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LA MANO E L'INTELLETTO

filosofia



LA MANO E L'INTELLETTO

La scienza è un sapere dimostrato mediante una procedura metodologica, che può essere induttiva o deduttiva; nel primo caso si compie un'osservazione, seguita da un'ipotesi, da una verifica e infine da una legge, analizzando quindi prima il particolare per giungere successivamente al generale. Nel metodo deduttivo, invece, ci si basa su un'intuizione (eureka) e su una deduzione (analisi), in modo che, partendo dal generale, si arrivi al particolare. Ogni scienza tratta un oggetto specifico, ispirandosi ad una comune mentalità sperimentale, per risolvere problemi esclusivamente di carattere conoscitivo, mentre la tecnica ha una finalità pratica e operativa. È evidente la forte differenziazione esistente tra le scienze umanistiche e quelle della natura, anche se tale distinzione è molto criticata.

●CONOSCENZA E INTERESSE

Per i Greci, la filosofia era strettamente legata alla scienze a alle altre tecniche, infatti ci sono stati molti filosofi, che erano anche matematici, scienziati, ecc. Ciò è strettamente legato al termine techne, che comprendeva l'arte della manipolazione del mondo fisico e la sua conoscenza (episteme).

Quindi il sapere non era suddiviso in tanti settori separati, come dimostra un aneddoto su Talete, il quale mette in relazione la conoscenza e l'utilità pratica.



●CIÒ CHE CI LEGA ALLA SCIENZA DEI GRECI

Tra la scienza dei Greci e la nostra si possono trovare anche alcuni elementi di continuità, riguardanti soprattutto il metodo, poiché furono proprio loro a introdurre una conoscenza basata sul sapere scientifico, dettata dall'esperienza e dal ragionamento. Quindi i Greci riuscirono per la prima volta a sviluppare un'osservazione empirica della realtà con la ragione, in modo da stabilire connessioni tra i fenomeni osservati ed elaborare un sistema di conoscenza universale e necessario.

●INTERPRETARE I FENOMENI DELLA NATURA ALLA LUCE DELLA RAGIONE

Nella filosofia del V secolo a.C. si cerca di collegare l'esigenza di salvaguardare la varietà, la diversità e la molteplicità dei fenomeni della natura, con il bisogno di elaborare un quadro organico e unitario del mondo.

LA DEMOCRAZIA DEGLI ANTICHI E QUELLA DEI MODERNI

I sofisti e Socrate elaborarono le proprie idee e la loro svolta umanistica durante un periodo caratterizzato da un governo democratico, il quale prevedeva una forte partecipazione da parte del popolo, costituito solo dai cittadini (25%): quindi la democrazia antica greca si basava principalmente sui temi della parola e del dialogo. La democrazia tutelava il diritto di ognuno a partecipare in prima persona al processo decisionale collettivo e alla promulgazione e alla revoca delle leggi. Oggi, invece, la democrazia si potrebbe definire "indiretta", poiché gli elettori non prendono la parola durante una decisione, ma incaricano una persona che esponga le idee della collettività. Nell'Atene di Pericle, però 222e41c , si era sviluppata una stretta relazione tra politica e discussione pubblica, tra democrazia e filosofia. Come afferma Finley, la Grecia è stata la patria sia della filosofia sia della democrazia.

●I GRECI E NOI

Tucidide, riportando un discorso fatto da Pericle durante la guerra contro Sparta, parla della superiorità di Atene rispetto al nemico, che sta non nella forza o nelle armi, ma nella cultura e nella civiltà del dialogo, valori legati alla democrazia e al carattere di discutere pubblicamente i problemi prima di giungere ad una decisione. La connessione tra democrazia e argomentazione, quindi, rende possibile l'egemonia ateniese, la quale ha come caratteristica principale, quella di saper ragionare prima di agire; per questo motivo gli uomini che non si dedicano allo Stato, sono considerati inutili.

●ATENE: LA DEMOCRAZIA, LA FILOSOFIA

Ad Atene, i sofisti, riescono a trovare un ambiente favorevole per impartire le proprie lezioni, poiché la città stava vivendo una stagione di floridezza economica, artistica e tecnica (sviluppo dell'edilizia pubblica e privata) e, grazie all'intervento di Pericle, si era instaurato un sistema politico democratico, che prevedeva la partecipazione e il sostegno popolare alla vita politica, ma il governo effettivo della città era affidato ai migliori, infatti l'accesso alle cariche di governo erano riservate soltanto alle persone più abili e preparate. Tucidide parla della democrazia, come di un governo che favorisce i molti, rispetto ai pochi, e che prevede l'uguaglianza civile, ma che ricompensa coloro che si distinguono, anche tra i ceti più bassi, per incentivare il valore dei singoli. I sofisti hanno proprio il compito di insegnare come eccellere nella vita pubblica agli ateniesi.

