fo. Più
le corde vocali sono tese più acuto è il tono, viceversa il tono è più grave.
2) L'intensità. E' il volume della voce. E' connesso all'accento
enfatico con cui il soggetto intende sottolineare un determinato segmento
comunicativo di un enunciato.
3) Il tempo. Esso si differenzia in durata ovvero il tempo
impiegato ad esporre un enunciato, velocità di eloquio ovvero il numero
di sillabe al secondo comprese le pause, velocità di articolazione
ovvero in numero di sillabe al secondo escluse le pause, la pausa intesa
come interruzione del parlato che è distinta in pause piene (con vocalizzazioni
uhm., ehm.) e pause vuote (cioè periodi di silenzio).
Quindi l'atto fonopoietico è composto da:
Una componente vocale verbale: che comprende a) la pronuncia
(fonologia), b) il vocabolario (lessico e semantica), c) la grammatica
(morfologia e sintassi), d) il profilo prosodico (tonìa conclusiva,
interrogativa, esclamativa ecc.), e) la prominenza (rilievo enfatico o
accentuazione di un elemento).
Una componente vocale non verbale: che determina la qualità della voce
di un individuo. Essa va intesa come "impronta vocalica" definita da a) fattori
biologici (differenze fra uomo e donna, adulto e bambino ecc.), b) fattori
sociali connessi alla cultura e la regione di provenienza o anche al ruolo
professionale, c) fattori di personalità, connessi a tratti psicologici
relativamente permanenti, d) fattori psicologici transitori collegati ad
esperienze emotive o a fenomeni di discomunicazione quali menzogna, humour,
ironia ecc.
- La voce delle emozioni.
Passiamo ora allo studio delle proprietà vocali per esprimere le emozioni,
analizzando sia la fase di encoding che quella di decoding.
Fase di encoding. In questa fase vengono esaminati e misurati i
correlati acustici dell'espressione vocale delle emozioni per porre in evidenza
come ogni emozione sia caratterizzata da un preciso e distinto profilo
vocale. La collera ad esempio è caratterizzata da un
incremento della Fo, da un aumento dell'intensità della voce, dalla
presenza di pause molto brevi o assenti, da un ritmo elevato. Gli studi
sull'encoding vocale delle emozioni conferma la capacità del sistema vocale di
trasmettere autonomamente precise e distinte informazioni sugli stati affettivi
dell'individuo.
Fase di decoding. Le ricerche sulla fase di decoding concernono la
capacità di riconoscere e inferire le emozioni del parlante prestando
attenzione alle sole sue caratteristiche vocali. Da una rassegna della
letteratura emerge un'accuratezza media nel riconoscimento pari al 60%
(che scende al 56% eliminando le scelte corrette dovute al caso). Le emozioni
più riconoscibili sono quelle negative come collera e paura in quanto legate
alle condizioni di sopravvivenza degli individui.
- Il silenzio.
Il silenzio in quanto assenza di
parola costituisce un modo strategico di comunicare ed il suo
significato varia in relazione al contesto e alle situazioni. Il valore
comunicativo del silenzio è da attribuire alla sua ambiguità in quanto può
essere il segnale di un ottimo rapporto e di comunicazione intensa oppure di
una pessima relazione e di una comunicazione deteriorata. Gli aspetti
comunicativi del silenzio riguardano: 1) i legami affettivi (il silenzio
può essere indice di un legame profondo), 2) la funzione di valutazione
(il silenzio può indicare approvazione o dissenso), 3) il processo di
rivelazione (il silenzio può manifestare qualcosa o nascondere qualcosa),
4) una funzione di attivazione (il silenzio può indicare una forte
concentrazione mentale o distrazione). Il silenzio è governato da un complesso
di standard sociali che costituiscono le regole del silenzio. In
generale il silenzio è associato a situazioni sociali in cui la relazione fra i
partecipanti è incerta, poco conosciuta, vaga o ambigua. Inoltre il silenzio è
associato a quelle situazioni sociali in cui vi è una distribuzione nota e asimmetrica del
potere sociale fra i partecipanti, può infatti essere indice di superiorità
sociale o inferiorità e quindi indicare lo status. Il silenzio inoltre presenta
importanti variazioni culturali, nelle culture occidentali il silenzio
viene evitato in quanto percepito come minaccia, invece in quelle orientali il
silenzio è inteso positivamente come momento di riflessione.
·   555b16f ;   555b16f ; Il sistema cinesico.
Esso comprende i movimenti del corpo, degli occhi e del volto. I nostri
movimenti non sono soltanto strumentali alle esecuzione di un compito o
un'azione ma implicano la produzione e trasmissione di significati.
- La mimica facciale.
I movimenti del volto costituiscono un sistema semiotico privilegiato in
quanto il volto è una regione elettiva del corpo per attirare l'attenzione e l'interesse altrui. Essi possono
manifestare stati mentali, emozioni e atteggiamenti.
Ipotesi globale e ipotesi dinamica delle espressioni facciali. Un
primo aspetto degno di nota riguarda i meccanismi sottesi alla produzione delle
espressioni facciali. L'ipotesi globale ritiene che le configurazioni
espressive del volto per manifestare i diversi stati emotivi sono Gestalt
unitarie e chiuse, universalmente condivise, sostanzialmente fisse, di natura
discreta, specifiche per ogni emozione e controllate da definiti e distinti
programmi neuromotori innati. In tale visione si distinguono due livelli di
analisi: 1) Livello molecolare, che riguarda i movimenti singoli e
distinti dei muscoli facciali, 2) Livello molare, ovvero la
configurazione finale che ne risulta (Ekman). Ekman e Frisen hanno elaborato il
Facial Action Coding System (FACS) in riferimento al livello
molecolare. Con questo sistema hanno individuato un continuum dei movimenti
facciali in 44 unità di azione mediante le quali è possibile analizzare
7000 espressioni facciali nelle loro combinazioni. La teoria neuroculturale di Ekman ha combinato
insieme il livello molecolare e il livello molare, attribuendo al primo
l'azione del programma nervoso e affidando al secondo le regole di esibizione e
modificazione dell'espressione emotiva. In alternativa a questa visione
meccanicistica e additiva è stata proposta l'ipotesi dinamica per illustrare
la genesi delle espressioni facciali. Essa prevede un processo sequenziale e
cumulativo in ogni espressione facciale in quanto risultato dell'integrazione
dinamica degli esiti delle singole fasi di valutazione della situazione
interattiva ed emotiva. Le espressioni facciali costituiscono dunque
configurazioni motorie momentanee, dotate di una notevole flessibilità e
variabilità in virtù delle diverse situazioni e contesti.
Il valore emotivo vs. comunicativo delle espressioni facciali. Nell'ambito della
psicologia delle espressioni facciali sono sorte due prospettive: una emotiva e
una comunicativa. La prospettiva emotiva ritiene che le espressioni
facciali hanno prevalentemente un valore emotivo in quanto sono immediate,
spontanee e involontarie. Vi è isomorfismo tra espressione facciale ed
emozione. L'emozione intesa come categoria e la relativa espressione facciale
corrispondono ad una Gestalt unica, da qui i concetti di invariabilità
culturale e universalismo. Secondo Ekman, sostenitore di tale prospettiva, le
espressioni facciali sono un "segnale panculturale distintivo per ogni
emozione". Una versione più "debole" della prospettiva emotiva è l'ipotesi
dell'universalità minima ovvero l'ipotesi secondo cui esiste un certo grado
di somiglianza tra culture diverse nel riconoscimento delle emozioni senza però
prevedere un sistema di segnalazione innato delle emozioni. In opposizione alla
prospettiva emotiva si pone la prospettiva comunicativa. In questa
prospettiva le espressioni facciali hanno un valore eminentemente comunicativo
poiché manifestano le intenzioni del soggetto il quale manifesta le diverse
espressioni a seconda dei contesti e delle situazioni. Le espressioni facciali
hanno valore sociale in quanto attraverso di esse i soggetti comunicano
i loro obbiettivi e il fatto che tali espressioni permangano anche quando si è
da soli è spiegato con il concetto della socialità implicita. Questa
prospettiva pone una distinzione tra le espressioni facciali e stati interni in
quanto non tutto ciò che appare sul volto è manifestazione di stati interni,
inoltre ogni stato interno può essere espresso in modi differenti. Scompaiono
dunque espressioni come "espressione autentica" ed "espressione falsa" in
quanto ogni espressione è "messaggio". Il contesto assume una notevole
importanza in questa prospettiva, infatti un'espressione facciale estrapolata
dal suo contesto può risultare molto difficile da interpretare. La prospettiva
comunicativa però non si contrappone in maniera imprescindibile dalla prospettiva
emotiva anzi il dibattito attuale
propone un'integrazione di quest'ultima nella prima.
Il sorriso. Il sorriso è uno dei segnali fondamentali
della specie umana. Esso è simile filogeneticamente al "mostrare i denti in
silenzio" delle scimmie come atto di sottomissione per acquietare e rasserenare
il partner. Ekman e Frisen hanno individuato diciannove configurazioni diverse
di sorriso tra cui ricordiamo il sorriso spontaneo (sorriso di Duchenne)
in cui sono coinvolti tutti i muscoli facciali e vengono mostrati i denti, o il
sorriso simulato (sorriso non-Duchenne) che coinvolge solo i muscoli zigomatici
senza una partecipazione completa del volto. Studiosi come Darwin ed Ekman
ritengono che il sorriso sia associato ad una esperienza di gioia o felicita, ciò
però non sembra corretto in quanto non sempre tali emozioni si esprimono con il
sorriso ovvero non c'è un legame necessario tra sorriso e d emozioni. Il
sorriso è invece connesso all'interazione sociale in quanto promotore dell'affinità
relazionale e regolatore dei rapporti sociali.
- Lo sguardo.
Al pari del sorriso lo sguardo rappresenta un potente segnale
comunicativo a livello non verbale. L'occhio è una struttura nervosa molto
complessa infatti sei dei dodici nervi cranici sono coinvolti nell'attività
oculare. Inoltre i muscoli extraoculari sono i più innervati dell'organismo. La
percezione visiva di un altro individuo è basilare per la sopravvivenza
individuale e della specie. In particolare il contatto oculare (o sguardo
reciproco) aumenta l'attivazione nervosa in molte specie, compresa quella
umana.
