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Alle origini della comunicazione umana - Il linguaggio delle emozioni

psicologia



Alle origini della comunicazione umana

Gli esseri umani comunicano tra di loro attraverso un linguaggio sofisticato che permette di comunicare i messaggi più complessi. Questa capacità linguistico-espressiva è alla base di ogni rapporto sociale. 535g63f

Il linguaggio delle emozioni:

In epoca primitiva l'uomo non comunicava attraverso un codice linguistico ma leggendo l'uno sul viso dell'altro espressioni di gioia o di tristezza, di pace o di rabbia. Questa modalità non verbale della comunicazione non verbale umana conserva ancora oggi la sua importanza: per esempio, se vogliamo sapere di che umore sia un'altra persona o quale sia veramente il suo atteggiamento, al di là di parole che spesso negano la realtà, ci affidiamo a quegli stessi codici espressivi, semplici ma dotati di un notevole potere comunicativo.

La comunicazione non verbale presuppone una notevole capacità di riconoscere i tratti salienti di un viso, cogliendo alcuni schemi-tipo che esprimono le emozioni fondamentali e di distinguere tra loro un'infinità di visi.



La sincronia interattiva del neonato

La capacità di imitare le espressioni del viso di un adulto è presente nei primi mesi di vita di un bambino, così come altre <<competenze>> tipiche della comunicazione non verbale. Per esempio se osserviamo un neonato di qualche giorno di vita mentre gli parliamo, potremmo notare che il piccolo muove il corpo in risposta alle nostre parole (sincronia interattiva

Poichè al momento della nascita l'acutezza uditiva è migliore di quella visiva, i bambini sono in grado di cogliere la differenza tra due voci prima di quanto riescano a farlo con i volti. Già nei primi giorni di vita sembrano in grado di riconoscere la voce della propria madre da quella di un'altra donna. A 6 mesi un bambino sa con certezza a quale faccia appartiene una certa voce.

Anche l'odore della madre è particolarmente gradito ai neonati, in quanto viene associato a tutte quelle esperienze gradevoli.

I significati del sorriso

Il sorriso è un'altra importante <<competenza>> che i bambini possiedono fin dalla nascita, e se all'inizio è essenzialmente gastrico in seguito diventa una risposta a stimoli esterni, come un suono, la voce della madre e degli altri familiari. La capacità di distinguere un volto dall'altro però si sviluppa lentamente: 

all'età di 6 settimane, il piccolo sorride ad ogni volto umano;

a 5-6 mesi, sorride di più ai volti familiari;

all'età di 8-9 mesi smette di sorridere a chi non conosce.

Sotto l'azione delle risposte che ricevono, il sorriso si diversifica per forme sempre più complesse legate alla situazione specifica. Una di queste è la risata, che compare sotto forma di sorriso tra i 5 e gli 8 mesi e che diventa completamente evidente nel 2° anno di vita. La risata è la dimostrazione più convincente del benessere e della voglia di vivere e di partecipare del bambino.

Un bagaglio innato di suoni

Prima di parlare, il bambino comunica in tanti modi diversi:

col pianto

con la postura del corpo

con alcune mimiche rudimentali

a 5-6 mesi con il balbettio (costituito dalla ripetizioni di sillabe come da-da, ma-ma,pa-pa,ecc...).

E' intorno al primo anno di vita che i suoni incominciano ad assomigliare a quelli della lingua dei genitori e del Paese in cui il bambino vive.

Studi effettuati sui rapporti tra il bambino e l'adulto nel 1°anno di vita mostrano che con l'evolvere del rapporto lo scambio si fa via via più ricco e significativo. Tra il bambino e la madre, ma anche tra il bambino e gli altri familiari, si formano delle sequenze comunicative significative fatte di mimiche, gesti, posture della testa e del corpo, sorrisi, pianti, balbettii, secondo ritmi e turni adatti ai tempi del bambino.

Parlare madrese

Quando parlano con i figli piccoli, le madri adottano un linguaggio diverso da quello che usano quando si rivolgono a degli adulti o ai figli più grandi. Con i più piccoli il loro modo di parlare è caratterizzato da toni e da un vocabolario tutto particolare che si adatta al balbettio del piccolo e da diversi altri espedienti che nel loro complesso vanno a formare quello che gli studiosi del linguaggio hanno definito con madrese. Le frasi sono brevi e grammaticalmente corrette; contengono in genere un numero limitato di verbi, aggettivi, proposizioni subordinate, sono più ricche di domande e di esclamazioni.

I risultati delle recerche fatte in questo campo inducono a pensare che il madrese favorisca lo sviluppo delle prime espressioni linguistiche proprio perchè è a << misura di bambino>>. Ecco perchè è importante che nei primi anni di vita i bambini possano ascoltare gli adulti che parlano e inserirsi nei loro dialoghi.

Rispettare i turni

La mancanza di stimoli linguistici e di esercizio, così come una stimolazione inadatta all'età del bambino non facilitano certamente l'apprendimento della lingua nelle sui fasi iniziali, quando cioè il bambino ha bisogno di ascoltare ma anche di essere ascoltato, di imitare ma anche di essere incoraggiato e approvato; il tutto all'interno di turni significativi e su contenuti o argomenti che fanno parte del suo mondo e di un particolare clima emotivo..





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