●CHI ERANO I SOFISTI?

I sofisti erano maestri nell'arte della politica e della retorica e si trasferirono nella capitale culturale europea, ovvero Atene, per diffondere i propri insegnamenti al popolo, che desiderava partecipare alla vita politica ed esprimere le proprie idee durante l'Assemblea cittadina. I sofisti furono duramente attaccati da Platone ed Aristotele.

●L'INSEGNAMENTO DEI SOFISTI

I sofisti vedono l'arte della politica, come "misura di tutte le cose", che esalta la centralità dell'uomo, ma per far valere le proprie idee nelle assemblee, bisogna dedicarsi allo studio della dialettica e della retorica. Essi quindi, tentano di spiegare come lo studio non serva a formare dei tecnici, ma a educare dei cittadini completi.


●RENDERE FORTE IL DISCORSO DEBOLE

Il cuore dell'insegnamento sofistico sta nella retorica, ovvero la capacità di persuadere le persone mediante un linguaggio chiaro, semplice e convincente, perciò attraverso un uso avveduto di quest'ultimo, si riusciva a rendere "forte" il discorso "debole", curando non tanto il contenuto, ma la forma linguistica.

●IL MITO DEL PROGRESSO

Ad Atene le competenze tecniche sono affidate a gruppi ristretti della popolazione, mentre la competenza politica è posseduta da tutti i cittadini. Finora la cultura era stata considerata come un sapere sacro, elitario ed esperto, ma ad Atene tutti gli uomini sono dotati della virtù politica e tutti i cittadini sono uguali, indipendentemente dalla loro cultura o ricchezza. Comunque sia solo i migliori ricoprono incarichi di governo. Questi concetti rientrano nel mito di Prometeo, riportato da Platone nel dialogo di Protagora; tale mito spiega che gli uomini pur possedendo l'intelligenza e le tecniche, erano incapaci di vivere in comunità, quindi Zeus diede loro le tre virtù civiche: il rispetto reciproco, il diritto e la giustizia. Nacque di conseguenza l'arte della politica o della convivenza ordinata e regolata dalle leggi, che compete a tutti, a differenza delle conoscenza tecniche. Secondo il mito, infatti, il fuoco e la sapienza tecnica vennero dati agli uomini da Prometeo, poiché l'uomo, a differenza degli altri animali, non è dotato di un valido sistema di difesa, ma a questa mancanza compensa l'intelligenza e l'ingegno affiancati alla tecnica (lavoro): in questo modo l'uomo diventa terribile, perché riesce a trovare tutte le strade, ma ha anche bisogno delle virtù civiche per vivere in società.

●I MASSIMI ESPERTI DELLA COMUNICAZIONE NEL MONDO ANTICO

I sofisti avevano come obiettivo principale, quello di preparare ai giovani alla vita politica in modo formale, curando soprattutto l'oratoria. In questo modo qualsiasi cittadino poteva esporre le proprie idee nella maniera adeguata, facendosi comprendere e dimostrando le proprie abilità e, inoltre, possedeva delle basi per difendere le proprie ragioni. Molti, però, vedevano i sofisti come una minaccia ai valori della tradizione e iniziò quindi un'epoca di persecuzione di tante figure di intellettuali.

●PROTAGORA E GORGIA

Protagora si basa sul principio del relativismo, secondo il quale ogni credenza è relativa a seconda del punto di vista dipendente dalla società e dalla cultura; quindi Protagora sostiene il fatto che tutte le conoscenza devono essere legate al contesto sociale e culturale in cui si sono formate, di conseguenza la conoscenza non è assoluta. Anche Gorgia fa riferimento al relativismo, che origina discorsi differenti su una medesima questione, portando una scissione tra realtà e linguaggio, tra i fatti e la loro interpretazione: perciò il linguaggio non è più l'essere, ma è un qualcosa di immischiabile con i fatti reali. La verità oggettiva sta al di fuori del discorso, il quale è tutto.