Sguardo e conversazione. Nelle culture occidentali, durante la conversazione
quotidiana, lo sguardo occupa una posizione preponderante e serve a
catturare l'attenzione e l'interesse dell'interlocutore e a inviare e ricevere
informazioni. Lo sguardo è un segnale efficace per gestire la regolazione
dei turni. Lo sguardo funge da segnale di appello col quale si
mostra la propria disponibilità a iniziare un'interazione. Nell'ambito della
regolazione dei turni lo sguardo svolge una funzione di sincronizzazione
(per evitare sovrapposizioni nell'avvicendamento dei turni), di monitoraggio
(come dispositivo di controllo dell'interazione) e di segnalazione
(mezzo con cui manifestare le proprie intenzioni).
Lo sguardo e la gestione dell'immagine personale. L'uso dello
sguardo è inoltre strettamente legato alla determinazione di una propria immagine
personale. Esso dimostra maggiore competenza, intelligenza, credibilità
infatti si ha la convinzione (erronea) che chi guarda negli occhi non dica
menzogne. Lo sguardo inoltre regola i rapporti di vicinanza e distanza
nella gestione dell'intimità. Con lo sguardo possiamo cercare e ottenere
consenso al proprio punto di vista in una conversazione. Anche le emozioni
influiscono sullo sguardo nel senso che le emozioni positive incrementano i
contatti oculari mentre quelle negative provocano un abbassamento dello
sguardo.
La fissazione oculare. La fissazione oculare è un sguardo
prolungato fra due persone che non può essere ignorato. Esso può avere valore
diverso a seconda delle situazioni e dei contesti. Può essere percepito infatti
come minaccia di pericolo da cui l'avvertenza popolare di non guardare
in faccia agli estranei oppure nell'ambito della seduzione come "colpo
di fulmine" o "amore a prima vista".
I gesti. I gesti, a differenza degli altri movimenti, sono
azioni motorie coordinate e circoscritte, volte a generare un significato e a
raggiungere uno scopo. E' opportuno procedere a una classificazione dei
gesti anche allo stato attuale non c'è una categorizzazione condivisa tra gli
studiosi.
Tipologia dei gesti:
a) Gesticolazione (gesti iconici o lessicali). Tali gesti sono definiti
anche "illustratori" in quanto accompagnano il discorso. Possono essere
"iconici" quando si riferiscono a realtà concrete o "metaforici" quando si
riferiscono a concetti astratti. I questa categoria rientrano i gesti
regolatori che servono alla sincronizzazione degli scambi nel corso della
conversazione. Tutti questi gesti sono poco o per nulla convenzionalizzati in
quanto ogni individuo tende a realizzare la propria serie idiosincratica di
gesti.
b) Pantomima. Sono i gesti che costituiscono l'imitazione o
rappresentazione motoria di un'azione, di una scena o di una situazione.
c) Emblemi (gesti simbolici). Sono gesti notevolmente convenzionalizzati
come il segnale OK. Sono gesti solitamente compiuti a distanza e in assenza di
linguaggio.
d) Gesti deittici. Sono movimenti di norma compiuti con l'indice per
indicare un certo oggetto, una direzione o un evento a distanza. Anch'essi sono
notevolmente convenzionalizzati.
e)Gesti motori (o percussioni). Sono movimenti semplici, ripetuti in
successione e ritmici (per es. il tamburellare con le dita) che possono o meno
accompagnare il discorso. Possono essere gesti di auto-contatto o di
auto-manipolazione e anche se molto diffusi sono poco convenzionalizzati.
f)Linguaggio dei segni. E' il linguaggio utilizzato dai sordomuti e ha
le proprietà di un linguaggio vero e proprio in termini di arbitrarietà nella relazione
fra segno e referente. E' pienamente convenzionalizzato all'interno della
comunità dei partecipanti ed è interessante notare che ogni linguaggio dei
segni presenta variazioni dialettali in funzione delle comunità locali.
Gesti e parole. I gesti contribuiscono in maniera attiva alla
precisazione del significato di un enunciato. Essi costituiscono un modo
spaziale di rappresentazione simbolica e integrano il percorso
proposizionale del significato attivato dal linguaggio, infatti il parlante
produce gesti anche in assenza dell'interlocutore (per es. al telefono). E'
interessante notare che nell'afasia scompaiono simultaneamente il linguaggio e
i gesti iconici associati. I gesti iconici rendono più preciso e completo un
significato in quanto possono offrire una rappresentazione spaziale di ciò che
si sta enunciando o descrivendo. Inoltre i gesti hanno un valore pragmatico in
quanto costituiscono dei marcatori dell'atteggiamento, possono infatti
trasmettere irritazione, perplessità, disapprovazione di quanto un altro sta
dicendo. Gesto e discorso sono generati simultaneamente dalla stessa
rappresentazione di ciò che si comunica, manifestano la stessa intenzione
comunicativa.
Gesti e culture. I gesti, più degli altri sistemi non verbali,
presentano notevoli variazioni culturali. Infatti anche i cenni di dire
sì o no col capo non sono universali, per esempio in Europa settentrionale
scuotere il capo in senso verticale vuol dire si e in senso orizzontale vuol
dire no, in Bulgaria accade il contrario oppure in Italia meridionale un colpo
di testa all'indietro vuol dire no.
·   555b16f ;   555b16f ;
Il sistema prossemico e aptico.
Il sistema prossemico e il sistema aptico sono sistemi di
contatto. La prossemica concerne la percezione, l'organizzazione e l'uso
dello spazio della distanza e del territorio nei confronti degli altri; l'aptica
fa riferimento all'insieme di azioni di contatto corporeo con gli l'altro.
- Prossemica e territorialità.
L'uso dello spazio e della distanza implica un equilibrio instabile tra processi
affiliativi (di avvicinamento) ed esigenze di riservatezza (di
distanziamento). Viviamo dunque cercando il contatto con gli altri quindi la
vicinanza spaziale ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di difendere il nostro
spazio personale, la nostra privatezza. Questo equilibrio tra distanza e
vicinanza è mediato attraverso la gestione della propria territorialità.
Il territorio è un'area geografica che ha importanti risvolti psicologici. Esso
si distingue in territorio pubblico e territorio domestico. Il
primo è regolato da norme e vicoli ufficiali, il secondo è il territorio in cui
l'individuo sente la libertà di muoversi in maniera regolare e abituale. Il
territorio pubblico e quello domestico sono divisi da confini ben
precisi sia fisici che psicologici. Il territorio pubblico può essere "marcato"
attraverso la CNV, quindi attraverso segnali ben precisi. La gestione del
territorio concerne anche la regolazione della distanza spaziale, che è un buon
indicatore della distanza comunicativa tra gli individui. Solitamente distinguiamo
tra:
Zona intima: (da 0 a 0,5 metri circa), è la distanza delle relazioni
intime, ci si può toccare e si può sentire l'odore dell'altro.
Zona personale: (da 0,5 a 1 metro circa), è l'area invisibile che
circonda continuamente il nostro corpo, è possibile il contatto ma non è
possibile sentire l'odore dell'altro.
Zona sociale: (da 1 a 3,5/4 metri circa), è la zona dei rapporti meno
personali ma dove l'individuo sente di potersi muovere liberamente come
nell'ufficio o nel club degli amici.
Zona pubblica: (oltre i 4 metri), è la distanza tenuta in situazioni
pubbliche.
La distanza ha un alto valore comunicativo in quanto può favorire l'intimità o
comunicare la propria disposizione a relazionarsi o meno con l'altro. Anche la
prossemica presenta notevoli differenze culturali e in generale possiamo
distinguere tra culture della vicinanza e culture della distanza.
- L'aptica e il contatto corporeo.
L'aptica concerne le azioni di contatto corporeo nei confronti di altri.
Si tratta di un bisogno fondamentale nella specie umana ma anche in quella di
alcune specie animali. L'attività di grooming nelle scimmie occupa gran parte
della giornata e serve a stabilire rapporti di affiliazione, di dominanza o
sottomissione. Il tatto nel bambino piccolo è il principale veicolo
comunicativo sia fisiologico (allattamento) che psicologico (rassicurazione).
Nell'ambito dell'aptica distinguiamo le sequenze di contatto reciproco,
che consistono nella successione di due o più azioni di contatto, e il contatto
individuale che è unidirezionale ed è rivolto da un soggetto a un altro. Per entrambi i tipi di contatto
distinguiamo regioni del corpo "vulnerabili" e "non vulnerabili", le prime
possono essere toccate solo dagli intimi o dagli specialisti, le seconde come
mani, spalle, braccia possono essere toccate anche dagli estranei. Toccare gli
altri comunque è un atto comunicativo non verbale che influenza la qualità
della relazione tra due individui. Nei rapporti amorosi il contatto
corporeo invia segnali di affetto e di attrazione sessuale, tali atteggiamenti
in pubblico comunicano un segno di legame che individua la coppia che
desidera essere lasciata sola. Il contatto può anche regolare rapporti di dominanza
e potere poiché di solito chi occupa una posizione sociale dominante può
toccare chi ritrova in una posizione di minor potere e non viceversa. In
numerose circostanze il contatto è regolato da rituali, per esempio le
congratulazioni nello sport, la stretta di mano in occasioni convenzionalizzate
(religiose o laiche). Il contatto fisico può avere una serie di effetti
contrapposti, in generale la persona che tocca è ritenuta più cordiale,
simpatica, disponibile e estroversa. Esistono però anche per l'aptica notevoli
differenze culturali. Anche in questo caso possiamo distinguere le culture
del contatto (arabe e latine) dalle culture del non contatto
(nordiche, giapponese e indiana).
·   555b16f ;   555b16f ; Il sistema cronemico
La cronemica concerne il modo in cui gli individui percepiscono e usano
il tempo per organizzare le loro attività e per scandire la propria
esperienza. La cronemica fa parte della cronobiologia ed è influenzata dai
ritmi circadiani ovvero quei cicli fisiologici e psicologici del soggetto nelle
24 ore. Distinguiamo i cicli infradiani (cicli superiori a un giorno
come il ciclo mestruale) e i cicli ultradiani (diversi cicli al giorno
come il ritmo respiratorio). Tali ritmi sono influenzati da agenti
sincronizzatori ambientali tra cui il più importante e il ciclo luce/buio.
Ma esistono anche numerosi sincronizzatori connessi a fattori culturali, per
cui possiamo distinguere tra culture veloci e culture lente. Le
prime più tipicamente occidentali sono caratterizzate da clima freddo,
orientamento individualistico teso al successo, progettualità orientata al
futuro, equiparazione tempo/denaro, tendenza a svolgere un'attività alla volta
nel minor tempo possibile. Le seconde invece sono più ancorate al presente e al
passato, sono caratterizzate da clima più caldo, bassa industrializzazione,
possibilità di svolgere pi attività contemporaneamente senza porsi limiti
temporali, importanza notevole data alle pause come occasione di riflessione.
·   555b16f ;   555b16f ;
Le funzioni della comunicazione non verbale.
- La metafunzione relazionale della comunicazione non verbale.
La CNV, come abbiamo già detto, contribuisce in maniera attiva alla produzione
del significato accompagnando il sistema linguistico. Bisogna però precisare i
limiti della CNV. Innanzitutto è necessario sottolineare un aspetto importante
ovvero che la rappresentazione proposizionale appartiene soltanto al sistema
linguistico, eccezion fatta per il linguaggio dei segni. Per cui la CNV può
fornire soltanto una rappresentazione spaziale e motoria della realtà, ciò è dovuto a un grado limitato di
convenzionalizzazione. Infatti esclusi i gesti emblematici, tutti i gesti
sono poco o nulla convenzionalizzati. Dobbiamo chiederci dunque come mai
continuiamo ad usare la CNV. Non può essere spiegata con Darwin che definiva i
gesti come "inutili vestigia di abitudini ancestrali" ma possiamo affermare che
la CNV costituisce la componente relazionale della comunicazione.
Infatti la comunicazione non è costituita soltanto da "che cosa" è comunicato
(componente proposizionale) ma anche dal "come" è comunicato (componente
relazionale). Infatti nel comunicare non solo trasmettiamo consapevolmente
informazioni agli altri ma intessiamo con loro relazioni sociali. Questa dunque
è la funzione di base della CNV (metafunzione). Infatti i segnali non
verbali servono a generare e sviluppare un'interazione con gli altri, a mantenere
e rinnovare le relazioni nel corso del tempo, a cambiare una
relazione, a estinguere una relazione. In generale l'efficacia
relazionale della CNV dipende dalla stretta connessione tra interazione e
relazione.
- Le principali funzioni psicologiche della comunicazione non verbale.
La CNV risulta fondamentale sul piano relazionale e interviene in diversi
aspetti psicologici.
La manifestazione delle emozioni e dell'intimità:
Anzitutto al CNV serve a esprimere le emozioni. Infatti se esse
fossero affidate esclusivamente al sistema linguistico non troverebbero modo di
manifestarsi. L'enunciato Ti amo può assumere significati moto diversi tra loro
a seconda dei gesti, delle espressioni facciali e del tono con cui viene detto.
L'insieme dei segnali non verbali fornisce un quadro generale da cui è
possibile operare le opportune inferenze per l'attribuzione di una certa
emozione all'interlocutore. I segnali non verbali di segnalazione e
significazione presentano un certo grado di universalità in quanto i movimenti
sottesi ai segni sono governati da strutture e meccanismi neurobiologici
geneticamente definiti, ma anche una notevole variabilità dovuta a differenze
culturali, di personalità e situazionale. I segni non verbali possono essere o
meno sottoposti a un certo controllo, e possono variare da un grado
assai ridotto di controllo a un grado elevato di volontarietà. Nel primo caso
si tratta di esternalizzazione più o meno automatica di quanto il
soggetto prova dentro di sé (per es. trasalire in caso di forte rumore) oppure
in altre circostanze, per es. in situazioni ufficiali, formali e solenni,
possiamo governare e gestire i segnali non verbali guidati da una precisa
intenzione per raggiungere un determinato scopo. In modo analogo la CNV svolge
una funzione fondamentale nelle relazioni d'intimità. Quando la distanza
interpersonale si riduce, aumentano la frequenza e l'intensità dei sorrisi, dei
contatti oculari e corporei; si riduce lo spazio prossemico, la voce diventa
flessibile, modulata e calda, aumenta la sincronizzazione degli scambi.
Relazione di potere e persuasione:
Per la specie umana come per quella animale la CNV assume una funzione
essenziale nella definizione, difesa e mantenimento della dominanza.
Sono numerosi i segnali non verbali che stabiliscono rapporti di dominanza e
sottomissione. L'abbigliamento, la postura, lo sguardo: per es. tenere il mento
proteso in avanti è un segnale di dominanza. Chi domina inoltre tiene il turno
e interrompe più frequentemente gli altri per imporre il proprio ritmo di
eloquio. Anche la territorialità è un segno non verbale di potere. Chi è
dominante segnala la sua posizione con un uso attento dello spazio in termini
di quantità e qualità. Dispone di uno spazio più ampio e limita notevolmente
l'accesso agli altri. Analogamente il processo di persuasione è
influenzato da segnali non verbali. Chi guarda più l'interlocutore, lo tocca
lievemente ogni tanto, veste in modo appropriato ed elegante, non si tiene a
distanza ha maggiori probabilità di ottenere condiscendenza.
- Discorso e conversazione.
·   555b16f ; Le origini della scienza discorsiva.
- Una definizione del concetto di
"discorso".
Ogni disciplina scientifica è un universo di
discorso soggetto a continue riformulazioni. Ogni sapere scientifico è una pratica
discorsiva regolata da specifiche
procedure di produzione di senso o significazione. Curvare
l'intero sistema scientifico nell'orizzonte del discorso significa sottolineare
la dinamicità, l'apertura, la provvisorietà e l'inarrestabilità della ricerca.
Parliamo di scienza discorsiva in contrapposizione alla scienza
cognitiva sviluppatasi con l'avvento dell'informatica. In entrambi i casi
gli studiosi sono aperti all'interdisciplinarità, in quanto interessati a due
dimensioni della comunicazione umana decisive quanto rispondenti a logiche
differenti: l'informazione e il significato. Nelle culture occidentali notiamo
una polisemia che assegna al "discorso" il compito di dare consistenza alla
razionalità e di prendersi cura degli eventi, infatti in greco logos
significa tanto "parola" quanto "ragione" e in ebraico parola si dice dabar che significa anche
"evento". Nel suo senso più ristretto "discorso" significa due cose: 1) Il
parlare di qualcuno, ovvero la pratica di costruzione di senso che
avviene negli scambi comunicativi con gli altri (per es. Il Presidente ha
tenuto un importante discorso alla Camera). 2) Un "parlare comune",
ovvero una qualsiasi pratica semiotica tesa a determinare intenzioni globali
proiettate su un unico orizzonte di riferimento per es. politico, religioso,
scientifico ecc. (per es. "discorso di Sinistra", "discorso di Destra",
"discorso Positivista" ecc.). Se ci soffermiamo a considerare il discorso come qualsiasi
pratica di produzione di senso ci rendiamo conto che la società umana è
costruita discorsivamente.
- Scienza discorsiva e postmoderno.
La recente "svolta discorsiva" delle scienze umane è in sintonia con le istanze
del postmoderno, orientamento teorico teso a rivedere i fondamenti del
sapere umano ancorato al modernismo meccanicistico. Nella tradizione moderna la
psiche è considerata una "macchina" autosufficiente, dotata di procedure
autonome per rapportarsi al mondo; la psicologia moderna infatti tende ad
analizzare separatamente le singole funzioni della mente come se fossero entità
autonome. La psicologia postmoderna invece studia il funzionamento della
mente nei contesti effettivi di vita quotidiana delle persone. Il modernismo
studia il linguaggio come specchio della mente, della sua
organizzazione, delle intenzioni, motivazioni e sentimenti. Il postmoderno
ricorre al termine "discorso" come ragnatela tessuta autopoieticamente
da cui l'uomo trae il senso globale della sua identità e della sua appartenenza
a una comunità socioculturale. Si ha dunque uno slittamento dal linguaggio specchio
della "realtà" al discorso che crea la realtà.
- Tra realismo e costruzionismo sociale.
Il postmodernismo mette quindi in discussione l'oggettivismo del modernismo
opponendo, alla realtà come "dato", una realtà come "costrutto".
La scienza moderna si è costruita intorno all'oggettivismo che
costituisce una "posizione predefinita", più che una teoria, che pone la realtà
come qualcosa che esiste al di fuori dell'uomo e che è conoscibile in maniera,
appunto, oggettiva. Invece per il costruzionismo sociale sono le
pratiche discorsive che creano l'orizzonte di riferimento attraverso cui l'uomo
definisce ciò che è reale, in parole povere la realtà emerge dalle pratiche
discorsive. Nella sua versione radicale il costruzionismo sociale sfocia nel
relativismo, nel solipsismo e nell'idealismo. Nella versione debole il
sociocostruzionimo rifiuta il relativismo approdando a un "realismo critico" (è
possibile conoscere qualcosa della realtà quale essa è) opposto a un "realismo
ingenuo" tipico del modernismo e del senso comune.
·   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;
L'orizzonte teorico dell'analisi del discorso.
- Le origini dell'analisi del discorso.
Entro l'orizzonte del costruzionismo sociale ha preso forma negli ultimi
trent'anni un orientamento di studio noto come Analisi del Discorso
(AD). Si tratta dello studio della produzione di senso attraverso pratiche
discorsive. Pur nella varietà degli approcci gli studiosi condividono due
assunti di base: 1) la natura socio-costruttiva della conoscenza, 2) il
carattere interazionale del significato. Gli studi sulla discorsività umana
cominciano ad avere maggiore salienza nel 1964, ma ci vorranno altri dieci anni
per vedere i primi risultati essendo all'epoca molto in voga la posizione
innatista di Chomsky. L'opposizione al paradigma di Chomsky produsse due
principali direzioni di ricerca caratterizzabili come Analisi del Discorso:
l'una è la linguistica testuale che sottolinea l'aspetto Gestaltico del
parlare, l'altra è la pragmatica linguistica che analizza il parlare
come azione.
- Foucault collega la produzione dei
discorsi alle forme di potere. La finalità ultima del discorso è il
raggiungimento di un ordine: la regolarità del mondo una volta enunciata dà
alla sua parvenza di ragionevolezza il valore di comando.
- Habermas invece collega alla nozione
di "discorso" l'aspirazione ad un'etica sociale. Il discorso individua
quella "situazione linguistica ideale" che possiamo riconoscere come
istanza regolatrice suprema della socialità umana.
- Van Dijk invece introduce una nuova
direzione di ricerca chiamata Analisi Critica del Discorso (ACD).