●IL LINGUAGGIO COME GIOCO



Da Gorgia nasce una visione drammatica della vita, poiché il linguaggio non potrà mai rappresentare la realtà, ma ha la funzione di persuadere l'ascoltatore, affascinandolo e conquistandolo. L'esistenza di conseguenza diventa un destino ignoto, dato il rapporto tra la realtà e il pensiero, che è guidato dal fato, dagli dei e dalla persuasione del linguaggio, i quali fanno si che l'uomo non sia più libero delle sue azioni e senza libertà non può esserci responsabilità.

LA SVOLTA UMANISTICA

I primi passi verso la ricerca filosofica, furono compiuti prendendo in considerazione la natura, la nascita dell'universo e le varie forze che determinavano la vita e la morte degli esseri viventi; ma questa ricerca naturalistica era un sapere fine a sé stesso, che tralasciava ogni contatto con l'uomo, la vita sociale e il linguaggio: perciò con l'avvento della democrazia nell'Atene di Pericle, si inizia a sviluppare un sapere utile ai cittadini, i quali vogliono entrare a far parte della politica dello Stato, evolvendo la propria capacità di parlare in pubblico. Di conseguenza nacque una nuova visione per quanto riguarda la figura del filosofo (sofisti), il quale diventa una sorta di maestro che insegna ai giovani l'arte della parola, la saggezza della vita pratica e l'esercizio delle virtù civiche. Si instaura un nuovo tipo di mentalità, basata sul relativismo e, quindi, sul fatto che non esiste una realtà unica e assoluta, ma ci sono solo verità parziali e provvisorie.

●IL RELATIVISMO CULTURALE

Questa nuova prospettiva umanistica è strettamente legata al contesto socio-politico che esisteva ad Atene nel V secolo, infatti era un periodo di splendore, nel quale la mentalità dei cittadini si ampliò e si aprì grazie al contatto con altre culture e tale incontrò sviluppò l'idea secondo cui non esistono regole etiche assolute, ma ogni popolo ha le sue vedute filosofiche: perciò si crea il relativismo culturale, tra cui i sofisti spiccano mediante il loro insegnamento dell'arte della parola.

●I NUOVI INTERROGATIVI DELLA FILOSOFIA

Con questo nuovo contesto, legato all'incontro tra culture diverse, il dialogo diventa fondamentale per gli usi pratici, anche a causa della nascita della democrazia ad Atene, e i sofisti iniziano a porsi domande fortemente moderne.

●PLATONE

Platone è una figura molto interessante, legata soprattutto alla politica, nonostante la ritenga costituita da uomini corrotti e ingiusti (condanna di Socrate, suo maestro), infatti è una figura molto travagliata da questo problema riguardante la crisi morale e politica. Egli è stato importante per la fondazione di buona parte del lessico occidentale, introducendo nuovi termini. Vivendo in un momento di grave crisi per la polis (IV secolo) ed essendo un pensatore metafisico, tenta di approfondire le cause di tale crisi, scoprendo che essa non è legata solamente al mondo politico, ma soprattutto all'intera esistenza umana; l'ingiustizia, infatti, è data dalla scissione tra politica e saggezza, tra governo e filosofia, causate a loro volta dal relativismo dei valori introdotto dai sofisti, che portano all'assenza di valori universali. Perciò Platone ritiene necessaria una riforma etico-politica, per riportare la Grecia all'età dell'oro.

●UN UOMO GENIALE

Platone nacque da una famiglia nobile ad Atene e conobbe Socrate, del quale divenne amico e allievo; egli ci ha lasciato molte opere, nelle quali esprime la necessità di ricercare incessantemente la verità, poiché bisogna conoscere per orientare le scelte concrete della vita: quindi non si basava su problemi teorici, ma su quelli reali e pratici.

●IL PROGETTO FILOSOFICO

Date le sue condizioni sociali e la mentalità dell'epoca, Platone desiderava dedicarsi all'attività politica, considerando tale fine come il più nobile per portare la giustizia nella propria città. Ma dopo aver verificato la corruzione del governo dei trenta tiranni e la condanna a morte di Socrate da parte della democrazia, Platone viene deluso dalla politica, capendo la profonda ingiustizia presente e la corruzione onnipresente; perciò si allontana da essa, convincendosi che non si può partecipare alla vita politica restando onesto. Tuttavia egli sviluppo un progetto filosofico per indirizzare la società verso l'ordine e la giustizia, attuando una riforma radicale dell'esistenza umana, ovvero abbandonando il relativismo in modo da trovare valori giusti e assoluti.