- Il "Circolo di Bachtin"-
Intorno agli anni '20 e '30 del Novecento opera a Pietroburgo e a Vitebsk un
gruppo di intellettuali noto come Circolo di Batchin, dal nome dello
studioso che lo anima. Nelle loro discussioni vennero filtrati i principi del
marxismo per adattarli alle scienze del linguaggio e della letteratura. Il
punto di partenza è il dialogismo, secondo cui il significato di un
testo - da una frase a un romanzo - è dato non solo dal suo autore ma anche
dalla relazione col suo destinatario. Esiste dunque una sorta di dialogo tra
autore e destinatario. Il dialogismo si specifica nel concetto di eteroglossia,
che mia ad evidenziare la trama polifonica sottesa all'atto comunicativo.
Secondo Batchin il significato di una parola è una mera potenzialità che si
realizza allorché la parola incontra un "contesto di enunciazione". Il
dialogo è il modello di comunicazione umana anche della comunicazione interiore
dove il monologo interno della coscienza è un confronto di più voci.
Batchin ha elaborato la distinzione del discorso in generi primari e generi
secondari. I primi danno vita alla comunicazione così come avviene
quotidianamente nella vita di tutti i giorni, i secondi invece sono definiti
istituzionalmente (dibattiti parlamentari, comizi, seminari ecc.). Batchin è
certamente un precursore del sociocostruzionimo in quanto sostiene che
"l'espressione organizza l'esperienza".
- Il punto di vista della etnometodologia.
L'etnometodologia è lo studio dell'insieme delle pratiche concrete che i
membri di una società usano per agire al suo interno e delle tecniche cui fanno
ricorso per interpretare il loro mondo sociale. L'etnometodologia tende a
cogliere il punto di vista del soggetto e la sua percezione delle attività
tipiche della sua cultura o gruppo di appartenenza. L'obiettivo è quello di
rendere esplicito ciò che è implicito. L'assunto di base è che le attività
attraverso cui si producono e si gestiscono le relazioni quotidiane sono
"spiegabili" in base agli stessi procedimenti messi in atto dai soggetti. Per
raggiungere tale "spiegabilità" l'etnometodologia fa ricorso a due
caratteristiche fondamentali delle pratiche quotidiane: l'indessicalità
e la riflessività. La prima si riferisce al fatto che le attività pratiche
sono strettamente legate al contesto di uso e di conseguenza il loro
significato dipende dalle condizioni contestuali; quindi si prediligono
spiegazioni locali e contingenti piuttosto che oggettive e che fanno
riferimento a categorie universali. La seconda, che fa riferimento
all'indessicalità, è la riflessività delle spiegazioni. Con questo concetto si
vuole superare la dicotomia tra le "pratiche quotidiane" e la loro spiegazione.
I membri di una comunità costruiscono e spiegano l'organizzazione sociale
interna utilizzando procedure identiche, ovvero la società fornisce le
categorie sia per interpretare che per interagire. Possiamo dunque dire che
l'etnometodologia è lo studio delle pratiche discorsive.
- Testo ed enunciazione.
Anche dalla linguistica provengono importanti contributi per comprendere
i processi sottesi alle pratiche discorsive. A livello "micro" abbiamo i morfemi
(unità semplici dotate di significato) e le frasi (totalità organizzate
che organizzano i fonemi e i sintagmi). A livello "macro" bisogna introdurre la
nozione di testo. La linguistica testuale ha individuato diverse regole
della testualità, quali:
1) la coesione (rispetto della grammatica)
2) la coerenza (attinenza a un particolare tema)
3) l'intenzionalità (sintonia con
gli scopi del parlante)
4) l'accettabilità (considerazione delle aspettative e delle capacità
inferenziale dell'uditorio)
5) la situazionalità (congruenza con le circostanze)
6) l'informatività (indica il grado di prevedibilità di ciò che le
componenti testuali propongono in base alla loro probabilità attesa)
7) l'intertestualità (esibisce il gioco dei rinvii e dei richiami tra le
componenti testuali per cui ogni testo è riconoscibile per il sistema di
somiglianze e differenze rispetto ad altri testi.
I linguisti dell'enunciazione mirano a reperire gli ancoraggi della
soggettività alla situazione di interlocuzione. Tra gli strumenti discorsivi
che gli esseri umani utilizzano per individuarsi come soggetti ci sono le
espressioni deittiche come i pronomi personali, dimostrativi, locuzioni
spazio-temporali.
Contesto e diatesto.
La pratica discorsiva mira a far risaltare il valore di ciò che le
persone fanno con le parole. La prospettiva pragmatica fa inevitabilmente
riferimento alla teoria degli atti linguistici. La nozione di azione sociale
è la base fornita dalla pragmatica linguistica all'AD, poiché
interessata a reperire l'ordine interazionale del discorso. Il discorso è un
costrutto teorico intrinsecamente interattivo: se qualcuno parla
necessariamente c'è un destinatario, anche nel caso del monologo è previsto uno
sdoppiamento tra il "sé parlante" e il "sé in ascolto". Il discorso richiede
l'apporto di un'intenzione condivisa entro cui le parole, i gesti e i
segni ricevono il loro significato dall'uso che le persone ne fanno all'interno
delle interazioni. L'interazione discorsiva è resa possibile
dall'attivazione tacita di uno sfondo di conoscenze condivise. Non sarebbe
possibile una comunicazione qualora mancasse un'intersoggettività condivisa. In
questo ambito la funzione del contesto assume una rilevanza fondamentale
per l'attribuzione di senso di ciò che avviene in un'interazione. Halliday ha
analizzato l'azione del contesto sul testo in termini di tre dimensioni: il campo
(che cosa dice?), il tenore (perché dice ciò che dice?), e il modo
(come appare per come lo dice?). La nozione di contesto come diatesto mette in
evidenza che il contesto non si limita a far da cornice agli enunciati ma
penetra nell'azione dialogica della loro progettazione da parte degli
interlocutori.
·   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;
I metodi dell'analisi del discorso.
La metodologia dell'AD, vista la sua configurazione teorica, è di natura qualitativa
in quanto le pratiche di produzione di senso sono connesse alle variazioni
contestuali e alle implicazioni soggettive. Tuttavia è possibile e utile fare
ricorso a metodi quantitativi, per es. nel misurare la frequenza di una data
parola o di un gesto. L'AD fa inevitabilmente riferimento alle risorse
interpretative dei partecipanti all'interazione discorsiva. Non possiamo
parlare di metodo ma di metodi dell'AD riferiti ai diversi quadri
teorici. Le interazioni discorsive possono essere esaminate in diversi modi e
con diverse finalità, per cui la variazione dei risultati è considerata ricchezza
interpretativa e non come fonte di errore. E' possibile comunque tracciare
alcune linee guida di AD su cui esiste unanime consenso tra gli
studiosi. Esse concernono i seguenti aspetti: a) naturalità, b) con testualità,
c) oralità, d) socialità, e) indessicalità, f) sequenzialità, g) costruttività,
h) dimensionalità, i) significanza, l) regolarità. Pur nella varietà di questi
aspetti ogni metodologia tende ad attuare un proprio percorso. Per esempio l'Analisi
Proposizionale del Discorso integra metodi qualitativi e quantitativi
avvalendosi del supporto informatico.
·   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;
Verso una psicologia discorsiva.
Quando l'AD incontra gli interessi della psicologia ecco che nasce un nuovo
ambito. La psicologia discorsiva ha come oggetto di indagine la
produzione, la comprensione e lo scambio del significato come fulcro che attiva
la mente. In questa prospettiva prevale
una psicologia dell'azione intesa appunto come studio di ciò che le
persone fanno con le parole. Il passaggio dalla "rappresentazione" all'
"azione" implicato dalla psicologia discorsiva è ben esemplificato dal concetto di repertorio interpretativo:
infatti non si dà prima una rappresentazione di un fenomeno e poi la sua
diffusione attraversi il linguaggio, ma è la pratica discorsiva a fornire (o
imporre) un certo punto di vista. Questa impostazione non è antitetica alla psicologia
cognitiva, che anzi valorizza gli aspetti cognitivi della comprensione,
produzione e rievocazione dei testi. Nei processi di comprensione del
discorso si assiste a una oscillazione tra il senso comune e il senso
critico, l'uno che dà per scontata la comprensione automatica, l'altro che
ritiene impossibile una corrispondenza tra le menti. Emerge dunque il paradosso
per cui le persone sono e non sono in grado di capirsi. E' opportuno ricordare
quindi i concetti di opacità intenzionale e di stabilità e instabilità dei
significati. Si riscopre dunque la retorica come studio dell'impianto
argomentativo delle pratiche discorsive. Infatti i processi comunicativi sono
tendenzialmente confronti fra argomentazioni. In questo gioco le
pratiche discorsive contribuiscono alla definizione dell'identità personale e
si assiste a meccanismi come il posizionamento e il resoconto.
Nel gioco interattivo del discorso ogni parlante posiziona sé e gli altri
attribuendo intenzioni o qualità.
·   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;   555b16f ;
Analisi della conversazione.
Nell'ambito delle pratiche discorsive un posto di rilievo è occupato dalla conversazione,
ovvero quelle forme di interazioni discorsive in cui due o più partecipanti si
alternano spontaneamente a parlare. Si tratta di un'attività polifonica
che occupa buona parte del tempo libero ma anche di quello lavorativo. In
generale si può intendere la conversazione come il risultato di un'interazione
tra due o più individui, spesso caratterizzati da interessi divergenti,
orientati al raggiungimento di uno scopo. L'analisi della conversazione
ha lo scopo di individuare regolarità, routine e procedure della conversazione
e di rendere leggibili i fenomeni comunicativi sottesi a questa pratica
ricorrente.
- Organizzazione complessiva della conversazione.
Innanzitutto la conversazione è un'interazione comunicativa caratterizzata da
una enorme variabilità e flessibilità, ovvero può coinvolgere due
o più partecipanti, essere più o meno formale, durare pochi minuti o delle ore,
riguardare qualsiasi argomento. Nonostante la sua apparente caoticità, dovuta
essenzialmente al suo carattere spontaneo, la conversazione presenta una
organizzazione complessiva che risponde a una struttura socialmente condivisa.
In linea di massima la conversazione è caratterizzata da tre fasi: 1) Apertura
(identificazione e riconoscimento reciproco dei partecipanti), 2)
Argomentazioni (sviluppo di uno o più argomenti), 3) Chiusura.
La sezione di apertura comprende l'avvio della conversazione da parte di
uno dei due partecipanti attraverso saluti più o meno formali. Essi
hanno una funzione introduttiva e rispondono a regole convenzionali, esempio di
apertura:
A: Ciao Paola! Come stai?
B: Io bene, e tu?
A: Anch'io, tutto bene. E' da un po' che non ci si vede.
Il saluto implica il riconoscimento reciproco fra le persone, invece
qualora i due fossero estranei di solito c'è un terzo che introduce i due.
Argomenti. Dopo i saluti la conversazione prevede lo sviluppo di uno o
più argomenti. La durata di tale sviluppo varia a seconda dell'argomento, può
essere molto breve se si tratta di chiedere una semplice informazione. Lo
sviluppo degli argomenti implica un impegno comunicativo personale e diretto
dei partecipanti soprattutto se sono due, se invece sono numerosi qualcuno può
rimanere maggiormente in secondo piano. L'articolazione degli argomenti non
segue regola o una sistematicità, essa infatti è per lo più casuale soprattutto
se si procede per associazione libera. Ogni argomento affrontato ha un potenziale
di continuità più o meno cogente che dà la possibilità all'interlocutore di
proseguire e manifestare il suo punto di vista. L'argomento ha dunque una sua inerzia
comunicativa che da a tutti la possibilità di discorrere nel medesimo ambito[h1] . Tale continuità
consiste essenzialmente nella condivisione di un dato fuoco comunicativo,
ovvero la condivisione del medesimo percorso di senso. Un cambiamento di
argomento può essere marcato e segnalato sul piano comunicativo sia a
livello verbale, sia a livello non verbale. In sostanza si può comunicare
esplicitamente la volontà di introdurre un nuovo argomento oppure
implicitamente attraverso un gesto o un cambiamento di tono della voce.
Sezione di chiusura. La chiusura di norma avviene in maniera dolce con
la presenza di coppie adiacenti e simmetriche, come in:
A: Ok Paola, allora ci vediamo alle tre al bar.
B: Va bene.
A: Va bene?
B: D'accordo. Ci vediamo là.
A: Va bene. Ciao.
B: Ciao.
Tale ripetizione serve a gestire il momento della chiusura e della separazione,
anche se momentanea.
L'avvicendamento dei turni.
Si ha una conversazione quando si ha un avvicendamento dei turni: i
turni in una conversazione a due si susseguono secondo una sequenza del tipo
A-B-A-B ecc. Possono verificarsi delle sovrapposizioni tra i due parlanti me è
singolare notare che esse occupano, normalmente, meno del 5% della
conversazione e durano pochi decimi di secondo ciascuna. La conversazione
dunque, nonostante le apparenze, è una interazione molto ordinata. A riguardo è
stato osservato un sistema a gestione locale che consente l'alternanza
fluida dei turni. Ogni parlante è responsabile della costruzione del turno,
inteso come unità minima di parole compresa tra due possibili segnali di intesa
fra i partecipanti. Il turno diviene così una unità comunicativa che è frutto
di una azione coordinata tra i partecipanti. Il punto finale di tale unità è il
punto in cui i partecipanti possono avvicendarsi nel turno: si tratta di un punto
di rilevanza transizionale (PRT) che segna il momento in cui è
possibile che si verifichi uno scambio del turno fra parlante e ascoltatore.
Tale passaggio è regolato dalla minimizzazione della pausa fra i turni
(gap) nell'ordine dei decimi di secondo, nella cultura Occidentale, al fine di
rendere più fluida la conversazione. I PRT sono regolati da una serie di regole
che consentono uno spazio di negoziazione fra i parlanti. Riportiamo alcune di
queste regole (valide per lo più nella cultura Occidentali):
- Conservazione del turno. Un
parlante può comunicare di voler conservare il turno e quindi di proseguire a
parlare innalzando la media di intensità della voce alla fine di un enunciato
e/o incrementando la velocità di articolazione impedendo così un'eventuale
interruzione. Anche una pausa piena può indicare che è terminato un pensiero ma
non tutto il discorso.
- Cessione del turno. Quando un
parlante vuole cedere il turno solitamente lo fa utilizzando le pause vuote.
Tali pause indicano che la presa del turno da parte dell'interlocutore è
accettata o richiesta. L'interlocutore può anche essere invitato esplicitamente
a prendere il turno attraverso una vera
e propria richiesta di intervento con domande del tipo: Giusto? D'accordo? Non
è vero? Ecc.
- Richiesta del turno. E' una
situazione standard cercare di interrompere il parlante per prendere la parola
ma può succedere che il parlante non faccia pause abbastanza lunghe da
consentire uno scambio di turno. L'interlocutore fa dunque ricorso ai
cosiddetti inizi balbettanti (ad es. io.io.io. , ma.ma.ma.) oppure con
continui cenni di assenso verbali e non o ancora impadronendosi del turno
alzando la voce in modo da superare quella del parlante.
- Rifiuto del turno. Altra
situazione è quella in cui il parlante manifesta la sua intenzione di cedere il
turno e l'ascoltatore rifiuta incoraggiandolo a proseguire con cenni di assenso
ed espressioni facciali di approvazione.
- Conversazione continua o
discontinua. La continuità o la discontinuità di una conversazione dipende
dalla frequenza e dalla durata dei silenzi fra un turno e quello successivo. Il
silenzio interno durante un turno è considerato una pausa che per essere
tollerata non deve essere troppo lunga. Di norma il silenzio viene minimizzato
con la presa di turno da parte dell'interlocutore. Un silenzio prolungato può
costituire una scorrettezza comunicativa che può esprimere scarso interesse per
l'interazione, disattenzione o anche un rifiuto non ancora esplicitato a
seguito di una proposta o un invito.
Il silenzio inoltre serve ad evitare le sovrapposizioni e, qualora si verifichino,
entrano in gioco un sistema di risoluzione rapida per cui uno dei due smette di
parlare e l'altro sintetizza ciò che è risultato incomprensibile a causa della
sovrapposizione. La gestione dei turni è dunque l'esito di un processo di negoziazione
comunicativa.
- Le sequenze complementari.
Le sequenze complementari rappresentano un altro processo conversazionali a
gestione locale. Sequenze complementari tipiche sono le coppie
domanda/risposta, saluti/saluti, invito/accettazione, scuse/minimizzazione ecc.
Queste sequenze hanno le seguenti caratteristiche: a) sono adiacenti fra loro,
b) sono prodotte da parlanti diversi, c) si distinguono in una "prima parte" e
una "parte complementare", d) costituiscono routine comunicative.
- Il concetto di preferenza.
Le componenti complementari possono essere preferenziali o non
preferenziali. Preferenza è intesa a livello comunicativo come marcatezza.
Le componenti preferenziali sono "non marcate" ovvero semplici e fluenti,
quelle non preferenziali sono invece "marcate" e più complesse ed elaborate.
- Secondi turni non preferenziali.
In linea generale dall'analisi di protocolli di molte conversazioni emerge che
i complementi preferenziali sono solitamente i consensi mentre quelli non
preferenziali sono i rifiuti. D solito i secondi turni non preferenziali
sono caratterizzati da alcuni indizi quali: a) indugio, b) prefazione
prima di manifestare il rifiuto, c) spiegazione per giustificare il
rifiuto.
- Le sequenze preferenziali e la
correzione. Il concetto di preferenzialità si estende anche ad altri
fenomeni comunicativi quali la correzione in caso di errori o
fraintendimenti. La procedura di correzione serve a mantenere la continuità
della conversazione e ad affrontare eventuali incomprensioni. Le sequenze preferenziali
della correzione prevedono questo ordine: a) correzione spontanea, b)
correzione sollecitata attraverso l'iniziatore di correzione del turno
successivo, c) correzione sollecitata dall'interlocutore.
- Le pre-sequenze.
Le pre-sequenze sono scambi comunicativi che prevedono turni preliminari come:
A: Che fai Giorgio?
B: Niente.
A: Hai voglia di venire al bar con me?
In sostanza l'appello preliminare di A anticipa il turno successivo in cui
spiega le ragioni dell'appello. Le pre-sequenze si manifestano anche nei pre-annunci
dove: a) Il turno preliminare serve a richiamare l'attenzione e l'interesse
dell'interlocutore, b) l'interlocutore si mostra interessato, c) il parlante
finisce di spiegare ciò che ha preannunciato. Se però l'interlocutore è già a
conoscenza di ciò che è stato preannunciato lo scambio perde il suo valore
conversazionale. Anche le pre-richieste costituiscono un modo di gestire
uno scambio delicato fra i partecipanti e preparano il parlante a un
accoglimento o a un rifiuto.
- Variazioni culturali nella conversazione.
La conversazione rappresenta un sistema comunicativo universale in
quanto si ritrova in tutte le culture. Tuttavia alcune differenze e variazioni
culturali sono presenti. Emergono differenze soprattutto in termini di loquacità
e di frequenza nell'attività di conversare. Le popolazioni africane,
sudamericane e latine sono molto loquaci e considerano il silenzio pesante e
minaccioso mentre alcune popolazioni dell'India meridionale parlano pochissimo
e anzi considerano offensive le persone loquaci. In alcune culture (asiatiche,
indiane) è fondamentale conoscere la status sociale dell'interlocutore
per stabilire che forme linguistiche usare. Nelle culture occidentali la
gerarchia sociale non ha più alcuna importanza. Anche nella gestione delle
coppie adiacenti come i saluti troviamo notevoli differenze culturali. In
alcune culture chi è socialmente inferiore deve salutare per primo. Inoltre
molto spesso il saluto è legato alle condizioni di salute dell'interlocutore per
es. Come stai? How do you do? Comment ca va? Ecc. In Giappone una domanda del
genere è altamente offensiva. Ci sono differenze culturali anche nella durata
media delle pause tra un turno e l'altro, negli USA è di circa 0,5 secondi
mentre in Francia e in Italia è di 0,3, ciò può provocare sovrapposizioni tra
interlocutori di culture diverse.
-   555b16f ; Discomunicazione e comunicazione patologica
·   555b16f ;   555b16f ;
Verso una definizione di discomunicazione.