●IL BILANCIO ETICO E POLITICO DELLA VII LETTERA

Con questa lettera, scritta nel 353 a.C. all'età di settantacinque anni, Platone spiega i motivi per cui non ha voluto partecipare alla vita politica: inizialmente egli desiderava, come tutti gli altri nobili, dedicarsi alla vita politica, non appena fosse diventato padrone di sé stesso, ma con il cambio di governo (trenta tiranni), egli si accorse che l'ingiustizia trionfava nella politica e nella vita, poiché era stato condannato a morte Socrate, l'uomo più giusto di quel tempo; quindi Platone si allontana dalla carriera politica, sapendo che non si può rimanere onesti partecipandovi. La sua conclusione sta nel fatto che solo uomini saggi e giusti, ovvero i filosofi, possono riportare la giustizia, abolendo il relativismo culturale, per definire dei valori assoluti nell'animo umano.

●IL DIALOGO COME EREDE DEL TEATRO E DELLA CONVERSAZIONE SOCRATICA

Per ricreare la verità all'interno di un contesto comunicativo bisogna sviluppare un dialogo interpersonale, tale che gli interlocutori siano legati da una comune aspirazione etica verso la giustizia; quindi nel dialogo platonico troviamo degli interlocutori ben identificati e definiti, la finalità, ovvero la ricerca di verità, e discorsi brevi; perciò il dialogo platonico è l'erede della tragedia greca, prendendo da essa alcuni caratteri formali e altri più profondi (come la giustizia che non trionfa sull'inganno) e riflettendoli in un teatro costituito dall'intera città e dai cittadini. Di conseguenza, gli ateniesi, non possono più cercare le risposte nella poesia, nei miti e nell'arte, poiché solo la filosofia può formulare soluzioni argomentate e razionali.

●CON SOCRATE E OLTRE

Platone, come fece Socrate, si pose delle domande, riguardanti soprattutto la giustizia, ma egli andò oltre il suo maestro, cercando di dare una definizione a tutte le sue tesi. I sofisti si basavano sul relativismo delle virtù che costituiscono le basi dell'ordinamento civile e sociale umano, che, secondo Platone, allontanava i giovani dalla verità e impediva il formarsi di una conoscenza stabile e universale, non esistendo alcun criterio univoco e assoluto di giudizio, quindi il relativismo minacciava l'esistenza della ragione filosofica e le basi della convivenza umana, portando ad uno stato di decadenza, il quale risvegliò in Platone la necessità di rifondare l'etica e la politica, non mediante una riforma politica, ma per mezzo di un progetto filosofico, per fondare una conoscenza stabile e certa, in grado di orientare l'agire morale. Platone si soffermò sull'idea astratta di Bontà, che, pur essendo utilizzata in diversi ambiti, conserva sempre un significato permanente, quindi se non ammettiamo l'esistenza di giudizi universali e oggettivi non possiamo pronunciare nessuna affermazione che abbia valore per i nostri interlocutori.

●CHE COSA SONO LE IDEE?

Senza idee universali, non esisterebbe la comunicazione, poiché non ci sarebbero valori comuni e condivisi tra gli interlocutori, e senza comunicazione non si potrebbe costruire la società e la civiltà: questo è il legame tra vita politica e la fiducia nella conoscenza e nel dialogo. Dal XVII secolo, Cartesio, definì le idee come un pensiero concepito, ma Platone le vedeva come un'entità immutabile, con una propria esistenza e indipendente dalla nostra mente. Quindi le idee, secondo Platone, sono i valori a cui la nostra mente deve guardare come a modelli universali.



●LE IDEE E LE COSE

Secondo Platone esiste un dualismo ontologico, ovvero una netta distinzione tra le idee e il mondo sensibile, infatti le prime sono esseri assoluti, perfetti e immutabili, mentre il secondo è composto da esseri imperfetti e mutevoli. Alle idee quindi corrisponde una conoscenza stabile e immutabile (scienza o episteme), mentre al mondo sensibile corrisponde una conoscenza imperfetta e mutevole (opinione o doxa): di conseguenza nasce un dualismo gnoseologico.