Innanzitutto dobbiamo sottolineare quanto la comunicazione possa essere efficace
pur non dovendo essere necessariamente esplicita. Dobbiamo altresì dire che la
comunicazione è sempre un'attività a rischio per cui l'idea di base della
psicologia del senso comune della trasparenza semantica e intenzionale va
superata. Rispetto alla comunicazione per default parliamo di discomunicazione
in tutti quei casi in cui gli aspetti impliciti e indiretti della comunicazione
prevalgono su quelli espliciti e diretti. E' un dire per non dire. La
discomunicazione non è soltanto una mancanza o violazione delle regole di
comunicazione, ma comprende anche la comunicazione ironica, menzognera,
deduttiva il linguaggio figurato, della finzione e la parodia. Non è possibile
tracciare un confine preciso tra comunicazione per default e discomunicazione, fra
esse infatti c'è un continuum che impedisce una separazione o dicotomia. Più
che nella comunicazione per default, nella discomunicazione abbiamo una
condizione di opacità intenzionale in quanto l'intenzione comunicativa
dell'attore risulta essere diversa da quella espressiva (o informativa). La
discomunicazione conduce dunque a un messaggio plurivoco lasciando al
destinatario la responsabilità di sciogliere l'ambiguità e di scegliere un
percorso di senso fra quelli suggeriti dall'attore. Per cui la discomunicazione
non va vista solo come una mancanza o violazione di regole comunicativa ma
anche come un'opportunità di arricchire la comunicazione. La
discomunicazione è alla base della comunicazione intrigante, intesa come
dimensione peculiare della comunicazione umana.
·   555b16f ;   555b16f ;
La comunicazione ironica.
Tradizionalmente l'ironia è considerata al pari di altre figure
retoriche come l'antinomia, la metafora, l'iperbole ecc. Essa è basata
sull'antifrasi: cioè esprimere un enunciato per fare intendere l'opposto
del suo significato lessicale. Osserviamo infatti un'inversione semantica tra
il significato lessicale (manifesto) e il significato implicito. Ironia deriva
del Greco eirwneia , che significa "finzione". L'ironia non è solo
una figura retorica o uno stratagemma linguistico ma è anche uno strumento per
gestire significati e relazioni.
- La famiglia delle ironie.
L'ironia non è un fenomeno unico e fisso, bensì compre una famiglia di processi
discomunicativi che qui elenchiamo:
L'ironia sarcastica: consiste nel disprezzare il partner attraverso
parole di elogio, ha lo scopo di mantenere un atteggiamento fortemente critico
ma senza scomporsi.
L'ironia bonaria: consiste nell'elogiare il partner con espressioni di
critica, serve a stemperare l'euforia e a mitigare l'imbarazzo che deriverebbe
da un elogio esplicito.
L'ironia socratica: è un modo di esprimersi elegante, garbato e
ingegnoso per criticare mode e dogmi senza sbilanciarsi né compromettersi.
L'ironia scherzosa: è la classica battuta di spirito che serve a sdrammatizzare
una situazione sconveniente o conflittuale.
Nelle società occidentali pare si faccia uso più spesso dell'ironia sarcastica
poiché, secondo l'ipotesi dell'asimmetria dell'affetto, la natura
intrinseca dell'ironia è nella volontà di attaccare o di aggredire.
- Principali teorie sulla comunicazione ironica.
La prospettiva razionalista. Impostazione avanzata da Grice che ha
formalizzato il concetto di antifrasi. L'enunciato ironico consiste nel
"dire p facendo capire non-p"; l'ironia consiste dunque nella
trasgressione della massima di Qualità. L'ironia comunque è una strategia
comunicativa indiretta ma chiara, non equivoca.
La prospettiva machiavellica. L'ironia può essere considerata come
un'azione comunicativa volta ad ottenere degli effetti sul partner senza
considerare il rispetto delle regole formali della conversazione e della
veridicità di ciò che si dice. L'attenzione si sposta dunque dall'analisi della
composizione linguistica ai processi relazionali. L'ironia in questo caso è una
violazione delle attese contestuali. E' in gioco un tipico cambiamento
di "passo", ovvero il passaggio dal serio allo scherzoso o dal letterale
all'ironico.
La teoria ecoica (o della menzione). Sperber e Wilson hanno individuato altri aspetti psicologici
dell'ironia e la hanno intesa come rievocazione di pensiero, azione e
atteggiamento tipico del partner. Con un commento ironico il parlante produce
un enunciato che fa da eco a quanto detto in precedenza dal partner. In questo
caso la comunicazione ironica è sia una menzione implicita(eco) di
quanto detto dal partner, sia la manifestazione di un atteggiamento verso il
pensiero del partner. In questo ambito si pone la cosiddetta ironia
citazionale, ovvero l'ironia intesa come citazione di quanto avvenuto
prima.
La prospettiva teatrale. La comunicazione ironica è stata interpretata
anche come "finzione". Si tratta di una finzione trasparente in quanto
il parlante fa finta di credervi e al contempo, attraverso segnali
paralinguistici, fa capire che si tratta di una finzione. Anche la simulazione
rientra in questa prospettiva e consiste nell'enunciare una frase in tono serio
(per es. un elogio) ma che in realtà nasconde un significato sarcastico per il
reale destinatario che , da complice, riesce a comprenderlo. Per es. la frase
di A: Ottima questa cena a base di funghi porcini risulta essere un
elogio per B (un estraneo qualunque) ma non per C che insieme ad A condivide la
conoscenza del fatto che D (un amico comune) è allergico ai funghi. C
comprende, in quanto complice, il significato ironico che quella frase ha per
D. In tal senso l'ironia si avvicina alla parodia, che si fonda sul
principio dell'antinomia. La parodia mette in chiaro una contrapposizione tra
due termini, per es. tra un personaggio e un avvenimento (o evento,
circostanza). Ma ironia e parodia implicano una forma di complicità tra
parlante e destinatario che consiste nella condivisione di uno specifico
patrimonio di conoscenze.
- Funzioni psicologiche della comunicazione ironica.
La comunicazione ironica è una comunicazione obliqua in quanto mostra ciò
che nasconde e nasconde ciò che dice. E' un dire per non dire.
L'ironia è una maschera densa di senso che rende molto flessibili i confini del
significato. Essa rappresenta emblematicamente la dialogicità discorsiva
secondo cui la parola non è unidimensionale (monosemia) ma plurivoca
(polisemica). Sul piano psicologico essa svolge alcune funzioni.
- Comunicazione ironica come
rispetto delle convenzioni (come aggirare la censura in modo culturalmente
corretto).
Si può ricorrere all'ironia per dire efficacemente ma implicitamente
(diplomaticamente) ciò che risulterebbe sconveniente e scorretto se detto nelle
forme esplicite. Ciò serve anche a gestire in maniera ottimale le relazioni
interpersonali , l'immagine di sé e l'autocontrollo rispettando appieno le
norme della desiderabilità sociale e i canoni impliciti della propria cultura.
Lo humour inglese risponde proprio a queste caratteristiche e inoltre ha
la funzione di separarsi dalle emozioni controllandole.
- Comunicazione ironica come
confine di riservatezza (come proteggere lo spazio personale).
Si può usare l'ironia anche per conservare dignità e contegno. Infatti
l'ironia serve anche a tutelare il proprio spazio personale e a proteggere la
propria riservatezza (Privacy). L'ironista in questo senso non scopre
apertamente le sue carte proprio per tutelare una sua posizione lasciando
spazio aperto alle interpretazioni.
- Comunicazione ironica come
ambiguità relazionale (come rinegoziare i significati).
Un vantaggio dell'ironista sta nel fatto che la comunicazione è in
bilico tra l'esplicito e l'implicito, in modo tale egli può spostare il confine
semantico fra le diverse possibili interpretazioni. L'ironista gode dell'efficacia
della parola e dell'innocenza del silenzio, per cui possiamo parlare
di polisemia pragmatica in quanto il messaggio ironico offre diversi
percorsi di senso lasciando al destinatario la responsabilità di dare una
interpretazione. In tal modo l'ironista si libera della responsabilità comunicativa.
L'ironia quindi serve a regolare il peso dell'implicito attraverso una mitigazione
dell'implicito o una accentuazione dell'implicito. Un commento
sarcastico a una brutta figura è più leggero di un insulto aperto
(mitigazione), oppure può essere più mirato e calcolato (accentuazione) e
quindi più incisivo di una critica aperta.
- La voce dell'ironia.
Anche l'intonazione della voce caratterizza un enunciato ironico. Studi
sperimentali sulla voce dell'ironia dimostrano che, in generale, il tono
di voce utilizzato nella comunicazione ironica è acuto e modulato , di
intensità elevata e dal ritmo rallentato. Ci sono poi differenze a seconda
se si tratta di ironia sarcastica o bonaria. Differenze di tono esistono anche
tra la comunicazione ironica e quella menzognera, infatti le parole dell'ironia
sono finte mentre quelle della menzogna sono false.
- Lo script ironico.
Occorre illustrare come, a livello psicologico, l'ironia sia un gioco
comunicativo di "fioretto". Infatti i duellanti impugnano il fioretto, non
la spada e infatti colpiscono pungendo con eleganza. Il commento ironico segue
uno script ironico (un copione) che si svolge in diverse fasi:
- Premessa. E' il bagaglio di
conoscenze (testuali o contestuali) reciproche condivise dagli interlocutori e
costituisce l'orizzonte di riferimento all'interno del quale si colloca lo
scambio ironico.
- Evento focale. Tale evento
costituisce l'oggetto del commento ironico. Esso può accadere in maniera
indipendente dagli interlocutori.
- Commento ironico. E' la
manifestazione di una determinata intenzione comunicativa da parte dell'autore
con la quale può elogiare, disprezzare, sdrammatizzare l'evento focale.
- Effetto ironico. Il commento
ironico produrrà un certo effetto. La natura di questo effetto dipende
dall'interpretazione che il destinatario fa del commento ironico. Le
contromosse del destinatario infatti possono essere tre: a) il fraintendimento,
ovvero il destinatario non coglie l'intenzione ironica e si ferma al
significato letterale, b) il disconoscimento, ovvero il destinatario
comprende l'intenzione ironica ma per convenienza fa finta di nulla e si ferma
di proposito al significato letterale, c) il touchè, l'ironia coglie nel
segno e il destinatario accetta di essere stato colpito mostrandosi divertito o
ferito.
·   555b16f ;   555b16f ;
La comunicazione seduttiva.
Lo
studio dei processi comunicativi che regolano la vicinanza e la distanza
fisica e psicologica tra gli individui è un ambito molto importante in
psicologia della comunicazione. La regolazione di tali processi è complessa,
dinamica e suscettibile di continue variazioni. La seduzione è un
importante processo di avvicinamento tra le persone il cui esito sperato è
quello di una riduzione drastica della distanza psicologica fra due individui.
Essa può essere definita come una sequenza strategica e intenzionale di
mosse il cui traguardo è quello di attrarre (anche sul piano sessuale) un'altra
persona (di solito, di sesso opposto). La seduzione ha lo scopo di
raggiungere una relazione intima con il partner e può essere guidata da
sentimenti forti quali l'innamoramento o dall'esigenza di provare la propria
competenza interattiva. La seduzione è accompagnata da un processo comunicativo
specifico che chiamiamo comunicazione seduttiva.
"Dall'essere qualunque all'essere qualcuno".
Nella specie umana come in quella animale il corteggiamento assume particolare
rilevanza che ha come fine ultimo quello di avere una discendenza. In generale
possiamo parlare di differenze di genere nella pratica del corteggiamento (effetto
Coolidge). Infatti le femmine sono più attente alla cura della prole e
prediligono il maschio dominante e forte quale protezione per se e per la
prole, i maschi invece sono attenti alla riproduzione e quindi prediligono la
quantità di accoppiamenti. Per la specie umana l'effetto Coolidge si traduce in
una ostentazione di forza e di ricchezze da parte del maschio quale promessa
implicita di mantenimento della prole e di una cura per la bellezza, per la
giovinezza e la salute da parte delle donne per manifestare la propria
fertilità. Entro questa cornice si svolge la danza del corteggiamento.
Il punto di partenza è la individuazione e selezione del partner, in
secondo luogo si cerca di stabilire un contatto attraverso strategie di
esibizione per farsi notare e per farsi scegliere, poi stabilire un reciproco
avvicinamento riducendo progressivamente il grado di incertezza e
concludere con la decisione di mantenere il legame più o meno
stabilmente.
La paradossalità della comunicazione seduttiva.
Il primo obiettivo del seduttore è quello di emergere dall'anonimato e di cambiare
status: dall'essere qualunque all'essere qualcuno. In questa fase di esibizione
emergono gli aspetti "estetici" della comunicazione. In questa fase il
seduttore tende ad esaltare le qualità e i punti di forza in suo possesso e a
mascherare i limiti e i difetti fino a diventare oggetto del desiderio
per l'altro. Durante il corteggiamento il seduttore tende ad apparire diverso e
migliore di quello che è in realtà; da questo punto di vista la seduzione
presenta analogie con la comunicazione menzognera. Tuttavia lo scopo non è
quello di ingannare bensì di esaltare la propria immagine per esaltare
l'immagine dell'altro. L'interazione seduttiva è simile alla recitazione
teatrale, in quanto il seduttore assume un certo ruolo nel palcoscenico
relazionale riuscendo a camuffare in modo positivo la propria identità. Si
tratta della strategia dell'apparenza dove si crea uno spazio
comunicativo intermedio tra il falso, il finto e il reale, come il trucco
che maschera i lineamenti del volto lasciandoli intravedere o esaltandoli.
Siamo di fronte ad una esibizione paradossale poiché pur essendo
esplicita non è dichiarata. La finalità della non formalizzazione sta nel
proteggersi da un rifiuto netto ed esplicito ma anche nell'evitare una
invadenza eccessiva che risulterebbe controproducente. Una volta stabilito un
contatto con il partner segue la fase di avvicinamento reciproco, che
favorisce l'apertura graduale e reciproca attraverso uno scambio di conoscenze
sulla propria vita. Tale narrazione di sé favorisce una graduale riduzione
dell'incertezza.
L'obliquità della comunicazione seduttiva.
L'interazione seduttiva si avvale di una comunicazione obliqua e indiretta.
Il seduttore deve dire abbastanza ma non troppo. Infatti dichiarazioni
esplicite e aperte possono risultate azzardate e testimoniare una scarsa
abilità seduttiva. Bisogna infatti lasciare margini di negoziazione, ovvero
dare la possibilità al partner di intervenire nella contrattazione relazionale
e di entrare nel gioco della seduzione. In questo senso parliamo di comunicazione
intrigante ovvero di forme allusive che dicono senza dire. Il processo di
seduzione deve dunque essere un processo di conquista reciproca, in cui
entrambi i partner hanno la possibilità di fare la propria parte. Una strategia
obliqua è per esempio quella della vulnerabilità, ovvero il seduttore si
mostra debole e sottomesso come un bimbo in modo da favorire l'avvicinamento
del partner e raggiungere un maggiore livello di intimità.
Modalità non verbali nella comunicazione seduttiva.
La comunicazione seduttiva si avvale anche delle modalità non verbali
per attirare l'attenzione e sedurre l'eventuale partner. Lo scambio degli
sguardi è un segnale preciso di attrazione verso il partner e la dilatazione
della pupilla né è la testimonianza concreta. Le donne ricercano e lanciano
gli sguardi più degli uomini. Anche il sorriso timido (coy smile) è un
segnale ricorrente nella seduzione, soprattutto nelle donne. Inoltre in un incontro
iniziale la sincronizzazione dei gesti favorisce molto l'interesse
reciproco. Anche la voce attraente è associata ai giudizi di
piacevolezza e desiderabilità sociale. Esiste un profilo di voce dei seduttori
efficaci e uno dei seduttori non efficaci. I primi sanno modulare la
voce in modo più flessibile e mutevole durante l'interazione seduttiva e sanno
esibire vocalmente la loro socievolezza, entusiasmo e virilità. I non efficaci
hanno invece una voce debole, monotona e piatta che pur risultando calda viene
considerata noiosa. Il buon seduttore deve inoltre sintonizzarsi con il partner
attraverso una attenta valutazione dei suoi feedback.
·   555b16f ;   555b16f ;
La comunicazione menzognera.
Riguardo
alla comunicazione menzognera possiamo individuare due ambiti di
ricerca: a) Studi naturalistici sul campo (studi sui
comportamenti ingannevoli nella vita quotidiana), b) Studi sperimentali
di laboratorio ( studio degli aspetti cognitivi, emotivi e comunicativi
dell'agire menzognero. Tale comportamento è molto più diffuso di quanto non si
creda.
- La "famiglia" degli inganni.
Le proprietà essenziali della
comunicazione ingannevole sono tre: a) la falsità di contenuto di quanto
si è detto, b) la consapevolezza di tale falsità, c) l'intenzione
di ingannare il destinatario. Per cui l'inganno si differenzia dall'errore
(falso non consapevole) e dalla finzione (parodia, barzelletta, far finta
ecc.). La menzogna dunque è un atto
comunicativo consapevole e deliberato di ingannare qualcuno che non è
consapevole e non desidera essere ingannato. L'intenzione di ingannare sta
nel far credere al destinatario ciò che il parlante sa non essere vero.
Tuttavia l'inganno non è una categoria comunicativa omogenea, infatti esistono
diverse sottocategorie:
Omissione. Il parlante omette, di proposito, di fornire alcune
informazioni essenziali per gli scopi del destinatario.
Occultamento. Il parlante nasconde alcune informazioni essenziali
fornendone altre secondarie - anche se vere - in modo da creare false credenze
nel destinatario.
Falsificazione. Il parlante fornisce informazioni che sa essere false.
Mascheramento. Il parlante cela informazioni pertinenti fornendone altre
false.
Le categorie di menzogna qui riportate non sono da considerarsi discrete e
separate da confini precisi, infatti esiste un continuum di fenomeni
ingannevoli che possono essere caratterizzati da "somiglianze di famiglia".
- Principali teorie sulla comunicazione menzognera.
- La manipolazione dell'informazione.
Information Manipulation Theory Proposta da McCornack, secondo
questa teoria i comunicatori manipolano e trasformano le informazioni lungo
diverse dimensioni andando da una rappresentazione distorta degli eventi fino a
una vera e propria falsificazione. Partendo dal principio di Cooperazione e dalle massime di Grice (Qualità, quantità,
Pertinenza e Modo) questa teoria considera l'inganno come la violazione di una
o più di tali massime.
- L'interazione interpersonale. Interpersonal
Deception Theory. Elaborata da Buller e Burgoon. Questa teoria
considera l'inganno alla luce di una impostazione strategica e lo considera una
forma di comunicazione a sé stante distinta da quella veritiera. In tal senso
la menzogna serve a controllare strategicamente le informazioni.
Nell'interazione ingannevole la teoria prevede la comunicazione strategica
e quella non strategica. La prima è l'attuazione predeterminata di uno scopo
che consiste fondamentalmente nel presentarsi come persona onesta e affidabile
mentre si sta dicendo il falso. Mentre la comunicazione non strategica
della menzogna è caratterizzata da indizi di smascheramento. Essa si
configura specialmente nelle situazioni impreviste. Gli indizi sono
principalmente legati alla manifestazione di emozioni e nervosismo, da
espressioni facciali di spiacevolezza e disagio e da segnali di incompetenza
comunicativa come ripetizioni, pause piene e vuote ecc.
- La discomunicazione menzognera.
Deceptive Miscommunication Theory. di Anolli, Balconi e Ciceri.
Questa teoria considera la menzogna un fenomeno eterogeneo distinguendo menzogne
ad alto contenuto e menzogne a basso contenuto. Le prime si
distinguono dalle seconde per le conseguenze serie che provocano sia per il
parlante che per il destinatario. Questa teoria ritiene che vi sia una gestione
locale della menzogna attraverso regole connesse al contesto e alla
condivisione di un fuoco comunicativo.
- L'intenzione di mentire.
La comunicazione menzognera è caratterizzata da una rilevante complessità
intenzionale. Infatti esistono diversi livelli intenzionali che
caratterizzano il mentire: a) intenzione nascosta (il parlante falsifica
e manipola le informazioni ma tale intenzione non deve trapelare), b) intenzione
manifesta (il parlante intende trasmettere l'informazione falsificata e
manipolata al destinatario). Questo livello si articola in due livelli: b1) intenzione
informativa (il parlante desidera che il destinatario accolga
l'informazione manipolata come se fosse vera), b2) intenzione di "sincerità"
(il parlante desidera che il destinatario creda che ciò che egli ha detto è vero.
"Voglio che tu creda che io credo a ciò che dico". Esiste tuttavia una gradazione
intenzionale nel mentire che va dalla menzogna convenzionale a basso
contenuto, alla menzogna spudorata ad alto contenuto. L'intenzione di mentire
non è un atto gratuito o un atto di follia bensì il frutto di una valutazione
della situazione al fine di raggiungere uno stato di cose desiderabile ovvero
un ottimo locale. Per cui le menzogne sono guidate da svariate motivazioni
che vanno da quelle per mantenere uno stato di cose (una relazione, la privacy,
salvare la reputazione ecc.) con menzogne benevole, fino a quelle per
ottenere vantaggi a discapito degli altri con menzogne di sfruttamento.
- L'impegno cognitivo della comunicazione menzognera.