●IL LINGUAGGIO DICHIARATIVO

Aristotele prediligeva le proposizioni dichiarative-assertive o apofantiche alle altre, poiché la loro struttura combacia con la realtà e la logica riflette la metafisica, quindi la proposizione dichiarativa è l'affermazione, ottenuta attraverso l'ordine delle parole, dell'ordine delle cose.

●UN ARDUO E TORMENTOSO PROBLEMA

Dal dualismo platonico, scaturisce il problema di spiegare quale sia il rapporto tra le idee, appartenenti ad un mondo soprasensibile, e le cose; a ciò Platone diede tre differenti risposte: la prima riguarda la relazione di mimesi, secondo cui le cose imitano le idee; la seconda è la partecipazione o metessi, ovvero il fatto che le cose sensibili prendono parte nella perfezione delle idee; infine Platone parlò della presenza o parusia delle idee nelle cose, poiché il mondo sensibile è la rivelazione e l'espressione visibile di quello ideale. Questo tentativo di cercare un legame tra le idee e le cose, porta a considerare le prime come causa delle seconde, le quali devono essere subordinate al mondo ideale, che diventa il metro di paragone assoluto e universale cercato da Platone e dagli uomini desiderosi di trovare la verità, per dialogare e capirsi. Di conseguenza l'uomo non è più il metro delle cose, come affermavano i sofisti, ma le idee, e quindi un essere, diventa il metro di giudizio della realtà sensibile.

●IL BENE E LE ALTRE IDEE

Platone decise di classificare le idee in due grandi tipologie: le idee che si riferiscono ai valori (del Bene, della Giustizia, ecc.) e le idee matematiche, che riprendono in parte il pensiero orfico-platonico; tuttavia ci si accorge che il mondo sensibile è costituito da oggetti naturali e artificiale, che hanno bisogno di essere generalizzati mediante altre classificazioni ideali. Il mondo delle idee, secondo Platone, segue una gerarchia di valori, al cui vertice viene posta l'idea del Bene, considerato come il valore supremo e la causa di ogni altra realtà; esso, pur essendo razionale, è qualcosa di divino, e, come il sole, è l'armonia e la ragione d'essere del tutto.

LA FILOSOFIA COME CONVERSIONE DELL'ANIMA

Il mito della caverna rappresenta un'allegoria della formazione del filosofo e del destino a lui riservato nella società corrotta, infatti la caverna può essere considerata come il nostro mondo sensibile, dal quale il filosofo si libera e gradualmente raggiunge una conoscenza più elevata, legata al mondo ideale. Successivamente supera la tentazione di vivere felicemente una vita appartata e fa ritorno alla caverna (o al mondo sensibile), per informare tutti gli altri dell'esistenza di un mondo diverso, tuttavia non tutti desiderano lasciare il mondo sensibile, quindi solo i filosofi possono prendersi cura della vita della città e ciò diventa per loro un diritto e un dovere.

●COME CONOSCIAMO?

Secondo Platone, l'anima, è dotata di personalità intellettuale e morale e grazie ad essa l'uomo può pensare e conoscere; come già detto nella dottrina orfico-pitagorica, l'anima è un essere divino e immortale, che sopravvive alla morte fisica, perciò è collegata al mondo intelligibile delle idee, avendo una natura affine. Nel Fedone si parla del compito che deve assolvere l'anima in questo mondo per ritornare al mondo delle idee, dal quale deriva. Di conseguenza la nostra conoscenza non dipende dai sensi, ma dalle idee, che possono essere comprese solo dall'anima, che diventa l'unica parte dell'uomo in grado di conoscere. La mescolanza di anima e corpo è soltanto apparenza e non corrisponde alla verità, poiché essa non può ottenere le verità ideali rimanendo immersa nel corpo. Prima di reincarnarsi, l'anima era a contatto con le idee, e quando viene rinchiusa in un corpo, le rimane un ricordo sbiadito di quelle verità, che si risveglia a contatto con le cose sensibili di questo mondo che partecipano del mondo ideale: questa è detta dottrina della "reminescenza".