Secondo alcuni studiosi la comunicazione menzognera è più impegnativa di quella
veritiera sul piano cognitivo, in quanto l'elaborazione di una menzogna
coerente con la situazione contingente è molto complessa. Quest'affermazione è
oggi oggetto di dibattito
- L'ipotesi del "carico
cognitivo".
Alcuni ritengono che la comunicazione menzognera sia più impegnativa di quella
veritiera perché si tratta di costruire dal nulla un messaggio in modo
coerente, compatibile con le conoscenze del partner e rispettando i vincoli
della situazione contingente. McCornack dimostra che queste condizioni non sono
valide in quanto anche il messaggio veritiero deve essere coerente, compatibile
con le conoscenze del partner e rispettoso dei vincoli della situazione. In
sostanza McCornack ritiene che talvolta può essere molto più impegnativo dire
la verità che mentire.
- La variabilità dell'impegno
cognitivo nella comunicazione menzognera.
Bisogna innanzitutto distinguere tra menzogne preparate e menzogne
impreparate ma soprattutto tra menzogne a basso contenuto e menzogne
ad alto contenuto. Le prime sono dette nelle conversazioni quotidiane e non
hanno lo specifico intento di ingannare, esse sono le bugie pedagogiche e le
bugie "innocenti". Le seconde comportano conseguenze serie sia per chi mente,
esponendosi ad alto rischio, sia per il destinatario che viene pesantemente
ingannato. Nelle menzogne ad alto contenuto emerge che l'impegno cognitivo è
considerevolmente maggiore.
- La pianificazione e
l'elaborazione cognitiva del messaggio menzognero.
Le qualità emergenti della relazione comunicativa sono create
dalla dinamica delle reciproche azioni dei due comunicanti. Quindi il messaggio
menzognero risulta sempre ancorato al contesto e riflette il flusso di pensieri
e di azioni esistenti tra gli interlocutori. Si tratta dunque di una gestione
locale della sequenza degli scambi comunicativi. Importante per il
mentitore è la spontaneità che può essere compromessa da condizioni di ipercontrollo
o di mancanza di controllo. Nel primo caso il mentitore, per un eccesso
di forme di controllo, rimane immobile e mostra scarse variazioni di intensità
del tono vocale, mentre nel secondo caso il mentitore non riesce a controllarsi
manifestando incertezza dell'esprimersi e una notevole automanipolazione. In
entrambi i casi parliamo di mentitori ingenui, mentre i mentitore
abili hanno una impostazione vocale e posturale del tutto simile a quella
che hanno nella comunicazione veritiera.
- Modi di dire e di scoprire la
menzogna.
Si può mentire in tanti modi diversi, non esiste un repertorio fisso e
stabile di modi di mentire. Tuttavia è possibile parlare di stili
comunicativi ricorrenti nella comunicazione menzognera.
Stile linguistico. Uno stile linguistico va inteso come
un'organizzazione articolata e dinamica di micro e macro-componenti del
linguaggio con la quale produrre determinati effetti sul destinatario. C'è uno
stile improntato sull'ambiguità e prolissità in cui il mentitore
utilizza spesso modificatori con valenza dubitativa (forse, circa, un
po' ecc.), livellatori (tutti, nessuno) e predicati epistemici
(penso, suppongo, credo ecc.), oppure frasi lunghe piene di informazioni
secondarie e irrilevanti. In tal modo il mentitore diluisce la falsità
rendendola meno identificabile. Vi è poi uno stile improntato all'assertività
e all'evitamento ellittico con cui il mentitore utilizza forme reticenti
per esprimersi, in sostanza il mentitore si propone di esimersi dal dire utilizzando
frasi brevi e pause vuote e piene più lunghe. Il terzo stile è quello dell'impersonalizzazione
attraverso un uso limitato di auto-riferimenti e l'utilizzo di forme
impersonali quali "si dice", "pare che" con le quali il mentitore si
deresponsabilizza da ciò che sta dicendo.
- Stili non verbali della
menzogna.
Anche per gli indizi non verbali non esiste un repertorio fisso e stabile. Per
quanto riguarda l'attività motoria vi sono mentitori che attuano
condotte guidate dall'ipercontrollo, quindi staticità nei gesti e nella
postura, o da mancanza di controllo con frequenti cambi di postura, sguardo
basso, frequente automanipolazione. Di conseguenza gli indizi di
smascheramento sono molto variabili poiché individuali e contingenti. Anche
la voce è stata oggetto di analisi, ma anche qui si riscontra una
notevole variabilità.
- L'abilità di scoprire la
menzogna.
L'abilità di scoprire la menzogna è connessa all'abilità di mentire. In realtà
non esistono dati certi circa la possibilità di scoprire la menzogna ma in
linea generale le persone più abili a smascherare i mentitori sono quelle che
in qualche modo hanno a che fare con la pratica del mentire (delinquenti, spie,
poliziotti, psicologi clinici).
- Quale miglior mentitore che il mentitore sincero?
Altro aspetto importante è la competenza della comunicazione menzognera.
L'ipotesi strutturale della capacità menzognera è legata alla
personalità machiavellica, l'ipotesi funzionale all'autoinganno.
- Personalità machiavellica e
comunicazione menzognera. La personalità machiavellica è un
costrutto psicologico che identifica quelle persone che tendono a manipolare
gli altri per scopi di adattamento. Sono abili quindi nell'inganno, mostrandosi
sinceri ed affidabili ma soprattutto impassibili mentre mentono. Sono meno
coinvolti sul piano emotivo e meno preoccupati di salvare la faccia in
situazioni imbarazzanti.
- L'autoinganno. Riguarda
soprattutto la possibilità di mentire agli altri in modo credibile, poiché se
il falso diventa vero ai miei occhi perché non dovrebbe apparire varo agli
occhi degli altri? In tal modo si incappa in due paradossi: a) Paradosso
statico, ovvero il mentitore accetta sia P(vero) che non-p(falso), b) Paradosso
dinamico, il mentitore, che conosce il vero, inventa una falsa credenza a
cui credere. Questi paradossi vengono esplicati in vario modo. In base alla
teoria della razionalità limitata chi si autoinganna sceglie le
ragioni più funzionali ai suoi scopi piuttosto che quelle più valide. Il
modello della divisione mentale invece fa una distinzione tra coscienza
primaria e coscienza secondaria, introducendo l'inconscio come base per
l'inconsapevolezza dell'autoinganno. Il modello "deflazionistico"
introduce il concetto di distorsione cognitiva attraverso cui l'autoingannatore
reinterpreta la credenza ritenuta minacciosa.
·   555b16f ;   555b16f ;
La comunicazione patologica.
La
comunicazione è una attività relazionale che va a toccare le radici della
identità personale e della posizione sociale di ciascun individuo.
Alla comunicazione è legato il benessere e il disagio psicologico.
Infatti la sofferenza psicologica è legata a quanto gli altri ci comunicano e
alle difficoltà comunicative.
- La comunicazione schizofrenica.
La schizofrenia, com'è noto, è una grave forma di disagio psichico. Il
soggetto schizofrenico si mostra estremamente sospettoso e vive in uno stato di
ipervigilanza e di iperintenzionalità, ovvero si mostra attento ad ogni piccolo
particolare dando ad ognuno un significato particolare e bizzarro. Egli crea
uno stacco abissale tra il suo mondo interno e la realtà che interpreta
continuamente secondo la sua "logica". La comunicazione dello schizofrenico è
contraddittoria, frammentaria, ricca di neologismi e sgrammaticata. Il
risultato è una comunicazione inafferrabile e incomprensibile. Occorre dunque
comprendere i modelli schizofrenici di comunicazione. Innanzitutto
dobbiamo precisare che lo stile schizofrenico di comunicazione non appartiene
soltanto al soggetto schizofrenico ma anche agli altri membri della famiglia
entro cui si genera un "sistema modello" di comunicazione patologica. Ciò è
dovuto all'impossibilità di definire le relazioni tra i partecipanti in
quanto si tratta di una relazione instabile e fluttuante per via di
inafferrabili giochi psicologici. Mancando una definizione di relazione viene a
mancare la relazione stessa e la comunicazione risulta impossibile. La
comunicazione schizofrenica dunque si basa sulla richiesta assurda e
paradossale di cambiare una definizione di relazione che non è mai stata
definita. In un contesto del genere i significati evaporano in quanto la
contraddittorietà, la vaghezza e l'ambiguità rendono la situazione relazionale
caotica e imprevedibile, caratterizzata da impenetrabilità e imprendibilità.
Queste condizioni sono alla base dei giochi psicotici, quali tradimenti
e alleanze tra il soggetto schizofrenico e i membri della famiglia che possono
generare vere e proprie tempeste emotive dagli esisti infausti.
- La comunicazione paradossale.
Vi sono tre tipi di paradosso nella comunicazione: a) l'antinomia
logica, b) l'antinomia semantica, c) il paradosso pragmatico,
consistente in ingiunzioni e predizioni. Analizzeremo quest'ultimo tipo di
paradosso. L'ingiunzione "Sii spontaneo" è un esempio paradigmatico del
paradosso pragmatico, infatti chiunque riceva questo messaggio si trova in una
posizione insostenibile in quanto per obbedire a tale ingiunzione deve
di fatti disobbedirgli. Queste forme di comunicazione paradossale sono molto
frequenti in gruppi che prevedono dilemmi fra appartenenza leale e autonomia,
sottomissione e indipendenza, obbedienza e spontaneità come famiglie, sindacati
partiti ecc. La teoria del doppio legame è un modello esplicativo di
queste forme di comunicazione. Quando ad esempio il bambino che vede la mamma
irritata le domanda il perché e la mamma risponde che si è sbagliato e anzi gli
chiede di riconoscere che non è irritata si stabilisce una comunicazione di
doppio legame in quanto ciò che è manifesto a livello non verbale (irritazione)
viene smentito e contraddetto al livello verbale. In tal modo si crea una desincronizzazione
e una desintonizzazione tra livello verbale e non verbale ottenendo come risultato una frammentazione e
dispersione del significato.
- Le squalifiche conversazionali.
Si parla di squalifica conversazionale quando, durante la conversazione,
il destinatario attua un passaggio di argomento introducendone uno incoerente
con quello precedente e in maniera del tutto arbitraria, ovvero non rispettando
gli inserti, gli incassamenti e le associazioni libere che regolano la
turnazione. Il risultato è una disconferma attraverso cui il destinatario
ignora il parlante disconoscendo l'argomento che egli ha introdotto.
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