●CONOSCERE È RICORDARE

Nel Menone Platone affronta il tema della conoscenza, collegandosi alla dottrina della reminescenza e alla credenza orfico-pitagorica della reincarnazione o metempsicosi. In questo dialogo si susseguono tre punti centrali: il primo riguarda i ragionamenti cavillosi dei sofisti, i quali sostengono che l'uomo non può conoscere la verità, poiché se la conoscesse non la cercherebbe e se non la conoscesse non saprebbe dove cercarla. La risposta, data sa Socrate, costituisce il secondo punto, e fa riferimento ad un mito, secondo cui l'anima umana è immortale, che viene liberata dalla prigione del corpo solo se ci si riserva una vita ascetica. Quest'anima, che conosce tutte le verità, durante il suo soggiorno tra le cose sensibili, cerca di ricordarle: conoscere è dunque ricordare (anamnesiV). Platone sostiene che seguendo i ragionamenti dei sofisti, la nostra mente viene allontanata dalla verità, mentre il mito ci stimola alla sua ricerca; in questo modo l'uomo diventa una figura che sta nel mezzo tra animali e dei, poiché ha in sé tutta la verità, ma ha bisogno di ricercarla. Quindi la conoscenza è dovuta all'anima, mentre l'esperienza sensibile ha il compito di sollecitare il ricordo (dottrina dell'innatismo).

LA COMPLESSA STRUTTURA DELL'ANIMA

Platone tripartisce la realtà dell'anima, poiché oltre all'anima razionale (cervello) esiste anche quella eroica (petto)e quella carnale o concupiscenza (viscere del ventre). La parte eroica cerca la vittoria e la gloria, ma è docile ai dettami della ragione, mentre la parte concupiscibile è passionale e ribelle e non riesce a rispettare le regole date dalla ragione. Di conseguenza il comportamento umano può essere rappresentato dall'uomo saggio, dal guerrieri e dagli uomini comuni e volgari: ciò sta alla base di un'altra divisione politica e sociale, ovvero della presenza della classe dei saggi, dei soldati e dei lavoratori manuali.

LA REPUBBLICA PLATONICA: UN MODELLO DI STATO GIUSTO E PERFETTO

Nella Repubblica, Platone, si chiede che cosa possa essere la giustizia e per trovare una risposta egli si riferisce all'ambito politico, poichè l'uomo si realizza pienamente soltanto come cittadino, essendo in contatto con altri uomini e vivendo in una città ben governata, detta politeia. Platone prende come punto di riferimento uno Stato utopico, dove ogni cosa sia al proprio posto e siano assicurate le virtù e la felicità dei cittadini; egli vede a questo Stato perfetto, come a un modello, con il quale si misurano tutte le scelte.



●LE VIRTÙ CIVICHE

Nella sua concezione di Stato perfetto, Platone prevede tre categorie di cittadini, ad ognuna delle quali corrisponde una virtù e un compito preciso: i primi sono i governatni, che devono assicurare che i bisogni dei vari cittadini siano soddisfatti, quindi devono possedere la virtù della saggezza; poi ci sono i guerrieri, che devono essere coraggiosi per combattere i nemici; infine, i lavoratori, che devono possedere la virtù della temperanza grazie alla quale possono vivere in accordo e in armonia. Tuttavia, quest'ultima virtù deve riguardare anche le altre classi, per una convivenza pacifica.

LA GIUSTIZIA

Tra le virtù la più importante è sicuramente la giustizia, che consiste nell'adempiere bene al proprio compito di cittadino, poichè ognuno deve rispettare i limiti del proprio ruolo, rimanendo entro i confini naturali. Quindi lo Stato sarà giusto quando il cittadino compirà con lealtà la propria funzione nella città e quando ognuno asseconderà il ruolo a lui assegnato, senza tentare di cambiare professione.

●AI FILOSOFI IL COMANDO DELLA CITTÀ

Secondo Platone il governo della città deve essere affidato ai sapienti, ovvero ai filosofi, nei quali prevale la ragione e possiedono una visione globale, amando la conoscenza nella sua globalità; quindi, dal momento che ogni cittadino deve attenersi alla sua classe sociale, per mantenere il benessere proprio e della città, anche il filosofo deve rispettare il suo ruolo, che è quello di governare, avendo essi una conoscenza razionale, che prevale sulle altre. Esistono infatti due forma di conoscenza, quella sensibile e quella razionale. Quest'ultima a sua volta si distingue in ragione scientifica (enti matematici) e intelligenza filosofica (essere ideale), ma solo la filosofia può raggiungere l'unità e la perfetta armonia, poiché contempla il mondo perfetto e immutabile delle idee.

●GLI STUDI E LA VITA IN COMUNE

Platone presentava anche un progetto educativo, che andava contro quello sofistico, poiché prevedeva la ricerca del bene e della verità, la quale doveva essere il fine di questo progetto, che si basava sulla ricerca razionale e sul conseguente possedimento della scienza vera (episteme). L'educazione doveva iniziare a sette anni, con la ginnastica e lo studio della musica e della matematica, la quale serviva a stimolare le capacità di astrazione, di memoria e di penetrazione logica. In base ai risultati di questa materia, Platone sceglieva gli studenti migliori, poiché, secondo il suo parere, la matematica era la scienza più vicina alla filosofia, dal momento che prevedeva la capacità di astrazione, fondamentale nella conversione dell'anima: la matematica è quindi una scienza propedeutica alla filosofia. A diciotto anni bisognava fare due anni di servizio militare, in seguito al quale, i migliori, potevano continuare lo studio delle scienze; solo a trent'anni si poteva studiare la filosofia e il metodo dialettico, ma l'acceso al governo della città era riservato a coloro che avevano almeno cinquant'anni: questo è assolutamente un ideale formativo impegnativo, aristocratico e utopico. I filosofi non potevano percepire nessun salario, ma dovevano vivere nella semplicità e fare vita in comune, condividendo anche le donne, le quali, però, avevano gli stessi diritti e doveri degli uomini; tuttavia i matrimoni dovevano essere temporanei e stabiliti dallo Stato, per la procreazione di bambini, i quali dovevano essere cresciuti in comune come una grande famiglia.

●L'ARTE COME SOGNO

Dal momento che la realtà sensibile non è altro la copia del mondo ideale, l'arte non sarà altro che un sogno e un'imitazione di un'imitazione spesso sbiadita della realtà, perciò essa diventa diseducativa. I giovani, infatti, non sono in grado di distinguere tra la realtà e la fantasia e l'arte li confonde, perseguendo l'ingiustizia e l'immoralità.

●CATTIVA MAESTRA LA POESIA

Per quanto riguarda la poesia, il ragionamento è molto simile a quello dell'arte, solo che in questo caso non si parla di immagini ma di concetti, che allontanano i giovani dalla verità e dal bene.

LA DIALETTICA

Lo studio della filosofia deve essere accompagnato dalla dialettica, che per Platone è la regina delle scienze ed è la tecnica propria della filosofia, essendo qualcosa di divino; essa allude all'arte del dialogo, che consiste nel porsi domande e darsi risposte fino a giungere all'essenza delle cose, poiché la dialettica indaga direttamente il concetto di realtà. Per prima cosa bisogna chiarire che le idee sono in reciproca comunicazione, ma non tutte, poiché alcune si respingono, quindi la dialettica vuole scoprire quali possono essere connesse, nel rispetti della verità delle cose

●OLTRE PARMENIDE

Platone, nel Sofista, l'importante dialogo della vecchiaia, si confronta con il suo maestro Parmenide; quest'ultimo, avvalendosi della dialettica, aveva sostenuto che solo l'essere è e il non essere non è, affermando che l'essere è univoco, statico e incomunicabile. Platone abbandona tali tesi paradossali a afferma l'essere come possibilità e relazione. Tale idea è identica a se stessa, da un lato, e distinta da ogni altra, dall'altra. Si afferma così la diversità da non confondere con il nulla, giacché anche il non essere partecipa dell'essere.

●IL MITO DEL TIMEO E LA GRANDE DIVISIONE COSMICA

Nel Timeo, una delle opere delle vecchiaia, Platone si interroga sul bisogno di unità e di ordine a livello cosmico; tutto l'universo, infatti, è abbracciato da una grande e intelligente divinità, ovvero l'anima del mondo, un'intima struttura razionale.

●IL RACCONTO PROBABILE

Per giustificare la creazione del mondo, Platone, dice di non basarsi su teorie scientificamente provate, ma su una descrizione altamente probabile, poiché i fenomeni naturali e legati al mondo terreno sono limitati ad una spiegazione verosimile, al contrario del mondo delle idee necessario e scientifico. Inizialmente il mondo era caos e disordine, in contrasto con il mondo delle idee dominato dall'idea del Bene, nel quale il caos non era ammissibile. Perciò un "divino artefice", detto demiurgo, diede ordine a quel mondo caotico, diventando non il creatore, ma colui che diede ordine al caos, portando alla formazione del cosmo, ovvero l'anima di questo armonioso organismo vivente. L'anima che abbraccia il mondo, quindi, lo rende partecipe dell'intelligenza e dell'armonia.








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